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2. La produzione artistica nel feudo di Fondi tra XIV e XV secolo 1 Stato degli stud

2.3 Le castella a difesa di Fondi: gli interventi dei Caetan

2.3.1 Le terre tra i Monti Auson

(Monte San Biagio, Lenola, Campodimele, Pastena) Monte San Biagio

«Dalla detta città de Fundi, caminando per la strada Appia, in distanza de circa miglia tre a mano destra se ritrova la terra di Monticello situata sopra d’uno montetto, alla quale vi s’ascende con strada penninosa e petrosa, per la quale non si può saglire altro che a piedi e con difficoltà a cavallo. Sta posta per il lungo di detto montetto, racchiusa dall’istesse mura delle habitationi de’ cittadini, di maniera che in essa non si può entrare altro che per tre porte, una detta di Santo Rocco, un’altra di Santo Vito et la terza chiamano la Portella, o del Castello»621.

619 Santucci, op. cit., pp. 44-45. 620

Inventarium 1491, p. 4.

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Il castellum de Monticelli è citato per la prima volta nel 1099 come territorio soggetto agli ipati di Gaeta622. Incluso nella prima metà del XII secolo nella contea normanna di Fondi infeudata ai Dell’Aquila, seguì nei secoli le sorti della contea che nel 1299 passò ai Caetani623. Il nome antico fu cambiato in quello di Monte San Biagio dopo l’unità d’Italia a causa di problemi di omonimia con altri comuni italiani624, ma il suo impianto urbanistico ne rivela ancora oggi le origini medievali. Il nucleo storico di Monte San Biagio è racchiuso da una cinta muraria che consente l'accesso solo attraverso le tre porte principali: di San Rocco, di San Vito e la Porta del Castello, analogamente ai secoli passati625.

«(…) se ritrova la strada principale per tutta la longhezza di detta terra, che la devide in due parti, quale strada è parte piana e parte penninosa; ne l’ultimo della quale, alla parte superiore vi è il castello con diverse case censuate a diversi cittadini, che se descriveno appresso, nel quale vi è la porta che chiamano la Portella del Castello»626.

Proprio come nel 1690 le abitazioni sono addossate le une alle altre e attraversate da strette stradine che salgono a gradoni accompagnando il visitatore presso i più antichi siti medievali: la chiesa di San Giovanni Battista, la piazzetta centrale dov’era la casa del pittore Cristoforo Scacco e il castello baronale nella parte più elevata del paese.

La presenza del castello che fu dei Caetani è attestata dalle fonti sin dal XIII secolo627. Nel suo stato attuale è costituito da una serie di fabbricati accostati che inglobano una cinta muraria e distribuiti intorno a due cortili comunicanti tramite un passaggio coperto. Soprattutto all’interno del cortile est sono riconoscibili superfetazioni e sostituzioni di corpi di fabbrica che hanno permesso alla studiosa Virginia Bernardini di ipotizzare le diverse fasi di ampliamento dell’edificio628. In ogni caso, l’aspetto attuale si deve probabilmente agli interventi di ampliamento e rinforzo della struttura difensiva promossi dai Caetani a partire dall’inizio del XIV secolo. Essi realizzarono nuove torri nella cinta muraria intorno all'abitato, di cui ne resta una angolare a pianta attualmente semicircolare nel lato nord cronologicamente riferibile a questo intervento. Alla fase Caetani sembra appartenere anche la sopraelevazione con il balcone del muro di cinta merlato nella facciata principale629. Nonostante non sia pervenuta una descrizione completa del suo aspetto rinascimentale, è certo che nel 1491 il castello era dotato di un importante salone di rappresentanza dove il 22 giugno fu redatto

622 CDC, II, n. 274. Nell'atto è scritto che Crescenzo, abitante nella fortezza di Monticelli, vende a Docibile

Gattula, abitante a Castro Asprano, un appezzamento di terreno per costruire una casa nell'interno di detto Castro Asprano.

