1. I quadri generali in età comunale
1.1. Il reclutamento di rettori politici e di ufficiali giudiziari da parte del comune di Firenze si inseriva in un sistema di scambi e di circolazione del perso- nale funzionariale che, se colto a livello regionale, consente di meglio collocare le caratteristiche del caso fiorentino. L’analisi si concentra dunque sui podestà e sui capitani del popolo delle sei principali città toscane del Duecento – vale a dire Arezzo, Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia e Siena – e di due centri urbani di rilievo – Prato e San Gimignano – scelti non solo per la loro posizione geogra- fica e politica ma anche per la disponibilità di cronotassi complete dei rispettivi magistrati1. Principale base documentaria della ricerca sono state, infatti, le liste
edite dei podestà e dei capitani dei comuni citati2 e di altri 38 centri italiani, ivi
compresi quasi tutti i principali comuni dell’epoca3. Liste ed elenchi che, ove
possibile, ho controllato e integrato con altre fonti4.
L’arco cronologico dell’indagine fa centro sulla seconda metà del secolo XIII, ma sfrangia di qualche lustro sia anteriormente sia posteriormente per ricompren-
1 Quegli elenchi, vale a dire, auspicati sin dal Congresso storico italiano del 1892
come utile e doveroso lavoro di scavo propedeutico, e che ancora recentemente C. Violante, Prospettive antiche e nuove per le attività delle Società di storia patria, negli Atti
del primo convegno delle Società storiche toscane, Pistoia, 1977, p. 30, ha indicato tra i
compiti più idonei per il rilancio dell’attività delle locali Deputazioni e Società storiche, e soprattutto quali strumenti “scientificamente elaborati” per un rinnovato studio della società comunale italiana.
2 Per il dettaglio, cfr. l’appendice n° 1.
3 Vale a dire, distinti per aree geografiche: Alba, Alessandria, Asti e Vercelli; Bergamo,
Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Milano, Novara, Pavia e Piacenza; Padova, Treviso, Verona e Vicenza; Modena, Parma e Reggio; Bologna, Cesena, Faenza, Forlì, Ferrara, Imola, Ravenna e Rimini; Ascoli, Fermo, Iesi e Matelica; Gubbio, Orvieto, Perugia e Todi; Roma e Viterbo. Per non appesantire il testo di un eccessivo apparato erudito, mi esimo dall’indicare in questa sede i riferimenti bibliografici delle liste dei rispettivi ma- gistrati, rinviando alla Cronotassi ed elenchi utilizzati, in I podestà dell’Italia comunale, I:
Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XII sec. - metà XIV sec.), a cura di
J.-C. Maire Vigueur, Roma, 1999, pp. 9-19.
4 Si noti comunque come, per i dati relativi alle città toscane, manchi una lista dei
capitani del popolo del comune di Arezzo, gli elenchi di quelli di Pisa si arrestino al 1300 e quelli di Pistoia al 1297.
Andrea Zorzi, La trasformazione di un quadro politico. Ricerche su politica e giustizia a
Firenze dal comune allo Stato territoriale, ISBN 978-88-8453-576-X (online) ISBN 978-
dere il dipanarsi di congiunture politiche definite. Ho assunto come termine a quo il 1236 che segnò, con la conclusione della lunga guerra tra Firenze e Siena, un pri- mo importante equilibrio politico-territoriale tra le aree di influenza delle maggiori città toscane, e che aprì il periodo della sempre più intensa presenza federiciana in Toscana e del nitido profilarsi degli schieramenti guelfi e ghibellini nella regione; con il quarto decennio del secolo venne anche stabilizzandosi definitivamente la magistratura podestarile, dopo un lungo periodo di alternanza con quella conso- lare5. Ho invece considerato come termine ad quem il 1313, che suggellò, come è
noto, con la morte di Arrigo VII a Buonconvento, l’esaurirsi dell’ultimo concreto tentativo di ristabilire l’autorità imperiale in terra italiana. Si tratta, in effetti, di un ampio arco cronologico che consente di cogliere l’intrecciarsi di più fasi po- litiche che ebbero proprio nella circolazione del personale funzionariale uno dei principali strumenti di attuazione: dall’apogeo ghibellino alle prime importanti esperienze dei regimi di ‘popolo’, alla coordinazione angioina, alla definitiva affer- mazione, pur in un susseguirsi di esperienze diverse e concorrenti punteggiate dai risorgenti tentativi di riscossa ghibellina, dei regimi guelfi6. Entro il quarto decen-
nio del Duecento si era inoltre concluso po’ in tutti i centri della regione il periodo dell’alternanza consolare/podestarile, e si era avviato ormai continuativamente il reclutamento dei podestà professionali7.
