PARTE I: L A S TORIA D ELLA C ITTÀ N EI S ECOLI
2.3 L E O PERE D I B ONIFICA E L’I DROGRAFIA 37
È certamente opportuno soffermarsi maggiormente sull’analisi degli interventi di trasformazione che la Repubblica di Venezia intraprese nella zona, per capire come le enormi opere idrauliche siano servite a scongiurare l’interramento della laguna e riportare la località ad un migliore livello di vivibilità.
Furono innanzitutto deviati il corso del Sile, che venne fatto sfociare nella località di Caposile, e del Piave che fu deviato a Cortellazzo, mentre assumevano sempre più importanza i canali interni che collegavano Cavazuccherina a Venezia.56
Uno di questi era il Canale Caligo che, sebbene oggi ci appaia come un piccolo alveo agrario, al tempo aveva una funzione determinante per i traffici del legname cadorino diretto all'Arsenale della Serenissima, tanto che il doge Francesco Foscari volle ripristinarlo, poiché mancava di manutenzione.
IMMAGINE 2.5: IL CANALE CALIGO
Dell’importanza del canale è testimonianza la Torre del Caligo,57 edificio militare eretto dalla Serenissima nel punto in cui l'alveo del canale stesso si dirama dal Sile-‐Piave Vecchia, orientandosi verso Lio Mazor.58
IMMAGINE 2.6: LA TORRE CALIGO
Fu però il fiume Piave a segnare profondamente la zona di Cavazuccherina, devastando numerose volte il territorio, e con l’incredibile potenza dell’alluvione del 188259 ruppe gli argini allagando le campagne e interrompendo le comunicazioni.
57 La torre del Caligo ha origini altomedievali, ma fu probabilmente realizzata su un precedente edificio di
epoca imperiale. Certamente è romano il materiale utilizzato: conci di pietra alla base e quindi corsi di mattoni. Il Filiasi, cui si deve una monumentale opera sulla storia veneta, cita gli Annali Camaldolesi secondo i quali la Torre del Caligo, era stata edificata sin dal 930 e funzionava soprattutto come pedaggio. Il nome pare possa derivare dalla fitta nebbia (in dialetto veneto appunto “caligo”), che spesso lo investiva, ma potrebbe forse essere stato ripreso dal nome di una famiglia veneziana. Si trovano note in merito al nome in A. VISENTIN,
Jesolo antica e moderna, op. cit., p.98.
58 M. ZANETTI, Jesolo Eraclea...in bici tra bonifiche e laguna, della serie Guide PEDALAFACILE, Casa
Editrice ACHAB snc.
59 Fu proprio nel 1882 che venne redatta la legge Baccarini, «la quale considerava meritevoli di contributo le
opere desinate a combattere il paludismo e a migliorare le condizioni igieniche delle zone malarigene»; in La bonifica del territorio jesolano, in A.A., Studi Jesolani, op. cit., p.229.
La popolazione di Cavazuccherina, in forma del tutto privata, decise pertanto di intraprendere la bonifica del territorio, possibile solo grazie all’avvento del motore senza il quale non si sarebbe riusciti a smaltire una così grande mole d’acqua,60 e attirando così anche l’interesse delle autorità regionali e statali.
IMMAGINI 2.7 – 2.8 : FOTO DELL’EPOCA. OPERE DI BONIFICA
Iniziò così l’epoca delle bonifiche durante la quale cinque aziende agricole iniziarono ad utilizzare i primi impianti di prosciugamento meccanici mettendo a coltura ben 560 ettari di palude.61 Agli inizi del ‘900 gli abitanti della zona sollecitarono la generale bonifica del territorio tra Piave Vecchia, Piave Nuova e il Mare Adriatico, da riunire in “Consorzi speciali
di Bonifica”.62
Tali opere vennero però drasticamente interrotte dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale e, dopo la disfatta di Caporetto, Cavazuccherina si ritrovò al centro della linea difensiva creata dall’esercito italiano per ostacolare l’avanzata degli austro-‐ungarici verso Venezia; la popolazione, pertanto, si allontanò rifugiandosi nei paesi vicini, mentre nel centro del paese rimanevano solamente rovine.
