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4.3 Applicazione del Modello di Porter al caso aziendale

4.3.1 Le forze Verticali: I Fornitori

L’analisi dei fornitori avrà una valenza più generale poiché nella GDO, e quindi anche nel caso in esame, i fornitori sono aziende che hanno valenza nazionale. Inoltre non sarebbe giusto parlare di “fornitori di Supercentro” giacché la società, in qualità di master franchisee di Pam, eredita i fornitori del proprio franchisor. Per valutare il potere contrattuale che i fornitori esercitano sugli operatori della Distribuzione Moderna occorre comprendere innanzitutto chi sono.

Analizzando i dati Nielsen sull’Area 4 (Abruzzo - Molise - Puglia - Campania - Basilicata - Calabria – Sicilia) si evince che l’agroalimentare (fresco e largo consumo confezionato) pesa per il 91% delle vendite.

Questo fa si che l’attenzione in fase di analisi dei fornitori si concentri sul settore agroalimentare.

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Il ragionamento appena effettuato ci aiuta a delimitare il bacino dei fornitori da analizzare:

- parliamo di fornitori operanti a livello nazionale (dato che i fornitori di Supercentro sono quelli che afferiscono ad Aicube),

- sono fornitori operanti principalmente nel settore Agroalimentare dato che il 91% delle vendite afferiscono al food (LCC e fresco).

Nel 2007 in Italia il comparto alimentare rappresentava circa il 10 per cento dell’intero settore manifatturiero in termini di occupazione e quasi il 9 per cento per valore aggiunto. Tali quote erano leggermente inferiori alla media dell’Unione Europea, dove la produzione di cibo, bevande e tabacco si attestava a oltre il 13 per cento dell’occupazione e al 12 per cento del valore aggiunto della manifattura nel suo complesso. Secondo i dati dell’archivio statistico Structural Business Statistics (SBS) dell’Eurostat, in Italia tra il 1999 e il 2007 il numero di imprese operanti nel settore alimentare è aumentato a un tasso medio dello 0,5 per cento, passando da circa 64 mila a quasi 72 mila unità, in controtendenza rispetto al totale della manifattura (-1,1 per cento su base annua). Negli altri maggiori paesi europei il tasso di crescita del comparto alimentare è stato invece inferiore a quello della manifattura.

In sostanza le aziende agroalimentari hanno avuto una crescita enorme negli ultimi anni arrivando a generare un giro d’affari, nel 2017, pari a 134 miliardi di euro.

L’interazione tra i mondi della Distribuzione Moderna e dell’Industria Agroalimentare è spesso conflittuale a causa principalmente delle pressioni che la GDO esercita sui propri fornitori.

La letteratura economica si è molto interessata al buyer power che la distribuzione moderna esercita sui propri fornitori ed in particolare sul fenomeno del trade spending26 che diviene la sostanziale dimostrazione delle pressioni che il settore a valle riesce a imprimere su quello a monte.

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Il trade spending consiste nelle contribuzioni che i fornitori elargiscono alla gdo in cambio di particolari servizi spesso legati alla modalità espositiva di alcuni prodotti.

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Una delle definizioni più articolate e complete del buyer power è quella privilegiata dall’American Antitrust Institute, ovvero “…l’abilità di un

acquirente di ridurre il prezzo da pagare a un fornitore o di indurlo a offrire condizioni non di prezzo più favorevoli”27. Un’altra definizione può essere tratta da Dobson, per cui il buyer power deriva da una relazione bilaterale asimmetrica tra fornitori e acquirenti che consente agli acquirenti più forti di “…ottenere dai

fornitori condizioni più favorevoli di quelle ottenute dagli altri acquirenti o di quelle attese in condizioni concorrenziali normali”28.

Mentre la prima tesi individua il potere d’acquisto esclusivamente con riferimento al rapporto fornitore-acquirente, la seconda impone invece un confronto tra i diversi acquirenti.

Non vi è un modo univoco o definito per misurare il potere contrattuale dei fornitori, tuttavia stando a queste definizioni è possibile utilizzare alcuni dati che ci vengono forniti dalle indagini delle autorità antitrust ma allo stesso tempo scegliere standard più morbidi rispetto a quelli che vengono utilizzati per accertare la posizione di dominanza.

