PARTE I: L A S TORIA D ELLA C ITTÀ N EI S ECOLI
8.8 L A V IABILITÀ C ITTADINA 120
Il Piano del Traffico presentato dal PRG si propose di risolvere alcuni dei maggiori problemi che hanno interessato da sempre la viabilità di Jesolo, sebbene tali progettazioni non avrebbero comunque risolto la situazione.
La questione più grave restava comunque la necessità di rendere il traffico più scorrevole sia in entrata che in uscita dalla città per evitare intasamenti, e a tale scopo già all’epoca del PRG era in fase di attuazione l'allargamento della strada provinciale Caposile-‐Jesolo, mentre furono previsti un nuovo casello autostradale a Meolo ed il prolungamento della Treviso Mare fino a Caposile.
Si cercò poi di migliorare i collegamenti tra i vari comuni del territorio utilizzando la strada di scorrimento già esistente ad 800 m. alle spalle dell’arenile, nel tratto tra il Faro e Piazza Milano, prolungandola verso Eraclea.
L’intensificazione delle strade comunali, nonché la creazione di opere per razionalizzare il traffico, quali ad esempio sottopassi o rotatorie, avrebbero dovuto essere modellate sull'andamento del terreno, utilizzare asfalti fonoassorbenti ed essere corredate da progettazioni sulla vegetazione. La presenza degli alberi ai bordi delle strade171 infatti, oltre ovviamente ad armonizzare i nuovi progetti nell’ambiente territoriale, avrebbe consentito di migliorare la visuale prospettica, aiutando a determinare in anticipo il percorso della strada stessa e agevolando la guida; avrebbe inoltre permesso l’ombreggiatura e quindi un miglior comfort soprattutto in caso di sosta forzata d’estate ed infine avrebbe separato le carreggiate da altri percorsi destinati a differenti fruitori, veicoli o pedoni che fossero.
171 Per maggiori specifiche in merito a questo tema si veda l’Allegato C del PRG ovvero i Sussidi Operativi, Il
Gli elementi strutturali di composizione delle strade avrebbero dovuto essere differenti in base all’ambito territoriale, in modo da rendere ancor più evidente agli automobilisti il passaggio da aree esterne alla città a zone più interne, maggiormente frequentate, inducendo a più attenzione e ad una riduzione della velocità.
Nel contesto del Sistema Viabilistico, i Sussidi Operativi allegati al PRG presero in considerazione anche le aree da adibire a parcheggio. Innanzitutto si valutò la necessità di localizzarle in zone di facile accesso e adeguatamente strutturate, prevedendo l’inserimento di alberi e siepi per nascondere l’enorme quantità di automobili in sosta durante il periodo estivo, nonché mascherare gli ampi spazi lasciati deserti durante il resto dell’anno, entrambe situazioni poco piacevoli alla vista.
Oltre a limitare l’impatto visivo tali piante avrebbero dovuto creare zone d’ombra per i veicoli, tenendo in considerazione per la scelta delle specie arboree, quelle che non rischiassero di procurare danni o inconvenienti alle auto in sosta, come ad esempio la caduta di pigne o resine.
In certe zone della città furono progettati parcheggi di dimensioni considerevoli che avrebbero dovuto sopperire alle presenze turistiche notevoli nel periodo estivo, ma sarebbero stati sottoutilizzati fuori stagione. Per non lasciare le aree inutilizzate, i Sussidi ipotizzarono la possibilità di un loro reimpiego da parte della cittadinanza ad uso sportivo o per altri scopi, prevedendo anche la realizzazione di percorsi pedonali, ancor più utili nei periodi di maggiore afflusso.
Per la progettazione di piste ciclabili nel territorio jesolano il Piano fece riferimento al
Manuale per la progettazione di itinerari ed attrezzature ciclabili172 pubblicato dalla Regione Veneto, ma vennero sottolineati alcuni aspetti che necessitavano approfondimenti.
Innanzitutto il rispetto per la salute dei ciclisti, a rischio costante nei percorsi a stretto contatto con il traffico automobilistico, imponeva una progettazione di tracciati
172 M. MAMOLI, Manuale per la progettazione di itinerari ed attrezzature ciclabili, Regione del Veneto,
nettamente distaccati da quelli automobilistici, preferibilmente con aiuole spartitraffico o piantumazioni che avrebbero offerto anche ombreggiamento. Inoltre furono previste opere di illuminazione e aree di sosta.
