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Lo sviluppo delle formazioni politiche italiane tardo medievali si risolse non solo nel processo di concentrazione di potere in senso oligarchico-signorile, ma anche nel mutamento di scala – da cittadini a territoriali – degli ordinamenti pubblici e delle pratiche di governo. In altri termini, fu il passaggio dalla dimen- sione comunale a quella del dominio territoriale a determinare la trasformazione più profonda del quadro politico.

Lo studio degli Stati territoriali attraversa attualmente un periodo di tran- sizione, caratterizzato dalla crisi delle tradizionali categorie d’analisi e dalla ri- flessione sulla messa a fuoco di nuovi strumenti interpretativi. Per lungo tempo le ricerche si erano proposte di indagarne gli elementi di presunta ‘modernità’, concentrandosi in particolare sulla fase di consolidamento dei nuovi ordinamen- ti territoriali tra XV e XVI secolo1. Negli ultimi anni un’intensa attività di ricerca

ha contribuito a metterne invece in rilievo le caratteristiche peculiari: sostanzial- mente, il particolarismo delle esperienze locali e l’eterogeneità delle componenti urbane e territoriali2. Più recente ancora è l’orientamento ad analizzare i processi

1 Cfr., da ultimo, il bilancio in Origini dello Stato. Processi di formazione statale in

Italia fra medioevo ed età moderna, a cura di G. Chittolini - A. Molho - P. Schiera, Bologna,

1994. Per un quadro europeo, basti il rinvio a B. Guenée, L’Occident aux XIVe et XVe

siècles. Les États, Paris, 1981²; Lo stato moderno. I. Dal Medioevo all’età moderna, a cura

di E. Rotelli - P. Schiera, Bologna, 1971; J.H. Shennan, Le origini dello stato moderno in

Europa (1450-1725) [1974], Bologna, 1976; L’État moderne: genèse. Bilans et perspectives,

édité par J.-Ph. Genet, Paris, 1990; W. Blockmans, Les origines des États modernes en

Europe, XIIIe-XVIIIe siècles: état de la question et perspectives, in Visions sur le dévelop- pement des États européens. Théories et historiographies de l’État moderne, édité par Id.

- J.-Ph. Genet, Rome, 1993, pp. 1-4. Utile anche la rassegna di L. Blanco, Note sulla più

recente storiografia in tema di “Stato moderno”, “Storia ammnistrazione costituzione”, 2

(1994), pp. 259-297.

2 Cfr. La crisi degli ordinamenti comunali e le origini dello stato del Rinascimento, a

cura di G. Chittolini, Bologna, 1979; Potere e società negli stati regionali italiani fra ‘500 e

‘600, a cura di E. Fasano Guarini, Bologna, 1978; G. Chittolini, La formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado. Secoli XIV e XV, Torino, 1979; e G. Tabacco, Regimi politici e dinamiche sociali, in Le Italie del tardo Medioevo, a cura di S. Gensini, Pisa,

1990, pp. 27-49. Per un primo bilancio storiografico - oltre ai contributi in Origini dello

Stato, cit. -, cfr. E. Fasano Guarini, Gli Stati dell’Italia centro-settentrionale tra Quattro e Cinquecento: continuità e trasformazioni, “Società e storia”, VI (1983), pp. 617-639; G.

Andrea Zorzi, La trasformazione di un quadro politico. Ricerche su politica e giustizia a

Firenze dal comune allo Stato territoriale, ISBN 978-88-8453-576-X (online) ISBN 978-

d’avvio e i modi di prima formazione di quelli che solo in un secondo tempo, e seguendo percorsi irriconducibili a un’aprioristica prospettiva di sviluppo, sa- rebbero venuti caratterizzandosi come assetti territoriali più stabili e definiti3.

In altri termini, vi è sempre maggiore coscienza della necessità di introdur- re elementi di periodizzazione in quest’ambito di ricerca, e di differenziare i problemi di indagine. Tra questi assume un rilievo particolare la revisione del- le interpretazioni stato-centriche della funzione giudiziaria. Se infatti lo studio degli ordinamenti territoriali segue generalmente la linea dello sviluppo delle funzioni dello Stato – aumento delle risorse fiscali, costituzione di ordinamenti militari più stabili, articolarsi delle istituzioni centrali e periferiche, formazione di un personale di funzionari e ufficiali, etc.4–, un’indagine più attenta dei modi

dell’amministrazione della giustizia mette in evidenza il ruolo tutto sommato marginale che questa ebbe nel processo di aggregazione dei domini territoriali.