Ad esempio, una catena di supermercati che rappresenti solo il 15-20% degli acquisti di uno specifico prodotto, ma che garantisca al fornitore una presenza geograficamente distribuita sul territorio, può esercitare un significativo potere di mercato nei confronti dei fornitori, essendo la sua domanda difficilmente sostituibile e, soprattutto, indispensabile per il raggiungimento delle economie di scala nella produzione29.

Alcuni dati che diano evidenza del potere contrattuale del buyer possono essere reperiti analizzando e rielaborando nella chiave di lettura a noi congeniale le risposte che i fornitori della GDO hanno fornito ai 320 questionari che l’istituto

27 Zhiqi Chen (2007), Buyer Power, Economic Theory and Antitrust Policy, Res, L. Econ., 17, 19. 28 Dobson P. W. (2005), Exploiting Buyer Power: Lessons from the British Grocery Trade, Antitrust Law Journal, Vol. 72, pagg. 529-562.

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Con una quota degli acquisti dei giocattoli pari al 20%, ad esempio, la Federal Trade Commission ha contestato a Toys “R” Us la restrittività del rifiuto a contrarre, mentre la Competition Commission del Regno Unito ha individuato come soglia di preoccupazione già l’8% del totale degli acquisti della distribuzione dei prodotti agroalimentari (Competition Commission, - Supermarkets: a Report on the Supply of Grocieries from Multiple Stores in the UK (2000); Dobson P. W. (2005), Exploiting Buyer Power: Lessons from the british Grocery Trade, Antitrust Law Journal, vol. 72, pagg. 529-535).

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ISMEA ha realizzato per analizzare le componenti dei contratti tra GDO e Agroalimentare. Nell’intento di analizzare i rapporti contrattuali tra i due mondi, Ismea ci fornisce dati che, se opportunamente riclassificati, ci mostrano la reale forza contrattuale dell’uno sull’altro.

Per sottoporre i propri questionari, Ismea ha individuato un panel di 1300 imprese del settore alimentare applicando uno schema di campionamento casuale all’universo di riferimento costituito dalle liste dell’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’Istat (Asia 2004), “Industrie alimentari e delle bevande”. Questo panel è stato poi filtrato per eliminare le imprese che hanno dichiarato di non avere rapporti con la GDO ovvero di avere rapporti del tutto marginali o saltuari. Le imprese selezionate sono, in tal maniera, divenute 471. Al questionario hanno risposto 303 imprese, alcune delle quali articolate in diverse divisioni che effettuano separate negoziazioni con la GDO: sono stati quindi restituiti compilati 322 questionari, di cui 320 effettivamente utilizzabili per le elaborazioni.

Il contenuto del questionario somministrato da Ismea è il seguente: - caratteristiche dell’impresa (dimensione, core business, etc.);

- caratteristiche della contrattazione (collocazione temporale della negoziazione, durata del contratto, durata della contrattazione, etc.);

- sconti applicati; - trade spending; - condizioni di vendita; - private label.

In base alle risposte è possibile suddividere le aziende per classe di fatturato, in base a questa prima classificazione si evince che le imprese sino a 10 milioni di euro di fatturato rappresentano il 48,2% del campione, il restante 51,8% è composto da aziende medio grandi.

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77) Suddivisione del campione per classi di fatturato

Frequenza Percentuale Classi di Fatturato Fino a 1 Mln 61 19,1 1 – 10 Mln 93 29,1 10 – 50 Mln 71 22,2 50 – 250 Mln 67 20,9 Oltre 250 Mln 28 8,8 Totale 320 100

Elaborazione su dati estratti da indagine Ismea

78) Incidenza Vendite alla GDO e n. Catene Servite

INCIDENZA VENDITE ALLA GDO Frequenza Percentuale

0 -20% 51 15,9

21% - 50% 99 30,9

51%- 70% 91 28,4

71% - 100% 79 24,7

Totale 320 100

N. DI CATENE SERVITE Frequenza Percentuale

1 – 3 84 26,8

4 – 7 64 20,84

>7 166 52,9

Nessuna Risposta 6 1,9

Frequenza 320 100

Elaborazione su dati estratti da indagine Ismea

L’analisi dei campioni mostra un bilanciamento anche nell’incidenza delle vendite alla GDO:

- le imprese che fatturano meno del 50% alla GDO sono il 46,8%; - le imprese che fatturano più del 50% alla GDO sono il 53,1%.