Le delimitazioni spaziali e temporali sono suggerite anche dal quadro delle disponibilità documentarie, che costringono a concentrarsi solo sulle principali figure rettorali (il podestà e il capitano del popolo), e a lasciare indietro l’analisi degli altri uffici coperti da funzionari itineranti – i capitanati di guerra o magistra- ture come l’esecutore degli Ordinamenti di giustizia di Firenze, per esempio –, e dei collaboratori tecnico-giuridici (i giudici e i notai) che accompagnavano in ufficio i rettori, per i quali le notizie sono assai frammentarie e non consentono un’analisi altrettanto sistematica8. Assai proficuo, per altro, sarebbe anche in-
trecciare l’analisi dei percorsi funzionariali di questo personale con quella degli ufficiali imperiali e regi, e, soprattutto, nel quadro delle strategie di affermazione parentale, con quella dei funzionari ecclesiastici (episcopali, inquisitoriali e cu- riali) e delle loro familiae9. Impresa che esula dalle finalità di questa sede, e che
5 Cfr. E. Cristiani, Le alternanze tra consoli e podestà ed i podestà cittadini, in I proble-
mi della civiltà comunale, a cura di cura di C.D. Fonseca, Milano, 1971, pp. 47-51.
6 Sulle vicende politiche di questo periodo, cfr. la narrazione analitica di R.
Davidsohn, Storia di Firenze [1896-1927], 8 voll., Firenze, 1973, vol. II, da pp. 297 sgg., l’intero vol. III, e i primi tre capitoli del vol. IV; e il compendio di M. Luzzati, Firenze e la
Toscana nel Medioevo. Seicento anni per la costruzione di uno Stato, Torino, 1986, pp. 54
sgg. e 77 sgg., con riferimenti bibliografici ulteriori.
7 Cfr. Cristiani, Le alternanze, cit.; e E. Sestan, L’origine del podestà forestiero nei
comuni toscani [1927], in Id., Italia comunale e signorile, Firenze, 1989, pp. 57-64.
8 Si hanno infatti notizie organiche solo per il comune di Firenze: cfr. le liste elencate
nella appendice n° 1.
basterà aver qui indicato per i suoi sviluppi potenziali. Allo stesso modo, la sfera di poteri e di competenze delle istituzioni coperte da questi ufficiali sarà assunta come contesto ormai noto nelle sue caratteristiche di fondo10.
1.2. “Toscana terra di città”11 è locuzione, per quanto ricorrente, che meglio
di altre sintetizza la condizione privilegiata di questa regione quale polo primario di attrazione e di convergenza dei flussi di funzionari itineranti, centro di una loro circolazione intensissima, oltre che terra in larga misura di loro esporta- zione. Una prima immagine d’insieme dei flussi di provenienza dei podestà e dei capitani del popolo reclutati dai nostri centri campione nella seconda metà del Duecento, indica infatti in più di 1.100 le presenze funzionariali12 e in circa
120 le località di provenienza, di cui quasi 90 al di fuori della Toscana13. Nello
stesso periodo furono quasi 350 le presenze di toscani censite fuori regione14,
delle quali più di 200 nelle città dell’Italia settentrionale padana e le rimanenti in quelle marchigiane, umbre e laziali: i fiorentini costituivano da soli il contingente più numeroso – quasi i 2/5 del totale –, seguiti a buona distanza dai lucchesi, pistoiesi e senesi, – che coprivano, ciascun gruppo, circa 1/7 del totale – mentre
Cardinali di Curia e ‘familiae’ cardinalizie dal 1227 al 1254, 2 voll., Padova, 1972; e M.