623 Cfr. il primo capitolo.

624 Il consiglio comunale nel 1862 decise di mutare il nome in Monte San Vito ma, a causa di ulteriori omonimie,

deliberò nello stesso anno di assumere la denominazione di Monte San Biagio, in onore del santo patrono.

625 Vedi supra.

626 Angeloni – Pesiri, Apprezzo 1690, p. 63. 627 Ivi, nota 64 p. 63.

628 Bernardini, Monte San Biagio, pp. 54-58. Secondo la studiosa tra la sua edificazione (VII-VIII secolo) e il

XIII secolo il castello si ampliò probabilmente a partire dal nucleo difensivo del torrione triangolare e del cortile ovest per successivi addossamenti dei corpi di fabbrica verso est (ivi, p. 56). Rispetto agli interventi riferibili ai conti Caetani, sembra essere più tardo il corpo di fabbrica che viene accostato al muro di cinta merlato nella facciata principale sul lato est; dunque, il secondo cortile sul lato orientale dovrebbe essere di epoca più tarda (ivi, p. 57).

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l’inventario dei beni del conte Onorato II630. L’Apprezzo dello Stato di Fondi compilato nel 1690 descrive la fortezza di Monticelli costituita da tre fabbricati di due o tre piani fuori terra, i cui vani erano affittati ad uso abitativo ai cittadini che corrispondevano un censo annuo al feudatario. Ancora oggi essi sono ad uso abitativo privato, dunque è possibile accedere solo ai cortili esterni631. Solamente la torre triangolare sul lato ovest è di proprietà comunale ed è in fase di progettazione il recupero dei suoi ambienti ad uso di un centro socio-culturale632. Nel 2004 la campagna di catalogazione promossa dal Centro regionale di documentazione per il Lazio ha permesso di fare il punto sullo stato di conservazione dell’edificio oggi parzialmente restaurato e in condizioni decenti633.

Il centro storico di Monte San Biagio, come già accennato, conserva anche tracce di quella che fu la casa di Cristoforo Scacco “da Verona”, principale pittore di casa Caetani nella seconda metà del Quattrocento: nella piazza principale del centro storico di Monte San Biagio si può ammirare il pronao dell’edificio in stile goticheggiante risalente al XV secolo che fu chiamato anche Casa del Vescovo perché in esso nel 1537 vi morì il vescovo di Fondi Giacomo Pellegrino634. È questa una ulteriore testimonianza della radicata presenza dello Scacco nel territorio dei Caetani, in particolar modo in Monticelli dove nel 1508 il cardinale Giovanni Colonna lasciava al pittore ben 25 vani nei pressi della sua abitazione presso Monticelli635. Nel 1931 il canonico Angeloni rilevava che nella Sacra visitatio del vescovo Comparini (da lui rinvenuta nell’Archivio del Capitolo della chiesa di San Pietro di Fondi) il pittore è detto olim civis huius terrae Monticelli636. Ciò lo indusse a sostenere che il pittore fosse nativo di Monticelli e che nei territori del veronese svolgesse la sua prima formazione artistica637. È ancora oggi difficile stabilire con certezza se l’artista si firmava sempre “de Verona” in omaggio alla città natale o per la sua effettiva formazione in quei luoghi; e anche il motivo per cui era così legato alla terra di Monte San Biagio638. In ogni caso, nella chiesa

630 Inventarium 1491, pp. 106 e 110: «(…) in castro Monticelli (…) in lo castello (…) in fortellitio dicti castri

Monticelli, videlicet in camera existente in capite sale magne eiusdem fortellitii versus terram (...)». Il salone probabilmente ospitava un grande camino monumentale con lo stemma Caetani d'Aragona similmente al palazzo Caetani di Fondi (CRD Lazio, scheda A, n.).

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Bernardini, op. cit., p. 55.

