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1. Il concetto di working class nell’analisi della Global labour history

1.4. L’innovazione dei container

Intendo narrare l’introduzione dei container attraverso l’analisi di tre nodi tematici: 1) le competenze lavorative e processo lavorativo 2) la nuova geografia della manipolazione della merce 3) scissione del rapporto fra elaborazione del piano

207

Ibidem, p. 216. Tale descrizione dello stato di emergenza della città appestata sono utilizzabili per i meccanismi di disciplinamento della forza lavoro portuale.

208 Ibidem, p. 151.

209 M. Foucault,Microfisica del potere. Interventi politici, Einaudi, Torino 1977, p. 141. 210 M. Foucault, Sorvegliare e punire, op. cit., p. 193.

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lavorativo e la sua esecuzione. L’architettura della presente sezione si struttura attraverso l’esposizione dei contributi dei diversi scienziati sociali.

Competenze lavorative e processo lavorativo

In merito al primo aspetto teorico, diversi scienziati sociali hanno mostrato in generale una forte rottura sul piano del controllo del processo lavorativo portuale. Cooper sostiene che con la diffusione dei container si sia delineato progressivamente un mutamento della gestione di controllo. Visto che la squadra dei portuali ha cessato di avere la natura storica assunta fino alla rivoluzione dei container da un lato il gruista è diventata la figura chiave nel processo lavorativo e dell’altro i portuali si “allontanati” fra di loro211. Da qui l’ipotesi di Cooper della containerizzazione come cesura storica dell’organizzazione del lavoro nei porti mondiali. Gli effetti non sono stati meramente quantitativi, difatti, sul piano qualitativo le forme dell’organizzazione del lavoro, che caratterizzavano i porti prima dei container, sono terminate. La containerizzazione non può esser inserita nei processi di razionalizzazione, ma deve indagata in relazione alle nuove forme di controllo del management diffusosi dagli anni Settanta. Cooper connette questa innovazione alla nuova relazione fra lavoratori e tecnologia, alla fine degli elementi strutturali della cultura del lavoro portuale, ad un “allontanamento” spaziale dei portuali212

. Davies sostiene che la containerizzazione abbia determinato un processo di standardizzazione del processo lavorativo ed un incremento della capacità delle imprese di controllare il processo lavorativo213.

Anders Björklund, analizzando il processo d’innovazione tecnologica nei porti in una prospettiva globale, propone la seguente sequenza: uncino, gru, fork lift e container. Egli mostra chiaramente il mutamento nel mondo portuale avvenuto a cavallo fra anni Sessanta e Settanta in rapporto agli strumenti del lavoro. La containerizzazione ha determinato una cesura storica che si presenta anzitutto come una innovazione tecnologica, ma che in realtà investe l’intera organizzazione della forza di lavoro portuale, rafforzandone il disciplinamento e disinnescandone le tradizionali strategie di conflittualità. La molteplicità e la complessità delle merci in transito hanno

211 F. Cooper, Dockworkers and Labour History, op. cit., p. 325. 212 Ibidem, p. 532.

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cessato di essere l’elemento qualificante, poiché la varietà organizzativa dei prodotti è stata superata per importanza dall’unità di carico: il container. L’ antropologo svedese ripercorre circa cento anni di innovazioni tecnologiche nel porto di Göteborg fornendoci un quadro interpretativo generale214. Björklund ha condotto un’analisi sul caso del porto di Göteborg, che intendo assumere a modello interpretavo e teorico. Le diverse innovazioni tecnologiche, fino all’introduzione dei container, non hanno rivoluzionato il rapporto fra i portuali e l’organizzazione del lavoro215

e non hanno posto in discussione la classica figura del portuale, con il suo portato di competenze lavorative, visto che né le gru né gli elevatori hanno eliminato il lavoro fisico e l’arte dello stivaggio216. Le innovazioni del periodo 1920-’40 nel porto di Göteborg hanno certamente accresciuto la produttività, ma hanno anche aumentato l’intensità del lavoro ed il numero degli incidenti217. Nel dopoguerra, i diversi investimenti avevano lo scopo di ridurre il peso numerico della forza lavoro; nello specifico, il processo di razionalizzazione si è basato sulla relazione fra meccanizzazione e motorizzazione per la movimentazione dei pallet. Senza però interrompere la relazione fra skills e periodo di esperienza lavorativa

