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Ipotesi sull’arte a Fondi al tempo di Onorato I ( 1348 – 1400) e il suo contesto politico

2. La produzione artistica nel feudo di Fondi tra XIV e XV secolo 1 Stato degli stud

2.2 Fondi, centro politico e culturale sotto i Caetani fra Roma e Napoli 1 Roffredo III (1299 – 1336), l’edificazione del palazzo baronale e la sua decorazione.

2.2.2 Ipotesi sull’arte a Fondi al tempo di Onorato I ( 1348 – 1400) e il suo contesto politico

Le vicende storico-politiche che hanno coinvolto il conte Onorato I Caetani mettono in luce il suo ruolo di protagonista in alcuni dei più importanti eventi politico-religiosi avvenuti nella seconda metà del XIV secolo. Innanzitutto, egli fu responsabile della traslazione a Fondi delle spoglie del tanto venerato San Tommaso d’Aquino233. Sin dal 1278 l’Abbazia di Fossanova, dove il santo morì nel 1274, aveva accolto i suoi resti. Il complesso cistercense era in piena decadenza, tanto che l’abate risiedeva stabilmente a Priverno. Nel 1348 avallò – o dovette acconsentire – la traslazione delle spoglie a Fondi voluta da Onorato I. Il Caetani poté conservarlo fino al 1368 quando, dopo la sconfitta nei territori dello Stato pontificio e la scomunica ricevuta da papa Urbano VI234, quest’ultimo emanò un decreto sfavorevole ai cistercensi di Fossanova e l’autorizzazione a trasportare il corpo di San Tommaso nella chiesa dei domenicani di Tolosa235 – dove arrivò nel gennaio 1369 – patria del maestro generale e prima culla dell’Ordine236. Soprattutto, Onorato I fu sostenitore e ospite dello Scisma che coinvolse la chiesa romana tra il 1378 e il 1417237. La rimozione dalla carica di Rettore di Campagna e Marittima segnò la rottura definitiva tra Onorato e il neoeletto papa romano, Urbano VI238. Il Caetani si alleò immediatamente con i prelati francesi dissidenti. Inizialmente Onorato ospitò i 13 congiurati ad Anagni. I cardinali erano protetti dalle sue milizie e dai mercenari bretoni. Nonostante ciò non dovettero sentirsi al sicuro in quel luogo ancora così vicino alla città di Roma se molto presto denunciarono i pericoli cui erano esposti a Luigi duca d’Angiò, fratello del re di Francia, tanto da farlo intervenire presso Onorato perché meglio provvedesse alla loro protezione239. A questo periodo risalgono dunque le prime testimonianze di un rapporto diretto tra il Caetani e il futuro sovrano titolare del Regno di Napoli. Onorato propose il trasferimento dei cardinali fuori dello Stato pontificio, nella città

231 Inventarium 1491, pp. 5-6.

232 Per approfondimenti cfr. Pistilli, Risiedere in città e Cuccaro, op. cit.

233 Bianchini, L' abbazia di Fossanova, p. 38. 234 Cfr. primo capitolo.

235 CDC, III, p. 199.

236 Spiazzi, San Tommaso, pp. 344-345.

237 Cfr. primo capitolo. Per una approfondita analisi storica sul ruolo del Caetani in questa vicenda si veda

Ermini, Onorato I. Sulla fase iniziale dello Scisma, tra gli altri, si veda Dykmans, Clemente VII, antipapa in Enciclopedia dei papi, II, Roma 2001, 593-606.

238 Il 18 maggio 1378. Cfr. capitolo primo.

239 Ermini riporta il testo pubblicato in Valois (Le France et le grande schisme, 1895, I, p. 150, n. I): «(…)

amicitiam vestram ferventi desiderio caritatis exortamur, et mente sincera rogitamus, quatenus eisdem cardinalibus, si ipsos continua propter hoc ad partes vestras accedere, eorumque gentibus et sequelis per loca, villas et distructus vestros ob Domini Nostri Jhesu Christi et sancte matris Ecclesie sponse sue, quam, in cruce pendens, proprio sanguine suo in remissionem peccatorum dignatus est consecrare, reverenciam et honorem, nostrorumque pecaminum intuitu, liberum aditum et transitum prebeatis, eisdem de victualibus et securo conducto benigne providentes, ut juvamine vestro mediante, prefata sancta mater Ecclesia ipsisque cardinales meniis utantur plenarie libertatis, tuerique et erui valeant a facie tribulantis, intimantes nobis eciam fiducialiter si que volueritis pro vobis nos facturos» (Ermini, op. cit., p. 45).