632 Ivi, p. 58. In archivio non è emersa documentazione al riguardo. In ogni caso, il progetto non è ancora stato

realizzato.

633 CRD Lazio, scheda A, n. . È stato innanzitutto possibile riconoscere un vecchio intervento di restauro dei resti

della rocca ormai inglobati nell’abitato moderno, riferibile al XVIII secolo. Inoltre la struttura aveva perso la terrazza della torre più antica nel 1940 a causa di un fulmine e un lacerto di muro di epoca longobarda sul lato nord nel 1970. La situazione rilevata nel 2004 fotografava la torre triangolare allo stato di rudere, inagibile e infestata dalla vegetazione mentre la torre circolare, il corpo di fabbrica e la controfacciata sul cortile versavano in condizioni meno tragiche.

634 Lo Sordo, Monte San Biagio, p. 47. 635 Sacra visitatio, II, p. 25.

636 Ibidem. Riporto la traduzione di Angeloni: «(…) eccettuati soltanto gli uomini e le persone abitanti e

dimoranti nelle 25 case un tempo donate dal reverendissimo cardinale Giovanni Colonna a maestro Cristoforo Scacco di Verona, pittore, un tempo cittadino di questa terra, Monticelli. Le quali case sono intorno intorno e vicino alla casa del detto maestro Cristoforo infrascritte in un asserto rescritto dal reverendissimo cardinale; i quali uomini e persone abitanti nelle dette 25 case similmente siano tenuti e obbligati a recarsi al detto forno della Curia» (Angeloni, Un trittico..., p. 23).

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Ivi, p. 24.

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madre di Monticelli dedicata a San Giovanni Battista dietro l'altare maggiore è situato il sepolcro della famiglia Scacco sovrastato dall’ultimo dipinto conosciuto del veronese, firmato e datato, che riporta anche lo stemma della famiglia alla base della cornice: esso è formato da una stella, una ruota e due campi a scacco639. L’iscrizione dedicatoria riporta il nome del committente: «Dominus Evangelista Scaccho de Monticello utriusque iuris doctor Canonicus Salernitanus fieri fecit. Anno Domini, MCCCCC, indictione tertia». La committenza estranea alla casa Caetani e la presenza degli Scacco a Monticelli permette di presumere che la massiccia presenza di Cristoforo Scacco nel territorio fosse esterna alla volontà del signore feudale, nonostante egli diventò il pittore per eccellenza di Onorato II. Probabilmente ciò si deve alla più antica presenza di alcuni rami della famiglia Scacco nel territorio di Fondi, e precisamente a Monticelli, trasferitisi dall’interland veronese640.

Di epoca caetanea sembra essere anche il lacerto di affresco nella lunetta che sormonta l’architrave dell’ingresso originale della chiesa extra moenia detta della Madonna della Ripa641 – la porta murata a sud. Nella descrizione della chiesa di fine Cinquecento si dice che sul portale è dipinto il titolo della chiesa642; ancora oggi all'esterno della lunetta in basso a destra si legge “Maria Vergine”. Nonostante il pessimo stato di conservazione643 il dipinto sembra ascrivibile alla prima metà del XV secolo; probabilmente l’affresco fu eseguito da un pittore locale che tenta di rinnovare schemi arcaici trecenteschi su modelli tardo-gotici, in accordo con la produzione pittorica coeva in questa tipologia di rappresentazioni.

