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Le principali correnti artistiche nella Taiwan post-coloniale

2.3 Il Taipei Fine Arts Museum

2.3.1 La genesi di un museo moderno

La necessità di un ente che promuovesse e organizzasse l’attività artistica ha iniziato ad essere avvertita, almeno a livello governativo, solo verso la metà degli anni Settanta. In precedenza l’ideologia ufficiale, ovvero i Tre Principî di Sun Yat-sen, non menzionava affatto la cultura tra i pilastri fondanti della società. Solo quando Chiang Ching-kuo è succeduto al padre (1975), che aveva iniziato a porre l’accento sulla cultura come fondamentale veicolo di modernità.

to construct a modernized country, not only should the people have a rich material life, but

also the people should have a healthy spiritual life.197

Questo nuovo fenomeno ideologico ha preso forma concreta nel piano di “Costruzione culturale” (Wénhuà jiànshè 文化建設), ampliamento del “Progetto delle dieci grandi costruzioni”, iniziato nel 1974. Diversamente dal “Rinascimento Culturale” (Wénhuà fùxīng yùndòng 文化復興運動) attuato da Chiang Kai-shek negli anni Sessanta per inculcare i Tre Principî, questo nuovo piano non aveva un diretto scopo politico, ma puntava a

building of a cultural center in every hsien (county) and city, including a library, museum,

music hall in each.198

Tra le opere costruite all’interno di questo piano, sicuramente la più importante è stata quella del primo museo d'arte moderna dell'isola, proposta nel 1976 dall’allora sindaco di Taipei, Lin Yang-

196 SCHÖBER, Modernity, nationalism and global marginalization, op. cit., p. 58.

197 CHIANG CHINGKUO, citato in HARRIS B.H.SENG, “Cultural Center in Taiwan, ROC. Organizations,

functions and problems” in Journal of library and information science, Taipei, Aprile 1991, p. 3.

gang (林洋, 1927-2013).199 Nel 1978 è stato costituito un comitato organizzativo, formato da undici

persone provenienti dal mondo dell'arte taiwanese, il quale ha provveduto a stilare un bando per un progetto che "convogliasse lo spirito della cultura cinese con uno stile innovativo, unico e d’impatto".200

Gli edifici pubblici costruiti dopo l’arrivo dei nazionalisti tendevano, per ragioni politiche, a ricalcare l’architettura tradizionale cinese201, come per il Museo di Palazzo (1965) o il Memoriale di

Sun Yat-sen (1972)202, mentre con il TFAM c’è stata una svolta decisiva nell’architettura taiwanese.

Con una precisa scelta ideologica, si è deciso di costruire il primo museo apertamente modernista e secolare della nazione, che potesse rappresentare la “modernità cinese”e quindi, di fatto, contribuisse a crearla.203

La scelta di costruire uno spazio neutro e minimale è stata fatta probabilmente in accordo con i dettami del saggio uscito due anni prima su Artforum, intitolato “Inside the white cube”204,

dell’artista e critico Brian O’Doherty. Esso è diventato una pietra miliare della storia dell’arte perché ha dato per la prima volta un nome (white cube) a un fenomeno già consolidato: il processo, cominciato già nell’Ottocento, di trasformazione degli spazi espositivi da decorati ed esclusivi Salon ad allestimenti minimali che presentano l’opera senza influenzarla, adatti alla fruizione da parte di grandi masse di pubblico.205

199 SCHÖBER, Modernity, nationalism and global marginalization, op. cit., p. 58. 200 HU, 臺北市立美術館, op. cit., p. 50.

201 Invece durante la colonizzazione giapponese alcuni edifici pubblici venivano costruiti in stile simil-greco,

come il più antico museo dell’isola, il Taiwan Museum (Guólì Táiwān bówùguǎn 國立臺灣博物館) del 1908.

202 Guólì Gùgōng Bówùyuàn 國立故宮博物院 e Guólì Guófù Jìniàn Guǎn 國立國父紀念館 (lett.

Memoriale del Padre della Nazione).

203 Per approfondire il concetto di “modernità cinese”, si veda SCHÖBER, Modernity, nationalism and global

marginalization, op. cit.

204 Uscì suddiviso su Artforum in tre parti intitolate “Inside the white cube. Part I: Notes on the gallery

spaces” (Marzo 1976), “Part II: The eye and the spectator” (Aprile 1976), “Part III: Context as content” (Novembre 1976) e successivamente vennero riassunti nel libro Inside the white cube: the ideology of the gallery

space, edito nel 1986.