La sezione dei Sussidi allegati al Piano Regolatore si è occupata delle problematiche viarie legate principalmente all’ambito ambientale, inserendo specifiche indicazioni legate all’utilizzo delle specie arboree nel contesto territoriale, concentrando le indicazioni più sugli elementi di “arredo” del paesaggio che sulle effettive problematiche legate al traffico e alla circolazione.
Infatti se la situazione attuale per quanto riguarda i parcheggi può essere considerata migliorata rispetto al passato, non si può dire altrettanto per gli interventi legati alla viabilità automobilistica e ciclo-‐pedonale.
Allo stato attuale infatti le cose non sembrano molto cambiate: durante i periodi di maggiore afflusso raggiungere la città balneare con tempi di percorrenza accettabili continua ad essere sempre più un’impresa. Non sono nemmeno più sufficienti le “partenze intelligenti” che costringono il turista pendolare a levatacce ben peggiori che in una normale giornata lavorativa, portandolo a dover decidere se rinunciare o armarsi di pazienza, sopportando ore di coda per raggiungere una spiaggia sempre più affollata. Ma è proprio di qualche mese fa l’approvazione da parte del CIPE di quel progetto di cui si parla ormai da molti anni, l’Autostrada del Mare, una superstrada a pagamento che collegherà il nuovo casello di Meolo dell’A4 alla rotonda Frova di Jesolo e che prevederà quattro caselli intermedi oltre a quelli alle estremità.
Il nuovo collegamento dotato di quattro corsie, per un totale di circa 200 milioni di euro finanziati unicamente da enti privati, sarà lungo circa 19 chilometri, di cui 6 di nuova costruzione e i 12 restanti ricavati adeguando l’attuale Treviso Mare, con un notevole spreco di denaro pubblico se si considera che recentemente sono stati effettuati svariati
interventi sulla viabilità nei pressi di Meolo, che dovranno essere demoliti per la costruzione della nuova autostrada. 173
Chissà se davvero quest’opera porterà i risultati sperati per il povero turista pendolare o se si rivelerà unicamente un’opportunità di guadagno per pochi e un danno per l’economia locale oltre che per l’ambiente e il paesaggio.
173 Gli interventi in questione hanno interessato la rotatoria di collegamento tra la Treviso Mare e via
Castelletto, il nuovo ponte sul fiume Meolo della Treviso Mare ed il nuovo cavalcavia della Treviso Mare sull'autostrada. Fonte: G. PIOVESAN, Autostrada del Mare Meolo-Jesolo, Venezia Today, 4 settembre 2012.
CAPITOLO 9
LE “ARCHISTAR JESOLANE” NEL VASTO CONTESTO INTERNAZIONALE
Prima di analizzare le principali opere realizzate a Jesolo nell’ottica di quella riqualificazione territoriale che sta alla base di tale lavoro, è opportuno soffermarsi brevemente per contestualizzare gli architetti progettisti responsabili di tali interventi, prendendo ad esempio iniziative similari per tipologia costruttiva, contesto ma soprattutto scopi di realizzazione.
Salvo alcuni casi infatti, per la maggior parte dei nuovi progetti jesolani non sono stati ancora effettuati studi approfonditi e non è disponibile una specifica bibliografia che possa supportare la tesi sostenuta e le descrizioni esposte nel prossimo capitolo di questo elaborato, frutto in gran parte di studi sul campo e considerazioni proprie dell’autrice. Sono state prese quindi in considerazione le principali archistar intervenute a Jesolo in questa fase di vita della città ricercando, nell’intero panorama internazionale, opere in qualche modo ricollegabili a tale contesto, allo scopo di porre una solida base di partenza per le analisi dei progetti descritti al capitolo successivo.
9.1
K
ENZOT
ANGEGià al paragrafo 4.2 è stato accennato come l’architetto giapponese Kenzo Tange sia stato il principale artefice della pianificazione per la ricostruzione del suo paese, intervenendo a partire dal 1960 con il primo piano urbanistico per la città di Tokyo.
A questo ne seguirono molti altri, non solo in contesto giapponese ma anche in altre località asiatiche nonché in ambito europeo e statunitense.
Uno dei più conosciuti è certamente il piano per la ricostruzione del centro di Skopjie, capitale della Repubblica di Macedonia, distrutta a seguito di un violento terremoto nel 1963,174 e per la quale fu istituito un fondo speciale sostenuto da paesi stranieri ed organizzazioni internazionali.