639 La tomba raccolse, per circa un settantennio, anche le spoglie mortali del vescovo Giacomo Pellegrino, prima

che venissero trasportate nella ex cattedrale di San Pietro di Fondi. Lo sposalizio di Santa Caterina è costituito da una tavola centrale su cui è dipinta la Vergine con il Bambino ai cui piedi sono inginocchiati S. Caterina d’Alessandra e il canonico Evangelista Scacco. Nello sportello di destra è S. Giovanni Evangelista e in quello di sinistra S. Giovanni Battista. Nel timpano si osserva il transito della Vergine e sulla predella Gesù con gli Apostoli. Il 6 giugno 1599 il dipinto è descritto nello stesso luogo dove ancora oggi è conservato: «Aderat etiam icona lignea cum corniceis deauratis in cuius medio adest imago Virginis Mariae, a dextris vero imago Sancti Joannis Baptistae, a sinistris vero Sancti Joannis Evangelistae. Adsunt etiam quaedam sedilia ante altare, et prope ipsum sepultura marmorea pro canonicis tumulandis» (Sacra visitatio, II, p. 8). Cfr. par. 2.2.3.3.

640 Cfr. par. 2.2.3.3.

641 Anche se incerta, la sua costruzione si fa risalire all’Alto Medioevo. La chiesetta rurale si trova a nord di

Monte San Biagio e si raggiunge da Porta San Vito per la rotabile Madonna della Ripa. Nel 1835 si diffuse il colera e la chiesa fu utilizzata come lazzaretto (ADG, visita del vescovo Parisio, metà del XIX secolo). Durante la visita pastorale del 17 ottobre 1877 dell’arcivescovo Contieri per alcune irregolarità fu sottoposta ad interdizione (ADG, visita del vescovo Contieri, 1877, f. ). Nel 1878 fu riaperta al culto (ibidem). Nel 1880 la chiesa era dedicata alla Natività e detta “volgarmente” della Ripa (ADG, Contieri visita pastorale anno 1880- 1881, Monte San Biagio, f. 225). L’edificio fu definitivamente dichiarato inagibile nel 1970.

642 «(…) quae est unita collegiatae et matrici dictae terrae, cuius fesus celebratur in die Conceptionis Beatae

Virginis, et in ipso die dicitur missa per canonicos Collegiatae, in quae ecclesia ascenditur per aliquos gradus, et repertum fuit altare non consecratum, altare denudatum cum Cruce lignea desuper, et in pariete aderat depicta imago gloriosae Virginis; ipsa ecclesia tegulis est cooperta, pavimentum lastricatum et bene se habet, parietes sun dealbati; unica porta cum clave clauditur, et super eam depictus est titulus ipsius ecclesiae quae nihil habet in bonis ut asseruerunt» (Sacra visitatio, II, p. 46). Il 6 giugno 1599 la visita del vescovo Comparini rileva che la chiesa era coperta di tegole ed il pavimento lastricato. Sul nudo altare c’era una piccola Croce di legno e sulla parete dietro l’altare era dipinta l’immagine della Madonna (ibidem).

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In parte ridipinto, l'affresco presenta diverse cadute di colore nella zona inferiore (Soprintendenza PSAE Lazio, scheda OA 12/00100980).

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Lenola

«Seque la terra di Lenola, quale sta distante dalla sudetta città de Fundi miglia quattro verso tramontana, et in essa non si può andare altro che a cavallo per causa che la strada è penninosa e petrosa et in alcuni luochi molto stretta. È situata, cioè il Borgo o Terra Nova, in un poco di vallata e la Terra Vecchia sopra d'una collina, circondata per tutto da montagne; è di figura irregolare, racchiusa dalle mura delle habitationi de' cittadini, di maniera che in essa non si può entrare altro che da quattro parti, dove sono alcuni archi che chiamano porte, una detta dell'Annuntiata, un'altra del Colle, la 3a delli Franconi e l'ultima dell'Orti delli Monti»644.

