PARTE I: L A S TORIA D ELLA C ITTÀ N EI S ECOLI
3.3 I L P.R.G D EL 1977 59
L’elaborazione del Piano Regolatore Generale precedente a quello attualmente in vigore, iniziò nel 1969 ad opera dell’architetto Barbin.
Per meglio comprendere gli interventi necessari ad una valida ed oculata crescita della città di Jesolo, fu ritenuto opportuno sviluppare una fase di lavoro preparatorio, con rilievi diretti effettuati a terra che, come detto, considerasse le preesistenze e il tipo di agglomerato urbano presente.
La revisione del Piano prese in considerazione alcuni aspetti,92 innanzitutto cercando i punti di contatto tra i centri turistici della costa (e i relativi orientamenti di sviluppo) per individuare l'area comprensoriale di appartenenza di Jesolo, oltre ai rapporti economici tra i suddetti centri e le aree ad interesse agricolo e terziario, situate nelle zone interne limitrofe.
In secondo luogo prese in esame la situazione legata alle grandi vie di comunicazione terrestri, marittime ed aeree, con particolare riguardo alla rete autostradale, all'aeroporto di Venezia e allo sviluppo del turismo nautico.
Infine si rivolse alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, con massima attenzione alla laguna di Venezia, con la quale il comune di Jesolo confina ad est.
Dalla Prima Parte del Piano appariva evidente come l’insediamento “a nastro” lungo la costa, avesse ormai raggiunto un livello di espansione ed evoluzione tale da non poterne più facilmente arrestare la crescita. Nel corso degli anni ’60 infatti, tutta la linea costiera centrale era stata investita da un’edificazione estesasi per saturazione in linea lungo tutto il fronte mare, come per esempio nella zona adiacente al Faro, alla foce del Fiume Sile, comportando un’assoluta diminuzione della qualità edilizia.
Tale esasperazione d'intervento aveva portato quindi ad una differenziazione dell'insediamento costiero “a nastro” in due parti, definite Area Prima e Seconda.93
92 Vedi Del coordinamento comprensoriale, in Revisione del Piano Regolatore Generale Comunale in
riferimento al voto del Consiglio Superiore dei LL. PP. n. 1439 del 7 ottobre 1969. Relazione illustrativa, S.n.,
Comune di Jesolo, 1977, pp.4-6.
L’Area Prima ad ovest, dalla foce del fiume Sile fino al Villaggio Marzotto, era composta di un unico agglomerato che continuava lungo la costa per circa 13 chilometri, mentre l’Area Seconda, a est, dal Villaggio Marzotto fino alla foce del fiume Piave, era caratterizzata da una vasta area a pineta e da ampie zone libere non edificate. La differenza sostanziale tra le due zone consisteva quindi nel loro rapporto con le rispettive fasce retrostanti la costa. Per le due aree fu attuato uno studio analitico allo scopo di stabilire i parametri dello stato di fatto utili, oltre che per chiarire i valori e le condizioni abitative delle preesistenze, anche per individuare la possibilità d'intervento nelle zone compromesse.
L’area prima, proprio per il suo carattere di saturazione, vedeva alle spalle una serie di lottizzazioni, approvate o meno dalle varie Amministrazioni Comunali, già eseguite o iniziate parzialmente e che violavano il rispetto delle aree riservate a piazze, strade, zone verdi e spazi pubblici, portando ad una situazione di ancor maggiore concentrazione edilizia.
L’Area Seconda, invece, grazie ai suoi molti spazi verdi e a “vuoti di prima fila”,94 non appariva toccata dalle stesse problematiche, ma risultava ancora caratterizzata da vaste zone agricole nella fascia retrostante che fornivano la possibilità di formulare alternative di crescita e sviluppo, mantenendo in equilibrio ambiente ed edificati.
Essendo Jesolo zona balneare era ovvio effettuare anche alcuni controlli sulla spiaggia, per verificare la consistenza dell'arenile utilizzabile, anche in considerazione delle opere eseguite lungo la linea di battigia dal 1959 al 1972, che favorirono un ripascimento sensibile dell'arenile.
I dati ottenuti rilevavano che 740.724 mq di arenile, potevano soddisfare 83.300 turisti in un soggiorno medio di 6-‐10 giorni con una superficie pro capite di 15 mq., questo anche in considerazione del futuro sviluppo di una zona interna d'interesse turistico alternativa alla spiaggia.95
94 Ivi, Del rapporto tra le preesistenze e la prima fascia retrostante, p.11.
95 Nel calcolare la superficie di arenile disponibile è stato preso in considerazione soltanto il tratto di costa
compreso tra la foce del fiume Piave e la foce del fiume Sile, pari come detto a 740.724 mq, senza includere la porzione corrispondente alla fronte del Morto, considerata area di riserva; qualora questa fosse stata inclusa nel conteggio il totale sarebbe aumentato a 1.120.724 mq che, con i medesimi parametri, avrebbe portato l'eventuale capacità ricettiva a 124.520 turisti.