Gli studi di architettura Doxiades Associati e Adolf Ciborowski elaborarono un piano regionale per Skopje nel 1964, lasciando liberi i due chilometri quadrati del centro cittadino per una gara d’appalto, a cui lo studio Tange partecipò. L’architetto giapponese considerò infatti tale progetto estremamente rilevante, non soltanto per la sua influenza internazionale, ma anche perché sarebbe diventato "un caso esemplare di ricostruzione
urbana".175
Il progetto puntò innanzitutto sull’ideale di città moderna con un centro forte, per il quale fu studiata accuratamente la disposizione delle infrastrutture. Partendo dal concetto di “City Gate”, Tange ipotizzò una città basata su di un asse lineare lungo il quale sarebbero state concentrate le principali funzioni legate alle comunicazioni (come la stazione ferroviaria) e alle attività delle imprese.
Per formalizzare la memoria collettiva, l’architetto pensò invece di preservare gli edifici chiave della città ancora riconoscibili, identificandone una successione definita “City Wall” e mantenendo così un legame con il passato.
Ben diversi furono invece i progetti che portarono Kenzo Tange ad operare in Italia, prima a Bologna, nel 1975, poi a Napoli nel 1980.
174 La violentissima scossa di terremoto a cui la città fu sottoposta uccise più di 2000 persone distruggendo
circa il 65% degli edifici cittadini.
Il progetto per il capoluogo emiliano fu affidato a Kenzo Tange nel 1965 quando, invitato a tenere una conferenza presso l’Università di Bologna, l’Amministrazione Comunale intravide in lui la figura adatta per realizzare un Master Plan, che ponesse come scopo la decongestione del centro storico e lo sviluppo urbano verso la zona nord della città.
Così fu descritto il suo genio durante la premiazione per il premio Pritzker nel 1987:
“[…] disponendo di talento, energia e di una carriera sufficientemente lunga, Tange è diventato parte integrante della tradizione pur partendo da posizioni innovative e d’avanguardia. Accanto alla pratica di architetto, Tange è anche un influente teorico dell’architettura […] riesce a creare forme estremamente evocative che sembrano emergere da un remoto e oscuro passato, ma che – allo stesso tempo – sanno essere ancora oggi straordinariamente attuali”.176
In seguito a tale progettazione, nel 1967 gli fu affidata la realizzazione della prima parte del piano nella zona della Fiera, porzione cittadina che avrebbe dovuto collegare il centro con la nuova area di espansione.
I lavori iniziarono però solo nel 1975 a causa di problemi dovuti ai finanziamenti e a oggettive difficoltà derivate dall’estensione dell’area.
Sebbene il più vasto Master Plan fu limitato nella progettazione alla sola zona fieristica, furono comunque facilmente evidenziabili alcuni richiami all’architettura tradizionale del luogo, quali le torri e i portici, pur sempre rivisitati in chiave contemporanea, nonché la piazza centrale lasciata libera dal passaggio dei veicoli.177
Nel 1980, in ambito napoletano, fu affidata a Kenzo Tange la progettazione del Piano per il nuovo Centro Direzionale, da erigere in un sito di circa 110 ettari nei pressi della stazione centrale di Napoli.
Diciotto isole di edifici composte da torri alte fino a 100 metri che accolgono uffici così come strutture residenziali; un vastissimo parcheggio sotterraneo dotato di numerose scale
176 AA.VV., The Pritzker Architecture Prize 1987 presented to Kenzo Tange, The Hyatt Foundation, Los
Angeles 1987
177 KENZO TANGE ASSOCIATES, Kenzo Tange. 40 ans d’urbanisme et d’architecture, Isozaki Printing & Co.,
mobili per la risalita e di strade di collegamento veicolare con il centro città; una zona pedonale con panchine, aree verdi e una chiesa; hotel, supermercati, negozi, bar e ristoranti. Sebbene dotato di tutte queste strutture e servizi, il Centro Direzionale fu inizialmente accolto con diffidenza legata alla percezione dell’ambiente; i napoletani erano ancora fortemente legati alla concezione della vita di “quartiere” e difficilmente si spostavano al di fuori delle proprie “zone” per fare acquisti o semplicemente per passeggiare.
Il progetto venne realizzato a partire dal 1982178 ma nonostante sia stato implementato con la metropolitana e la sede della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Napoli “Parthenope”, a tutt’oggi appare ancora praticamente deserto dopo il tramonto.
