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La Garanzia Giovani è una misura che è stata avviata a livello europeo con lo scopo di ridurre la disoccupazione giovanile. Il programma è stato stilato in occasione della Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea il 22 aprile 2013, ed è indirizzato ai Paesi Membri che presentano tassi di disoccupazione superiori al 25%. Il Piano Europeo mira ad “offrire un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro un periodo di quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale”46; e nello specifico consiste nell’erogare finanziamenti per incentivare l’istruzione, la formazione, l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani di età compresa tra i 15-29 anni che non lavorano, non studiano e non partecipano ad attività formative. Gli investimenti da destinare a tale programma sono stati stanziati in parte dalla Commissione Europea, attraverso i finanziamenti sia del progetto europeo Youth Employment Initiative sia del Fondo Sociale Europeo, i quali hanno predisposto per l’Italia una quota pari a 500 milioni di euro cioè il 60% del totale previsto per l’attuazione del programma, la restante parte invece, corrispondente al 40% è stata integrata dal fondo Nazionale Italiano. È importante

43 Decreto Legislativo n. 149, “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, 14 settembre 2015.

44 Decreto Legislativo n. 150, “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, 14 settembre 2015.

45 Decreto Legislativo n. 151, “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, 14 settembre 2015. 46 www.garanziagiovani.gov.it.

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evidenziare che l’Italia ha adottato una strategia unitaria e collaborativa tra Stato, Regioni e soggetti sia pubblici che privati. Il compito delle Regioni è stato quello di definire un piano attuativo attraverso il quale i giovani potessero accedere ai programmi offerti, indire i bandi regionali con i quali vengono definite le modalità di partecipazione e i requisiti necessari per poter accedere ai finanziamenti ed inoltre le regioni hanno provveduto a stanziare le somme di denaro arrivate dall’Europa e dallo Stato, alle quali potevano decidere, in modo discrezionale, di destinare ulteriori fondi di tipo regionale.

Nella pratica, la Garanzia Giovani si realizza tramite la successione di alcune fasi, la prima è quella dell’accoglienza che consiste nell’informare i giovani, anche on- line, sulla tipologia di servizi ai quali possono accedere. La seconda fase è quella dell’orientamento che prevede un colloquio individuale con un operatore, il quale avrà il compito di indirizzare il giovane in base ai suoi bisogni e ideare un percorso di inserimento personalizzato adatto al ragazzo (profiling). La terza fase è la formazione, lo strumento principale che permette ai giovani di acquisire le competenze idonee a svolgere un’attività lavorativa, obiettivo da raggiungere attraverso percorsi formativi di reinserimento per i ragazzi di età compresa tra i 15- 18 anni che non posseggono nessuna qualifica. Successivamente si realizza la fase di accompagnamento al lavoro, la quale consente di usufruire di un servizio da parte di operatori qualificati che attivano strumenti di inserimento nel primo periodo di lavoro; l’accompagnamento al lavoro è una delle attività che può essere predisposta al momento dell’elaborazione del percorso personalizzato previsto nella fase di orientamento. Tale intervento è rivolto quindi ad aiutare i giovani a trovare un’attività da svolgere, tra le tipologie di attività promosse da parte del progetto rientrano: l’apprendistato, i tirocini e il servizio civile, oltre al sostegno all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità, introdotto per quei giovani che vogliono tentare di aprire e gestire una propria attività. Il Piano incentiva a agevola anche i ragazzi che vogliono spostarsi dalla loro regione in un altro territorio italiano o europeo per fare un’esperienza lavorativa della durata di sei mesi, infatti sono inclusi nei progetti attività di supporto per la ricerca del lavoro e assistenza per compilare le pratiche di mobilità professionale transnazionale e territoriale. Infine è importante sottolineare che le imprese, che assumeranno i giovani iscritti al programma, avranno diritto ad un bonus specifico, deciso sulla base del tipo di contratto stipulato e sul numero di giovani che hanno cominciato a lavorare

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nell’impresa. Tutte le fasi del Piano italiano della Garanzia Giovani vengono monitorate per poter consentire una documentazione sul numero dei partecipanti, sulle caratteristiche dei destinatari, sugli effetti della condizione occupazione ed infine poter individuare gli aspetti che potrebbero essere migliorati.