IMMAGINE 2.9: FOTO DELL’EPOCA. IMMAGINE DI GUERRA SULLE SPONDE DEL FIUME SILE
61 Ibidem. Le aziende che si occuparono della bonifica furono Portalupi a Castellana, Comello alla Rosa,
Società Dune a Ca’ Pazienti, Vianello a Palazzon, Rossi al Fornavate.
62 Ivi, p.229. Il Testo Unico 22 marzo 1900 n.195 ammetteva a contributo tutte le opere di bonifica per la
sistemazione idraulica di grandi comprensori e ne prevedeva l’esecuzione diretta dello Stato o in concessione al Consorzio dei proprietari.
Finita la guerra la popolazione tornò a ciò che restava delle proprie case senza scoraggiarsi e cominciò la ricostruzione del paese. Numerosi furono infatti i problemi che si dovettero risolvere in quel periodo, primo fra tutti quello idraulico che condizionava tutti gli altri. Ripresero quindi i lavori per bonificare il territorio distrutto dal conflitto e nel 1920 il Consorzio, per conto del Magistrato alle Acque, riuscì a ricostruire e a riattivare le idrovore, mettendo all’asciutto l’intero bacino e cambiando radicalmente la morfologia del territorio. Nel 1922 il Congresso delle Bonifiche a San Donà di Piave63 portò il problema a livello nazionale, fissando i principi base della bonifica.
IMMAGINE 2.10: FOTO DELL’EPOCA. CENTRALE IDROVORA, CONSORZIO DI CAVAZUCCHERINA.
Negli anni ’30 Cavazuccherina sembrò ritornare all’antico splendore con la quasi completa sparizione della zona paludosa per far posto ad un’agricoltura fiorente. Tutte le aziende di un certo livello iniziarono a piantare meli e peri, raggiungendo in poco tempo una produzione di oltre 500.000 quintali di frutta e inondando così tutti i mercati d’Europa.64 Verso la fine del decennio arrivò a Cavazuccherina il più giovane podestà d’Italia, Mario Gardini65 da Ravenna, che segnò un’epoca per quando riguarda la produzione agricola della zona; portò infatti una grande innovazione sistemando i terreni in piano, con fossi di scolo profondi 1 metro ogni 33 metri di campo e con capifossi ogni 100 ettari. In 24 ore l’acqua immessa nei fossi raggiungeva il centro della porzione di campo, portando a dei risultati mai ottenuti prima.
Il secondo conflitto mondiale portò la zona di Jesolo ad un ulteriore periodo di crisi, poiché tutta la fascia dei bacini litoranei venne sottoposta ad allagamento in funzione antisbarco, provocando ingenti danni all’agricoltura e la ricomparsa della malaria, sebbene alla fine della guerra la zona riuscì a risollevarsi in breve tempo.
Fu così che durante i giorni festivi la località balneare cominciò ad essere raggiunta dagli abitanti delle zone circostanti che a piedi, in bicicletta o con la vecchia diligenza, un carretto trainato da cavalli che faceva servizio pubblico dal centro del vecchio paese, arrivavano dalle zone vicine con le corriere, che non potevano spingersi direttamente sulla costa per mancanza di strade.
Tali nuovi arrivi verso la fascia costiera spinsero parte della popolazione ad abbandonare la campagna per spostarsi sul litorale, dove iniziò la costruzione delle prime strutture per accogliere i turisti amanti del sole e della spiaggia.
64 Racconto dell’imprenditore Umberto Verago in Jesolo 1807-2007. La nostra storia, documentario storico
sul Comune di Jesolo.
65 I primi podestà del Regno d’Italia, Comitato italiano di propaganda all'estero (A cura di), Archetipografia di
Milano, 1929. Nel testo viene descritto come: «[…]Perito agrario. Possidente. Medaglia della marcia su