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di Fondi centro del suo feudo nel napoletano. Il conte Caetani fu il «deus ex machina del movimento scismatico»240: il conclave del 20 settembre 1378 in cui il cardinale Roberto di Ginevra fu eletto antipapa con il nome di Clemente VII si tenne nel palazzo Caetani di Fondi241; e fu proprio Onorato, e non un cardinale, a porre la tiara sul capo di Clemente il 31 ottobre 1378 nella cattedrale di Fondi242. Mentre riceveva la scomunica da Urbano VI, Onorato riscuoteva il plauso dei francesi243. Dopo l’elezione, Luigi d’Angiò, che già in passato aveva scritto al conte di Fondi pregandolo di favorire i cardinali dissidenti, rivolse al Caetani il suo ringraziamento definendolo «l’ancora di cui Cristo aveva munito la navicella di Pietro»244. Lo stesso antipapa Clemente VII apertamente e ripetutamente ricordò il grande aiuto fornito da Onorato alla sua causa. Il primo e clamoroso atto di riconoscenza di Clemente fu quando restituì a Onorato il governo della Campagna e della Marittima che Urbano VI gli aveva tolto privandolo della rettoria245. Il gesto di Clemente permise addirittura al Caetani di divenire feudatario, non più solo rettore, delle terre di Campagna e Marittima. Esse infatti gli furono concesse in feudo fino alla terza generazione, sia maschile che femminile, dietro il corrispettivo di un censo annuo246. L’adesione allo scisma da parte di Giovanna d’Angiò, solo inizialmente favorevole a Urbano VI, fu decisiva soprattutto per il sostegno militare su cui Onorato poté contare. Un appoggio così importante e necessario che quando venne a mancare – la regina si allontanò dalla causa dell’antipapa dopo la sconfitta di Luigi d’Angiò – segnerà la fine della fortuna di Onorato247. Nei mesi in cui l’antipapa Clemente VII e la sua corte soggiornarono a Fondi essi abitarono le residenze di Onorato I. Il palatium comitale di Fondi – protetto dal ricostruito torrione e dalla nuova rocca248 – assunse infatti il nome di palatium papale e divenne il teatro delle riunioni cardinalizie249. Fondi ed anche Sperlonga furono meta di ambasciatori, milizie e personaggi arrivate dalla Bretagna, dalla Provenza, dai ducati italiani del nord alleati con i francesi. Ce ne dà una rappresentazione significativa il registro delle spese sostenute dalla corte papale tra il 21 settembre 1378 e il 25 aprile 1379; periodo in cui le dimore del conte presso i suoi due feudi continuano a svolgere la funzione di palatium papale. Un registro dei conti presentato dal canonico Guglielmo Polerii conservato presso

240

Ermini, op. cit., p. 49.

241

Cronicon Siculum, ed. G. De Balsiis, Napoli 1887 (Soc. napoletana di storia patria, s. I, Cronache), p. 33 e Raynaldus, Annales ecclesiastici, VII, an. 1378, n. 105 (in Ermini, op. cit., p. 57 nota 26). Nella bolla di scomunica di papa Urbano VI nei confronti di Onorato I si dice che il conclave scismatico si era tenuto in domo iniquitatis filium Honoratum Caytanum (cfr. Ivi, p. 53).

242 Il privilegio concesso al Caetani è ricordato da un atto conservato nell’Archivio Vaticano (Obl. 43, f. 52r)

pubblicato da Ermini (ivi, p. 99).

243 Ivi, p. 49.

244 Ibidem. La studiosa riporta stralci di un manoscritto conservato nella Biblioteca Barberini (ms. XXX, p. 174,

f. 2v) riferito in Valois (op. cit., I, p. 175, n. I) insieme alle parole di un’altra lettera di ringraziamento inviata da Luigi d’Angiò a Onorato I.

