NELLA BASSA VALLE DELL’AMASENO
1. Gli itinerari culturali, strumenti conoscitivi e progettuali di sviluppo e coesione sociale
Gli itinerari sono organizzazioni reticolari, sinergiche e sistemiche, che ripercorrono le tracce stori- che di uomini in cammino, spinti inizialmente da motivazioni spirituali e in seguito mossi da stimoli diversificati, legati alla ricostruzione della memoria dei territori e all’interesse verso la scoperta della biodiversità dei luoghi2. Essi possono essere definiti ‚strumenti culturali‛ che aiutano il viaggiatore a
conoscere e riscoprire, in una modalità lenta e profonda, il milieu di un territorio. Questa rete di anti- che vie di comunicazione e, quindi, di conoscenza favorisce la costruzione di relazioni virtuose tra i valori del patrimonio e le energie sociali ed è volta a ripristinare e rinnovare costantemente il legame dell’uomo con il territorio, mettendo in risalto i valori di cura, di responsabilità, di reinterpretazione e di valorizzazione che esso attribuisce al complesso patrimoniale geografico. Attraverso il cammino, concetto e pratica valoriale propria degli itinerari, si acquisisce coscienza della straordinaria ricchezza e autenticità che i luoghi racchiudono e rappresentano. Ad ogni passo si scoprono nuovi tasselli del paesaggio culturale, esito del millenario rapporto coevolutivo tra l’uomo e l’ambiente naturale (Azza- ri et al., 2004).
Camminare è un progredire verso nuove forme di consapevolezza identitaria; attraverso il cammi- no possiamo leggere e interpretare il paesaggio che ci circonda e carpire i numerosi segni e sedimenti che il tempo e la storia hanno stratificato e depositato su di esso. Attraverso il lento procedere dello spostamento a piedi, l’uomo sviluppa gradualmente un profondo senso di responsabilità e cura verso il territorio, quella che Yi-Fu Tuan definisce topophilia (Tuan, 1974) ossia, un legame affettivo tra i luo- ghi fisici e gli uomini che si sviluppa e si rafforza nel tempo e da cui è possibile cogliere il senso dei luoghi, il cosiddetto genius loci (Norbert Schulz, 2011). Ciò consente di svelare il processo di stratifica- zione del territorio e la sua genealogia, rintracciando tutti quei segni del passato che ne costituiscono l’imprinting, patrimonio prezioso da preservare e trasmettere alle generazioni future.
Il concetto di topia, inteso come ‚costrutto storico‛, elemento valoriale che definisce identità e ap- partenenza, appare, dunque, di primissima rilevanza in presenza di processi eterocentrati che privano i territori delle qualità topiche, paesistiche e ambientali con l’introduzione di elementi esogeni che nulla hanno a che vedere con le vocazioni e il complesso identitario proprio di un luogo. Il viaggio si trasforma, così, in una mera fruizione superficiale di una località, non più luogo, inteso come configu- razione della territorialità. Alla luce di questi processi di banalizzazione degli aspetti paesistici e am-
1 Università degli Studi di Roma Tre.
2 Allo stimolo di mettersi in cammino dato da motivazioni religiose entra oggi in gioco anche il fattore
culturale; come spiegano Anna Trono e Luigi Oliva «è cambiato, tuttavia, l’impianto delle intenzioni di viaggio, che è passato da una caratterizzazione essenzialmente religiosa ad una ‚ricerca di significato‛, in cui il viaggio diviene esperienza *<+ il novello pellegrino è motivato da un risveglio emotivo, dal desiderio d’evasione dalla vita quotidiana, dalla ricerca di una sensazione di ‚benessere‛ fisico, mentale e spirituale» (Trono, Oliva, 2013, pp. 11-12).
bientali in cui incorrono le cosiddette ‚destinazioni turistiche‛, i cammini hanno la capacità di ricom- porre i tasselli della complessa trama di relazioni che legano i viaggiatori – non più turisti – agli abi- tanti dei luoghi – non più mere località – esaltano la prospettiva esperienziale e sensoriale del viaggio e sviluppano processi di topogenesi da cui promuovere virtuose pratiche di patrimonializzazione del- le risorse territoriali (Turco, 2012).
