LA CITTÀ VECCHIA DI TARANTO: IL PATRIMONIO CULTURALE DIFFUSO TRA ABBANDONO E POSSIBILI RIMEDI ‚SMART‛
3. La Francigena V.E.R.S.O sud, tra sviluppo spontaneo e sviluppo pianificato per unificare i territor
Con il riconoscimento della Francigena dopo Roma (Di Paola, 2016), si può considerare concluso l’iter di unificazione al sistema dei Cammini esistenti in Europa del percorso fino a Brindisi (Coccia, Nacca, 2013, p. 18).
La sua consistenza materiale, come detto, si sostanzia in una rete, rispetto alla linea unitaria del tratto da Canterbury a Roma, perché è frutto di un processo condiviso che unisce il patrimonio stori- co-artistico delle regioni Lazio, Molise, Campania, Basilicata e Puglia in successione, senza soluzione di continuità, come una sola comunità distinta in «entità concrete del luogo e del paesaggio, della so- pravvivenza e del lavoro» (Emiliani, 1974). È il presupposto indispensabile l’avvio di un programma, come un unicum, di tutela, gestione, valorizzazione e promozione delle aree.
Attualmente alcuni tratti di cammino sono già percorribili, altri in costruzione, altri ancora lontani dall’essere messi in sicurezza perché scontano un ritardo di oltre 10 anni. Chi li percorrere non può fare a meno di evidenziare le carenze, i punti critici, le difficoltà di attraversamento dei territori, che risultano maggiori dove l’antropizzazione è più consistente, costringendo i camminatori a improvvi- sare varianti al percorso definito dalle Regioni.
Figura 3. Masterplan per l’estensione della Via Francigena nel sud. Programma degli Itinerari del Consiglio d’Europa, Tavola con stralcio della Regione Puglia. Fonte: elaborazione dell’autore.
Le difficoltà fisiche che s’incontrano, sono aggravate dalla scarsa consapevolezza del suo valore culturale degli abitanti di alcuni paesi attraversati. In questo senso l’analisi svolta nell’ambito del pro- getto V.E.R.S.O. sud evidenzia un territorio in cui a macchia di leopardo ci sono aree dove il percorso è ben tenuto e considerato da parte delle amministrazioni locali e dagli enti preposti alla promozione, e territori in cui sembra non esistere, ignorato.
Sant’Angelo (FG) (fig. 3), ha una lunghezza complessiva di oltre 800 km. Attualmente chi la percorre trova una situazione molto eterogenea dal punto di vista della sicurezza e delle indicazioni. Anche se non mancano tratti più strutturati nel Lazio o da Benvenuto al Gargano, è indiscutibile lo stato em- brionale della maggior parte dei cammini in Campania, Molise e Basilicata.
In generale la manutenzione è assente, lasciata ai volontari che spesso provvedono a segnare con la vernice il cammino in modo del tutto estemporaneo. Le associazioni imprenditoriali detentrici dell’accoglienza risultano disinformate o disinteressate perché ignare del valore economico che si può innescare rendendo operativo il progetto. La segnaletica, per esempio quella nel Lazio posta in opera con i contributi regionali del 2008, ancora non è completa o è stata rimossa, anche se fortunatamente solo in rari casi.
Per sopperire a questa carenza alcune associazioni culturali, nelle diverse regioni, hanno avviato processi di sensibilizzazione e creato occasioni di confronto con imprenditori, enti pubblici e privati, associazioni di settore, semplici cittadini per informare e formare la comunità locale.
Alla luce del lavoro svolto a partire dal 2003, della mappatura del percorso secondo criteri storici verificati rispetto all’antropizzazione e alla fruibilità delle strade odierne, il cammino si può ritenere definito, sebbene si prevede possa subire ancora aggiustamenti e correzioni nella fase esecutiva, tutta- via è evidente che c’è ancora davvero tanto da fare.