245 Cfr. primo capitolo.

246 Arch. Vat., Reg. Av. XX (224), f. 300v-301v, trascritto in Ermini, op. cit., pp. 110-113. Il 2 gennaio 1380 il

papa rinnovava la concessione quando Onorato lo raggiunse ad Avignone estendendola dalla terza alla quarta generazione. Per le altre concessioni dell’antipapa Clemente VII a onorato I Caetani si veda il primo capitolo.

247 Giunto sul trono di Napoli, re Ladislao di Durazzo sostenne papa Urbano; Onorato si trovò dunque solo a

respingere i due fronti romano e napoletano. Cfr. il primo capitolo.

248 Per l’attribuzione della costruzione della rocca a Onorato I vedi Rossetti e Pistilli nel volume Il Palazzo

Caetani di Fondi. Cantiere di studi in corso di pubblicazione.

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l’Archivio Segreto Vaticano e trascritto da Ermini che lo ha pubblicato in appendice al suo volume su Onorato I250. Tra i diversi personaggi che si presentano alla tavola del conte di Fondi compaiono il cardinale Giovanni de la Grange vescovo di Amiens, il signore di Marino Giordano Orsini, il conte di Caserta Luigi Antonio della Ratta, gli ambasciatori di Galeazzo Visconti, cugino di Luigi d’Angiò e allora signore di Pavia, milites francesi tra cui uno dei principali condottieri delle bande assoldate dall’antipapa, Giacomo di Malestroit, e milites napoletani; l’arcivescovo di Bordeaux Guglielmo; gli ambasciatori del duca Luigi d’Angiò: Regnauld Bresilel, Guillaume Gayan e Jacques di Campiègne; gli ambasciatori di Filippo l’Ardito duca di Borgogna. Ed anche alcuni personaggi di rilievo del ducato bretone: il cardinale di Bretagna Ugo di Montalais, uno dei capi della fazione francese del sacro collegio251, e Bernardo de la Salle comandante delle truppe bretoni.

Dunque a Fondi gravitano un cardinale bretone, le milizie bretoni assoldate dall’antipapa, le truppe e gli ambasciatori inviati da Luigi d’Angiò che quando discese in Italia per reclamare il suo diritto al trono di Napoli fu immediatamente affiancato dal Caetani252.

Il ruolo di protagonista avuto da Onorato I Caetani in occasione dello Scisma d’Occidente durante il quale furono intensi, diretti e quotidiani i suoi rapporti con le forze religiose e militari francesi e bretoni mi hanno indotto a riconsiderare la mia prima analisi storico e stilistica del dipinto affrescato in una nicchia nel salone del Palazzo Caetani di Fondi253. Dipinto dalla singolare iconografia che si è fortunatamente, anche se parzialmente, conservato sino ad oggi. Le continue modifiche subite dagli ambienti interni del palazzo hanno inciso profondamente sulla conservazione dei pochi resti della sua decorazione a fresco. L’apertura di un passaggio di epoca rinascimentale che serviva a mettere in comunicazione il salone del piano nobile con l’ambiente attiguo, corrispondente alla cosiddetta camera picta, incise, ad esempio, sullo stato odierno dell’affresco situato all'interno di una nicchia nella parete del lato sud-ovest del salone. Nella nicchia, il cui intradosso è ornato da un fregio vegetale e da scudi ermellinati, si vedono raffigurati nella lunetta il Padre Eterno incoronato da due angeli e nella parete sottostante due angeli in atto di porre l’infula sulla fronte di un personaggio ammantato di vesti regali254. Tutta la parte inferiore dell’affresco è perduta a causa dell'intervento quattrocentesco riferibile forse al conte Onorato II; rimane soltanto la decorazione parziale nell’intradosso di sinistra e un frammento di intonaco dipinto ancora visibile tra il pietrame di riempimento. È probabile che tracce dell’opera apparvero in seguito ai bombardamenti del 1944, ma se ne ebbe notizia solo più tardi. Negli anni Settanta, in occasione dell’acquisto di altri settori del palazzo da parte della Banca Popolare di Fondi, furono promossi lavori di ristrutturazione e adattamento degli ambienti alla nuova funzione d’uso. Una fotografia del 1 marzo 1977255 mostra l'affresco nella nicchia prima degli interventi della Banca nel salone. Ma solo nel 1981, in seguito a diversi sopralluoghi della Soprintendenza ai beni artistici e storici di Roma che rilevava la necessità di un intervento di

