Fuga dai compatti
Cosa succede se una soluzione massimale non `e globalmente definita, cio`e non pu`o essere definita sul pi`u grande intervallo compatibilmente con l’in- sieme Ω di definizione di f ? Vedremo che essenzialmente la traiettoria della soluzione deve, in qualche modo da precisare meglio, tendere al bordo del- l’aperto di definizione. Questo risultato sar`a conseguenza del pi`u generale Teorema della fuga dai compatti, che afferma che le soluzioni massimali esco- no definitivamente da ogni compatto di Ω. Tale teorema deriver`a facilmente dal seguente risultato.
Teorema 3.16 (della chiusura del grafico)1 Siay∗ : I∗ → Rn soluzio-
ne massimale dell’equazioney0 = f (t, y) con f : Ω⊆ R×Rn→ Rncontinua. Allora il suo grafico `e chiuso nella topologia relativa di Ω, cio`e per ogni suc- cessione (tj, y(tj)) convergente a un punto (¯t, ¯y) appartenente a Ω, si ha
¯
t∈ I∗ e y∗(¯t) = ¯y, ovvero il punto (¯t, ¯y) appartiene al grafico di y∗.
Dimostrazione Osserviamo che una volta dimostrato che ¯t∈ I∗, cio`e che y∗`e definita in ¯t, per continuit`a segue subito ¯y = limj→∞y∗(tj) = y∗(¯t).
Inoltre, dimostreremo la tesi limitatamente al caso in cui l’equazione diffe- renziale y0= f (t, y) ammette unicit`a delle soluzioni dei problemi di Cauchy associati; per la dimostrazione nel caso generale si vedano gli approfondi- menti alla fine al capitolo.
Poich´e (¯t, ¯y) ∈ Ω e Ω `e aperto, `e possibile costruire un cilindro di si- curezza di centro (¯t, ¯y) e contenuto in Ω. Siano dunque δ, R > 0 tali che Cδ,R(¯t, ¯y) := [¯t− δ, ¯t + δ] × B[¯y, R] ⊂ Ω per cui Cδ,R(¯t, ¯y) sia cilindro di
sicurezza; sappiamo che ci`o accade se δ≤ R/M dove M := maxkf(s, z)k : (s, z) ∈ Cδ,R(¯t, ¯y) . Essendo (tj, y(tj)) → (¯t, ¯y), definitivamente si avr`a
(tj, y(tj)) ∈ Cδ/2,R/2(¯t, ¯y) per j ≥ j0; d’ora in avanti si fissi uno di tali
(tj, yj) := (tj, y(tj)). In particolare si avr`a (¯t, ¯y) ∈ Cδ/2,R/2(tj, yj), dove
Cδ/2,R/2(tj, yj) = [tj− δ/2, tj+ δ/2]× B[yj, R/2]. Verifichiamo che `e un ci-
lindro di sicurezza. Posto M1 := maxkf(s, z)k : (s, z) ∈ Cδ/2,R/2(tj, yj) ,
essendo Cδ/2,R/2(tj, yj)⊂ Cδ,R(¯t, ¯y) si ha M1 ≤ M dunque M1δ≤ Mδ ≤ R =⇒ δ/2≤ R/2 M1 . 1
Da non confondere con il Teorema del grafico chiuso, classico risultato dell’Analisi Funzionale.
Il cilindro Cδ/2,R/2(tj, yj) `e allora di sicurezza e per il Teorema di Peano
esiste una soluzione yj(t) del problema di Cauchy
(
y0 = f (t, y) y(tj) = yj,
definita in [tj−δ/2, tj+δ/2]. Essendo ¯t∈ [tj−δ/2, tj+δ/2] la soluzione yj(t)
`e definita in ¯t. Osservando che anche la soluzione y∗ `e soluzione massimale del medesimo problema di Cauchy, per l’unicit`a y∗(t) coincide con yj(t) in
[tj− δ/2, tj+ δ/2], in particolare y∗ `e definita in ¯t, da cui la tesi.