205 BRIAN O’DOHERTY, Inside the white cube: the ideology of the gallery space, San Francisco: Lapis Press, 1999, pp.

Il progetto vincitore è stato quello dall'architetto Kao Er-pan (Gao Erpan 高而潘, n.1928): una struttura che univa uno stile minimale inspirato al Movimento Metabolista giapponese206 ed

elementi della tradizione cinese. I suoi corridoi ricordano l’antico sistema delle mensole a braccio utilizzato nei templi cinesi, mentre, vista dall’alto, la sua struttura traccia il carattere cinese "pozzo" (jǐng 井).

La scelta della forma del carattere “pozzo” (…) implica che il museo deve essere la fonte

della cultura, così come il pozzo lo è per l’acqua.207

Questa emblematica costruzione moderna con elementi propri della tradizione cinese fu inaugurata nel 1983 e da subito se ne percepì la forza rivoluzionaria. Fino agli inizi degli anni Ottanta, infatti, l’arte contemporanea era tollerata (mentre lo stile ufficiale era il guohua o al massimo il realismo), ma restava esclusa dalle mostre ufficiali e, per trovare spazi espositivi, i suoi esponenti dovevano ricorrere ad associazioni artistiche208 a luoghi privati come l’American Cultural Centre. La nascita

di un edificio totalmente dedicato ad essa, quindi, era un chiaro segno che qualcosa era cambiato.209

206 Il “Movimento metabolista” (Shinchintaisha 新 陳 代 謝 ) è uno stile architettonico nato negli anni

Sessanta, basato su cellule abitative chiamate capsule, pensate per custodire una sfera privata nelle moderne metropoli urbane.

207採 「井」字形結體(…), 意在以美術館為文化活水之泉源。”

HU, 臺北市立美術館, op. cit., p. 5.

208 Come Don-Fan o il Gruppo della Quinta Luna. Si veda p. 46.

209 SCHÖBER, Modernity, nationalism and global marginalization, op. cit., p. 58.

Fig. 13

Foto del plastico del TFAM, 1982.

Il nuovo museo è stato costruito all’interno del Taipei Expo Park (Huābó Gōngyuán 花博公園), precedentemente sede del Comando di Difesa americano.

La dirigenza KMT infatti, preoccupata del proliferare di spazi alternativi, aveva deciso di costruire un canale ufficiale di diffusione delle nuove correnti artistiche (il TFAM appunto), così da istituzionalizzarle, guadagnando consenso ed evitando l’affermazione di artisti scomodi.

Il nuovo museo provocò un grande cambiamento innanzitutto per gli artisti: non solo moltiplicò le possibilità di fare carriera, ma ne influenzò anche gli strumenti narrativi. Se prima infatti la carenza di spazi espositivi rendeva illogico lavorare su grandi dimensioni, ora la grandezza del TFAM non solo lo incoraggiava ma quasi lo richiedeva.210

Se potenzialmente il TFAM rappresentava uno spazio artisticamente rivoluzionario, a livello pratico non fu così semplice renderlo tale.

Il primo problema fu la mancanza di una solida rete di critici e storici dell’arte in grado di leggere, promuovere e stimolare le tendenze contemporanee. Ad esempio, il primo direttore del TFAM (provvisorio, 1983-1986) nominato dal sindaco di Taipei e capo dell'Ufficio Preliminare, fu Su Ruiping (蘇瑞屏, n.1950), la quale sosteneva

In my personal opinion, Chinese arts must be founded on Chinese culture. Viewing the trends

of modern art, we find that the prominent artists strive to base their painting on traditional

arts reflecting society and the essence of life.211

E ancora

(…) This gives an exemplary warning to those who despise Chinese traditional art, believing

that Western styles are all worthy of imitation regardless of what they are.212

È chiaro come la sua opinione, da direttrice dell’unico museo di arte contemporanea dell’isola, espressa nella prefazione di un volume che presentava lo stato dell’arte, non sia interpretabile come “personale”, bensì come la voce ufficiale della comunità artistica. Questa concezione dell’arte taiwanese come prosieguo della tradizione cinese era naturalmente obbligata per un museo statale direttamente controllato dal governo nazionalista, eppure ugualmente obsoleta se confrontata con le tendenze artistiche dell’epoca, come visto in precedenza. Persino prendendo in considerazione

210 ibid., pp. 40-59.

211 Il corsivo è di chi scrive. SU RUIPING, “Preface”, in Contemporary Art Trends in the Republic of China, Taipei:

TFAM, 1986, p. 3.

solo le opere premiate dal TFAM negli anni in cui Su era direttrice, è molto difficile ritrovare questo “sforzo nel fondare la propria pittura sull’arte tradizionale” che Su Ruiping evidenzia (si veda il prossimo paragrafo, in particolare fig. 15, 16 e 17).

2.3.2 L’evoluzione della narrazione interna dai concorsi alle mostre