250 ASV, Collett., 453, f. 85r-116v in Ermini, op. cit., pp. 100-110. 251 Ivi, p. 81.

252 Cfr. primo capitolo.

253 Cfr. Savelli, Ricerche preliminari, in corso di pubblicazione. 254 Vasco Rocca, Il palazzo baronale, p. 57 nota 23.

255

Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Lazio, Archivio storico, fasc. “LT 6968 Fondi Palazzo baronale o del Principe e Banca Popolare di Fondi”, num. inv. 3158.

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restauro, fu eseguito il rilievo della parete affrescata256. Ed è infatti solo del 5 agosto 1983 il progetto di restauro, redatto da Gianfranco Pizzinelli e Ada Gargano, che prevedeva sia procedure di consolidamento dell’intonaco e della pellicola pittorica che l’integrazione257. Tuttavia non ho potuto ritrovare la relazione sulla esecuzione dei restauri; ancora agli inizi del 1984 la Soprintendenza chiedeva ai due professionisti di rivedere il progetto in alcuni punti258. È ancora oggi evidente che la rimozione della tamponatura dopo il ritrovamento ha provocato la caduta della pellicola pittorica in diverse zone, soprattutto in quelle probabilmente non dipinte a fresco. Nel corso di un recente intervento conservativo259 si è ipotizzato che la spada tenuta dal personaggio raffigurato fosse realizzata in foglia d’argento; infatti, in corrispondenza della sua estremità superiore sono visibili le tracce di quella che probabilmente era la resina che legava la foglia all’intonaco. Evidentemente, chi negli anni Settanta si apprestava ad eseguire i lavori per conto della Banca eseguì la rimozione dell’antica tamponatura dell’affresco senza rendersi conto che si stava intervenendo su un bene di tale importanza storica ed artistica, provocando la perdita definitiva di alcune parti del dipinto. In generale, quanto sopravvive del dipinto murale si è mantenuto in buone condizioni. Come la decorazione della camera picta anche questo affresco, più tardo, sembra essere legato strettamente ai rapporti tra i Caetani e gli Angiò. Scarse sono le citazioni dell’opera negli studi sulle arti a Fondi: Vasco Rocca fa risalire il dipinto al XV secolo «considerando il forte attardamento di certe forme pittoriche provinciali di carattere devozionale»260. Successivamente ritenuto opera di Giovanni da Gaeta261, Marialuisa Angiolillo lo esclude dal corpus delle opere del pittore gaetano nella monografia a lui dedicata262. Tuttavia nessuno finora ha preso in esame l’iconografia che è invece inconsueta e di complessa interpretazione. Nella lunetta è rappresentato un Cristo benedicente che sorregge un libro aperto sulle cui pagine è un’iscrizione purtroppo frammentaria. Sulla pagina di destra le lettere VIA e V separate da un punto diacritico evocano una scritta ricorrente in queste immagini di Cristo: Ego sum via veritas et vita. Nella pagina di sinistra si legge UNDI seguito da un punto diacritico; potrebbe trattarsi della formula Ego sum lux mundi o, meglio, Salvator Mundi263. L’iconografia delle immagini al di sotto della lunetta risulta di più complessa lettura. Vasco

256 Il disegno del 5 agosto 1981 è stato eseguito dalla ditta Soccodato Costruzioni s.r.l. (Soprintendenza BAP

Lazio, Archivio storico, fasc. “LT 6968 Fondi Palazzo baronale o del Principe e Banca Popolare di Fondi”).

257 Il documento si trova nel fasc. “Fondi, Palazzo baronale, Progetto di restauro” conservato nell’Archivio

corrente della Soprintendenza PSAE Lazio, che ho potuto consultare con autorizzazione del 10 agosto 2009, prot. n. 3578.