Per l’esperienza fiorentina dei secoli XIII-XV l’analisi delle politiche di go- verno del territorio e del profilo che vi assunse l’esercizio della giustizia, appare oltretutto un settore ancora da indagare5. Come negli altri stati regionali italiani,

Chittolini, Stati padani, “Stato del Rinascimento”: problemi di ricerca, in Persistenze feudali

e autonomie comunitative in stati padani fra cinque e settecento, Bologna, 1988, p. 9-29;

Id., Städte und Regionalstaaten in Mittel- und Oberitalien zwischen spätem Mittelalter und

Früher Neuzeit, in Res publica. Burgerschaft in Stadt und Staat, Berlin, 1988, pp. 179-200;

Id., Cities, “city-states”, and regional states in north-central Italy [1989], in Cities and the

rise of States in Europe, A.D. 1000 to 1800, ed. by Ch. Tilly - W. Blockmans, Buolder,

1994, pp. 28-43.

3 Orientamento presente in particolare nei lavori di G.M. Varanini, Dal comune alla

stato regionale, in La storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età contemporanea, diretta

da N. Tranfaglia - M. Firpo, vol. II, Il Medioevo. 2: Popoli e strutture politiche, Torino, 1986, pp. 693-724; Id., Comuni cittadini e stato regionale. Ricerche sulla Terraferma veneta

nel Quattrocento, Verona, 1992. Cfr. ora anche L’organizzazione del territorio in Italia e in Germania: secc. XIII-XIV, a cura di G. Chittolini - D. Willoweit, Bologna, 1994.

4 Come nella grandiosa impresa franco-centrica sulla genèse de l’État moderne, edita

in vari volumi (per i riferimenti bibliografici, cfr. L’État moderne: genèse. Bilans et pers-

pectives, cit., pp. 305-352); o nelle ricerche coordinate da Ch. Tilly: La formazione degli stati nazionali nell’Europa occidentale [1975], a cura di Ch. Tilly, Bologna, 1984; Id., L’oro e la spada. Capitale, guerra e potere nella formazione degli stati europei. 990-1990 [1990],

Firenze, 1991; e Cities and the rise of States in Europe, cit. Sulla giustizia, cfr. in particolare R. Lévy - X. Rousseaux, Etats, justice pénale et histoire. Bilan et perspectives, in “Droit et société”, 20-21 (1992), pp. 249-279; X. Rousseaux, Genèse de l’état et justice pénale

(XIIIe-XVIIIe siècle). Contribution pour une histoire de la justice, in De la Res publica a los Estados modernos, a cura di V. Tamayo Salaberría, Bilbao, 1992, pp. 235-259.

5 La ricerca comincia infatti a inspessirsi solo in questi ultimi tempi. Sui temi giu-

diziari si contano finora i contributi di E. Fasano Guarini, Considerazioni su giustizia,

stato e società nel ducato di Toscana del Cinquecento, in Florence and Venice: Comparisons and Relations, ed. by S. Bertelli - N. Rubinstein - C.H. Smyth, Firenze, 1980, vol. II, pp.

135-168; G. Pinto, Alla periferia dello Stato fiorentino: organizzazione dei primi vicariati

e resistenze locali (1345-1378) [1982-1983], in Id., Toscana medievale. Paesaggi e realtà sociali, Firenze, 1993, pp. 51-65; W.J. Connell, Il commissario e lo Stato territoriale fio- rentino, in Istituzioni giudiziarie e aspetti della criminalità nella Firenze tardomedievale,

la giustizia non si qualificò tanto come una funzione di costruzione dello Stato, bensì come un terreno di esercizio politico del dominio che alternava misure coercitive e pratiche di mediazione. Si è già visto come nel passaggio di scala dal comune allo Stato territoriale le pratiche infragiudiziarie mantennero una deci- siva centralità nel processo di trasformazione degli ordinamenti pubblici. Esse si accompagnarono a una politica di coercizione che individuava nella preminenza delle politiche di sicurezza, nella conservazione politica del dominio, nella tu- tela, cioè, dell’ordine pubblico come fondamento dell’ordinamento politico, le priorità di governo del territorio.