La prima notizia del castrum Inule inquadrato nella diocesi di Fondi risale al 1072-1073 quando fu donato dal duca Littefredo di Fondi all'abbazia di Montecassino645. Come il confinante Monticello fu incluso nella prima metà del XII secolo nella contea normanna di Fondi infeudata ai Dell’Aquila646 e seguì nei secoli le sorti della contea che nel 1299 passò ai Caetani647, almeno fino al XVII secolo quando era feudo dei Carafa di Stigliano648. Centro di antica origine649, Lenola si affaccia a sud verso la piana di Fondi e nel medioevo rappresentava l’estremo lembo del Regno di Napoli al confine con lo Stato Pontificio. L'assetto dell'attuale centro storico ha mantenuto il suo aspetto medievale: delimitato da una cinta muraria e da varie torrette di cui ne resta quasi integra una sola inglobata nel nuovo municipio650, del sistema difensivo oggi rimangono le abitazioni addossate l'una all'altra, stretti vialetti e gradinate che salgono verso il luogo dell'ultima difesa dove c'era il palazzo baronale, appartenuto ai Caetani di Fondi, adiacente alla chiesa più antica dedicata a San Giovanni Evangelista. Tra il XV e il XVII secolo Lenola si ingrandì al di fuori della cinta medievale per l'aumento di popolazione proveniente da Fondi a causa del fenomeno dell’impaludamento, dalle distrutte Ambrifi e Acquaviva e per il fenomeno del brigantaggio651.

Il castello, ricordato già nel XIII secolo652, fu edificato intorno al IX secolo sull'area dell'acropoli romana e in adiacenza alla preesistente chiesa di San Giovanni Evangelista653. Esso è ubicato sulla parte più alta di Lenola entro la prima cinta muraria654. Successivi rimaneggiamenti hanno alterato l'aspetto primitivo della rocca parzialmente assorbita dall'abitato, ma lo schema urbanistico conserva ancora la matrice originale concentrica

644 Angeloni – Pesiri, Apprezzo 1690, p. 75.

645 CDC, II, n. 248; cfr. Angeloni – Pesiri, Apprezzo 1690, nota 84 p. 75 e Pesiri, Una caduta senza rumore, p. . 646 Catalogus Baronum, p. 179.

647 Cfr. il primo capitolo. 648 Forte, Fondi nei tempi, p. . 649

Si vuole fondata molti secoli prima di Cristo da una colonia fenicia o, secondo altri, da profughi di Amiclae, l'antica città fondata dai Laconi sulle rive del lago di Fondi tra Terracina e Sperlonga. In epoca romana venne aggregata insieme ai centri vicini alla tribus Aemilia. Le testimonianze archeologiche di tale periodo non sono numerosissime ma significative e riguardano soprattutto insediamenti di ville rustiche. Per approfondimenti sulla presunta fase pre-romana e su quella romana di Lenola vedi:

650 Guida di Lenola, p. 4. 651 Bernardini, Lenola, p. 66.

652 Angeloni – Pesiri, Apprezzo 1690, p. . 653 Bernardini, Lenola, p. 64.

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L’edificio è oggi di proprietà privata e adibito ad uso abitativo, quindi non aperto al pubblico (Bernardini, Lenola, p. 65).

