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Il Gabinetto del dottor Caligari (Das Kabinett des Doktor Caligari), Robert Wiene,

Questo film tedesco è il massimo esempio della corrente del cinema espressionista, ed è, probabilmente, il film manifesto dell’intero movimento artistico. Se si interpreta il termine espressionismo come un movimento artistico delle avanguardie dell’inizi del XX secolo, sorto negli ambienti della pittura ma presto esteso alle altre arti come la poesia, il teatro, il cinema, e l’architettura, allora il suo significato più caratteristico è rappresentato da una forte distorsione del segno7, da una frase, un verso poetico, un gesto, un segno pittorico o un’inquadratura

cinematografica che colpisce particolarmente per la sua eloquenza o esuberanza dialettica. Hermann Bahr, nel 1916, nel suo libro intitolato “espressionismo”, descrive in questo modo il movimento:

“Un solo grido d'angoscia sale dal nostro tempo. Anche l'arte urla nelle tenebre, chiama soccorso, invoca lo spirito: è l'espressionismo... L'occhio dell'impressionista sente soltanto, non parla; accoglie la domanda, non risponde. Invece degli occhi gli impressionisti hanno due paia di orecchi, ma non hanno bocca... Ed ecco l'espressionista riaprire all'uomo la bocca. Fin troppo ha ascoltato tacendo, l'uomo: ora vuole che lo spirito risponda”.

6 “Metropolis”, Paolo Bertetto

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In campo architettonico, l’espressionismo scaturì dall’Art Nouveau e dal modernismo e, rifiutando i temi classici, propose un mondo in cui le forme architettoniche potessero assecondare i sentimenti dell’uomo, comunicando la sensazione di un andamento plastico libero, astratto e monumentale.

Tra le architetture espressioniste, gli esempi più significativi sono le opere di Poelzig, la cui adesione al movimento culmina con la Grosses Schauspielhaus (1918-1919) di Berlino, con volte a stalattiti, corridoi e foyer fortemente espressionisti, alcune opere di Mendelsohn, come la Torre Einstein a

Potsdam(1920) e la Chile-Haus di Höger (1923) ad Amburgo. Nei primi anni del Bauhaus, anche Gropius accolse l’entusiasmo degli espressionisti, proponendo in alcune sue opere, come il Monumento ai caduti di marzo (1921) e il blocco residenziale per Alfred Sommerfeld (1921-1922), caratteri compositivi e materici puramente espressionisti.

Esiti formali di grande evidenza si riscontrano nel rapporto tra architettura e cinema; in alcuni film fondamentali per la storia del cinema, come Il Gabinetto del Dottor Caligari (1919), Der Golem (con sceneggiature disegnate da Hans Poelzig, 1925), e lo stesso Metropolis (disegnato da Erich Kettelhut nel 1926) le deformazioni spaziali divengono lo specchio esatto delle paure umane e l’architettura sembra davvero rappresentare il sentimento dell’uomo.

Soppiantato negli anni ‘20 dal razionalismo, l’espressionismo, inteso come il segno personale degli architetti-artisti, ha nuovamente trovato realizzazione solo negli ultimi decenni, in alcuni aspetti e citazioni dell’architettura decostruttivista, e ha potuto sfruttare le possibilità garantite da una tecnica progettuale e costruttiva che può avvalersi di strumenti di rappresentazione e materializzazione altamente complessi.

Le architetture, ad esempio, di Libeskind e a Gerhy, “ci danno la certezza che la sensibilità per una visione organica dell’esperienza, del vivere espressivo, hanno ora

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Immagini 1 e 2

Il Gabinetto del dottor Caligari. Scene del film. 1919

Immagini 3

Studio Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum (ROM), Toronto.

Immagini 4

Studio Libeskind, museo dell’ollocausto, Berlino

vinto una battaglia secolare contro la disciplina della forma e quindi della sostanza, contro l’intransigenza della semplificazione e della coerenza storica”8.

Su questo scenario, Il Gabinetto del dottor Caligari, con una visione molto futurista, nel secondo decennio del XX secolo, costruisce con la scenografia l’immagine di una città fortemente espressionista, depressa, tenebrosa e

angosciante, immagine che probabilmente interpreta l’anima delle città tedesche del dopo-guerra. Lo sguardo di Wiene è centrato e preciso nel punto fondamentale del rapporto fra architettura e cinema, non perché il regista si impadronisca del ruolo dell'architetto e costruisca una città a suo piacere, prima degli architetti, ma perché riesce raccontare il modo in cui gli abitanti vivono la città e come la sentono; trasmette allo spettatore l’emotività dell’ambiente e del mondo che descrive.

Giulia Carluccio, nel suo libro “Cinema e racconto. Lo spazio e il tempo” si riferisce alla rappresentazione architettonica de “Il Gabinetto del dottor Caligari”, come ad un tratto distintivo del film; la componente architettonica determina l’elaborazione di un discorso caratterizzante i film espressionisti.9 In pratica, non solo si fa evidente la potenziale capacità narrativa che ha l’architettura nel racconto

8 Sandro Lazier “L’artista non vede, guarda”. Articolo pubblicato sul giornale online Antithesis il

27 Gennaio 2002

9 Giulia Carluccio, “Lo spazio e il tempo. Cinema e racconto” Capitolo 3, Lo spazio e il tempo nel

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della storia, ma anche la prevalenza nella volontà di costruire un linguaggio di tipo architettonico. Quando si parla di elemento caratteristico, o tratto distintivo, è come parlare del marchio che identifica una tipologia, uno stile o un genere di cinema. Un esempio possono essere le canzoni per i musical, o le rigide regole compositive e tecniche per i film dogma; parallelamente il tratto distintivo può emergere

individuando lo stile tipico di un autore, come accade con Fellini10, “dove

scenografie ricostruite e fantastiche definiscono laqualità specifica del mondo della memoria, della nostalgia o del sogno”11.

L’autrice aggiunge un altro esempio, che a livello discorsivo mette in evidenza l’intenzione di ampliare il contenuto narrativo della storia in modo da completare il racconto attraverso aspetti propri degli elementi architettonici e

spaziali: uno spazio architettonico può costituire un livello di discorso fondamentale, ma indissociabile dai procedimenti filmici che lo veicolano, come per esempio

“Shining” di Kubrick12, dove l’architettura labirintica del luogo si riproduce su più livelli di linguaggio, percorsa dai movimenti della macchina da presa essi stessi labirintici, o inquadrata con una forte accentuazione prospettica, in modo da farne l’esatto speculare dei labirinti mentali dai personaggi13.

2.2.1.2 Spazio e tempo