• Non ci sono risultati.

A Genesi del mercato d'arte antica e moderna tra Stati Uniti e Toscana nel primo Ottocento.

Parte I. I primi artisti toscani negli Stati Uniti.

III- A Genesi del mercato d'arte antica e moderna tra Stati Uniti e Toscana nel primo Ottocento.

Poco dopo aver esposto nel 1828 una parte della collezione d'arte appartenuta a Thomas Jefferson, morto due anni prima, il Boston Athenæum organizzò, in collaborazione con l'American Academy di New York, altre iniziative espositive. Sfruttando la collaborazione di mercanti d'arte fiorentini in contatto con il milieu americano, le due accademie ospitarono allo scadere degli anni Venti una grande mostra d'arte italiana. È scritto nelle pagine del newyorkese «The Evening Post», del 2 dicembre 1828, che the grand collection imported by Signor Sarte [sic] from Italy [...] is pronounced by competent judges, to surpass, in conception, execution and variety of composition, any ever seen on this side of the Atlantic.

L'esposizione, composta da più di duecento quadri, molti dei quali «ancient masters of Italy», appartenuti allo sconosciuto mercante Antonio Sarti, non riscosse il successo sperato in entrambe le due sedi173. D'altro canto, l'iniziativa parrebbe aver inaugurato il complesso fenomeno del collezionismo di quadri antichi negli Stati Uniti, soprattutto da parte della borghesia americana più abbiente e dotta, intenzionata a generare piccole ma rilevanti collezioni private di masterpieces ricorrendo alla disponibilità 173 Non ci è stato possibile rintracciare il catalogo della mostra di Sarti a Boston e New York. Tuttavia, è possibile farsi un'idea delle opere esposte attraverso la documentazione conservata presso l'Archivo della Soprintendenza di Firenze: Antonio Sarti spedì il 30 giugno 1828 dal Granducato un totale di 221 quadri (la destinazione è omessa; riteniamo d'altronde che essa fosse l'America), dei quali le carte doganali non riportano che informazioni sommarie (soggetti) – vedi ASGF, Filza LII, Permessi di estrazione, 30 giugno 1828.

del mercato fiorentino174.

Scorrendo i permessi di esportazione nel tempo della Restaurazione, conservati nell'Archivio storico della Soprintendenza fiorentina, scopriamo infatti che è soltanto dai primi anni Trenta, cioè dopo le mostre di Sarti, che si registrano importanti spedizioni da Firenze alla volta degli Stati Uniti. Nel 1833, Samuel Kettell, di Boston, acquistò nella capitale del Granducato ventidue dipinti attribuiti a Guido Reni, Francesco Furini, Matteo Rosselli, Guercino, Veronese, Cigoli, Albertinelli, Spagnoletto etc175. Kettell, di buona famiglia, e autore della prima raccolta antologica di poesia americana pubblicata nel 1829 (Specimens of American Poetry, with Critical and

Biographical Notices), aveva visitato l'Europa in compagnia di Ralph Waldo

Emerson, col quale era salpato dal Massachusetts alla volta di Malta nel dicembre del '32.

Dopo Kettell, un certo Joseph Togno, anche lui americano (in questo caso la città d'origine è ignota), il 12 aprile del '34 spedì dal Granducato 42 opere di non precisati pittori176. L'anno dopo, fu la volta del colonnello Thomson, il quale, giunto con grande clamore a Firenze, inviò nel marzo del 1835 un carico di 24 tele negli Stati Uniti, comprendenti opere di maestri antichi (Guercino, per esempio) e moderni, fra cui uno studio di testa di Pompeo Batoni177. A quel carico, ne fece seguito un altro – sempre spedito dal colonnello Thomson –, il 21 luglio dello medesimo anno, e stavolta composto di ben 64 pezzi di cui i documenti elencano i soggetti (storie mitologiche, nature morte, paesaggi, e battaglie), ma non gli autori178. Altre importanti spedizioni nel corso degli anni Trenta, videro protagonisti, fra gli altri, pure Horatio Greenough, Giacomo Ombrosi, e, soprattutto, John Clark. Nel luglio del 1838, questi inviò circa mille opere d'arte da Firenze all'America179, un quarto delle quali andarono a formare il nucleo della mostra da lui organizzata nel '39 all'American Academy di New York. Il rimanente di quella grande spedizione riempì sicuramente i magazzini della galleria privata d'arte antica e moderna, che pare avesse 174 Sulla storia del collezionismo negli Stati Uniti rimando a Constable, 1964, in particolare pp. 1-30; su quello interessato particolarmente alle opere del Seicento, vedi Bowron, 2017. 175 Vedi ASFG, Filza LVII, II, Permessi di estrazione, 14 giugno 1833.

176 Vedi ASFG, Filza LVIII, I, Permessi di estrazione, 12 aprile 1834. 177 Vedi ASFG, Filza LIX, I, Permessi di estrazione, 20 marzo 1835. 178 Vedi ASFG, Filza LIX, I, Permessi di estrazione, 21 luglio 1835.

