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A I due soggiorni fiorentini di Thomas Cole (1831-1832 e 1842): il rapporto con Giuseppe Gherardi e l'eredità della Hudson River School

Parte IV. Scultori statunitensi all'Accademia di Belle Arti: 1828-1850.

Capitolo 4. Vedutisti, paesisti e pittori di genere statunitensi a Firenze fra il 1828 e il 1842.

II- A I due soggiorni fiorentini di Thomas Cole (1831-1832 e 1842): il rapporto con Giuseppe Gherardi e l'eredità della Hudson River School

nella pittura di paesaggio in Toscana.

Se volessimo ripercorrere l'evoluzione della pittura di paesaggio in Toscana nel tempo della Restaurazione, dovremmo iniziare il nostro percorso nel 1825. In quell'anno, il francese Alexandre Leblanc, pittore che da poco si era trasferito a Firenze, da Roma, aveva inviato all'Accademia di Belle Arti un gruppo di quadri eseguiti en plein air e ispirati ai luoghi visitati qualche anno prima: le «cave di marmo nelle vicinanze di Carrara» e «Seravezza e i suoi

1984; Avery, 1995; Oettermann, 1997; infine, Pinelli, 2013, pp. 117-122. 482 Vedi «The Evening Post», 28 gennaio 1832.

483 Ibidem. 484 Ibidem. 485 Ibidem.

contorni»486. Secondo l'anonimo autore d'un articolo apparso nell'«Antologia» del 1824, i quadri di Leblanc – oggi dispersi – dimostravano ai «neghittosi» paesisti fiorentini quanto la pittura di paesaggio in Toscana potesse raggiungere l'alto livello tanto agognato, se solo avessero trovato il coraggio di «abbandonare i propri focolari» per esplorare le valli, i piani e i monti della propria terra487.

Dopo Leblanc, il comitato accademico fiorentino invitò altri paesisti forestieri di passaggio da Firenze ad esporre i propri lavori; occasione per stimolare ed arricchire il dialogo fra gli stranieri e la locale comunità di pittori interessati a quel genere. Nel 1828, Friedrich Nerly, giovane artista tedesco che in quell'anno trascorse l'estate in Italia – fra la Toscana e la costa ligure –, fu invitato ad inviare due paesaggi alla mostra autunnale, dei quali tuttavia la «Gazzetta di Firenze» dava informazioni sommarie: possiamo comunque credere che si trattasse di due quadri dipinti dal vero e ispirati ai dintorni di Firenze e alla costa tirrenica488.

Qualche anno dopo, nel 1831, fu il pittore americano Thomas Cole, giunto a Firenze nella primavera di quell'anno, ad esporre in Accademia un paesaggio che la «Gazzetta di Firenze» intitolava col generico titolo di

Paese con l'aurora489. Il dipinto, identificato da Ellwood C. Parry III con quello conservato al Montclair Art Museum (Fig. 86), mostrava in verità un tramonto sul Parco delle Cascine visto dal Ponte alla Carraia490. Il quadro, che William Cullen Bryant avrebbe poi descritto come «a fine painting, with river gleaming in the middle-ground, the dark woods of the Cascine on the right, and above, in the distance, the mountain summits half dissolved in the vapury splendour which belongs to an Italian sunset»491, era dipinto con una maniera che tradiva la vibrante pennellata che Cole, secondo Tim Barringer, aveva assorbito dal confronto con la contemporanea pittura di John Constable, conosciuta prima di scendere in Italia492.

486 «Gazzetta di Firenze», nr. 131, 1 novembre 1825.

487 N.N., Sulla Esposizione dei così detti piccoli premi, fatta nell'I. e R. Accademia delle Belle Arti in Firenze nel mese di Ottobre 1824, in «Antologia», XVI, p. 100.

488 Vedi «Gazzetta di Firenze», nr. 138, 15 novembre 1828. Sul soggiorno di Nerly in quell'anno in Italia vedi Lückoff, 2014 (particolarmente le pp. 50-75).

489 Vedi «Gazzetta di Firenze», nr. 130, 29 ottobre 1831.

490 Vedi Parry III, 1989, p. 108; sul soggiorno di Cole a Firenze vedi, in particolare, De Lorenzi, 2014; McGuigan, 2009.