Teorema 3.17 (della fuga dai compatti) Sia y : ]α, β[→ Rn soluzione
massimale diy0 = f (t, y) con f : Ω⊆ R × Rn→ Rn continua. Allora la sua
traiettoria esce definitivamente da ogni compatto di Ω per t → α+ oppure
t→ β−, ovvero per ogni compattoK ⊂ Ω esistono ak, bk∈ ]α, β[ tali che
(t, y(t))6∈ K per ogni α < t < ak e ogni bk< t < β.
Dimostrazione Ragioniamo per t→ β−; analogamente si pu`o fare per t → α+. Per assurdo `e possibile trovare un compatto K in Ω e una suc-
cessione di tempi tj → β− tali che (tj, y(tj)) ∈ K. Per la compattezza di
K, eventualmente passando a sottosuccessioni, si ha che (tj, y(tj)) converge
a un punto (β, ¯y) che appartiene a K ⊂ Ω perch´e K `e chiuso. Per il Teo- rema 3.16 β appartiene all’intervallo di definizione di y, assurdo perch´e y `e
massimale e il suo intervallo massimale `e aperto.
Alcune conseguenze della fuga dai compatti
In questa sottosezione verranno riportate alcune semplici considerazioni sul comportamento delle traiettorie o delle orbite delle soluzioni massimali che derivano direttamente dal Teorema della fuga dai compatti. Ci limiteremo a studiare cosa succede in futuro ma risultati del tutto analoghi valgono anche in passato. Essenzialmente la traiettoria di una soluzione massimale y : ]α, β[→ Rn tende a “uscire” dal bordo di Ω per t→ β− (e per t→ α+),
dove il termine “bordo” deve essere pensato in senso esteso comprendendo l’infinito (in norma) nel caso in cui Ω `e illimitato. Si noti che `e sempre pos- sibile costruire una “successione di compatti che invade Ω”, ovvero una suc- cessione (Kj) di compatti in Ω, crescente per inclusione, tale che Kj ⊂
◦
Kj+1
e S
j∈NKj = Ω. Per esempio (verificarlo per esercizio), preso y0 ∈ Ω basta
considerare Kj = {y ∈ Ω : dist (y, ∂Ω) ≥ 1/j} ∩ B[y0, j]. Una soluzione
FUGA DAI COMPATTI 51 dovr`a avvicinarsi al bordo di Ω oppure tendere in qualche modo all’infinito (questo caso ovviamente pu`o accadere solo se Ω `e illimitato); per indivi- duare l’effettivo comportamento bisogna tenere sempre in considerazione la geometria dell’aperto di definizione Ω.
Caso generale: l’aperto di definizione `e generico, Ω⊆ R × Rn .
La traiettoria (t, y(t)) pu`o “uscire” da Ω in vari modi; essenzialmente, o esplode in norma, oppure tende ad avvicinarsi a ∂Ω, magari conver- gendo a un punto della frontiera, oppure verifica un mix di entrambi (si veda l’Esempio (3.23)); comunque la traiettoria tende, in senso la- to, al bordo di Ω. In aggiunta, dovendo uscire dai compatti di Ω, la traiettoria (t, y(t)) non pu`o avere punti di accumulazione interni a Ω per t → β−; per studiare questi ultimi, si supponga che tj → β− e
si consideri il comportamento della relativa successione di punti del grafico (tj, y(tj)). Ci sono dunque due alternative:
i) la successione (tj, y(tj)) `e non limitata, quindi, eventualmente pas-
sando a sottosuccessioni,k(tj, y(tj))k → ∞; ci`o pu`o accadere solo
se Ω `e non limitato; oppure
ii) la successione (tj, y(tj)) `e limitata, e volendo studiare i punti di
accumulazione si pu`o supporre (nuovamente passando a sottosuc- cessione) che anche y(tj) abbia limite. Sar`a dunque (tj, y(tj))→
(β, yβ) ∈ Ω. Non pu`o essere (β, yβ)∈ Ω perch´e altrimenti, per il
Teorema della fuga dai compatti, si avrebbe che β apparterreb- be al dominio di definizione di y, assurdo. Quindi (β, yβ) ∈ ∂Ω,
cio`e ogni punto di accumulazione al finito della traiettoria sta sul bordo di Ω. Rientra in questa eventualit`a il caso in cui β <∞ e tutta l’orbita y(t) ha limite finito per t→ β−.
