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1. Il concetto di working class nell’analisi della Global labour history

1.3. Lavoro occasionale e decasualizzato

Il tema centrale della storiografia del lavoro portuale a livello mondiale è il

casual labour, inteso come lavoro occasionale in effetti il lavoro portuale è

caratterizzato da enormi variazioni sul piano della richiesta di forza lavoro e dell’impegno da giorno a giorno ed in relazione alle diverse stagioni. La storiografia del lavoro portuale ha tematizzato ampiamente questo nodo tematico, e la Global Labour History si è occupata di quelle occupazioni che non hanno acquisito nel tempo la regolarità di prestazione lavorativa tipica della dimensione di fabbrica del mondo occidentale. I portuali rappresentano da questo punto di vista un campo di studio particolarmente rappresentativo di come sia possibile al contempo apprezzare gli

aspetti del lavoro irregolare e lottare per la stabilità della retribuzione. Tale situazione

ha generato forti preoccupazioni tra le forze dell’ordine e tra gli amministratori dei porti150, che si sono occupate diffusamente del caos sociale determinato dall’aggregazione di lavoratori occasionali presso il porto; le preoccupazioni si incentravano sul nesso fra lavoro irregolare e scioperi selvaggi151.

L’obiettivo della presente sezione, quindi, è di mostrare la centralità del casual

labour nel mondo portuale e i diversi contributi della letteratura internazionale, che

possono essere messi a valore a partire da due case studies. L’analisi ruoterà attorno a due principali nodi tematici: (1) la costruzione delle agenzie di reclutamento, attraverso

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Marco Doria, Les dockers de Genes le travail entre economie et politique de 1800 à la seconde guerre

mondiale, “Dockers de la Mediterranee a la mer du Nord”, EDISUD, La Calade, Aix en Provence, 1999

pp. 15-43. Idem, “Genova: da polo del triangolo industriale a città in declino”, in “Atti della Società ligure di storia patria”, XXXVII, fasc. 2, Genova 1997, pp. 369- 408. M. E. Tonizzi, Merci, strutture e

lavoro nel porto di Genova tra '800 e '900, Franco Angeli, Milano 2000, Idem, Traffici e strutture del porto di Genova (1815-1950), centro stampa del Consorzio Autonomo del Porto, Genova 1989.

149 Il termine decasualisation indica la volontà degli Stati dall’inizio del XX secolo di combattere il caos

tipico dei porti, in cui un’enorme numero di disoccupati o lavoratori occasionali si presentavano per ottenere un’occupazione, seppur precaria. Gli amministratori delle Autorità portuali hanno combattuto l’irregolarità del lavoro portuale per diversi motivi, ed in particolare prevenire gli scioperi dei portuali.

150 K. Weinhauer, Power and control, op. cit., p. 586. 151M. van der Linden, Workers of the World, op. cit., p. 26.

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la redazione dei registri per formalizzare le gerarchie dei lavoratori152, (2) la volontà e gli obiettivi dei diversi attori sociali (imprese, agenzie statali e sindacati). Da un lato utilizzo i principali studi storici e sociologici153 sul lavoro precario e non pianificato e dall’altro l’analisi di Michael Foucault154

sulla <<catena del comando>>.

La prima fase della regolarizzazione del lavoro occasionale, dall’inizio del XX secolo fino alla seconda guerra mondiale ha trovato notevole attenzione fra gli storici e sono state prodotte diverse ricerche di qualità155. Quanto alla fase successiva (dalla seconda guerra mondiale fino alla containerizzazione), i lavori di ricerca sono più estemporanei156. L’inquadramento teorico non si concentra su un caso specifico, ma mette a valore lo studio di diverse aree geografiche. I diversi contributi apportati ci aiutano a comprendere che il lavoro irregolare e la sua regolazione è divenuto un terreno di scontro fra i diversi attori sociali. Broeze sostiene che in diversi paesi il processo di decasualizzazione ha subito un’accelerazione con la containerizzazione157

. Inoltre, il nodo centrale dell’analisi del casual labour è insito nella definizione di chi controlla il mercato del lavoro o di come l’interazione fra i diversi soggetti abbia determinato la natura dello stesso. I legislatori e le autorità che hanno promosso il processo di decasualizzazione sono intervenuti sulla regolamentazione del mercato del lavoro portuale, per cui “il controllo dell’accesso al mercato del lavoro ha rivestito una funzione centrale per le imprese e per i sindacati”158

. La saltuarietà del lavoro e la divisione dei lavoratori fra permanenti e occasionali erano utilizzate come strumento di

152

Gordon Phillips e Noel Whiteside, Casual labour: the unemployment question in the port transport

industry, 1880-1970, Clarendon Press, Oxford 1985, p. 24.

153G. Phillips e N. Whiteside, Casual labour, op. cit.Vernon H. Jensen, Hiring of dock workers : and employment practices in the ports of New York, Liverpool, London, Rotterdam, and Marseilles,

Cambridge, Mass 1964. Vernon H. Jensen, Decasualization and Modernization of Dock Work in London

Itaca, Cornell University, 1971. Klaus Weinhauer, Power and control on the waterfront: casual labour and decasualization, in S. Davies, Dock Workers, op. cit.