L’analisi di Anna Green si propone di indagare cinque aspetti: il processo di reclutamento, capisquadra e controllo del processo lavorativo, competenze lavorative, la pericolosità delle diversità attività dei portuali, progresso nell’utilizzo dei macchinari, ed in particolare con l’introduzione del container. Sul controllo dell’attività lavorativa Green individua le principali tecniche per influenzare l’attività dei lavoratori: utilizzo del lavoro a cottimo e la minaccia di escludere alcuni lavoratori nelle successive chiamate218. In merito alle attività conflittuali dei portuali verso le imprese e gli Enti statali per sviluppare il controllo del processo lavorativo, considera limitativo limitarsi allo studio degli scioperi. La storica inglese propone di rivolge l’attenzione alle molteplici attività informali dei lavoratori portuali: lavorare lentamente, divisione

214 Anders Björklund, The Dockers' Tools through 100 years of Technological Change. I: Skarin

Frykman, Birgitta & Tegner, Elisabeth (red.), Working Class Culture. Arbetets Museum/Etnologiska institutionen, Göteborgs universitet. Norrköping 1989. 20 s Ill., p. 156

215 Ibidem, p. 156. 216 Ibidem, p. 160. 217 Ibidem, p. 159.

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del lavoro nella gang (metà attiva e l’altra metà a riposo, per poi cambiarsi di ruolo). L’analisi della Green colloca le lotte dei portuali contro gli effetti della containerizzazione all’interno delle resistenze dei lavoratori per bloccare l'ascesa del controllo manageriale”219

.

Prima dell’avvento dei container le competenze erano strettamente connesse con le diverse specializzazioni. Green utilizza il contributo di Paul Thompson220 per esporre un’idea ampia del concetto di skills: abilità lavorativa, conoscenza delle pratiche e controllo del processo lavorativo. Perciò le prime due dimensioni erano genericamente emanazione del processo di apprendimento, che nella maggior parte dei casi, non si realizzava attraverso un “training formalizzato”. Il processo di apprendimento quindi era, prevalentemente, connesso con la relazione sociale fra i lavoratori e i capisquadra221. La descrizione del processo lavorativo deve includere la natura nociva e pericolosa del lavoro portuale, difficilmente documentato in profondità. I portuali subivano frequenti incidenti, tendenzialmente causati dalla caduta di oggetti e che talvolta provocavano la lesione delle mani o il decesso222. A cavallo fra Ottocento e Novecento si sono realizzate importantissime innovazioni tecnologiche per quanto riguarda la potenza delle navi, ma questo non ha determinato un mutamento radicale nel processo di carico e scarico della merce. In Gran Bretagna, le compagnie armatrici, fino agli anni Sessanta, non si sono poste l’obiettivo di possedere le banchine. Anna Green ha argomentato che le diverse innovazioni tecnologiche si sono aggiunte nei decenni rendendo l’attività lavorativa più veloce, ma solo il container ha assunto la capacità di sostituire gli strumenti precedenti. Inoltre le diverse innovazioni tecnologiche ponevano sempre come essenziale il lavoro in team con una cooperazione vis-a-vis, solo il container è stato lo strumento utile per interrompere questa tradizione. La figura storica del portuale, su cui poggiava la direzione del movimento e della dislocazione delle differenti merci, è stata velocemente emarginata e rimpiazzata da “un nuovo lavoratore portuale”. Per fotografare il rapporto fra strumenti e lavoratori

219

Ibidem, p. 570.

220 Paul Thompson, The nature of work, introduction to a debates on labour process, McMillian 1989,

citato in Anna green, The work process, in S. Davies, Dock Workers, op. cit, p. 570.

221 Ibidem, 571. 222 Ibidem, p. 572-3.

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specializzati prima della seconda guerra mondiale è utile riportare la descrizione di Malcom Tull.223 “prima della Seconda Guerra Mondiale un uomo poteva comprare un rotolo di corde e un uncino e iniziare a definirsi uno stivatore”. Nei primi decenni del XX secolo si sono diffuse le gru224. Dopo la seconda guerra mondiale è imposta la tecnica dei pallet di merce, movimentati per mezzo dei fork lift.

