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Nel 2011, il peggioramento della crisi economica e finanziaria e in particolare la riduzione del tasso di occupazione che dal 2005 al 2012 è sceso di più di 8 punti percentuali passando dal 48% a meno del 40%, (nello specifico il tasso di occupazione maschile nel 2012 si trovava al 45% invece quello femminile al 33%),

29 CNEL e Istat, 2014, op cit. 30 Gallino, op.cit., pag. 85.

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hanno fatto emergere l’esigenza di riformare il mercato del lavoro. E’ stata così emanata il 28 giugno 2012 la legge n.92, sulle “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, conosciuta come legge Fornero, allora Ministra del lavoro e delle politiche sociali. La legge aveva come obiettivo quello di “realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione”31. I punti principali su cui la riforma si sofferma sono quelli di:

- favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, confermando il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato quale “contratto dominante”

- valorizzare l'apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;

- redistribuire in modo più equo le tutele dell’impiego, contrastando l’uso improprio e strumentale dei contratti di lavoro flessibili e adeguando contestualmente la disciplina del licenziamento alle mutate esigenze del contesto di riferimento;

- rendere più equo ed efficiente il sistema degli ammortizzatori sociali; - promuovere una maggiore inclusione delle donne nel mondo del lavoro.

Questi elementi sono stati trattati in diverse aree di intervento della riforma: la flessibilità in entrata, la flessibilità in uscita, gli ammortizzatori sociali, formazione e politiche attive del lavoro.

3.1 Flessibilità in entrata

Il contratto dominante è considerato quello a tempo indeterminato proprio per garantire una maggiore stabilità ma, allo stesso tempo, per agevolare anche le imprese dato il periodo di recessione economica la legge prevede anche la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato in alcuni casi, quali, per esempio, la stipula del primo contratto di lavoro per una durata di un anno non prorogabile, anche se è prevista l’eccezione di 20/30 giorni massimo nel caso in cui devono essere ancora concluse le attività previste dal contratto. Inoltre la legge ha introdotto una modifica nel contratto di apprendistato, che prevede nelle aziende

31 Legge n.92, “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, 28 giugno 2012, art.1.

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con almeno 10 dipendenti, l’assunzione di 3 apprendisti ogni 2 lavoratori specializzati. Per rendere più stabile tale contratto di lavoro la legge ha deciso che i datori di lavoro non possono stipulare nuovi contratti di apprendistato se nei 36 mesi precedenti non siano stati confermati in servizio almeno la metà degli apprendisti che hanno concluso il loro percorso formativo, che solitamente ha una durata di sei mesi.

3.2 Flessibilità in uscita

La legge ha proposto una modifica in materia di licenziamenti individuali con lo scopo di aumentare la flessibilità in uscita. In particolare si prevede che, in coso di infondatezza del licenziamento, sia concessa la possibilità di reintegro del lavoratore. Il reintegro è negato invece nei casi di licenziamento disciplinare o economico, che prevedono solo un risarcimento a favore del lavoratore.

3.3 Ammortizzatori sociali

La Riforma ha introdotto una novità sul sistema degli ammortizzatori sociali con l’istituzione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), la quale è entrata in vigore il primo gennaio 2013 attraverso un regime transitorio che si concluderà solo nel 2017. L’ASpI, è stata istituita presso la “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti”, fa capo all’INPS e ha la funzione di fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione, andando a sostituire le indennità di mobilità e di disoccupazione erogate prime della riforma.

3.4 Formazione e politiche attive del lavoro

La riforma Fornero ha introdotto inoltre alcune misure volte ad incentivare la formazione e a promuovere l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro soprattutto dei giovani, delle donne, dei lavoratori “anziani” e dei disoccupati, anche attraverso l’implementazione del sistema informativo. In particolare sono state promosse alcune iniziative di apprendimento permanente, ossia le attività intraprese dalle persone nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le proprie conoscenze, capacità e competenze. Le iniziative di apprendimento permanente possono svolgersi sia in modo formale, attraverso l’istruzione e formazione e nelle Università, ma anche in modo non formale come ad esempio la partecipazione a ad attività educative e formative, come il volontariato, inoltre è prevista anche una

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modalità informale, che si realizza con l’impegno di svolgere attività quotidiane nel contesto lavorativo, familiare e del tempo libero.

3.5 Effetti prodotti della legge Fornero

La legge è stata monitorata dall’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori, ISFOL, l’ente nazionale di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Da questa valutazione è emerso che nei primi tre mesi del 2013 il quadro economico generale ha mantenuto un andamento negativo dato che il numero di occupati ha subito una diminuzione pari all’1,8% rispetto al 2012, ed è stato registrato inoltre un’ulteriore riduzione del tasso di occupazione del 55,5%, e un aumento del tasso di disoccupazione al 12,8%. Anche se in valore assoluto i contratti a tempo determinato sono diminuiti, sono comunque rimasti la forma contrattuale nettamente prevalente, è stato verificato che da luglio 2011 a marzo 2013 l’incidenza dei contratti a termine è passata dal 63,4% al 67,5%. I contratti di brevissima durata come quelli di un mese caratterizzano la maggior parte dei contratti a tempo determinato stipulati e rappresentano il 42,9%, insieme ai contratti con una durata che varia dai 4 ai 12 mesi che sono il 36,8%. I contratti di lavoro a tempo determinato di durata maggiore ai 12 mesi, invece, continuano a segnare tassi di variazione molto negativi passando dall’inizio del 2012 al 2013 dal 3,4% all’1,2%. Nel 2013, poi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono diminuiti e ciò ha interessato tutte le classi di età.

Alla luce di queste considerazioni la Riforma Fornero non sembra sia riuscita a risolvere, o quanto meno ridurre in modo significativo, il problema della disoccupazione soprattutto giovanile, tradendo le aspettative sia dei politici che hanno pensato i cambiamenti ma soprattutto i cittadini che rimangono senza lavoro e con un senso di sfiducia nei confronti del futuro.