258

Ibidem.

259 Gli interventi di restauro finora eseguiti hanno riguardato principalmente il consolidamento dell’intonaco e la

pulitura dell’affresco. L’ultimo è stato eseguito nel 2001 da Gabriella Gaggi e i suoi collaboratori in occasione degli odierni restauri dell’edificio promossi dalla Regione Lazio (informazione tratta da una conversazione che ho avuto con la restauratrice. Colgo l’occasione per ringraziare la dott. Gaggi e la dott. Bernardini per il materiale messo a mia disposizione).

260 Vasco Rocca, Il palazzo baronale, p. 57 nota 23. 261 Cfr. Pittura di Fondi, p. 22.

262 Angiolillo, Giovanni da Gaeta, p. 24. 263

Suggerimento dettato dalle dimensioni delle lettere e del testo, probabilmente disposto su tre righe per ciascuna pagina.

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Rocca si limita a rilevare «attributi iconografici di dubbia interpretazione»264. L’aureola di raggi – graffiti sull'intonaco – che circonda la testa del personaggio, posto al di sotto di un Cristo Pantocratore (cioè ad un altro, superiore Sovrano), la spada e la presenza degli angeli indicano la rappresentazione di un principe beato o santo che riceve un’investitura. Il particolare oggetto che gli angeli pongono sulla testa del nobiluomo, che sembrerebbe un’infula265, non sembra essere di uso comune in questa categoria di immagini. Esso potrebbe essere legato alla simbologia dell’ermellino, protagonista in questa iconografia, infatti il simbolo araldico è dipinto sulla veste del personaggio e sugli scudi nell’intradosso della nicchia, decorati dalle codette di ermellino dette “moscature”, disposte simmetricamente sul fondo bianco. Dopo una prima analisi stilistica ho potuto escludere la possibilità, inizialmente molto plausibile, che l’ermellino si riferisse all’appartenenza del cavaliere all’Ordine dell’Ermellino, istituito da Ferrante I d’Aragona nel 1465 – titolo di cui fu investito anche Onorato II Caetani – poiché porterebbe molto avanti la datazione del dipinto. L’“ermellino pieno” rappresentato numeroso sulla cotta indossata dal personaggio – che nel costume araldico francese e italiano ripete l'arma del titolare – e dello scudo è notoriamente, dal 1316, l'arma del ducato di Bretagna266. E di origine bretone è certamente il primitivo Ordre d’Hermine francese da cui prese ispirazione il più tardo ordine napoletano267. Ma l’iconografia dell’affresco di Fondi non sembra riferirsi a quest’ordine: prima di tutto per l’assenza del collare con il ciondolo di ermellino che nelle fonti è indicato quale attributo primario dei Cavalieri; in secondo luogo per l’esplicito carattere devozionale dell’opera. Lo studio degli elementi araldici e iconografici e della fisionomia del personaggio mi permette di avanzare l’ipotesi che gli attributi descritti si riferiscano a Carlo II di Blois-Châtillon, duca di Bretagna dichiarato beato già nel 1369268. Egli, infatti, viene rappresentato con la cotta

264 Vasco Rocca, Il palazzo baronale, p. 57 nota 23. Pesiri (Il palazzo Caetani, pp. 759-760) ha invitato a

verificare se gli attributi del personaggio (spada e infula) fossero stati aggiunti in epoca successiva insieme agli angeli esecutori dell’investitura, supponendo che le integrazioni potrebbero essere imputabili al desiderio del conte Onorato II di rendere omaggio all’imperatore Federico III, appena incoronato, in visita a Fondi nel 1452 e ospite del Caetani. Tale ipotesi è da escludere poiché un esame diretto e approfondito dell’opera suggerisce che gli angeli e la spada siano coevi al resto della pittura; la spada probabilmente non fu realizzata a fresco, ma a tempera o con una foglia d'argento.

265 L’infula, utilizzata per cingere il capo dei sacerdoti e delle vestali durante le cerimonie, esprime la consacrazione a Dio della persona che la indossa.