Ronzani, Vescovi, capitoli e strategie famigliari nell’Italia comunale, in Storia d’Italia,
Annali IX: La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, Torino, 1986,
pp. 99-146. Mi esimo invece dal citare la ricchissima bibliografia su cronotassi ed elenchi di vescovi e inquisitori, per la quale rinvio ai primi riferimenti ivi, e in M. D’Alatri, Eretici
e inquisitori, 2 voll., Roma, 1986.
10 Sul quale basti il rinvio a V. Franchini, Saggio di ricerche sull’instituto del podestà
nei comuni medievali, Bologna, 1912, pp. 139 sgg.; D. Waley, Le città-repubblica dell’Italia medievale [1978], Torino, 1980, pp. 56 sgg.; e, soprattutto, E. Artifoni, Tensioni sociali e istituzioni nel mondo comunale, in La storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età con- temporanea, diretta da N. Tranfaglia - M. Firpo, vol. II: Il Medioevo. 2. Popoli e strutture politiche, Torino, 1986, pp. 466 sgg.; Id, I podestà professionali e la fondazione retorica della politica comunale, “Quaderni storici”, 63 (1986), pp. 688 sgg.
11 Cfr. G. Cherubini, Una “terra di città”: la Toscana nel basso Medioevo [1977], in
Id., Scritti toscani. L’urbanesimo medievale e la mezzadria, Firenze, 1991, pp. 21-33.
12 Con “presenze funzionariali” si intende qui il numero di incarichi coperti, e non
quello totale degli individui circolanti, che coprirono talora più di una carica in una sin- gola o in più città.
13 Nell’insieme del campione - le cui fonti, si sottolinea qui una volta per tutte, sono
costituite dalle liste elencate nell’appendice n° 1 -, le presenze funzionariali censite sono 1.134, di cui 817 podestà e 317 capitani del popolo, provenienti da 117 diverse località italiane identificate, delle quali 42 dell’Italia settentrionale, 47 di quella centrale (Marche, Umbria e Lazio) e 28 toscane.
14 Censite, vale a dire - sempre nel periodo considerato (1236-1313)-, nelle 38 città
elencate nella nota 3, scelte in base alla disponibilità di liste edite di rettori. Per quanto parziali (e sempre suscettibili di integrazioni), entrambi i campioni - sia quello relativo al reclutamento sia quello relativo all’esportazione dei funzionari - appaiono dunque suffi- cientemente attendibili dal punto di vista quantitativo, e indicativi delle caratteristiche di fondo della circolazione del personale politico in Toscana e nel resto dell’Italia comunale.
con quote inferiori contribuivano infine gli aretini e i pisani, i centri minori e alcune stirpi signorili15.
In ogni caso, la Toscana si pose come crocevia di esperienze di amministrazio- ne e di pratiche di governo eccezionali per quantità, qualità e varietà, eguagliata forse solo dall’area delle città centro-padane (quelle comprese all’interno del trian- golo Milano, Padova e Bologna) e solo fino a quando la maggior parte di queste non conobbe la precoce affermazione dei regimi signorili. Ma anche crocevia in costante mutamento, in divenire. E’ difficile infatti ricondurre a un quadro unitario la ricchezza e la diversità di esperienze che caratterizzarono il funzionariato politi- co nella Toscana. Nelle città della regione converse e transitò, infatti, ogni possibile tipologia di personale e di funzionari: vicari imperiali, angioini e pontifici, podestà federiciani, ghibellini e guelfi, dinastie professionali e singoli personaggi di antica e più recente tradizione signorile. E se si possono senz’altro individuare alcuni tratti comuni a tutta la regione – come il riflettersi, in ogni città, dello spostamento strut- turale dei flussi di provenienza dalle regioni padane a quelle dell’Italia centrale –, è vero altresì che vi prevalse una differenziazione di esperienze, che di per se non sembrerebbe qualificare una specificità “toscana”, se non nel segno, appunto, del pluralismo. L’articolazione corrispondeva, d’altra parte, alla pluralità delle espe- rienze politiche, sia comunali sia signorili, che le città conobbero nel corso del Duecento, e alle loro difficili interrelazioni politiche, ai conflitti e alle concorrenze che derivavano dalla densità della rete urbana.
