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Attraverso l’introduzione dei contratti atipici, la legge n.30/2003 si poneva gli obiettivi di aumentare il numero dei soggetti occupati e migliorare le condizioni dei lavoratori ma, in realtà, al momento dell’applicazione della riforma sono emersi molti aspetti di criticità. I più drammatici sono stati la crescita della segmentazione del mercato del lavoro e l’incremento della precarietà delle condizioni di vita e di lavoro. Infatti la proposta di aumentare la flessibilità dell’occupazione, considerata importante per permettere agli individui di poter coniugare la vita lavorativa con le attività private, si è rilevata un aspetto negativo in quanto non è stata accompagnata da nuove modalità di tutela dei lavoratori e dall’istituzione di ammortizzatori sociali che permettessero di contrastare, o addirittura ridurre, il tasso di disoccupazione. L’assenza di tali misure ha modificato il senso che la legge attribuiva al concetto di flessibilità, non vista più come un elemento a favore dei lavoratori, ma un considerevole costo umano, come suggerisce Gallino: “si usano definire flessibili i lavori o meglio le occupazioni che richiedono alla persona di adattare ripetutamente l’organizzazione della propria esistenza alle esigenze mutevoli delle organizzazioni produttive che la occupano, private o pubbliche che siano”26. Dalla flessibilità intesa in questi termini è molto facile comprendere il passaggio al concetto di precarietà in quanto la situazione che ne deriva è la stipula di una serie di contratti a tempo determinato, della durata di qualche mese, senza che ci sia alcuna certezza

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sulla possibilità di continuare a lavorare o di firmare un nuovo contratto. Anche Santarelli sostiene che “il lavoro precario costituisce sempre più spesso la principale modalità d’ingresso nel mondo del lavoro e purtroppo l’instabilità lavorativa per i giovani è spesso un’esperienza di lunga durata. E’ evidente che ciò mal si concilia con i progetti di vita individuale, visto che vivere per conto proprio, sposarsi o avere dei figli sono progetti di lungo termine”27. Le conseguenze di tali condizioni di lavoro sono l’emergere di profonde insicurezze nella vita delle persone, le quali non sono i grado di riuscire a creare dei progetti familiari a lungo termine, ma devono sottostare all’imprevedibilità prevista dalla stipulazione dei contratti atipici. L’aumento della flessibilità nel mondo del lavoro ha intaccato alcune sicurezze che l’Organizzazione internazionale del lavoro aveva individuato come condizioni necessarie da rispettare per garantire una dignità ai lavoratori. Tra le varie sicurezze quelle più importanti che non vengono rispettate dai contratti atipici sono: sicurezza dell’occupazione, la quale prevede non solo la stabilità dell’occupazione lavorativa ma anche una protezione contro i licenziamenti senza giusta causa; sicurezza professionale intesa come la possibilità di poter aumentare le proprie competenze e costruirsi una carriera; sicurezza del reddito che implica la possibilità di avere un reddito adeguato per permetta al lavoratore di mantenere se stesso e la sua famiglia. E’ possibile affermare quindi che i lavori con contratti a tempo determinato “sono percepiti alla lunga come una ferita dell’esistenza, una fonte immediata di ansia, una diminuzione dei diritti di cittadinanza”28.

Nel corso del tempo è diminuita anche la possibilità di passaggio da un lavoro precario ad uno più stabile a tempo indeterminato, se infatti negli anni tra il 2007- 2008 il 26% dei lavoratori è riuscito a realizzare tale trasferimento, raggiungendo l’obiettivo di essere assunto con contratto a tempo indeterminato, tale percentuale nel 2012 è scesa al di sotto del 20%. Un dato molto preoccupante mette in rilievo inoltre che dall’inizio del 2013 è stato registrato un decremento dei soggetti, soprattutto giovani, che stipulano contratti di lavoro atipici. In Italia inoltre esistono delle forti diseguaglianze territoriali, che riguardano non solo la quantità di coloro che svolgono una professione, ma anche la qualità del lavoro. Infatti in riferimento alla qualità lavorativa è possibile evidenziare che nelle regioni meridionali la durata

27 E. Santarelli, E vissero per sempre precari e…, www.neodemos.it, 13 gennaio 2011. 28 Gallino, op.cit., pag. 75.

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del lavoro a tempo determinato è più diffusa, il numero dei lavoratori con basse remunerazioni è maggiore ed infine anche l’occupazione non regolare è pari a due volte e mezzo quella del Nord, così come il rischio di incorrere ad incidenti anche mortali sul luogo di lavoro è più elevata. In particolare, nel 2013, quasi un terzo dei lavoratori del Sud Italia ha un contratto atipico da almeno cinque anni, con una differenza rispetto al Nord di più di 13 punti percentuali; anche la possibilità di mobilità da un lavoro instabile ad uno a tempo indeterminato al Nord è maggiore di 6 punti percentuali. Altro aspetto molto importante che incide sulla qualità delle condizioni lavorative è il divario che esiste tra i salari tanto che al Sud la quota di lavoratori dipendenti con un salario inferiore ai due terzi rispetto al valore mediano è più che doppia rispetto a quella delle regioni del Nord.29 I lavori flessibili incidono quindi negativamente sul reddito, infatti gli occupati a tempo determinato hanno un reddito annuo inferiore sia a quello dei dipendenti con contratto indeterminato che dei lavoratori autonomi.

La precarietà lavorativa con il passare del tempo viene interiorizzata dalle persone e ciò produce degli effetti anche di tipo psicologico, che vanno ad influenzare in modo negativo la personalità dei lavoratori e i loro comportamenti. La conseguenza è che non avere un lavoro fisso riduce la probabilità per i giovani di creare una propria famiglia. Da uno studio effettuato in Francia è emerso infatti che oggi si parla di figli, conosciuti come i figli della precarietà, che manifestano dei disturbi di personalità rilevanti con l’assunzione di comportamenti che “oscillano tra la resa e la rivolta senza scopo, tra il rinchiudersi in se stessi e il ricorso alla violenza. I giovani che scelgono la prima soluzione sono socialmente poco visibili … quelli che scelgono la seconda contribuiscono invece visibilmente alla cronaca nella scuola, negli stadi”30.