In definitiva i punti di accumulazione, come anche il limite (quando esiste), della traiettoria di y per t → β− o sono infiniti, oppure ap-
partengono alla frontiera di Ω. Si possono gi`a fare delle distinzioni a seconda del tempo di esistenza della soluzione.
Sottocaso β = +∞ . Ci`o pu`o ovviamente accadere solo se Ω `e illi- mitato. La soluzione `e dunque definita per sempre in futuro e ci si trova nel caso i) sopra elencato, in particolare la traietto- ria esce da ogni compatto nella direzione dell’asse dei tempi, e il Teorema della fuga dai compatti non ci permette di avere al- tre informazioni sul comportamento della componente y(t) per t→ β = +∞: quest’ultima pu`o esplodere in norma, tendere a un
limite finito oppure non ammettere limite come, per esempio, ma non solo, in presenza di un’orbita periodica. Considerate infatti le tre equazioni/sistemi
y0 = y, w0 =−w, (
y10 = y2
y20 =−y1,
hanno tutte soluzioni globalmente definite in futuro (e passato), per esempio, rispettivamente y(t) = et, w(t) = e−t, (y1(t), y2(t)) =
(sen t, cos t), la prima che tende a +∞, la seconda che tende a 0, la terza che non ha limite per t → +∞ (soluzione periodica). Si possono verificare casi pi`u complessi, nei quali si osservano contemporaneamente i vari comportamenti; per esempio,
y0 = y
t + t cos t
ammette in ]0, +∞[ la soluzione y(t) = t(1 + sen t) tale che per tj = 3π/2 + 2πj si ha y(tj) = 0, mentre per ˜tj = π/2 + 2πj si
ha y(˜tj) = 2˜tj → +∞. In realt`a, poich´e l’immagine di y(t) `e
[0, +∞[ per ogni c in tale intervallo, esiste una successione (tcj) tale che y(tc
j)→ c per j → +∞. Anche la funzione ¯y(t) = t sen t
`e soluzione dell’equazione: in questo caso l’immagine `e tutto R. Sottocaso β < +∞ . I due punti precedenti si specializzano in:
i) ky(tj)k → ∞. Esistono valori dell’orbita che in norma tendono
all’infinito; nel caso n = 1 ci si riduce ai due casi y(tj)→ ±∞;
ii) y(tj)→ yβ ∈ Rn. Si ha dunque (tj, y(tj))→ (β, yβ)∈ ∂Ω.
Caso del “rettangolo” (detto anche della “striscia”): l’aperto di de- finizione `e un insieme prodotto, possibilmente non limitato, del tipo Ω = J× A dove J = ]a, b[ con −∞ ≤ a < b ≤ +∞ e A ⊂ Rn`e aperto.
Per molti sistemi di equazioni differenziali il dominio di definizione `e di questo tipo; per quelli che non rientrano in questa categoria `e sempre possibile restringere il dominio a un sottodominio di questa forma, ot- tenendo in questo modo delle informazioni sulle soluzioni, localizzate a questo particolare sottodominio.
Valgono chiaramente tutte le osservazioni fatte nel caso generale, ma in certi punti si pu`o essere pi`u precisi, perch´e la particolare geometria dell’aperto permette di avere maggiori informazioni sulle orbite.
FUGA DAI COMPATTI 53 Sottocaso β = b . La soluzione, compatibilmente col dominio Ω, `e globalmente definita in futuro (si veda la Figura 3.5). Per quanto concerne i punti di accumulazione di (t, y(t)) valgono le medesime considerazioni del caso generale: o y(t) tende in norma all’infinito per t → β−, oppure, se finito, il limite deve appartenere alla
frontiera di Ω, in particolare appartiene all’insieme {β} × A ma il Teorema 3.17 non ci permette di distinguere tra le eventualit`a.