Occorre, dunque, distinguere una pluralità di livelli di circolazione del fun- zionariato nella Toscana del secondo Duecento, un’accentuata differenziazione delle politiche di reclutamento da centro a centro, e una varietà nelle specializza- zioni funzionariali e nelle tipologie sociali e dinastiche del personale circolante.
2. Livelli della circolazione funzionariale
Tra i livelli di circolazione si possono anzitutto distinguere almeno tre piani diversi: una circolazione a corto raggio, che si potrebbe chiamare di ordine “loca- le”; un’altra, sempre “infraregionale”, ma a più ampio raggio intercittadino; e una circolazione infine a largo raggio, “sovraregionale”.
2.1. La circolazione “locale” esprimeva flussi in larga misura unidirezionali. Essa appare strettamente connaturata alle direttrici di espansione politica e mi- litare dei centri maggiori sui più piccoli e rappresentava una delle manifestazioni più tangibili, quasi un indice, della diffusione dell’ambito egemonico esercitato
dai primi sui secondi attraverso l’assunzione dei ruoli rettorali – in materia, anzi- tutto, di relazioni esterne, di sicurezza militare e di ordine pubblico – da parte di ufficiali provenienti dalla città dominante, ed eletti secondo meccanismi variabili, ma progressivamente rinvianti a quest’ultima il potere di scelta. Questo processo fu fondamentale – e in buona misura fondante – nella fase della prima definizione territoriale dello Stato fiorentino: Prato e San Gimignano, per esempio, gravitaro- no sin dal secolo XIII nell’area di egemonia fiorentina, e i loro podestà appaiono già nel secondo Duecento reclutati in larghissima misura tra fiorentini, per poi infittirsi e provenire progressivamente solo da Firenze nel corso della prima metà del secolo XIV16.
Di circolazione “locale” si può inoltre parlare nel caso del reclutamento di membri di stirpi signorili in contesti zonali, che esprimeva e talora preludeva a un radicamento urbano, anche a livello politico, di tali esponenti: i signori di Porcari, per esempio, che nei primissimi anni del Duecento furono podestà a Lucca, Pisa, Siena, Pistoia e Firenze17; o le casate appenniniche dei Guidi e degli
Ubertini che furono di frequente podestà ad Arezzo tra XIII e XIV secolo18; o i
Ciccioni e i Mangiadori di San Miniato presenti, nello stesso periodo, tra i rettori di Prato e di San Gimignano19; o, ancora, i colligiani Tancredi circolanti tra Pisa,
Siena e Prato20. Un tipo di circolazione che esprimeva, in definitiva, il complesso
intreccio di colleganze politiche e di interessi patrimoniali che legava le vicende di alcuni comuni della regione alle strategie di sviluppo, e talora di semplice sopravvivenza, di una parte della feudalità toscana21.
In entrambe le situazioni, il dato caratterizzante di questo tipo di circolazio- ne fu comunque l’attivazione di un predominante flusso zonale di provenienza
16 In dettaglio: 56 podestà di San Gimignano su 116 erano fiorentini nel periodo
campione; mentre Prato ebbe invece, per esempio, 18 podestà fiorentini su 35 tra 1256 e 1283, e 17 su 20 tra 1321 e 1340 (le fonti sono quelle citate nell’appendice n° 1).