Inoltre nel 52% dei casi le catene servite sono più di 7, nel 26,8% dei casi da 1 a 3 e nel 20,84% dei casi da 4 – 7.

L’incidenza del fatturato sviluppato da ogni singola catena varia dall’1% al 90%, mediamente si ha che la prima catena servita sviluppa un fatturato del 19%, la seconda del 10%, la terza 7%, la quarta e la quinta a circa il 5%.

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Prima di trarre le conclusioni finali sul potere contrattuale che i fornitori sviluppano sulla GDO si mostrano i comparti in cui sono attivi i membri del campione.

79) I Comparti operativi del campione.

Comparto in cui opera l’azienda Conteggio Percentuale

Fresco 150 46,9%

Freschissimo 63 19,7%

Secco Confezionato 167 52,2%

Elaborazione su dati estratti da indagine Ismea

Un ulteriore classificazione dei campioni è stata effettuata sulla base della forza dei marchi aziendali andando ad ottenere tale variabile considerando il posizionamento di prezzo con l’ambito territoriale di copertura (prezzo alto e copertura territoriale nazionale = marchio leader a livello nazionale).

È possibile ora creare tre cluster:

- bassa dipendenza dalla catena cliente (alto potere contrattuale del fornitore);

- intermedia dipendenza dalla catena cliente (medio potere contrattuale di fornitore e cliente);

- alta dipendenza dalla catena cliente (basso potere contrattuale del fornitore).

Seguono i risultati della classificazione: 80) Composizione dei cluster

Grado di Dipendenza n. Imprese Percentuale

Basso 75 23,4

Intermedio 156 48,8

Alto 89 27,8

Totale Complessivo 320 100

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La classificazione dei Cluster contiene:

- Grado di dipendenza basso: imprese con fatturato generalmente superiore ai 50 milioni di euro, che servono un numero di catene superiore a 7 e che hanno almeno un marchio leader a livello nazionale. Incidenza sul campione complessivo: 23,4%;

- Grado di dipendenza intermedio: imprese che, pur servendo un numero di catene anche piuttosto alto (spesso superiore a 7), hanno un fatturato generalmente compreso tra i 10 e i 50 milioni euro e sono al massimo follower o co-leader in uno o più segmenti di mercato. Incidenza sul campione complessivo: 48,8%;

- Grado di dipendenza alto: imprese con un fatturato generalmente inferiore ai 10 milioni di euro, che servono un numero di catene compreso tra 1 e 3 e che hanno un marchio mediamente meno affermato (primo prezzo, follower o, al massimo co-leader). Incidenza sul campione complessivo: 27,8%.

I dati mostrano banalmente che le imprese fornitrici più grandi, con un prodotto dal forte marchio riescono a mantenere un potere contrattuale elevato. Queste imprese non superano, tuttavia, il 23,4% del campione.

Quanto appena esposto numericamente va accompagnato da una riflessione: i questionari sottoposti da Ismea alle imprese dell’agroalimentare ci permettono di costruire dei cluster sulla base di alcune variabili tra cui il numero di catene clienti. Tale variabile è fondamentale poiché laddove un fornitore lavori per un solo cliente sarebbe schiacciato dalla pressione contrattuale di quest’ultimo, viceversa lavorare per più clienti aumenta il potere contrattuale del fornitore. Questo assunto viene meno laddove i clienti colludono per schiacciare il fornitore ed è proprio quello che accade nel settore della Distribuzione Moderna a causa della presenza delle Supercentrali d’Acquisto che aumentano considerevolmente, seppur “virtualmente”, la concentrazione nel settore.

Con riferimento al nostro caso aziendale possiamo dire che Supercentro ha una quota mercato inconsistente a livello nazionale (in proporzione a Pam circa lo 0,18%) e pure tramite AICUBE ed i contratti che esso negozia per conto dei suoi

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partecipanti, è in grado di essere rappresentato da una cordata che detiene il 5,6% a livello nazionale.

La conclusione di questo paragrafo è che il potere contrattuale dei fornitori nei confronti della GDO è sicuramente basso tranne qualche eccezione per imprese con marchi leader a diffusione nazionale ed estera (es: Ferrero, Barilla, etc.).

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