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La geografia e la natura dello spazio portuale: l’emporio prima della rivoluzione dei container

Lavoratori delle Merci Varie (CULMV) (1946 al 1969)

2.2. La geografia e la natura dello spazio portuale: l’emporio prima della rivoluzione dei container

Lo spazio portuale era qualificato dalla rottura di carico, dalla movimentazione e immagazzinamento di centinaia di tipologie merceologiche. Il permanere della merce, nella sua molteplicità, presso l’emporio qualificava il paesaggio.

Nel 1965, il CAP sosteneva che «nel sistema delle grandi vie di comunicazione i porti sono dei noli di passaggio e di trasformazione dei flussi di movimento. Le caratteristiche di questi nodi assumono aspetti del tutto particolari per effetto di due condizioni determinanti», costituite da:

un grande assortimento di qualità e di quantità delle partite di merce che formano oggetto dei movimenti;

Un radicale cambiamento dei valori dei carichi unitari dei diversi vettori mediante cui si effettuano i movimenti;

Non meno di 8-10 sono «i tipi di condizionamento delle merci» (prodotti secchi alla rinfusa, prodotti liquidi alla rinfusa, sacchi, balle, fusti, casse, pezzi singoli, pezzi raggruppati, sacchi, balle, fusti, casse ecc.)660.

La natura dell’emporio è comprensibile attraverso la lettura delle memorie scritte dell’ex console Paride Batini:

C’era un’intensa attività di lavorazione e trasformazione del prodotto, che qui veniva commercializzato e confezionato. (…) non ci limitavamo allo sbarco e all’imbarco, ma giornalmente dislocati alle dipendenze operative delle botteghe, diventavamo una sorta di commessi di fiducia dei commercianti (…) partecipavamo insomma alla vita di un emporio non solo transitava, ma veniva trasformata ed elaborata, creando lavoro e commercio. (…) la gran varietà di merci, le tipologie d’imballaggio, la diversificazione delle operazioni rendevano la nostra attività interessante e mai noiosa661.

660 AsAPG, “Il Porto di Genova” Anno LIX, Ottobre 1965, Filippo Beltrame, Centri portuali di raccolta deposito e smistamento merci generali, p. 21.

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In generale, la varietà della merce trovava una prima risposta nella specializzazione delle diverse banchine o aree in relazione alla merce depositata o manipolata. I libri delle tariffe redatte dal CAP attestano pienamente l’enorme molteplicità della merce movimentata e depositata nei magazzini662.

I fiduciari decidevano il luogo di attracco della nave in relazione alla merce, presente in maggior numero. Visto che consideravano utile e proficuo l’attracco nelle prossimità di un magazzino specializzato663.

Lo spazio portuale era unico per quanto concerne il governo del CAP sul territorio. Al suo interno vi era una divisione dello spazio per merce, vi erano alcune specializzazioni geografiche connesse con la differenziazione merceologica. Per cui al Molo Antico vi era il cotone, al Ponte Libia la lana di origine australiana e neozelandese e nella calata Santa Limbania vi era il silos dei cereali664.

Ad esempio, nel 1953 il CAP ha decretato l’accentramento della lana in un magazzino del Molo Vecchio. La concentrazione era motivata dal desiderio di limitare il danneggiamento delle balle di lana ed accelerare le operazioni di passaggio dalle navi al magazzino; allo stesso tempo l’immagazzinamento del caffè era stato concentrato presso Ponte Eritrea Ponente665. Nel 1964 presso il prolungamento levante della calata di Ponte Libia è stato costruito il magazzino atto a concentrare la lana proveniente dalla Nuova Zelanda, Australia e Africa destinata agli stabilimenti industriali dell’Italia Settentrionale666.

La relazione fra processo lavorativo e spazio portuale era caratterizzato dal contatto diretto con la merce e dalla molteplicità della medesima. Da un lato, la collocazione del lavoro era relativa alla vicinanza di un magazzino specializzato.

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AsAPG, Consorzio Autonomo del Porto di Genova, Allegato alle tariffe per lo sbarco e imbarco delle

merci nel porto di Genova, tiraggio e stivaggio, stampa aggiornata al 1957, Arte Grafiche Noviero,

Genova 1957.

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Testimonianza di Tullio Cevasco (1939) Intervista Novembre 2012 rilasciata a Marco Caligari. Cevasco ha iniziato ha lavorare come fiduciario d’impresa a 20 anni, dal 1970 al ’78 ha prestato servizio presso Seport per poi essere al servizio del CAP.

664 Consorzio Autonomo del porto di Genova, Regolamento dei servizi marittimi e di polizia portuale,

Maggio 1972 Genova, p. 53.

665 AsAPGe, Discorso del Presidente all’assemblea generale il 18 novembre 1953, in “Bollettino

Ufficiale del Consorzio Autonomo del Porto di Genova”, Anno 1953, n. XI, p. 1027.