IL PERCORSO DELLA GARANZIA GIOVANI

APPRENDISTATO TIROCINI SERVIZIO CIVILE AUTOIMPIEGO MOBILITA’ PROFESSIONALE

Nei primi mesi di attivazione del Piano della Garanzia Giovani sono emersi problemi di funzionamento. Infatti, i giovani iscritti al programma erano 294.677, ma a sei mesi dall’inizio del programma soltanto 89.979 cioè il 30% sono stati presi in carico e coloro che in questi mesi avevano aderito ai programmi hanno affermato di non aver ricevuto le prestazioni concordate. Secondo Falasca tale fallimento è dovuto a due cause principali. La prima riguarda i servizi per l’impiego italiani che sono caratterizzati da carenze strutturali, le quali per essere risolte avrebbero bisogno di alcune modifiche e non di un aumento delle risorse, inoltre Falasca sostiene che il fallimento del programma era prevedibile perché è stato attuato “dentro un sistema dove manca quello che gli esperti di organizzazione chiamano

SERVIZIO ACCOGLIENZA ORIENTAMENTO (PROFILING) FORMAZIONE (consolidamento competenze) ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO (percorso personalizzato) MONITORAGGIO

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‘il padrone del processo’ … manca un soggetto capace di gestire e coordinare le politiche attive del lavoro per tutto il territorio nazionale”47.

La seconda causa per la quale la Garanzia Giovani è risultata poco efficace concerne il problema della collaborazione tra il pubblico e il privato infatti ogni regione ha definito regole diverse per la partecipazione dei privati.

Nonostante le critiche e gli aspetti problematici la situazione è andata a migliorare rispetto ai primi mesi infatti pian piano è stato registrato un aumento delle adesioni al programma tant’è che recentemente, novembre 2015, gli iscritti sono arrivati ad essere 879 mila e il numero dei giovani presi in carica è salito a 545.821. Non sono state rilevate differenze di genere tra gli iscritti che sono per il 51% ragazzi e per il 49% ragazze. Ma si conferma il progressivo incremento della partecipazione femminile al crescere dell’età, che raggiunge il 55% delle registrazioni per le giovani donne di età superiore ai 25 anni. Coloro che hanno un’età inferiore ai 18 anni rappresentano solo il 9% degli aderenti, mentre il 54% dei registrati si concentra nella fascia di età tra i 19 e 24 anni. Importante notare che il 17% dei giovani registrati è in possesso del titolo di laurea, il 58% è diplomato, il 25% ha un titolo di terza media.

Per quanto concerne invece la distribuzione territoriale, le regioni con più partecipazioni sono la Sicilia con 159.273 adesioni, il 16% del totale; Campania con il 10% e il Lazio con il 9% delle adesioni. I giovani, soprattutto quelli del Centro e del Nord, scelgono di aderire ai programmi nella Regione di residenza; a differenza dei ragazzi del Sud, i quali sono maggiormente predisposti alla mobilità. La Garanzia Giovani è considerata un importante strumento di lotta alla disoccupazione giovanile in quanto negli ultimi mesi ha registrato delle esperienze positive, ma non è possibile conoscere gli effetti nel lungo periodo; inoltre esiste il rischio che questo tipo di esperienza lavorativa sia solo occasionale e limitata al periodo di durata del contratto determinato, senza che si realizzi la possibilità di poter consolidare la propria attività lavorativa.

Sicuramente è possibile affermare che è indispensabile pensare ad ulteriori interventi volti ad creare nuove occupazioni o a rafforzare quelle già esistenti.

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GLI UNIVERSITARI IN ITALIA

Premessa

L’Università Italiana ha subito una svolta importante con l’emanazione della riforma del 3+2, la quale ha prodotto dei cambiamenti sia per ciò che riguarda l’organizzazione dei corsi di studi (laurea di primo e di secondo livello) sia le caratteristiche degli immatricolati che dei laureati.