Peter Turnbull sostiene che il potere di controllo delle competenze da parte dei portuali si fosse sviluppato in una forma autonoma dalle imprese o da enti statali225. Perciò fino all’introduzione dei container, il controllo delle competenze e quello del processo lavorativo si svilupparono nella medesima direzione, insieme alla delega della supervisione dei singoli lavoratori dai manager ai capisquadra226. Turnbull ha mostrato che dopo l’introduzione dei container nei porti inglesi si sia realizzato uno spostamento del potere a favore delle imprese armatrici227, sia sul piano della privatizzazione degli scali portuali228 che nel controllo del processo lavorativo229. Inoltre, in questo processo, in Inghilterra vi è stata una progressiva marginalizzazione dei sindacati230. Su una prospettiva generale di definizione del governo della forza lavoro portuale, Turnbull ha mostrato come i portuali inglesi siano passati da una dimensione di settore produttivo a quello d’impresa. La sua analisi ci mostra come sotto la denominazione di “rivoluzione dei container” vi sia un processo durato due decenni, capace di modificare le coordinate principali del governo della forza lavoro portuale inglese. Inoltre P. Turnbull illustra come si sia determinato un passaggio da una struttura ad alta intensità di lavoro ad una di alta intensità di capitale231.

223 M. Tull, Waterfront labour at Fremantle, 1890-1990, in S. Davies, Dock Workers, op. cit.

224 W. R. Lee, From guild membership to casualization: dockworkers in Bremen c. 1860-1939, e Robert

W. Cheney, Longshoremen of San Francisco Bay, 1849-1960, in S. Davies, Dock Workers, op. cit.

225 Peter Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike, op. cit, p. 38. 226 Ibidem, p. 42.

227

Ibidem, p. 2.

228 James Releley, Malcom Tull (a cura di), Port privatization, the Asia-pacific experience, Edward Elgar

Pub 2008.

229 P. Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike, op. cit., p. 32. 230

P. Turnbull & V. Wass, Defending Dock Workers – Globalization and Industrial Relations in the

World’s Ports, Industrial Relations, Vol.46, No.3, (582-612), 2007, p. 601.

231 P. Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike, op. cit, p. 52. Herb Mills e D. Wellman, Contractually sanctioned job action and workers' control: The case of San Francisco Longshoremen,

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Wellman, nel suo studio sul porto di Los Angeles, ha studiato la formazione del “portuale qualificato” rilevando alcuni aspetti specifici della sua complessità. Nella fase antecedente all’introduzione dei container a) le competenze erano uno strumento di costruzione dell’autonomia dei portuali, b) si determinavano all’interno del processo lavorativo e c) vi era una corrispondenza diretta e proporzionale fra l’anzianità e il livello di qualificazione dei portuali. 232 I container hanno certamente reso inutili moltissime competenze prima fondamentali nei porti di diversi continenti. Al tempo stesso hanno ribaltato le coordinate degli skills: a) le competenze sono emanazione del piano delle imprese, capaci in molte situazioni di aumentare il controllo del processo lavorativo b) si determinano attraverso dei corsi e training formalizzati c) non vi è una corrispondenza fra anzianità e qualificazione.

L’utilizzo delle gru e di altre attrezzature ha reso indispensabile la presenza di nuovi lavoratori, con nuove competenze. I diversi manuali di stivaggio del mondo anglosassone sono stati strutturati a mo’ di indice, proprio perché ogni tipologia di merce necessitavano di differenti skills. Nel caso inglese, nei porti vi erano moltissime specializzazioni che differenziavano i portuali fra loro, per esempio la movimentazione del carbone, del grano o dei tronchi erano attività diversissime fra loro233.

Mills e Wellman, nella loro analisi sul caso di San Francisco, hanno sostenuto che il processo lavorativo si determinava attorno a tre elementi: merce trasportata, navi utilizzate e gli strumenti e macchinari utilizzati per movimentare la merce dalla nave alla banchina, e viceversa. Ogni operazione, prima del sistema a container, poteva esser differente alle altre per la misura, il peso e l’imballaggio utilizzato234.

Mills ha sostenuto che le soddisfazioni professionali dei portuali di San Francisco risiedevano in elementi disparati, fra cui il rapporto vis-a-vis235 e la sperimentazione di tecniche innovative, che si presentava come necessità o semplice possibilità236. Le invenzioni positive, capaci di ridurre il carico di fatica dei lavoratori, erano frutto del lavoro cooperativo. Mills teorizza che i container abbiano generato un’attività

232 D. Wellman, The Union make us strong, op. cit. Herb Mills e D. Wellman, Contractually sanctioned job, op. cit.

233 P. Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike, op. cit., p. 38.

234 H. Mills e David Wellman, Contractually sanctioned job, op. cit., p., p. 5. 235 H. Mills, The social consequence of Industrial Modernization, Urban life, p. 227. 236 Ibidem, p. 232.