17 Cfr., V. Tirelli, Lucca nella seconda metà del secolo XII. Società ed istituzioni, in I
ceti dirigenti dell’età comunale nei secoli XII e XIII, Pisa, 1982, pp. 184 sgg.; e M. Ronzani, Pisa nell’età di Federico II, in Politica e cultura nell’Italia di Federico II, Pisa, 1986, pp.
149-150.
18 Cfr., E. Sestan, I conti Guidi e il Casentino [1965], in Id., Italia medievale, Napoli,
1968, p. 363; e J.-P. Delumeau, Sur les origines de la commune d’Arezzo, in Les origines des
libertés urbaines, Rouen, 1990, pp. 331 e 334 sgg.
19 Cfr., G. Rondoni, Il franco ed esperto cavaliere messer Barone dei Mangiadori,
“Archivio storico italiano”, s. IV, t. X (1882), pp. 350-361; S. Raveggi, Protagonisti e
antagonisti nel libero Comune, in Prato. Storia di una città, Firenze, 1991, I/2, pp. 701,
704, 716, 730 e 733.
20 Cfr., ivi, pp. 721, 730 e 732.
21 Cfr., per esempio, Sestan, I conti Guidi, cit.; e Id., Dante e i conti Guidi, in Id., Italia
medievale, cit., pp. 341 sgg.; P. Cammarosano, La famiglia dei Berardenghi. Contributo alla storia della società senese nei secoli XI-XIII, Spoleto, 1974, pp. 211 sgg.; e L. Magna, Gli Ubaldini del Mugello. Una signoria feudale nel contado fiorentino (secc. XII-XIV), in I ceti dirigenti, cit., pp. 13-65.
che, in determinati contesti, configurò le politiche del reclutamento funzionaria- le di chiari significati egemonici e di incipiente sudditanza.
2.2. A un livello immediatamente superiore si poneva la circolazione inter- cittadina di ambito “infraregionale”. In assoluto essa rappresentò circa il 30% dell’insieme delle presenze funzionariali del campione di città22: un rilievo cospi-
cuo, che tese ad accentuarsi nel corso del tempo sino a preludere e a confondersi con la definizione di ambiti di egemonia territoriale da parte dei centri maggio- ri. Nel periodo antecedente gli anni settanta del secolo XIII la percentuale di podestà e di capitani degli otto centri campione provenienti dall’interno della regione era del 28%, nel quarantennio successivo salì a oltre il 31%, per incre- mentare decisamente quando, dagli anni trenta del Trecento, Firenze cominciò ad assoggettare Colle Valdelsa, San Gimignano, Prato, San Miniato e poi le città, inviandovi anzitutto propri ufficiali23.
Nel corso del Duecento, comunque, la percentuale di fiorentini itineranti entro i confini toscani era già molto alta, coprendo circa un terzo del totale, seguita assai da lontano da quelle di Siena (col 12% circa), Lucca (col 6%), San Miniato (5%) e, con percentuali ancora più basse, di Pisa e Colle Valdelsa: poco apprezzabili erano le quote di ufficiali fornite alle altre città toscane da Arezzo, Pistoia, Prato e San Gimignano; mentre un’aliquota significativa (quasi un otta- vo del totale) dei funzionari circolanti all’interno della regione era dovuta alle dinastie signorili, prima tra tutte quella dei Guidi24.