266 Cfr. Di Crollalanza, Enciclopedia Araldica, pp. 67-70 e Santi Mazzini, Araldica, pp. 74-75.

267 Negli studi di araldica è ritenuto possibile – gli antichi statuti dell’ordine non sono mai stati rinvenuti – che

l’ordine francese fu istituito da Giovanni IV di Montfort detto il Conquistatore (Figlio di Jean de Montfort e Jeanne de Flandre, egli fu portato dalla madre in Inghilterra sin dal 1342 dopo il fallimento dei Montfort nella conquista del ducato. Introdotto alla corte di re Edoardo III, ebbe con lui un rapporto speciale.Sostenuto dalla corte inglese, tornò in Bretagna nel 1362 e trinfò sul rivale Charles de Blois vincendo la battaglia di Auray e conquistando il ducato. Fu riconosciuto duca di Bretagna da Carlo V con il trattato di Guérande nel 1365. Dopo un inizio difficile e un nuovo esilio in Inghilterra e in Fiandra tra il 1373 e il 1379, riuscì ad imporre il suo dominio sugli avversari interni e a normalizzare i suoi rapporti con la Francia(secondo trattato di Guérande nel 1381). È ritenuto il fondatore dell’ideologia, della fiscalità, delle istituzioni centrali della Bretagna e anche dell’Ordine dell’Ermellino (fonte: http://documentation.culture-bretagne.org/fr/contribution/fiche.php?id=153), intorno al 1381 per celebrare la vittoria nella battaglia di Auray che mise fine alla guerra di successione bretone tra lui e il suo rivale Carlo II di Blois-Châtillon (Giovanni IV era sostenuto dal re d’Inghilterra mentre il duca Carlo II di Blois era appoggiato dalla corona francese).

268 Figlio di Guido di Chatillon e Margherita di Valois, sorella del re di Francia Filippo VI, Carlo sposò Giovanna di Penthièvre, nipote del duca di Bretagna Giovanni III, a cui Carlo succedette nel ducato dopo

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decorata dall’ermellino, esattamente come nell’arma del suo ducato. I personaggi che hanno ricoperto la sua stessa carica, come il suo rivale Giovanni IV di Montfort – suo successore nel dominio del ducato bretone – sono similmente rappresentati con gli elementi araldici bretoni. Ma i tratti del volto del beato Carlo, testimoniati da una antica immagine e da ‘repliche’ più tarde, sono evidentemente richiamati da quelle del personaggio rappresentato nel palazzo Caetani di Fondi: nei particolari dell’acconciatura, dei baffi e della barba, nelle caratteristiche dell’armatura. La cotta del personaggio di Fondi è costituita da un collare di maglia e la stessa maglia è ripresa anche nei manicotti sfrangiati della veste. Nelle sue rappresentazioni il beato Carlo indossa sempre una simile armatura dotata anche dei cosiddetti “spallacci”269. Si tratta di un’iconografia piuttosto rara che ho studiato per chiarire il motivo della presenza dell’immagine del beato Carlo – avo del ramo angioino provenzale – nel palazzo baronale di Fondi. La politica filo-angioina e francese dei Caetani è certamente una chiave di lettura dell’opera. In particolare, il dipinto dichiara esplicitamente il suo legame con la terra di Bretagna e con Luigi I d’Angiò, genero del beato Carlo. Ciò rimanda agli anni in cui il conte Onorato I ospitò i protagonisti dello scisma d’Occidente nel suo feudo di Fondi, tra il 1378 e il 1379. Anni in cui ben si collocano i caratteri tardo-gotici della pittura, il modo di definire le fisionomie e l’uso di linee di contorno e di volumi piatti tipici di questo periodo270. Il pittore della nicchia usa un tratto lineare e semplificato, molto marcato, una certa morbidezza nella resa pittorica nelle barbe del beato e del Cristo benedicente; ma i loro sguardi sono fissi, i grandi occhi a forma di lunetta sono inespressivi. Lo stesso uso di una maiuscola gotica nella scritta del libro tenuto dal Redentore indica la ripresa di caratteristiche grafiche tradizionali,