t Rn a β = b A Ω (t, y(t)) la soluzione esce da qui
Figura 3.5: La fuga dai compatti: caso β = b
Sottocaso β < b . La soluzione non `e globalmente definita in futu- ro. Dimostriamo che allora l’orbita esce definitivamente da tutti i compatti di A. A tal fine basta applicare i Teorema 3.17 a opportuni compatti di Ω, specificatamente, fissato t0 ∈ ]α, β[, ai
compatti della forma [t0, β]×H con H compatto di A. Per t → β−
la traiettoria (t, y(t)) deve uscire da questi compatti ma poich´e t non esce mai da [t0, β] allora y(t) deve uscire da H. Dall’ar-
bitrariet`a di H segue che l’orbita y(t) esce definitivamente per t → β− da tutti i compatti di A (si veda la Figura 3.6). Per
quanto riguarda i punti di accumulazione dell’orbita, procedendo come sopra si ottiene, eventualmente passando a sottosuccessioni, che vale la seguente alternativa per y(tj) con tj → β−:
i) ky(tj)k → ∞ (y(tj)→ ±∞ nel caso n = 1). Pu`o accadere so-
lo se A `e illimitato; oppure
ii) y(tj)→ yβ ∈ Rn. Necessariamente yβ ∈ ∂A, cio`e tutti i punti
di accumulazione dell’orbita per t→ β stanno sulla frontiera. Come conseguenza si ha che se, come si dice, y(t) “visita” frequente- mente un compatto allora `e globalmente definita. Infatti se esistono
t Rn a t0 β b H Ω (t, y(t)) la soluzione non
pu`o uscire da qui
la soluzione deve uscire da qui
Figura 3.6: La fuga dai compatti: caso β < b
un compatto H di A e una successione tj → β− tale che y(tj) ∈ H,
per compattezza ed eventualmente passando a una sottosuccessione, y(tj) converge a un qualche yβ di H ⊂ A, il che contrasta con ii). Non
pu`o quindi essere β < b, dunque β = b.
Si osservi che nel caso di equazioni autonome y0 = f (y) il campo vet- toriale f , come funzione delle variabili (t, y), `e definito nel rettangolo R×A con A ⊆ Rnaperto. Dire che la soluzione `e globalmente definita
in futuro (in passato) equivale allora a dire che β = +∞ (α = −∞). Caso della “striscia infinita”: `e un sottocaso del caso del rettangolo (stri-
scia), in cui l’aperto di definizione `e del tipo Ω = J× Rn .
Nel caso in cui β < b l’orbita della soluzione deve uscire da tutti i compatti di A = Rn, in particolare da tutte le palle B[0, R], ovvero per ogni R > 0 esiste tR tale che per t ∈ ]tR, β[ si ha y(t) 6∈ B[0, R]
ovveroky(t)k > R, cio`e limt→β−ky(t)k = +∞. Vista l’importanza e il
frequente utilizzo, riscriviamo questo risultato sotto forma di teorema. Teorema 3.18 (dell’esplosione in norma) Sia y : ]α, β[→ Rn soluzione
massimale di y0 = f (t, y) con f : ]a, b[×Rn → Rn continua. Se y non `e
globalmente definita in futuro (cio`eβ < b) allora lim
t→β−ky(t)k = +∞,
cio`e y esplode in norma in tempo finito (si parla anche di “blowup” della norma). Un analogo risultato vale in passato pert→ α+.
FUGA DAI COMPATTI 55 Vediamo adesso alcuni esempi di blowup per soluzioni non globalmente definite in futuro.
Esempio 3.19 Data l’equazione autonoma y0 = y2 con campo vettoriale definito su tuttoR×R e preso y0 > 0, per separazione delle variabili la solu-
zione del relativo problema di Cauchy con y(0) = y0 `e data da y(t) = 1−yy00t
definita al massimo su ]− ∞, 1/y0[. Per il Teorema 3.18 dobbiamo allora
aspettarci l’esplosione in norma per t→ β−e infatti limt→(1/y0)−y(t) = +∞.
Esempio 3.20 Preso (x0, y0)6= (0, 0), si consideri il problema di Cauchy
x0 = xpx2+ y2− y y0 = ypx2+ y2+ x x(t0) = x0, y(t0) = y0.