In quanto espressioni di un turismo culturale consapevole e responsabile gli itinerari possono per- tanto essere definiti, una risorsa strategica per lo sviluppo territoriale in chiave sociale, economica, e culturale; strumenti innovativi che coniugano il patrimonio tangibile e quello intangibile e mettono in luce le molteplici potenzialità territoriali. Di particolare rilievo è la capacità dei cammini di connettere le aree periferiche e le comunità locali attraverso la creazione di forme reticolari di cooperazione a sca- la regionale e transnazionale con l’obiettivo di promuovere la crescita e la coesione sociale.
Un virtuoso esempio di progetto inclusivo capace di rafforzare il potenziale turistico locale a più ampia scala europea attraverso i cammini, è certamente rappresentato dalla Via Francigena3 che nasce
come percorso transappenninico, utilizzato dai Longobardi, per raccordare la Padania alla Tuscia, ma che deve la sua denominazione alla successiva dominazione franca. Durante il Sacro Romano Impero questa via cominciò ad essere frequentata da molti gruppi di pellegrini che dall’Occidente cristiano si recavano ‚ad limina Beati Petri‛, per poi proseguire verso i porti della Puglia e raggiungere da qui la meta più ambita, la Terrasanta; non si tratta, quindi, solo di un itinerario legato alla sfera del pellegri- naggio, ma anche di un importante transito per mercanti, uomini di rango, eserciti, papi e imperatori (Stopani, 2008).
Accanto allo storico cammino di Sigerico4, si sviluppa una complessa rete di antiche strade che si
dirigono verso sud in direzione di Gerusalemme; tra queste è interesse porre l’attenzione in questa comunicazione su un tratto della Via Francigena nel Sud che si snoda nel basso Lazio, un percorso trasversale di alto valore storico e culturale che raccorda l’Occidente all’Oriente nel più ampio quadro euromediterraneo5.
La Via Francigena, nell’ottica di itinerario culturale europeo transnazionale e transfrontaliero con- tribuisce a superare la frammentazione territoriale e a rafforzare la coesione sociale e i legami tra le culture che hanno plasmato l’Europa contemporanea e la sua identità, un’identità culturale comune forte e radicata nel tempo. Rete portante dell’Itinerario, come viene definita dal suo presidente Mas- simo Tedeschi, è l’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) fondata a Fidenza il 7 aprile del 2001.
3 Più correttamente definita fascio di vie, anche denominata via «peregrinalis», «Francisca», «Romea». 4 La Via Francigena moderna è associata alla figura di Sigerico, vescovo di Canterbury, che nel 990 intra-
prese un lungo cammino di circa 1800 chilometri verso Roma per ricevere da papa Gregorio XV (989-996) il
pallium, ovvero il simbolo della carica vescovile. Il diario che il vescovo redige durante questo viaggio è una
preziosa fonte storica, utile per ricostruire il tracciato della Via Francigena e per promuovere la memoria sto- rica e le comuni radici identitarie europee (Stopani, 2008).
5 A tal proposito di particolare rilevanza è stato l’impegno della Società Geografica Italiana onlus (SGI) in
collaborazione con l’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) nella redazione del Dossier per l’estensione della ‚Via Francigena nel Sud‛ nel marzo del 2015. Il progetto è volto a gestire, promuovere e valorizzare il complesso di beni materiali e immateriali sedimentati nei territori attraversati dall’itinerario e a trasformarli in occasione di sviluppo locale e sociale in termini economici, occupazionali, ambientali, pae- saggistici e di miglioramento della qualità della vita. Nell’aprile del 2016 il Dossier è stato illustrato a Lus- semburgo, presso la sede dell’Istituto Europeo degli Itinerari culturali, in occasione dell’annuale riunione del
Governing Board dell’Accordo Parziale Allargato sugli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa. La Via
Francigena ha ottenuto la conferma della certificazione di ‚Itinerario culturale del Consiglio d’Europa‛ del tratto Canterbury-Roma, ed è inoltre stata valutata l’estensione della certificazione alla Via Francigena nel Sud (http://www.coe.int/en/web/culture-and-heritage/cultural-routes).