L’idea di rinnovare il sistema universitario era nata dalla costatazione delle profonde differenze esistenti in Europa tra le strutture universitarie, le quali non avevano un modello unitario a livello europeo. Dall’esigenza di modificare tale situazione è emerso lo scopo principale della riforma cioè il bisogno di ridurre le differenze dell’istruzione universitaria italiana con gli altri paesi europei proprio per creare una collaborazione tra le varie nazioni e poter incentivare la mobilità degli studenti, ai quali nello stesso tempo è stato garantito il riconoscimento, a livello europeo, del titolo di studio conseguito nel proprio Ateneo. Tra i Paesi Europei che hanno promosso tale riforma nel 1999, l’Italia fu il primo ad attivarsi per realizzare le trasformazioni previste e questa reattività fu dovuta all’urgenza di trovare delle soluzioni ai problemi del sistema istituzionale. L’Italia nel 2000, prima dell’emanazione della riforma universitaria, registrava un numero di laureati irrisorio rispetto ad altri Paesi; infatti nella popolazione tra i 25-64 anni di età solo il 9% possedeva una laurea, percentuale molto bassa se confrontata alla media europea che corrispondeva al 19%. In particolare la Francia aveva una percentuale del 22%, la Germania del 23%, il Regno unito del 26% ed infine i paesi scandinavi avevo un tasso di laureati di circa il 30%. Inoltre la situazione in Italia era resa ulteriormente negativa dagli elevati tassi di abbandono da parte degli universitari, che corrispondevano al 50% degli iscritti, coloro che riuscivano ad arrivare alla fine del percorso erano per la maggior parte fuori corso, e i tempi per conseguire una laurea erano di circa sette anni con soltanto quattro studenti su cento che riuscivano a concludere il loro percorso entro la durata prevista. Risultava quindi evidente la necessità in quegli anni di modificare il sistema universitario italiano. I risultati immediati della riforma hanno prodotto fino all’anno accademico 2003-04 un aumento degli studenti immatricolati, ma già a partire dall’anno accademico 2004- 05 si è verificato un decremento degli iscritti, che ha prodotto un rilevante cambio

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di tendenza infatti nell’anno accademico 2008-09 il numero degli immatricolati è stato inferiore a 300.000 studenti. Tale diminuzione è dovuta in parte ad una conseguenza immediata e attesa della riforma cioè che non tutti gli immatricolati nei primi anni erano neodiplomati, infatti circa 55.000 iscritti al primo anno universitario, tra il 2000 e il 2003, avevano conseguito il diploma di maturità almeno tre anni prima. Nei primi anni successivi alla riforma si era verificato come esito quello di far immatricolare anche studenti che avevano preso la decisione di non continuare gli studi universitari. Tale fenomeno, che ha permesso a persone di età adulta di terminare gli studi e ottenere il diploma di laurea, dopo i primi anni si è ridotto e di conseguenza anche il numero degli immatricolati è diminuito. Se invece si fa rifermento ai giovani tra i 18 e i 21 anni che si iscrivono all’Università, nonostante il numero delle iscrizioni si sia ridotto, la situazione non è considerata preoccupante. Con l’introduzione della riforma, oltre all’aumento del numero degli studenti iscritti al primo anno, è cresciuto anche quello degli insegnanti, ma anche in questo caso si sono alternate fasi di aumento del numero dei docenti con periodi di arresto, mentre gli insegnamenti e i corsi di studio sono raddoppiati a partire dal 2000 fino al 2006-07. Inoltre la riforma del 3+2 ha riconosciuto alle Università italiane una loro autonomia senza che allo stesso tempo sia stato previsto un adeguato coordinamento con il governo centrale dell’Università; dal punto di vista finanziario invece i singoli Atenei continuano a dipendere dal governo centrale. In questo capitolo verranno analizzate, attraverso l’utilizzo di dati provenienti da molteplici fonti statistiche (Istat, ANVUR48, MIUR49, CNVSU50), le caratteristiche principali sia degli immatricolati, che dei laureati anche nel confronto con il resto dei paesi europei.