9.2
Z
AHAH
ADIDZaha Hadid è indubbiamente considerata il più famoso architetto donna della nostra contemporaneità. Nata in Iraq, più precisamente a Baghdad, ma naturalizzata britannica, si trasferì a Londra nel 1972 in un periodo d’incredibile effervescenza culturale, subendo ugualmente la “tradizionale misoginia presente nel mondo dell’architettura”179 e faticando ben più rispetto ad un uomo per raggiungere la sua attuale e ormai stabile posizione. I tre interventi di seguito riportati sono stati presi come esempi da correlare con il progetto jesolano di “Jesolo Magica”, non tanto per la loro tipologia costruttiva, quanto piuttosto per lo scopo finale di riqualificazione delle varie zone in cui vennero inseriti.
Il complesso residenziale del viadotto di Spittelau a Vienna, ultimato nel 2006, è uno di questi. Il comune di Vienna affidò infatti all’architetta irachena il compito di rivalutare un’area di grande rilievo per la città austriaca, sorta attorno allo storico viadotto fatto
178 Ivi, pp.142-144.
179 La stessa Hadid, ricordando quel periodo, racconta: “se fossi stata un uomo avrei avuto la vita più facile […]”, in
M.COLOMBO,E.BAJETTA (a cura di), I maestri dell’architettura: Zaha Hadid, Hachette Fascicoli s.r.l., Milano, 2009, p. 6.
costruire da Otto Wagner nel 1894-‐98, attraverso la realizzazione di un progetto grandioso allo scopo di innescare un circolo virtuoso di progettazione.180
L’intervento sarebbe sorto in quella fascia industriale di collegamento tra il centro e la periferia urbana e avrebbe creato, oltre a nuove strutture residenziali, anche un complesso polifunzionale con uffici, bar, ristoranti e attività commerciali, che avrebbero dovuto risollevare la zona senza però intaccare le preesistenze del luogo. Zaha Hadid infatti non interferì con la struttura dell’acquedotto ma la inserì all’interno del nuovo complesso avvolgendola nell’intrico del costruito, compenetrando vecchio e nuovo in un equilibrato connubio edilizio.
Con la stessa prospettiva nel 2007 il presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, commissionò allo studio Hadid la costruzione di un centro culturale, dedicato al padre Heydar, vicino al centro della città di Baku.
Lo scopo dell’operazione era quello di dotare la capitale di una struttura imponente e spettacolare, che potesse accogliere al suo interno numerosi servizi a disposizione della comunità, quali un museo, una biblioteca e un grande centro congressi con tre vasti auditorium. La costruzione di un parco interno con fontane, scalinate e un lago artificiale avrebbe completato l’opera. Il museo presenta una facciata vetrata rivolta verso la città, mentre la biblioteca, con un ingresso autonomo, si ricollega al museo e al centro conferenze tramite ponti e rampe.
Particolarità del progetto è senza dubbio la sua estensione curva e fluida, simile ad una tenda agitata dal vento, che segue la topografia esistente, permettendo alle diverse rampe di collegare il pian terreno con i livelli ammezzati.
Così Zaha Hadid diede una descrizione di tale compenetrazione:
«Il paesaggio emerge dal terreno e si fonde con l’edificio. Questa increspatura del
terreno scompare progressivamente allontanandosi dal corpo centrale e assumendo l’aspetto di una serie di onde. Anche lo stesso edificio si fonde nel paesaggio […],
180 L’intento del progetto era infatti quello di creare una base di partenza per lo sviluppo del Wiener Gurtel
collegandolo con l’università di Scienze Economiche (Wirtschaftsuniversität) la Stazione Nord (Nordbahnhof) attraverso piste ciclabili e viabilità esclusivamente pedonale.
offuscando ulteriormente le linee di separazione tra il costruito e l’ambiente circostante».181
E proprio con tale ambiente il progetto avrebbe dovuto dialogare, connettendo i vari spazi, sebbene ognuno pur sempre con una propria identità, agli edifici residenziali, direzionali, commerciali e all’hotel, realizzati per rendere tale spazio ancor più accogliente per i visitatori.
Ulteriore esempio di intervento riqualificativo si riscontra nel progetto per il Regium
Waterfront di Reggio Calabria, in fase di realizzazione, ubicato sul fronte dello stretto di
Messina che separa la Sicilia dal continente.
Come per il caso jesolano anche quest’opera è inserita all’interno di un più vasto Piano di Comparto presentato dall’Assessorato all’Urbanistica e sarà costituita da due edifici differenti che conterranno rispettivamente un centro polifunzionale e il Museo del Mediterraneo.