Il campo vettoriale autonomo f (x, y) = (xpx2+ y2− y, ypx2+ y2+ x) `e
definito e continuo in R2 e sicuramente di classe C1 inR2\ {(0, 0)}. `E poi
possibile verificare che ciascuna componente `e differenziabile con continuit`a anche nell’origine per cui f ∈ C1(R2). Si osservi che per l’applicazione del
Teorema di Cauchy-Lipschitz `e sufficiente dimostrare la locale lipschitzia- nit`a di f , e questa `e evidente (senza studiarne la differenziabilit`a!) perch´e la mappa (x, y) 7→ px2+ y2 pur non essendo differenziabile nell’origine `e
globalmente 1-lipschitziana; infatti non `e altro che la norma euclidea del vettore (x, y). Poich´e le componenti di f sono prodotti/somme di funzio- ni localmente lipschitziane, f `e localmente lipschitziana, in particolare in (0, 0), l’unico punto che potrebbe dare problemi per la lipschitzianit`a. In ogni caso si pu`o applicare il Teorema di Cauchy-Lipschitz; si hanno dunque esistenza e unicit`a locale per le soluzioni di tutti i problemi di Cauchy. Os- servato che il problema di Cauchy con dati iniziali (x0, y0) = (0, 0) ha come
(unica) soluzione la funzione identicamente nulla ((0, 0) `e un equilibrio del sistema), per l’unicit`a (il campo vettoriale `e autonomo quindi le orbite non si intersecano) ogni altra soluzione (x(t), y(t)) sar`a sempre diversa da (0, 0) per ogni t di definizione. Vista anche la forma particolare del sistema, `e al- lora possibile provare a utilizzare le coordinate polari. Posto ρ =px2+ y2
e θ = arctg(y/x), le equazioni del sistema si riscrivono come x0 = ρx− y, y0= ρy + x che insieme a (3.3)-(3.4) forniscono
ρ0= xx0+ yy0 ρ = x(ρx− y) + y(ρy + x) ρ = x 2+ y2 = ρ2, θ0 = xy0− yx0 ρ2 = x(ρy + x)− y(ρx − y) ρ2 = x2+ y2 ρ2 = 1,
ottenendo quindi il problema di Cauchy (3.7) ρ0 = ρ2 θ0 = 1 ρ(t0) = ρ0, θ(t0) = θ0.
dove ρ0 = px20+ y02, θ0 = arctg(y0/x0) (dove si suppone, per semplicit`a
x0 6= 0). Il sistema `e disaccoppiabile nei due problemi di Cauchy
( ρ0 = ρ2 ρ(t0) = ρ0, ( θ0 = 1 θ(t0) = θ0,
le cui soluzioni sono date da ρ(t) = ρ0 1− ρ0(t− t0)
, θ(t) = (t− t0) + θ0. Si
osservi che ρ esplode in tempo finito; inoltre, eliminando la variabile t tra le due equazioni si ottiene che ρ(t), θ(t) soddisfano le equazioni
ρ = ρ0 1− ρ0(θ− θ0) ovvero θ− θ0 = 1 ρ − 1 ρ0 ,
che esprimono ρ in funzione di θ e viceversa. Si noti che tale equazione rappresenta un’iperbole nel piano ρ− θ; in particolare, quando ρ → +∞ segue che θ → θ0+ 1/ρ0, dunque quando ρ esplode la fase tende al valore
fissato θ0 + 1/ρ0. Dalle relazioni precedenti segue inoltre che la funzione
F (ρ, θ) = θ + 1/ρ `e costante lungo le soluzioni, dunque `e un integrale primo del sistema (3.7) (si veda il Capitolo 7).
Essendo x(t) = ρ(t) cos θ(t), y(t) = ρ(t) sen θ(t), si ottiene x(t) = ρ0cos(t− t0+ θ0) 1− ρ0(t− t0)
= ρ0cos θ0cos(t− t0)− ρ0sen θ0sen(t− t0) 1− ρ0(t− t0)
y(t) = ρ0sen(t− t0+ θ0) 1− ρ0(t− t0)
= ρ0sen θ0cos(t− t0) + ρ0cos θ0sen(t− t0) 1− ρ0(t− t0) , e in conclusione x(t) = x0cos(t− t0)− y0sen(t− t0) 1−px2 0+ y20(t− t0)
y(t) = y0cos(t− t0) + x0sen(t− t0) 1−px2
0+ y02(t− t0)
.
La soluzione cos`ı trovata `e definita in ]α, β[ := ]− ∞, t0+ 1/px20+ y02] e
lim t→β− (x(t), y(t)) = lim t→β− ρ0 1− ρ0(t− t0) = +∞,
FUGA DAI COMPATTI 57 dunque c’`e esplosione in norma, e in questo caso l’orbita tende all’infinito nella stessa direzione della retta di equazione y = mx dove m = tg(θ0+1/ρ0).