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lavorativa maggiormente di routine, in cui i tradizionali skills, anche legati al controllo del processo lavorativo, si sono resi inutili, poiché il monitoraggio e la misurazione dell’attività dei portuali sono diventati più facili, in relazione alla standardizzazione delle operazioni237. Wellman mostra come nel processo lavorativo al tempo della rottura di carico la precisa padronanza dei principi di stivaggio si deve comparare al lavoro di carico e scarico dei container, caratterizzato dalla routine e dalla standardizzazione, in contrapposizione con la complessità delle decine di tipologie merceologiche238. Il portuale ha perso progressivamente la possibilità di decidere la sequenza, la modalità e la destinazione dei container che movimentava. Tali decisioni sono state assunte e trasmesse per mezzo dei computer da parte del personale di segreteria degli uffici239. Il lavoro della movimentazione di merce, nel caso di San Francisco, ha ridotto fortemente l’autonomia, oltre sul piano decisione, anche sul piano dello spostamento del corpo, ora inserito prevalentemente nelle cabine per la movimentazione verticale e orizzontale dei container. Il tempo del lavoro ha iniziato a divenire misurabile in modo preciso, grazie all’utilizzo prevalente dei mezzi meccanici, del computer e della standardizzazione dell’unità di trasporto. La novità, nel caso di studio di San Francisco, è particolarmente interessante in comparazione con la grandissima autonomia dei portuali e l’impossibilità di un controllo da parte delle imprese in luoghi come la nave o il magazzino marittimo240. Nel lavoro per la movimentazione dei container è fortemente diminuita la possibilità di parlare e discutere fra colleghi. Il lavoratore, secondo l’analisi di Wellman, è prevalentemente isolato nei mezzi di movimentazione. Le discussioni face-to-face sono state sostituite dalle conversazione con i walkie-talkie, o la ricezione di comunicazione via computer per il piano del lavoro241, in questo contesto Broeze sostiene che si sia realizzata un’ “atomizzazione” dei lavoratori portuali242

.

237H. Mills, The social consequence of Industrial Modernization, Seconda parte, in “Urban life”, vol. 6,

n. 1, Aprile 1977, pp. 11-12.

238

D. Wellman, The Union make us strong, op. cit., p. 169.

239 Ibidem, p. 169. 240 Ibidem, p. 171. 241 Ibidem, p. 175.

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Sempre sul caso di San Francisco, Wellman mostra come le nuove tecnologie dalla seconda metà degli anni Sessanta hanno avuto un notevole impatto su ruoli e mansioni, perché la nuova configurazione di operai qualificati non seguiva più gli elementi centrali del modello precedente: l’anzianità, la gerarchia lavorativa e il training formativo per la formazione delle competenze243. In merito al controllo del processo lavorativo, la diffusione del container ha determinato la capacità di instaurare un processo lavorativo, in cui il tempo è determinato dalla tecnologia e dove ogni mansione è misurabile in modo preciso, proprio perché ogni movimento, che consiste nel mero spostamento del container, è stato standardizzato. Wellman mostra come la standardizzazione, attraverso il nuovo uso della tecnologia, e la centralizzazione del comando siano stati elementi strettamente connessi dell’innovazione indotta dall’uso dei container244. Prima dell’avvento del container, la formazione per divenire portuale si sviluppava direttamente nel lavoro della gang, per cui era la trasmissione dei saperi dei più anziani ed esperti a formare i “nuovi stivatori”, attraverso un processo collettivo, in cui la comunità selezionava, cooptava, “formava i lavoratori qualificati”. Lo studioso statunitense sostiene che con l’introduzione dei container il concetto di skills è mutato radicalmente. E’ crollata l’importanza dell’esperienza diretta dentro la comunità dei portuali per sviluppare le competenze del portuale qualificato. I container hanno consentito di invertire tale relazione (fra competenze e tempo di lavoro), per cui, secondo l’analisi di D. Wellman, i più qualificati, ovvero capaci di movimentare i container, erano i più giovani, che si erano qualificati in determinati corsi di formazione245. Nel solco del nuovo rapporto fra comunità e skills, nel porto di San Francisco è scaturito un nuovo concetto di fiducia determinato dalla mutazione dei luoghi e delle relazioni sociali dove si formavano i lavoratori qualificati246. Il concetto di cooperazione è mutato, visto che la tradizionale gang per la movimentazione di sacchi o altre unità molto pesanti era indispensabile, modalità totalmente scomparsa nei

243 D. Wellman, Port of San Francisco 1932-1970, Port report prepared for the Conference “Comparative

Interative-International History of Dock Labour, c. 1790-1970, Amsterdam, 13-15, November 1997, vol. 1, p. 17.