491 Il commento di Bryant al quadro di Cole esposto all'Accademia di Firenze è riportato in Legrand, 1853, p. 153.

L'opera, che fu probabilmente pensata per appagare il gusto fiorentino contemporaneo, attirò l'attenzione del pubblico493 e, soprattutto, quella del Granduca, inizialmente intenzionato ad acquistarla. In mostra, la tela dialogava con quadri oggi dispersi ma che sappiamo furono ammirati per l'attenzione con cui il loro autore aveva imitato il vero, «dietro i lodati esempi di Canaletto», nonché per la «finitezza» cromatica che riportava alla mente i migliori esempi dei pittori fiamminghi494. Il «paese con l'aurora» di Cole era posto vicino anche ad «un piccolo interno che rappresenta la Chiesa di S. Miniato al Monte», dello sconosciuto Ulisse Francisti, e con un paesaggio di Giovanni Gambini495, la cui composizione crediamo simile a quella da lui più volte adottata per quadri che dipendono formalmente dai migliori esempi della pittura secentesca (si vedano a tal proposito i due paesaggi conservati alla Pinacoteca Civica di Pistoia, Fig. 87-88). Altre tele appese a fianco del quadro di Cole, erano un «paese con villanelle» di Giuseppe Gherardi, ed una «veduta a lume di luna», di Francesco Mariti496. La genesi del «paese con l'aurora» va compresa in rapporto alle solitarie peregrinazioni fiorentine di Cole. «The view down the Arno, at the close of a day», ricordava un suo biografo parlando di quel quadro, «was one to which Cole gave long and frequent contemplation»497: «It took his spirit captive; and his picture of it [...] was, he felt, but a dim reflection of the living beauty, which as time ripened his power, and gave his greater mastery of the pencil, he might hope more nearly to approach»498. Dei momenti trascorsi in contemplazione dell'Arno, nei pressi della pescaia di Santa Rosa guardata dal Ponte alla Carraia, rimangono alcuni disegni nel taccuino fiorentino di Cole, oggi conservato a Detroit. Nelle sue pagine, il pittore alternava agli studi sui pescatori a quelli ispirati alle particolari forme delle loro barche, nonché al mulino della Vaga Loggia, disegnato in una pagina con il tratto leggero e preciso della matita (Fig. 89-90).

Cole scoprì il carattere la bellezza di Firenze (particolarmente dei suoi 493 Nel suo diario, John Cranch riportava il 2 ottobre 1831 che, assieme a Henry Greenough, ebbero modo di discutere sulle opere esposte all'Accademia di quell'anno con due italiani, conosciuti in una trattoria. Uno dei due, ebbe parole di apprezzamento per il quadro dell'amico Cole: «We speak of C[ole]'s little landscape which he said was extremely beautiful».

494 Vedi «Gazzetta di Firenze», nr. 130, 29 ottobre 1831. 495 Ibidem.

496 Ibidem.

497 Legrand, 1853, p. 143. 498 Ibidem.

angoli più silenziosi e contemplativi), alzandosi presto al mattino e non perdendo alcun tramonto alla sera. Durante il suo soggiorno in città, egli era solito assentarsi per ore senza informare gli amici dei suoi spostamenti. «Io andava alla caffè e non trovava Sig. Cole», scriveva con un italiano improvvisato John Cranch nel taccuino (oggi a Detroit) che, come abbiamo già detto, l'amico Thomas aveva lasciato in un giorno del 1831 (o forse del '32?) nella stanza che i due pittori condividevano alla Palazzina de' Servi, dietro la Santissima Annunziata; aggiungendo:

Poi passeggiava un poco – vedeva il orologio nella Palazzo Vecchio e mancava venti minuti del ore otto. Poi andava alla casa di Bicoli e non trovando il Sig. [Cole] tornava alla caffé ma non lo trovava. Per ora eccomi nella mia camera aspettandolo.

Chissà per quanto tempo Cranch, che dalle pagine del suo diario fiorentino comprendiamo esser stato un compagnone, attese invano il rientro del solitario Cole.