179 Vedi ASFG, Filza LXII, II, Permessi di estrazione, 25 luglio; 1 agosto; 25 agosto; 10 agosto; 15 settembre; 17 settembre; 20 settembre 1838.

gestito a New York con un socio in affari, il pittore siciliano Gerlando Marsiglia, anch'egli membro fondatore della National Academy of Design. Dopo quegli invii, il flusso di quadri antichi fra Firenze e Stati Uniti vide un periodo di assestamento; almeno fino all'ottobre del 1840, quando l'americano Richard Wilde spedì nove quadri (uno attribuito a Correggio)180, cui fece seguito l'imponente spedizione di Amasa Hewins. Quest'ultimo, console americano a Firenze tra il 1854 e il '55, inviò negli Stati Uniti addirittura 2158 quadri fra il marzo e il maggio del 1842181. Dopo quest'ultima imponente spedizione, di cui è difficile farsi un'idea giacché i registri di esportazione riportato soltanto titoli sommari, omettendo gli autori delle opere, non si registrano altri sostanziosi invii nei successivi quattro anni. Soltanto nel 1843, 15 pezzi circa furono spediti in America da una certa Daria H. Hosker182.

Negli ultimi anni del quinto decennio del secolo, quando anche nelle pagine del quotidiano fiorentino il «Giornale del Commercio» si incentivava la «trasmigrazione» delle opere antiche dal Granducato, utile, fra le altre cose, ad «accreditare le arti italiane» all'estero, il flusso tornò a crescere, senza tuttavia raggiungere i picchi toccati da Clark e Hewins. Nuovi acquirenti furono gli sconosciuti Edward Willis183, il pittore James Cameron184 e Abraham H. Lee185, i quali, considerati come gruppo, fra il marzo del 1846 e il '48, importarono in America più di 200 opere, la cui autorialità, assieme all'attuale collocazione, è sconosciuta.

«La più gran parte del denaro speso dai forestieri», scrisse un anonimo nel «Giornale del Commercio» il 29 aprile 1846, «cade primariamente in mano dei servitori di piazza, facchini, locandieri, vetturini e postiglioni; ma da essi passa subito in quelle dei mercanti, dei fabbricanti, degli agricoltori, dei proprietari di case e dei rivenduglioli, e così si diffonde un vantaggio di tutta la nazione»186:

180 Vedi ASFG, Filza LXIV, II, Permessi di estrazione, 1 ottobre 1840.

181 Vedi ASFG, Filza LXVI, II, Permessi di estrazione, 22 marzo; 21 maggio 1842. 182 Vedi ASFG, Filza LXVII, II, Permessi di estrazione, 19 aprile 1843.

183 Vedi ASFG, Filza LXVIII, II, Permessi di estrazione, 13 settembre 1844.

184 Vedi ASFG, Filza LXX, II, Permessi di estrazione, 7 marzo; 18 agosto – Filza LXXII (1848), II, Permessi di estrazione, 7 aprile; 17 aprile; 18 aprile; 20 maggio; 8 giugno; 13 luglio; 15 luglio; 12 e 13 luglio 1846.

185 Vedi ASFG, Filza LXXII, II, Permessi di estrazione, 22 marzo 1848.

186 N.N., Del decoro e dell'utililità che resulta dalla conservazione dei monumenti antichi, e d'alcune moderne restaurazioni, in «Giornale del Commercio», 29 aprile 1846.

A coloro che sembrasse esagerata questa somma vien replicato; che anzi deve subire delle vistose addizioni, attesoché le molte copie di pitture, di sculture in marmo ed in alabastro, e le incisioni delle più celebrate opere antiche che alimentano migliaia di artisti e negozianti, sono tutti costosi acquisti che fanno i forestieri, i quali sovente lasciano lucrose commissioni di opere nuove ai più reputati artisti viventi. Il prezzo delle opere antiche che trasmigrano all'estero, ed il valore dei marmi e degli alabastri greggi che s'esportano dall'Italia, sono altre somme realizzate per la stessa cagione. Non si deplori, come molti alla cieca deplorano, questa trasmigrazione e questa esportazione [sic], perché servono anzi ad accreditare le arti italiane, alle quali rimane sempre il privilegio del genio, e quindi la superiorità in ogni concorrenza, senza che mai possa mancare la materia greggia per esercitare il proprio valore. I dotti economisti italiani non ancora come si conviene fissata l'attenzione sopra questo importante ramo di nazionale ricchezza all'oggetto di persuadere ai governi l'utile che i popoli ritraggono dal tesoro cumulato dai maggiori, e per conseguenza quando sia, da curarne la conservazione e l'ampliamento a preferenza di tante dispendiose cure richieste dagli affascinamenti della moda, e dall'esigenze d'errori nascosti sotto le apparenze dell'utile e del vero187.

III-B. Le mostre dell'arte italiana all'American Academy of Fine Arts di

Outline

Documenti correlati