Il capitolo 7 evidenzia, anche in questo caso con uno sguardo comparativo alle esperienze coeve, il grado in cui, sotto la pressione della competizione poli- tico-militare, la costruzione dei nuovi dominî territoriali si caratterizzò, in primo luogo, come un problema di sicurezza militare e di ordine pubblico nelle vie di comunicazione e nei centri urbani. L’amministrazione della giustizia diventò così uno dei principali terreni di confronto e di aspettative diverse tra le prerogative coercitive e di mantenimento politico del dominio da parte della Dominante, e le istanze dei centri soggetti di vedere tutelate almeno alcune delle tradizioni di autonomia e di qualità nell’esercizio della giustizia che erano state tipiche dell’età comunale. Il processo di interazione fu mediato anzitutto dagli ufficiali territoriali. La loro attività, a un tempo di funzionari centrali e di rettori delle comunità locali, non poté essere infatti che quella, eminentemente politica, di pacificatori e arbitri tra i gruppi locali in conflitto, e di negoziatori tra i vari livelli di potere territoriale.

Le priorità della coercizione e della sicurezza vennero caratterizzando le po- litiche di governo del territorio sin dal primo definirsi di un contado nel corso del secolo XIII. L’analisi della genesi dell’organizzazione del territorio è deter- minante nello studio del processo di formazione dello Stato territoriale. Fu in questo periodo infatti che, attraverso la ridefinizione delle strutture territoriali subregionali – vale a dire, il forte impianto urbano, la debole presenza della si-

a cura di A. Zorzi, numero monografico di “Ricerche storiche”, XVIII (1988), pp. 591- 617; E. Insabato - S. Pieri, Il controllo del territorio nello stato fiorentino del XV secolo.

Un caso emblematico: Volterra, in Consorterie politiche e mutamenti istituzionali in età laurenziana, a cura di M.A. Morelli Timpanaro - R. Manno Tolu - P. Viti, Firenze, 1992,

pp. 177-211; M.P. Paoli, A proposito di “composite repubbliche”: poteri e giustizia nella Val

Tiberina al tempo di Lorenzo il Magnifico, “Ricerche storiche”, XXIII (1993), pp. 15-44; e

M. Dedola, Governare sul territorio. Podestà, capitani e commissari a Pistoia prima e dopo

l’assoggettamento a Firenze (XIV-XVI secolo), in Istituzioni e società in Toscana nell’età moderna, Roma, 1994, pp. 215-230. Per un primo bilancio degli studi giudiziari sugli

Stati territoriali italiani, cfr. anche A. Zorzi, Giustizia criminale e criminalità nell’Italia del

tardo medioevo: studi e prospettive di ricerca, “Società e storia”, XII (1989), pp. 949-952;

e Id., Tradizioni storiografiche e studi recenti sulla giustizia nell’Italia del Rinascimento, in

Storici americani e Rinascimento italiano, a cura di G. Chittolini, numero monografico di

gnoria rurale, e la densa rete di comuni, borghi e castelli rurali – e la maturazione del suo modello urbano, Firenze pose le basi della propria affermazione come una delle maggiori formazioni regionali italiane. Il capitolo 8 ricostruisce i modi e i tempi dell’assoggettamento del contado fiorentino e il definirsi di un dominio territoriale più ampio, esteso a una prima organizzazione circoscrizionale del distretto. Emerge anche in quest’ambito il ruolo determinante che, inquadrando militarmente e amministrativamente il territorio e portando nel contado la lotta antimagnatizia, svolsero i regimi di ‘popolo’ nei processi di consolidamento e di tenuta del dominio tra Due e Trecento.

Il problema di come le linee d’azione della politica fiorentina di controllo del territorio nel corso del Trecento avrebbero caratterizzato gli sviluppi quattro- centeschi, è infine l’oggetto del capitolo 9. In esso si delineano alcuni elementi di sottoperiodizzazione del lungo processo di formazione e governo del dominio, che consentono di evitare l’adozione di una prospettiva deterministica. Si può così rintracciare ancora per tutto il Trecento la preminenza delle misure coerci- tive (e politiche) su quelle giudiziarie (e amministrative) che accompagnarono la dura competizione politico-militare dalla quale prese forma lo Stato territo- riale fiorentino. Il riassetto giurisdizionale e amministrativo condotto tra XIV e XV secolo in corrispondenza con la concentrazione di potere in atto a Firenze sotto il regime albizzesco, sembra invece caratterizzarsi soprattutto come riven- dicazione di sovranità affidata a una politica di riscrittura normativa delle giuri- sdizioni. Giunto all’apice dell’espansione territoriale nel primo Quattrocento, il governo del dominio trova appunto nell’attività degli ufficiali territoriali il pieno dispiegarsi di pratiche che nella capacità politica di mediazione più che nell’am- ministrazione processuale della giustizia definiscono i livelli reali di operatività delle istituzioni.

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