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intorno al nucleo del palazzo. Un complesso fortificato entro la prima cinta muraria o “Terra Vecchia” ancora descritto alla fine del '600 nell'Apprezzo dello Stato di Fondi655: «(…) murata con tre torrioni e due porte, per le quali entrando in essa si ritrovano le strade penninose, anguste e petrose, con le habitationi de’ cittadini incomode e poco assolate per esserno unite di maniera tale che l'una occupa l'altra, e nel più alto di detta terra vi è la chiesa Madre antica (…)»656. Come anche l’edificio che fu dei Caetani: «et entrando in esso se ritrova uno vacuo, con recinto de fabrica, dove è l'altra porta con un poco d'arco di fabrica, da dove si cala alla cantina a lamia, devisa con due archi. Seque appresso il cortile scoperto, a senistra d'esso vi è una stanza a lamia con la cisterna et in testa un'altra stanza grande a lamia per uso di magazeno; appresso se ritrova la grada di fabrica scoperta con pietre di taglio, da dove si saglie ad una loggia scoperta, a destra della quale è un'altra grada scoperta che con passetto a lamia s'ha l'ingresso ad una stanza diruta e tre altre stanze coperte a tetti; et ritornando nella sudetta loggia, a destra d'esso vi è una stanza coperta a tetti, et in testa un'altra stanza più grande, similmente coperta a tetti, per uso di cucina. Da detta loggia con sei grade s'impiana ad un'altra loggia coperta a tetti con intempiatura sotto; in testa di essa è la sala con due camere con li soffitti piani mezzi diruti et anco s'ha l'ingresso a due stanze piccole, il tutto coperto a tetti, et anco vi è un camerino a lamia. Et ritornando al cortile, a destra d'esso vi è la torre, consistente in quattro piani a lamia, alli quali non si può saglire altro che per scala a mano da una stanza a l'altra; dalla quale torre s'ha la veduta di tutte le campagne, territorii e montagne per molte miglia attorno»657. Una ricca descrizione del castello nei suoi mabienti che permette un confronto con quello che ancora oggi si può vedere: la conformazione del fabbricato risulta per successiva aggregazione di più corpi di fabbrica disposti intorno a un cortile a pianta triangolare a ridosso della torre centrale; essa oggi è assorbita dall’edificio comunale e costituita da quattro piani coperti a volta658. Il muro perimetrale del castello e il muro del terrazzamento si raccordavano alla torre semicircolare costituendo il primo perimetro fortificato della città659. Il prospetto principale è caratterizzato dai portali di accesso ai diversi corpi di fabbrica nel basamento e da una fila di finestre con balconcino al piano nobile. La parte superiore del corpo di fabbrica est è caratterizzato da un doppio ordine di arcate a formare dei loggiati660. Già all’epoca dell’Apprezzo (1690) il castello aveva perso la sua funzione di struttura difensiva ed era affittato ad uso abitativo, come oggi.

Protagonista dell’impianto urbanistico medievale è pure la chiesa adiacente al castello baronale dedicata a San Giovanni Evangelista. Secondo quanto riportato dai redattori dell’Inventarium di Onorato II proprio ai Caetani si deve la sua fondazione661: «Ave la dicta

655 Cfr. nota 645.

656 Angeloni – Pesiri, Apprezzo 1690, p. 78. 657Ivi, pp. 78-79.

658 Già l’Inventarium del 1491 evidenziava questa torre come la sua caratteristica principale: «(…) in castro

Ynole (…) lo castello con li soy membri et hedeficii et una torre in medio terre Ynole (…)» (24 giugno 1491; Inventarium 1491, p. 111).

659 Bernardini, Lenola, p. 64.

660 Per una descrizione più completa vedi Ivi, pp. 64-67. 661

In realtà sul portale d’ingresso una iscrizione ricorda i lavori eseguiti nel 1290: Sub ann(n)is millen(i)s duce(n)ti set nonagoni h(ec) aula i(n)cepta p(er) manus magistri Petri Ioh(ann)ini perfecta (Sacra visitatio, II, p.

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corte la rasone de lo ius patronato et presentatione de la ecclesia de San Iohanni, acteso che per li antecessuri del dicto comte fo hedificata et fundata in questo modo, videlicet: che tucte le possexioni, terre, vigne et lochi de la corte, site in le pertinentie de dicto castello et li laboraturi de quelli so tenuti dare in perpetuum alla dicta ecclesia la decima de li fructi che proveneno da le dicte possexioni, excepto che de le aulive et oglio che de quelle provene, de le quali non se dà decima»662. Nel corso dei secoli ha subito notevoli trasformazioni che ne hanno alterato il primitivo impianto663, mentre i recenti restauri hanno riportato alla luce paramenti murari originali che presentano conci squadrati negli angoli e nelle bucature di porte e finestre664. La facciata timpanata è caratterizzata da un portale in pietra sovrastato da una lunetta e da una finestra. Sulla destra della chiesa si eleva il campanile, articolato su due