In compagnia dell'amata cassetta dei colori e di fogli su cui appuntare impressioni di Firenze e della sua campagna, l'americano trovò spunto per dipingere e disegnare la città – da lui definita «a paradise to a painter»499 da angolature che, in alcuni casi, potevano risultare inedite o poco considerate dai paesisti locali. Tant'è vero che, come abbiamo visto, egli riuscì ad ingannare anche l'incaricato di redigere la lista dei quadri esposti alla mostra autunnale dell'Accademia del '31, il quale scambiò la romantica veduta dell'Arno presa dal Ponte alla Carraia con un generico Paese con

l'aurora.

In un giorno d'estate del 1831, Cole uscì dal cortile della Palazzina de' Servi (dove viveva500) e, imboccata in direzione Nord la via «di San Bastiano», oggi via Capponi, incrociò le antiche mura medievali, il cui profilo regolare era di quando in quando interrotto dalle porte d'accesso alla città, «simple and ponderous monuments of Tuscan architecture»501, nonché dalle alte torri di difesa la cui regolarità quadrangolare catturò più volte lo sguardo di Cole (Fig. 91).

499 Legrand, 1853, p. 142.

500 Sul soggiorno di Cole alla Palazzina de' Servi, vedi De Lorenzi, 2014.

501 Vedi T.S.F, The Minute-Book: A Series of Familiar Letters from Abroad – Florence, in «The New-York Mirror», 20 dicembre 1834.

Nelle immediate vicinanze delle porte d'ingresso della città, al di là delle quali si godeva lo spettacolo dell'aperta campagna fiorentina caratterizzata da colline infinite a media distanza «sprinckled with white villas, and capped by castles, churchus, convents, and towers»502, c'erano ampie radure verdi ricoperte di alberi da frutto. Spazi che un anonimo viaggiatore newyorkese a Firenze avrebbe descritto nel 1834 come «verdi pianure» arredate con «vine and olives, oranges and lemons, and clumps of verdure, and fragrant flowers, burst up in overflowing abundance»503. Cole fu attratto da quei posti. Posizionato il cavalletto all'ombra delle mura, «touched with moss, clothed with vine, and crumbling with time», trovò la fonte per un quadretto (finora ignorato dagli studi su Cole in Italia, la cui riproduzione fotografica è parte della documentazione sull'americano conservata nella fototeca della Frick Collection di New York) che schizzò dal vero adottando una pennellata animata e vibrante (Fig. 92). «These walls», scriveva sempre l'ignoto viaggiatore a Firenze nel '34, «are every where a striking obejct»504. Un giorno, Cole riuscì pure a salire sul Torrino del Maglio, un antico edificio costruito a ridosso delle antiche mura medievali nel 1634 per servire come sfiatatoio al condotto reale delle acque che venivano da Pratolino505, all'altezza dell'attuale sbocco di via Cavour con il viale Giacomo Matteotti (Fig. 93). Da lassù, lo statunitense trovò la fonte per eseguire uno schizzo a matita raffigurante una veduta panoramica della città di Firenze che trova un dialogo coi tanti studi fatti nello stesso posto, e negli stessi anni, da pittori come Garibbo, e, soprattutto, Giuseppe Gherardi; artista, quest'ultimo, poco noto agli studiosi sebbene fosse stato al tempo uno dei più apprezzati paesisti toscani506 (Fig. 94-95). Vista la disponibilità di Gherardi ad accompagnare i forestieri in gita a Firenze, non escludiamo che fosse stato proprio lui a scortare l'americano sulla vetta della torre, difficilmente raggiungibile per un forestiero se non attraverso la mediazione di qualcuno del posto.

Gherardi poté anche consigliare Cole di cercare la fonte per una grande veduta della città, che questi avrebbe voluto esporre alle mostre annuali della National Academy of Design di New York, esplorando le colline ad