666 Leonardo Gasco, Il “magazzino lane” al ponte Libia, “Bollettino Ufficiale del CAP”, Anno 1964, n.

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Dall’altro la complessità del paesaggio durante le operazioni di carico e scarico caratterizzavano in tale lo “spazio del lavoro” in modo tale che era impossibile un’osservazione e un controllo dell’attività delle diverse squadre dei portuali.

Si propone di collocare le lotte dei portuali italiani contro le “autonomie funzionali” come espressione della volontà di controllare il territorio tra terra e mare e spostare continuamente il confine del porto, in cui vigeva il “monopolio” della movimentazione della merce da parte della CULMV. I portuali genovese erano coscienti che la loro potenza era connessa alla natura strategica del luogo dove prestavano servizio667.

Da un lato, i portuali hanno messo in campo rivendicazioni per operare in ogni settore merceologico, osteggiando le organizzazioni private, come nel caso dei silos del sale nel 1954668. Dall’altro lato, dall’inizio degli anni Cinquanta la Compagnia Unica ha promosso scioperi contro le “autonomie funzionali” e in difesa della natura pubblica del governo del porto669. Dal 1950 le Compagnie Portuali denunciavano i tentativi di alcune agenzie marittime di non utilizzare la manovalanza dei portuali specializzata, la CULMV mostrava la propria preoccupazione per la natura della movimentazione della merce presso lo stabilimento siderurgico di Cornigliano670. Nel mese di maggio del 1952 l’onorevole Cappa ha emanato un decreto, in cui ha concesso l’ “autonomia funzionale” all’Italsider S.p.A., con l’esclusione della Compagnia Carboni Pietro Chiesa di Genova. Questo ha provocato lo sciopero del porto di Genova e progressivamente agli altri porti, in difesa dell’ “esclusività” dettata dall’art. 110 del Codice della Marineria671. Nel 1952 nel conflitto fra il FILP e il Ministro della Marina Mercantile si è concentrato sul diritto di movimentazione della merce lungo le banchine dello S.C.I. di Cornigliano. A Napoli il 17-18 luglio 1960, il congresso della FILP aveva reso manifesta la volontà dei portuali di difendere “il diritto a svolgere tutte le operazioni di carico e scarico delle merci in qualsiasi punto del demanio marittimo672”. In generale, il conflitto fra la Compagnia Unica il Ministero della Marineria ruotava attorno alla definizione del “confine” dell’area di competenza della cooperativa dei

667 AsCULMV, CULMV, Relazione di bilancio al 31 dicembre 1949, p. 8. 668

As-CULMV, CULMV, Relazione di bilancio 1954, Genova 1955, p. 16.

669 CULMV, AsCULMV, Relazioni e bilancio dell’esercizio 1964, ATA, Genova 1965, pp. 11-12. 670 AsCULMV, CULMV Bilancio al 31 dicembre 1951, p. 7.

671 G. Boliolo, Sindacato camalli, op. cit., p. 43. 672 Ibidem, pp. 45- 59.

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portuali, e nello specifico della banchina “Nino Ronco”, dove si sono registrati scontri tra i lavoratori e le forze dell’ordine673

. Dagli anni Sessanta, la Compagnia Unica ha messo in campo azioni attive (manifestazioni e occupazioni) e scioperi contro le “autonomie funzionali”674

per evitare che alcuni imprenditori gestissero direttamente alcuni settori del porto675.

Lo spazio portuale, inoltre, era concepito come pubblico676, in cui si collocava l’intervento della Compagnia portuale, come enunciato dal VII congresso nazionale FILP del 23-24 giugno 1968:

I lavoratori portuali affermano che i porti sono un bene comune e preziosissimo della collettività e pertanto devono essere amministrati in forma pubblicistica e con una organizzazione dei servizi di sbarco, imbarco e ricarico delle merci che faccia perno sulle Compagnie e Gruppi portuali677.

Per concludere, il conflitto dell’istituzione dei portuali e del suo sindacato decideva di intervenire sul nodo della definizione dello spazio e sullo sforzo di spostare il confine per estendere l’area dove la CULMV gestisse la “riserva del lavoro”. Conseguentemente tale conflitto operaio ha indotto, in modo diretto e indiretto, allo sforzo di definizione del porto come un bene pubblico. Le forme del conflitto attorno a questo aspetto, quindi, erano molteplici, e non si limitavano affatto allo sciopero delle maestranze.

673 M. Bagnasco, V. Gaglione, Come eravamo, riflessioni storiche, op. cit., p. 38.

674 AsCULMV, CULMV, Relazioni e bilancio dell’esercizio1964, ATA Genova, pp. 11-12. 675 P. Batini, L’occasionale. Storia di un porto e della sua gente, Marietti, Genova 1991, p. 50. 676

La FILP-CGIL utilizza diffusamente il termine “Bene Pubblico” per indicare il porto. ”, Archivio Centrale della CGIL (Roma), FILP-CGIL, Sezione provinciale di Genova, Per un sistema regionale dei

porti liguri a gestione democratica, Il convegno interregionale sui porti liguri: un’occasione mancata, Prospettive sindacale, Genova Luglio 1965.

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4. La containerizzazione a Genova. Avanguardia nel