Una piccola variante di questo esempio permette di ottenere una solu- zione che tende all’infinito in tempo finito “spiraleggiando”; basta fare in modo che all’esplodere di ρ anche la fase θ tenda a esplodere. Un esempio `e dato dal seguente sistema (triangolare) in coordinate polari:
(3.8) ρ0= ρ2 θ0 = ρ ρ(0) = ρ0, θ(0) = θ0,
dove, senza ledere in generalit`a, si `e preso t0 = 0; la cui soluzione ρ(t) `e
sempre data da ρ(t) = ρ0/(1− ρ0t) mentre
θ(t) = θ0+ Z t 0 ρ(s) ds = θ0+ Z t 0 ρ0 1− ρ0s ds = θ0− ln(1 − ρ0t).
Si osservi che da (3.8) segue ρ0 − ρθ0 = 0, e moltiplicando per il fattore
integrante e−θ, si deduce (ρe−θ)0 = (ρ0 − ρθ0)e−θ = 0, perci`o la funzione
F (ρ, θ) = ρe−θ `e costante lungo le soluzioni, dunque `e un integrale primo del sistema (3.8) (si veda sempre il Capitolo 7). Al medesimo risultato si pu`o pervenire eliminando la variabile t nelle equazioni trovate per ρ(t) e θ(t)). In definitiva si ha ρ = ρ0eθ−θ0, equazione che rappresenta una spirale
logaritmica in coordinate polari.
x(t) y(t) t y(t) t x(t) y(t)
Figura 3.7: Esplosione in norma delle soluzioni in tempo finito: andamento dell’orbita, della coordinata y(t), della traiettoria
Il sistema (3.8) in coordinate cartesiane diventa x0 = (x− y)px2+ y2 y0= (x + y)px2+ y2 x(0) = x0, y(0) = y0,
la cui soluzione `e data da x(t) = ρ0cos(θ0− ln(1 − ρ0t)) 1− ρ0t y(t) = ρ0sen(θ0− ln(1 − ρ0t)) 1− ρ0t ,
dove ρ0 = px20+ y02, θ0 = arctg(y0/x0) (sempre supposto, per semplicit`a
x0 6= 0, y0≥ 0). Per quanto visto mediante le coordinate polari, la soluzione
tende all’infinito in tempo finito spiraleggiando, si veda la Figura 3.7. Esempio 3.21 Proseguendo, si consideri il problema
y0=−t y y(t0) = y0 > 0.
Il campo vettoriale f (t, y) = −t/y `e definito e di classe C1 in Ω = R ×
R \ {0}. Essendo connessa, l’orbita della soluzione sar`a contenuta nella componente connessa contenente il dato iniziale. Poich´e y0 > 0, ci si pu`o
dunque restringere a considerare f solamente nella striscia Ω+ = J × A := R×]0, +∞[. Utilizzando il metodo di separazione delle variabili si ricava la soluzione y(t) = pt2
0+ y20− t2 definita in ]α, β[ := ]−pt20+ y02,pt20+ y20[
(si osservi che y `e anche definita agli estremi ma non `e ivi soluzione poich´e la funzione si annulla). Tale soluzione non `e globalmente definita n´e in futuro n´e in passato. Poich´e A non `e limitato si potrebbe (erroneamente!) concludere che la soluzione esploda in norma. Ci`o sarebbe automatico se fosse A =R ma nel presente caso A = ]0, +∞[. Per il teorema della fuga dai compatti, l’orbita “tende al bordo di A”, quindi a priori potrebbe tendere a +∞ oppure tendere a 0. Questa seconda eventualit`a `e effettivamente ci`o che accade, infatti
lim
t→α+y(t) = limt→β−y(t) = 0.