502 Ibidem. 503 Ibidem. 504 Ibidem.

505 Fantozzi, 1847, nr. 153, p. 401.

essa circostanti. Fu forse il fiorentino ad invitare l'americano a recarsi a Fiesole, che questi poté raggiungere solo dopo averne fatto uno schizzo a matita su carta guardandola dal basso, dal fiume Mugnone, dallo stesso punto cioè in cui Gherardi (e il francese Leblanc) aveva trovato lo spunto per un disegno (Fig. 96-97-98). E fu forse sempre Gherardi a consigliare Cole di contemplare la città dal Giardino di Boboli. Posizionatosi nel medesimo punto da cui il collega e molti altri pittori trassero ispirazione per disegnare o dipingere la spettacolare veduta di Firenze che si godeva da quella particolare angolatura del parco (Fig. 99), Cole cominciò a registrare sul suo foglio la complessa topografia cittadina (Fig. 100) nella quale spiccano «the gigantic dome looming above the surrounding town»507, il campanile di Giotto, la chiesa di Orsanmichele, e la torre di Palazzo Vecchio. Vista l'esattezza con cui il pittore disegnò il contorno dei marmi che decorano la parte esterna del Duomo, «black and white pieces, inlaid with the precise elegance of a Mosaic breast-pin»508, nonché i profili degli altri principali edifici cittadini, crediamo ch'egli avesse utilizzato in quella particolare occasione strumenti ottici come la camera lucida, che vedutisti quali Gherardi erano soliti portarsi sempre dietro.

Nei mesi trascorsi in Toscana, Cole visitò anche altre aree fuori Firenze. In compagnia di John Cranch e Henry Greenough fu a Volterra per alcune settimane nel settembre del 1831; ma soggiornò anche a Vallombrosa, presso il cui Monastero fu ospite (assieme a Henry Greenough) per pochissimi giorni nei primi di ottobre dello stesso anno.

A differenza della visita volterrana, di cui restano, oltre al resoconto pubblicato nel «The Literary World», un sostanzioso gruppo di disegni, oggetto di studio di Graham Smith509, e un quadretto, sfuggito all'attenzione di quest'ultimo, raffigurante una veduta delle colline nei dintorni del borgo toscano osservate all'alba dalla finestra di camera del pittore (Fig. 101), il viaggio a Vallombrosa è stato trascurato dagli studi sull'americano.

La gita va circoscritta fra il 6 e l'11 o, forse, il 12 ottobre 1831; tempo in cui John Cranch riportava nel suo diario che Thomas e Henry erano appena rientrati a Firenze da Vallombrosa510. Il motivo della visita al famoso 507 T.S.F, The Minute-Book: A Series of Familiar Letters from Abroad – Florence, in «The New-York Mirror», 20 dicembre 1834.

508 Ibidem.

509 Vedi Smith, 1998.

monastero «was the picturesque, and the wish to tread the ground which Milton has rendered classic in his immortal verse»511.

Partito da Firenze con l'entusiasmo di chi avrebbe esplorato un luogo che, rispetto alla topografia della campagna volterrana, poteva ricordargli più da vicino le verdi foreste che ricoprivano le colline della Hudson Valley, Cole scriveva nel suo diario che a circa quindici miglia da Firenze «the road was up the Valley of the Arno. As the day was fine and the scenery most charming, we had a delightful ride. Near Pelago, a small village romantically situated in a deep valley at the foot of the Appennines, we caught a distant view of the Convent of Vallombrosa in a recess of dark woods up the mountains»512. Dopo aver trascorso la prima notte ospiti dei frati, i due pittori «were ready for [their] scene-hunting, and soon started out of the convent-gate on the chase»513. Partirono di buon mattino dal monastero «crossing a little stream with a beautiful cascade above us, and a gulf below». Decisero quindi di risalire «a hill from which we had a grand view of the convent embosomed in trees, with a background of lofty summits clothed chiefly with the pine»514. Giunti nei pressi del Paradisino, «an isolated rock, about a hundred feet high», il quale, spiegava un anonimo viaggiatore in un articolo pubblicato nel luglio del 1825 nel «The New Monthly Magazine and Literary Journal», «contains cells for those who may be over-pious, and wish to play the hermit more affectually»515, i due pittori optarono per una sosta. Cole tirò fuori tavole e pennelli e scovò un bel punto da cui eseguire una veduta della vallata. Il risultato di quel lavoro fu un quadretto – di cui conosciamo due versioni –, dipinto con pennellate brevi ed intense, nel quale si scorge, in basso a destra, la sagoma dell'amico Greenough che era seduto poco più avanti di Cole, concentrato a disegnare in un grande foglio posato nelle ginocchia (Fig. 102-103).

Conclusa la sessione di studio, e dopo aver esplorato il Paradisino, i due amici, scriveva Cole,

descend, and then took our way over the stream across a wooden bridge. Here the pure air and the grandeur of the prospect united to fill us with excitement, and we

511 Cole, 1849. 512 Ibidem. 513 Ibidem. 514 Ibidem.

rushed forward with the full intent to climb the highest peak of the mountains. Our path, which traversed a wood mostly of beech trees, led us out into a kind of lawn from which, over convent and vale, we could look through a vast distance to mountains, and mingling with the sky516.