La Seconda Parte del Piano concentrava inizialmente l’attenzione sulla difesa dell’ambiente identificando alcune proposte principali:
1. sottrarre agli interventi costruttivi alcune aree libere della pineta e quelle delle foci del Piave e del Sile, per non pregiudicare la vegetazione e il suolo e favorire interventi di rimboschimento;
2. vietare interventi costruttivi tradizionali nella vecchia foce del Piave (zona del Morto) favorendone l'utilizzo come bacino nautico;
3. proibire interventi costruttivi nella zona lungo il fiume Sile, a monte del ponte della Fausta, trasformandola in zona d'interesse ecologico-‐ ambientale;
4. istituire una fascia di protezione ambientale lungo la riva destra del Piave;
5. istituire un vincolo per il territorio vallivo rendendolo appartenente alla laguna di Venezia, a tutela del patrimonio ecologico-‐ambientale e dell'habitat avicolo;
6. tutelare l’equilibrio della spiaggia sottile di Jesolo e il patrimonio archeologico, tenendo presente anche la prospettata costruzione di un museo archeologico. Si era cercato di acquisire anche elementi sul valore insediativo sia del Lido che del Capoluogo.
Per quest'ultimo era stata fissata una capacità insediativa massima di 17.000 unità,96 sufficiente per almeno un decennio sia per quanto riguardava l'esistenza dell'area turistica, sia per il ruolo che Jesolo avrebbe potuto ricoprire all'interno del comprensorio del Basso Piave.
Pertanto in relazione alle dimensioni proposte per il Capoluogo il Piano, in base ai conteggi analitici effettuati, indicava le aree da riservare a spazi verdi, liberi ed attrezzati in ragione di 18 mq. per abitante.
Per quanto riguardava invece la portata dell'insediamento turistico del Lido si era evidenziata la necessità di non consentire ulteriori interventi “di sostituzione” delle
preesistenze, che potessero peggiorare sia le condizioni insediative che l'utilizzo della spiaggia, già in equilibrio precario.
Secondo le disposizioni legislative sugli standard urbanistici il Piano prevedeva la formazione di aree verdi pubbliche ed attrezzate, quali impianti sportivi di vario tipo, aree di gioco e svago ed impianti fisioterapici e di cura, che rappresentassero un'alternativa all'unica linea di gravitazione rappresentata dalla spiaggia.
Nell'ipotesi che tali attrezzature fossero riuscite ad avere una capacità di attrazione del 15%, si sarebbe ottenuta una contemporanea uguale diminuzione di presenze sulla spiaggia, con un aumento di superficie di arenile pro capite per i presenti da 15 a 17,43 e 17,64 mq., rispettivamente includendo o meno la spiaggia del Morto.97
I tempi previsti per l’esecuzione di questo Piano erano nell’ordine dei 15-‐20 anni e consideravano differenti interventi per le due macro aree già considerate.
Per l’Area Prima il Piano aveva rilevato tre fasce successive sulle quali operare, dalla zona fronte mare avanzando verso l'interno.
La prima, più prossima alla spiaggia, era come detto caratterizzata da insediamenti “a nastro”, dove fino a quel momento si era intervenuti sostituendo principalmente costruzioni di tipo residenziale di modesta entità aumentandone la densità e pertanto erano state fissate norme per la riqualificazione della fascia.
La seconda, anch’essa densamente edificata ma con scarse caratteristiche proprie, venne sostanzialmente identificata come linea d'unione tra la prima e la terza, creando allo stesso tempo un'interruzione nell’area fabbricata.
La terza fascia, essendo la prima e la seconda seriamente compromesse per quanto concerneva la capacità insediativa, venne riservata all'organizzazione del verde pubblico, degli impianti sportivi, delle attrezzature d'interesse collettivo e dei parcheggi.
Per l'Area Seconda si prevedeva di procedere mantenendo le preesistenze che disponevano di ampi spazi liberi, consentendo eventuali cambiamenti di destinazione d'uso, ma senza intaccare le aree libere a favore di interventi costruttivi. Pertanto
sarebbero stati eseguiti rilevamenti delle aree pinetate allo scopo di sottrarle, unitamente alle zone libere adiacenti, alla fabbricazione e a destinazioni d'uso limitative per la comunità.
All'interno di quest’area, gli unici interventi costruttivi consentiti avrebbero riguardato alcune aree libere, da destinare eventualmente a parcheggi e centri organizzati di servizio, al fine di agevolare il turismo domenicale.
Ampio spazio era stato lasciato per l’analisi della viabilità, nodo cruciale delle problematiche legate alla città. A questo proposito era stato suddiviso il tema in tre parti, riguardanti rispettivamente la viabilità parallela e quella ortogonale alla linea di costa e le aree di parcheggio.
Si rendeva necessario creare nuovi svincoli sulle strade di scorrimento e di intersezione alla linea di costa, al fine di ottenere un migliore flusso del traffico in entrata e in uscita dalla città, collegando anche le varie zone di parcheggio, ubicate in modo da poter servire il maggior numero di utenti nel miglior modo possibile.
Appare chiaro come il Piano di Revisione fosse stato caratterizzato da una disciplina urbanistica piuttosto restrittiva, soprattutto per quanto riguardava gli interventi costruttivi, volta a salvaguardare il territorio di Jesolo, ed il Lido in particolare, da un ulteriore compromissione, che avrebbe potuto evidenziare ancor più gli aspetti negativi e favorire un possibile calo del flusso turistico futuro, dovuto anche alla concorrenza di altre zone turistiche sia nazionali che estere.
D'altronde in alcune zone del Lido la saturazione era tale da definirsi drammatica e le limitazioni o i divieti imposti per ricreare una situazione di equilibrio, pur sembrando a volte impropri, avevano cercato già al tempo di privilegiare le necessità della comunità, l'equilibrio socio-‐economico locale ma anche la tutela dell'ambiente.
PARTE II
CAPITOLO 4
L’IDEA DEL MASTER PLAN
IMMAGINE 4.1: IL PROGETTO DEL MASTER PLAN, ZONA OVEST E CENTRALE. FONTE MASTER PLAN