244 D. Wellman, The Union make us strong, op. cit. p. 127. 245 Ibidem, p. 131.

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settori dove la merce era stata containerizzata247. La cooperazione, nel porto della rottura di carico, era qualificata dalle continue comunicazioni orali fra i portuali e fra il caposquadra e i membri della medesima248. Questa forma di comunicazione era necessaria anche per le discussioni funzionali a decidere, come squadra, le diverse fasi della movimentazione della merce, sempre diversa per via della tipologia merceologica249. La valenza rivoluzionaria del container risiede nella sua capacità di mutare in modo radicale l’organizzazione del lavoro e la relazione fra lavoratori e tecnologia250.

Mills e Wellman sostengono che il controllo del processo lavorativo attraverso l’uso dei container si sia centralizzato, grazie alla marginalizzazione delle competenze tradizionali e l’utilizzo della sequenza lavorativa pianificata dal computer251

. L’informatica ha determinato un maggior controllo e centralizzazione delle procedure lavorative252. Nel porto di San Francisco, la movimentazione dei container è diventata completamente pianificabile negli uffici direzionali ancora prima dell’arrivo della nave grazie all’ausilio di strumenti informatici preposti a controllare e monitorare i diversi passaggi253. Prima dei container, la relazione di potere fra i portuali e le imprese era a vantaggio dei primi, visto che i capisquadra avevano un notevole bagaglio di conoscenze necessarie per movimentare le diverse tipologie di merce e delle capacità dei diversi portuali necessari per realizzare il lavoro di carico e scarico della merce254.

La capacità di lavoro seguiva, quindi, in modo diretto la differenza d’età o la vita lavorativa. Per cui i più anziani conquistavano rispetto come conoscenti delle diverse tecniche di carico e scarico, e perché loro si qualificavano come maestri nei confronti dei giovani. Se studiamo le competenze in relazione all’autonomia delle squadre dei

247 Ibidem, p. 141. 248 Ibidem, p. 144. 249Ibidem, p. 165. 250 Ibidem, p. 166. 251

Herb Mills e David Wellman, Contractually sanctioned job, op. cit., p. 22.

252 Ibidem, p., 24.

253 H. Mills, H. Mills, The social consequence of Industrial Modernization, Seconda parte, op. cit. D.

Wellman, The Union make us strong, op. cit., p. 161.

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portuali, comprendiamo che esse si siano qualificate come strumento per sviluppare e accrescere l’indipendenza dagli armatori marittimi255

.

La nuova geografia della manipolazione della merce e il concetto di spazio portuale al tempo dei container

Il contributo metodologico di Broeze è essenziale per leggere la riformulazione del concetto di «spazio portuale». Egli sostiene che «l’aspetto maggiormente rivoluzionario fu il superamento dell’isolamento dello shipping nella catena dei trasporti. La logistica intermodale ha determinato un’integrazione fra trasposto marittimo e terrestre come mai accaduto prima256. Il cambiamento, secondo Broeze, può essere descritto enunciando due principi molto semplici: da un lato l’omologazione dei carichi in unità standardizzati per ridurre i tempi di permanenza nei porti e incrementare la produttività del lavoro e, dall’altro, la creazione di un effettivo sistema

intermodale con un servizio porta-a-porta dal produttore al consumatore257. Lo storico australiano mostra che prima degli anni Sessanta le merci erano collocate in sacchi, casse, scatole, pacchi, e successivamente nei pallet258sollevati dai fork-lift. Analizzando l’affermazione della filosofia intermodale ci mostra il mutamento radicale della natura

dello spazio dei porti. Se nell’epoca pre-container la causa principale di conflitti era il

tentativo degli imprenditori industriali e armatori di usare bacini autonomi dalle organizzazioni dei lavoratori, tale dinamica dopo l’avvento dei container si è innovata notevolmente, dato che il carico/scarico della merce all’interno dei container può avvenire in qualsiasi luogo consono, come potrebbe esser la fabbrica del mittente o un interporto nell’entroterra259

. David F. Wilson, in merito, ha sostenuto che il container è stato concepito per attraversare i porti senza esser aperto260, e all’interno di tale progetto a livello mondiale sono stati costruiti interporti nell’entroterra per la manipolazione della merce, utilizzando manodopera esterna al mondo tradizionale dei

255 Herb Mills e David Wellman, Contractually sanctioned job, op. cit. 256F. Broeze, The globalisation of the ocean, op. cit., p. 10.

257 Ibidem, p. 9. 258

Termine internazionale che indica un’attrezzatura utilizzata per l'appoggio di vari tipi di materiale, destinati a essere immagazzinati nelle industrie, ad essere movimentati con attrezzature specifiche