Esempio 3.22 Pu`o accadere che l’orbita di una soluzione massimale si av- vicini contemporaneamente a tutti i punti della frontiera di A; si consideri per esempio il sistema in coordinate polari
(
ρ0 = (ρ− 1) ln(1 − ρ) θ0= 1,
con campo vettoriale definito per 0 ≤ ρ < 1, la cui soluzione con dati ρ(0) = ρ0, θ(0) = θ0`e data da ρ = 1− exp(etln(1− ρ0)) = 1− (1 − ρ0)exp(t),
FUGA DAI COMPATTI 59 θ(t) = t + θ0 e rappresenta una spirale globalmente definita per t ∈ R tale
che i punti limite dell’orbita per t → +∞ coincidono con la circonferenza di raggio unitario, che `e proprio la frontiera dell’aperto di definizione. In coordinate cartesiane il sistema diventa
x0 = x √ x2+y2−1 √ x2+y2 ln(1−px 2+ y2)− y y0= y √ x2+y2−1 √ x2+y2 ln(1−px 2+ y2) + x.
Esempio 3.23 Come gi`a osservato in precedenza nel Caso del rettangolo, l’orbita di una soluzione massimale pu`o (per successioni tj → +∞) tendere
all’infinito in norma o convergere a un punto della frontiera di A. Entrambi i casi possono sussistere contemporaneamente, anzi `e possibile che tutti i punti della frontiera di A siano di accumulazione per l’orbita. Costruiamo un esempio di un sistema con un’orbita spiraliforme che da un lato si avvicina sempre pi`u a una retta e dall’altro tende a esplodere in norma. L’idea della costruzione `e la seguente: si considera una classica soluzione a spirale che tende in norma all’infinito, per esempio una soluzione non banale del sistema
(
x0 = x− y
y0 = x + y, ovvero, in coordinate polari, (
ρ0 = ρ θ0= 1,
del tipo ρ(t) = ρ0et, θ(t) = t + θ0. Si scelga per facilit`a θ0 = 0 e ρ0 =
1, ottenendo la soluzione (¯x(t), ¯y(t)) = (etcos t, etsen t), rappresentata in
Figura 3.8. A questo punto si fa un cambio di coordinate z = h(x) che
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -3 -2 -1 1 2
Figura 3.8: L’orbita di (¯x(t), ¯y(t))
mappa l’asse delle x nella semiretta ]−∞, 1[ e di conseguenza (x, y) 7→ (z, y) mappa R2 nel semipiano {z < 1}. Il sistema riscritto nelle incognite (z, y) avr`a la propriet`a desiderata. La scelta di h `e arbitraria; per esempio si pu`o prendere z = 1− e−x con inversa data da x = − ln(1 − z), per cui
z0 = e−xx0= (1−z)(x−y) = (1−z)(− ln(1−z)−y) e y0= x+y = y−ln(1−z)
ottenendo il sistema (
z0= (z− 1)(ln(1 − z) + y) y0 = y− ln(1 − z),
con campo vettoriale definito in ]− ∞, 1[×R 7→ R2. La soluzione corrispon-
dente a (¯x(t), ¯y(t)) `e (¯z(t), ¯y(t)) = (1− exp(−etcos t), etsen t), con orbita
rappresentata in Figura 3.9. Si noti che l’orbita tende ad avvicinarsi per t→ +∞ a ogni punto della retta z = 1 e contemporaneamente ad allargarsi in ogni direzione in tutto il semipiano.
-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -3 -2 -1 1 2 3 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 -12 -8 -4 4 8 12
Figura 3.9: L’orbita di (¯z(t), ¯y(t)) in due immagini a differente scala A causa della scelta della funzione esponenziale, mediante il cambiamen- to di variabile z = h(x) l’orbita di (¯x(t), ¯y(t)) viene molto stirata lungo il semiasse negativo delle z. Per ottenere un esempio graficamente migliore conviene scegliere un cambio di coordinate che `e approssimativamente l’i- dentit`a per x < 0 e che mappa l’intervallo [0, +∞[ in [0, 1[. Per esempio, definendo x = k(w) = w− 1 + 1/(1 − w) per w < 1, e prendendo w = k−1(x) ovvero w = 1 + (x−√x2+ 4)/2. Procedendo in maniera analoga a quanto
fatto sopra si ottiene il sistema w0= 1− w 1 + (1− w)2[1− (1 − w) 2− y(1 − w)] y0 = y +1− (1 − w) 2 1− w ,
e la soluzione ( ¯w(t), ¯y(t)) corrispondente a (¯x(t), ¯y(t)) in questo caso `e qua- litativamente rappresentata in Figura 3.10.