Quest’ultimo, ispirato vagamente per la sua forma a quella di una stella marina, “privilegia
forme allungate, fluide ed astratte, con superfici ondulate e concave e punti d’ingresso spettacolari”,182 rappresentando lo sviluppo tangibile delle ricerche sulla morfologia organica che proprio in quel periodo venivano condotte dalla studio Hadid.
Il futuro museo includerà, oltre agli spazi espositivi dove saranno inseriti anche i Bronzi di Riace, un grande archivio, un laboratorio per il restauro, un acquario e una biblioteca, il tutto corredato dalla seconda struttura che ospiterà gli spazi amministrativi, laboratori artigiani, negozi, un cinema, finanche tre auditorium modulabili in base alle esigenze. L’intero progetto, inserito all’interno del più vasto Master Plan cittadino, avrà quindi lo scopo di riconquistare la qualità e l’urbanità dei luoghi più rappresentativi della città, potenziando l’offerta dei servizi turistici e culturali e quindi l’attratta della località.
Come dichiarò l’artista “l'edificio sarà un punto d'incontro per persone di tutte le età e
attraverso le arti servirà a rappresentare la ricca e diversa storia del Mediterraneo,
181 P.JODIDIO, Zaha Hadid: complete works 1979-2009, Tashen, Colonia, 2009, p. 341.
182 Così racconta il collega e socio dello studio Hadid, Patrick Schumaker, illustrando i disegni durante la
arricchendo la vita culturale della città. Questo collegamento tra cultura e vita pubblica è essenziale”.
9.3
R
ICHARDM
EIERLa terza archistar intervenuta nel progetto di riqualificazione jesolana è l’americano Richard Meier, famosissimo in ambito internazionale per il purismo delle sue opere, tutte essenzialmente caratterizzate dall’utilizzo del colore bianco.
Interrogato su quest’aspetto, l’architetto spiegò come considerasse “il bianco [è] il colore
più bello perché contiene tutti i colori dell’arcobaleno. Il bianco è infatti il colore che intensifica la percezione di tutte le altre tonalità esistenti nella luce naturale in natura. È su una superficie bianca che si apprezza al meglio il gioco della luce e dell’ombra, dei solidi e dei vuoti. Per questa ragione il bianco è tradizionalmente assunto a simbolo di purezza e di chiarezza, di perfezione. Laddove altri colori hanno valori relativi dipendenti dal loro contesto, il bianco mantiene la propria assolutezza.
Eppure quando il bianco è da solo, non è mai solo bianco ma quasi sempre un altro colore, a sua volta trasformato dalla luce e da tutto ciò che cambia nel cielo, le nuvole, il sole, la luna.”183
Bianca è quindi ovviamente anche la chiesa di Dio Padre Misericordioso, meglio nota come Chiesa del Giubileo, con annesso centro parrocchiale realizzata tra il 1996 e il 2003 nel quartiere di Tor Tre Teste a Roma, in seguito ad un progetto di riqualificazione dell’area, di certo non tra le più rinomate del comune romano.
“ […] Le vele bianche ci condurranno verso un nuovo mondo.” Così esordì Richard Meier durante la presentazione del progetto in Vaticano, illustrando la particolare forma della copertura formata da tre “conchiglie” simili a vele, indipendenti tra loro e conficcate nel terreno, ritagliate da sfere di uguale raggio ma di differenti dimensioni.
La particolare costruzione della chiesa la rese un elemento fondamentale per l’identità del nuovo quartiere periferico, elevando l’area e richiamando molti turisti anche in quest’area della capitale, altrimenti molto probabilmente non molto visitata.
Più similare per tipologia costruttiva è senza dubbio il Tianjin Hotel, meglio conosciuto come The World, realizzato nell’omonima municipalità cinese.
L’hotel è situato lungo la fascia costiera di un’isola artificiale creata in seguito al drenaggio di un bacino idrico, in un complesso costituito da due edifici connessi corredati da bar, ristorante, biblioteca, business center, fitness center & spa.
L’andamento curvilineo del complesso, con le terrazze sporgenti sull’acqua, ricorda vagamente il profilo di una nave da crociera ormeggiata in porto, idea probabilmente influenzata da Le Corbusier e dalla sua passione per le “architetture transatlantiche”.184 Il minimalismo raffinato di Meier non ha concesso spazio alla tradizione cinese, mantenendo la struttura legata ai suoi caratteri distintivi; il rapporto con l’acqua lo ha infatti portato a realizzare una struttura “in trasparenza” che dialogasse maggiormente con