Nei giorni seguenti, Cole e Greenough si svegliarono all'alba, così da godere «the rising sun and the golden tints of autumn that shed a glory on all the moody summits of Vallombrosa, while the convent itself reposed in solemn quiet among the dark pines»517. In quei momenti, Cole si isolava dall'amico ed era catturato dal profilo delle case dove i monaci ristoravano, nonché dalle forme degli alberi, di cui registrò nelle pagine del suo taccuino la forma dei tronchi, dei rami, e del fogliame.

Con Greenough, infine, Cole godé pure della compagnia dei monaci, alcuni dei quali furono ritratti nelle pagine del taccuino (Fig. 104-105); in particolare, i due furono ben accolti da padre Gaspero che li introdusse ai diversi ambienti del convento518.

«We left Vallombrosa with regret», scriveva Cole al termine del suo resoconto; aggiungendo:

As we descended we often turned to take a parting look at its venerable walls, and the grand old mountains and woods by which it surrounded. "Farewell, Vallombrosa! I whispered to myself "to have been with thee was to be happy – upon thy lofty crags I have been in my element – upon thy peaks I have found, to my exceeding joy, that nature has lost none of its power over my soul". As we went on, amid the rustling foliage, now dropping thickly upon our path, the line of Milton were wrought perpetually to my mind, and I repeated then again and again.

516 Cole, 1849. 517 Ibidem.

518 «After breakfast the padre, Don Gaspero», scriveva Cole, «showed us through convent. The church , the sacresty, library, refectory and kitchen, glass cases of skulls and holy relics, about which we did not venture to make too close inquiries, were all duly exhibited, to the satisfaction at least of the worthy padre. Among other things which made large drafts upon our curiosity, though little on our faith, was a kind of tomb in the floor of one of the apartments in which the founder of the institution, St. Gualberti, and the devil, sat face to face. For what purpose these remarkable personages indulged themselves in this extraordinary tête-à-tête, my poor Italian could not exactly make out in the rapidity with which Don Gaspero related to it. With the music of the organ, which is a very fine one, I was exceedingly pleased. The cucina, or kitchen, had a feudal-like appereance; the fire-place, which occupied the middle of the room, was elevated several feet above the floor, with huge pillars around it, upon which rested the chimney. One of the rules of the house forbids the monks all conversation in the refectory during the time in which they take their meals. In ancient times, the monastery of Vallombrosa was immensely rich; it possesed, besides large tracts of woodland on the mountains, as many as hundred and seventy farms» (ibidem).

Thick as autunnal leaves that strew the brook: In Vallombrosa, where the Etrurian shades High over-arched, endower519.

Pochi giorni dopo il rientro di Greenough e Cole da Vallombrosa, questi espose il suo «paese con l'aurora» all'Accademia fiorentina. L'opera, come dicevamo, fu accolta favorevolmente dal pubblico. Tuttavia, Cole maturò un giudizio diverso sulla contemporanea pittura toscana, o, più generalmente, italiana: «What shall I say of Modern Italian art?», si domandava in una lettera all'amico Dunlap; rispondendo:

I am afraid you will think I looked at all with a jaundiced eye: I have been told that I did at the ancient also: if so, I have lost much enjoyment. I can only speak as I have felt. Italian painting is perhaps worse than the French, which it resembles in its frigidity. In landscape is dry, and in fact wretched [...]. It would scarcely be credited that, surrounded by the richest works of the old schools, there should be a total ignorance of the means of producing brilliancy and transparency, and that among the greater part of the Italians glazing is unknown: and the few who, from seeing the English at work, have acquired some knowledge of it, use megilps and varnishes as though they were deadly poisons. Indeed, of all meagre, starved things, an Italian's palette is the perfection520.

Dopo esser stato esposto all'Accademia di Belle Arti nell'ottobre del 1831, il quadro con la veduta dell'Arno al tramonto fu esibito nell'estate dell'anno dopo, assieme a tutte le altre opere che Thomas Cole aveva prodotto nel suo lungo soggiorno italiano, nella stanza che l'americano aveva preso in affitto

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