Esercizio 3.24 Scrivere esplicitamente un sistema le cui orbite abbiano un comportamento simile a quelle illustrate nell’Esempio 3.23 ma che non siano globalmente definite in futuro.
APPROFONDIMENTI 61 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 -15 -10 -5 5 10
Figura 3.10: L’orbita di ( ¯w(t), ¯y(t))
Esercizio 3.25 Scrivere esplicitamente due sistemi le cui orbite abbiano un comportamento simile a quelle illustrate in a) “spiral in a strip”, oppure, rispettivamente, in b) “spiral in a box” della Figura 3.11.
Figura 3.11: Spirali “inscatolate”
a) b)
Approfondimenti
Dimostrazione del Teorema della chiusura del grafico: caso generale.
Nel caso in cui viene a mancare l’unicit`a delle soluzioni per i problemi di Cauchy, la dimostrazione del Teorema 3.16 deve essere modificata. Infatti, il passaggio finale nella dimostrazione che permetteva di concludere che y∗(t) coincide con yj(t) non `e pi`u vero proprio per la perdita dell’unicit`a. Per
in un certo senso generalizza il Lemma 2.8, dimostrando non solo che le soluzioni che sono definite su tutta la base Iδ di un cilindro di sicurezza Iδ×
B[y0, R] hanno valori in B[y0, R], ma anche che tutte le soluzioni che passano
per il centro del cilindro (t0, y0) sono definite, o prolungabili, (almeno) su
tutto Iδ (e di conseguenza hanno ivi valori in B[y0, R]).
Lemma 3.26 Data f : Ω ⊆ R × Rn → Rn continua in Ω aperto e fissato
(t0, y0), sia Cδ,R = Iδ× B[y0, R] un cilindro di sicurezza di centro (t0, y0) e
contenuto in Ω. Allora ogni soluzione massimale del problema di Cauchy (3.9)
(
y0= f (t, y) y(t0) = y0,
`e definita almeno in Iδ = [t0− δ, t0+ δ].
Dimostrazione Sia y : ]α, β[→ Rn soluzione massimale del problema
e supponiamo per assurdo che β ≤ t0 + δ. Dimostriamo che allora y pu`o
essere estesa per continuit`a a una soluzione in ]α, β], assurdo per la mas- simalit`a. Pi`u precisamente dimostriamo che vale il criterio di Cauchy per l’esistenza del limite finito per t → β−. Anzitutto, essendo β ≤ t0 + δ si
pu`o applicare il Lemma 2.8 per cui y(t) ∈ B[y0, R] per ogni t∈ [t0, β[. Sia
M := maxkf(s, z)k : (s, z) ∈ Cδ,R . Per ogni t1, t2∈ [t0, β[ si ha allora
ky(t2)− y(t1)k ≤ Z t2 t1 kf(s, y(s))k ds ≤ M|t2− t1| ≤ ε,
non appena β− t1, β− t2< ε/M . Per il criterio di Cauchy A.22 esiste finito
il limt→β−y(t), sia yβ. Prolunghiamo dunque y(t) a β ponendo y(β) = yβ;
si ottiene cos`ı una funzione continua, addirittura lipschitziana, in ]α, β]. Infatti, passando al limite per t2→ β− nella disuguaglianza sopra si ottiene
ky(β) − y(t1)k ≤ M|β − t1| per ogni t1 < β,
perci`o y `e lipschitziana in (un intorno di) β. Il punto (β, yβ) appartiene a
Cδ,R ⊂ Ω, dunque per continuit`a di f si ha che
lim
t→β−y
0(t) = lim
t→β−f (t, y(t)) = f (β, y(β)).
Per il Teorema del limite della derivata A.23 applicato a ciascuna compo- nente, y(t) `e derivabile in β e si ha y0(β) = f (β, y(β)). In conclusione y(t) pu`o essere estesa a una soluzione in ]α, β], assurdo per la massimalit`a. In maniera analoga si dimostra che non pu`o essere α≥ t0− δ.
Per concludere la dimostrazione del Teorema 3.16 basta allora osservare che y∗(t) passa per il centro del cilindro di sicurezza Cδ/2,R/2(tj, yj) dunque