La politica dello sviluppo del territorio richiede un cambio di mentalità nella programmazione ur- bana del futuro, equiparando il viaggiare lento alle altre forme turistiche, favorendo la permeabilità delle aree, la demolizione e ricostruzione, il diradamento, a danno della nuova edificazione per una progressiva riappropriazione e riqualificazione del patrimonio urbano già esistente (Bozzato, 2016, p. 71).
Risulta pertanto urgente affrontare la manutenzione del percorso per i camminatori e i ciclisti che nonostante tutto questo affrontano la Francigena a loro rischio e pericolo, dando vita alla rete dei ser- vizi e operando nella sensibilizzazione degli operatori locali e dei cittadini che vivono lungo l’itinerario, senza i quali è impossibile la valorizzazione del programma.
Per fare questo è necessaria la creazione di un ‚Sistema Turistico Integrato‛ della Via Francigena, stimolando i territori attraversati perché l’esperienza di scoperta, attraverso l’interezza del cammino, esalti le bellezze naturali e storico/artistiche, senza trascurare servizi e assistenza.
Le azioni previste dal progetto Francigena V.E.R.S.O. sud sono molteplici:
manutenzione ordinaria (manutenzione del verde, rifacimento/integrazione segnaletica stra- dale e pedonale) sui punti di maggiore criticità per i ‚cammini‛ con una logica di prio-rità di inter- vento sulla scorta della percorribilità dei tratti;
servizi ai diversi fruitori dei ‚cammini‛ articolati nei tratti previsti e in ragione dei diversi fab- bisogni, per migliorare la qualità delle strutture ricettive per stare al passo con i competi-tor inter- nazionali;
promozione del territorio coinvolgendo le regioni e a caduta i comuni direttamente o indiret- ta-mente interessati dagli itinerari;
sviluppare un know how all'avanguardia che interessi tutti i segmenti della filiera turistica per fa-vorire l’occupazione;
monitoraggio e report delle iniziative per attuare i processi di sviluppo socio-economico che ac-compagnano la rete dei ‚cammini‛.
Pertanto, riconosciuta la priorità dalla messa a sistema del tracciato, individuate le azioni concrete e coscienti che il riconoscimento ufficiale della Via Francigena nel Sud potrà avere in termini di rica- dute positive sulla compensazione degli squilibri locali, bisogna operare per superare la frammenta- zione territoriale che attualmente caratterizza una parte significativa dei territori interessati dal per- corso (Ceschin, Di Paola, Azzari, Dallari, Fusco, Bozzato, 2015, p. 10).
za perdere le caratteristiche che distinguono le differenti aree omogenee tra loro, poiché quando lo sviluppo dei Cammini si basa su un modello spontaneo si assiste alla coesistenza di iniziative e pro- getti che possono essere anche in sovrapposizione o contrasto tra loro, con una conseguente e signifi- cativa dispersione di risorse e scarsa efficacia (Coccia, Nacca, 2013, p. 60). Un intervento che dia alla Via un’immagine riconoscibile, attraverso una misurazione ritmica del percorso capace di mettere a sistema le varie realtà territoriali incontrate anche in funzione di tematismi condivisi: la rete dei castel- li, le rotonde, piuttosto che quella dei santuari5; la filiera dei vini, dell’olio e chi più ne ha ne metta.
Tutta la comunità deve essere protagonista dell’accoglienza verso visitatori che mettono al centro del- la propria esistenza l’arricchimento personale attraverso la conoscenza di chi incontrano lungo il viaggio.
Porre finalmente al centro la persona che viaggia con le sue esigenze e le sue curiosità, puntando a un turismo maturo (Coccia, 2013, p. 11), adeguato all’importanza del nostro paese, in grado di acco- gliere tutti i turisti senza distinzioni d’età o di condizioni psico-fisiche, dando prova di civiltà, abban- donando il simbolo della sedia a ruote.
Infine trasformare il patrimonio culturale in fattore di attrazione e motore di sviluppo economico, prima di tutto per il miglioramento della qualità della vita delle comunità locali, le quali possono trar- re grande vantaggio dallo sviluppo di un turismo sostenibile: combinazione tra visitatori e cittadini presenti sul territorio.
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