La circolazione funzionariale “infraregionale” metteva soprattutto in evi- denza il sistema dei rapporti tra i comuni toscani, le situazioni di egemonia, i collegamenti politici più o meno formalizzati, il grado di autonomia di ogni centro. Rispecchiava, in altre parole, il quadro politico più generale del sistema comunale toscano, del quale era strumento attuativo ed elemento sostanziale. Nell’arco di tempo preso in considerazione, Firenze e Siena, per esempio, non si scambiarono mai alcun ufficiale, e così Lucca e Pisa, e Pistoia e Lucca, a confer- ma delle secolari inimicizie dettate dalla competizione dei rispettivi moti espan- sionistici. L’unico fiorentino rettore a Pisa – Simone degli Abati, capitano del popolo nel 1296, non a caso appartenente a una famiglia di tradizione ghibellina – vi giunse di fatto solo perché inviatovi in base alle disposizioni della pace di Fucecchio del 1293 che aveva visto soccombere la città marinara alla lega delle città guelfe25. Viceversa mai alcun pisano venne in ufficio a Firenze. Tiepidi, per
altro, furono anche gli scambi tra le guelfe Lucca e Firenze: un podestà contro
22 Cfr. Tabella n° 1.
23 Sull’assoggettamento di questi centri, cfr. infra, capp. 8 § 3, e 9 § 1. 24 Cfr. Tabella n° 4.
un capitano nel breve volgere tra il 1247 e il 1251, e poi più nulla. Due contro due fu anche il bilancio tra le ghibelline Arezzo e Pisa.
Nel complesso lo scambio di personale tra i comuni maggiori fu quasi irri- levante, a conferma che più delle affinità degli orientamenti – ideologicamente assai permeabili – continuavano a pesare le tradizionali diffidenze e i latenti an- tagonismi. Più che un criterio di reciprocità, i flussi funzionariali “infraregionali” assunsero anch’essi, al pari di quelli “locali”, pronunciate fisionomie unidirezio- nali, talora assai sbilanciate, come nel caso di Arezzo e Pistoia cui Firenze inviò propri cittadini senza che mai avvenisse il contrario, a conferma della progressi- va gravitazione nella propria orbita di influenza e poi di egemonia politica delle due città. La percentuale di funzionari toscani reclutati da ogni città rispecchiava in effetti il grado di autonomia di ciascuna di esse, e la loro capacità di garan- tirsi dall’influenza politica degli altri comuni. Così se San Gimignano e Prato, rispettivamente con l’88% e il 58% circa di funzionari toscani, si confermavano comuni dipendenti, Arezzo col 38% e ancor più Pistoia col 18% si situavano a metà strada, mentre Pisa e Siena, entrambe col 14%, e soprattutto Lucca col solo 8% e Firenze con un poco rilevante 3%, si stagliavano come i quattro reali centri politicamente principali della Toscana del secondo Duecento26.
2.3. Il piano della circolazione “sovraregionale” è quello infine ove meglio si apprezza l’articolazione del sistema di relazioni in cui era inserita la regione. Era a questo livello che risaltava il telaio della circolazione funzionariale nell’Italia comunale, che si esplicava lungo definite direttrici di scambio e attraverso con- solidate specializzazioni dinastiche e individuali. Fu attraverso questo canale che nell’itineranza professionale in Toscana si introdussero, accanto ai circuiti pro- fessionali ordinari, il funzionariato imperiale e quello angioino, che possedevano caratteristiche proprie.
Ancora qualche cifra d’insieme, per definire le grandi linee di tendenza dei flussi che attraversavano la Toscana: si è visto come la circolazione infraregionale costituisse circa il 30% del campione di presenze; un altro 40% veniva invece dalle regioni settentrionali, e poco più del 20% da quelle centrali; il rimanente, come già detto, da altre aree27. Del primo contingente (in assoluto, la componen-
te di maggiore rilievo), la maggior parte del personale era originario delle città della Padania lombarda ed emiliana – l’area, non a caso, delle prime esperienze comunali –, seguito a buona distanza dalle zone dove più forti erano invece le esperienze signorili, come la Romagna e il Veneto, che contribuivano con con- tingenti più limitati, e, ancor più, dalle zone liguri e piemontesi dalle quali si ebbero solo presenze sporadiche. Bologna e Parma, rispettivamente con 73 e 69
26 Cfr. Tabella n° 5. 27 Cfr. Tabella n° 1.
presenze, furono in assoluto le città che fornirono il maggior numero di podestà