154 Michel Foucault, Archivio Foucault : interventi, colloqui, interviste, Feltrinelli, Milano 1998. Idem,

Bisogna difendere la società, Feltrinelli, Milano 1998. Idem, I Corsi al Collège de France. I Résumés (1989), Feltrinelli, Milano 1999. Idem, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 2008. Idem, Microfisica del potere. Interventi politici, Einaudi, Torino 1977.

155 Vedi nota n. 94. 156

Klaus Weinhauer, Power and control on the waterfront: casual labour and decasualization, op. cit., pp. 580- 583.

157F. Broeze, The globalisation of the oceans: containerisation from the 1950s to the present, «Research

in Maritime History “No. 23 (2002), p. 214

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governo della forza lavoro. Come ha mostrato Davies, la minaccia più concreta per le squadre meno produttive e indisciplinate era data dall’esclusione dalle successive chiamate159.

Casual Labour: agenzie di reclutamento, le gerarchie e il ruolo dei diversi attori sociali

A partire dall’inizio del Novecento si è sviluppata un’azione degli Stati atta a irreggimentare la forza lavoro portuale. La storiografia internazionale del lavoro portuale ha diffusamente dibattuto su tale azione di disciplinamento della forza lavoro. Lo sforzo della storiografia si è concentrato prevalentemente sul processo di ordinamento del lavoro occasionale dei portuali, il quale si è dispiegato per tutto il XX secolo fino alla rivoluzione dei container e ha determinato una perenne dialettica fra i diversi attori impegnati a regolamentare la forza lavoro e i portuali, sia come singoli sia come gruppi.

John Barzman ha mostrato come nei primi tre decenni del XX secolo gli Stati occidentali si sono prodigati nella costruzione di autorità capaci di accorpare funzioni prima disperse160 volte a controllare la forza lavoro161. In particolare, in questi anni hanno preso piede politiche di creazione di istituzioni, basate perlopiù sull’assistenza sociale, capaci di includere i lavoratori e garantire meccanismi di rappresentanza162. Klaus Weinauer ha mostrato come nel secondo dopoguerra il ruolo degli Stati e i sindacati è stato centrale nella promozione delle riforme verso la decasualizzazione del lavoro portuale. Weinhauer sostiene la tesi secondo cui nel dopoguerra le imprese armatrici hanno cambiato la loro mentalità verso il lavoro portuale e gli Stati nazionali hanno messo in campo azioni atte a fare avanzare la decasualizzazione163.

Nella prima metà del XX secolo l’intervento dello Stato inglese si è posto l’obiettivo di migliorare la condotta morale dei lavoratori portuali164

. In questi decenni,

159S. Davies, “Three on the Hook and Three on the Book”: Dock Labourers and Unemployment Insurance between the Wars’, «Labour History Review», vol. 59, 1994, pt. 3, pp. 34–4.

160John Barzman, States and dockers: from harbour designer to labour managers, in S. Davies (a cura

di), Dock Workers, op. cit. 612-613.

161 Ibidem, p. 639. 162 Ibidem, p. 640.

163 K. Weinhauer, Power and control, op. cit., p. 602. 164G. Phillips e N. Whiteside, Casual labour, op. cit., p. 10.

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le imprese armatrici non consideravano attrattivo il processo di stabilizzazione della forza lavoro portuale. In particolare le piccole imprese marittime utilizzavano l’esercito di riserva all’interno del mercato del lavoro, per abbattere le spese165

.

In contrapposizione, il principale sindacato inglese dei trasporti, The Transport

and General Workers, si è assunto la responsabilità di appoggiare la riforma di

decasualizzazione per favorire l’accesso dei proprio iscritti nelle liste dei lavoratori permanenti166. Questo sostegno ha causato l’ascesa di diversi movimenti informali di lavoratori portuali, dalla seconda guerra mondiale 167. Secondo Cooper il concetto di

casual labour deve essere analizzato alla luce della molteplicità di forme di trattativa

condotta fra i diversi attori sociali, dove il controllo del mercato del lavoro non è impersonale, ma i capisquadra giocano un ruolo centrale168. Tale dinamica nei diversi porti del mondo ha visto crescere l’importanza della relazione fra i capisquadra e i componenti della gang, poiché il lavoro era organizzabile reclutando i portuali come gruppo, la gang169. La gerarchia lavorativa, formalizzato dai registri, aveva una stretta connessione con fenomeni sociali esterni al luogo di lavoro, come hanno mostrato le ricerche sui casi di Bombay170 e Shangai171.

In molti casi la decasualizzazione ha comportato la costruzione di agenzie di

reclutamento, funzionali a centralizzare il controllo172. Il potere dei capisquadra rappresentava un punto di intermediazione necessario tra la forza lavoro e tale struttura, attraverso cui, i primi consolidavano la propria posizione gerarchica173. Il lavoro precario nei porti non andava visto come una massa indistinta, ma dava vita ad una precisa gerarchia, seppur in costante movimento, correlata ai registri e alla regolarizzazione dei lavoratori occasionali174. La registrazione, quindi, non ha

165 Idem, p. 156. 166 Idem, p. 99. 167 Idem, p. 255. 168 Ibidem, p. 187 e 281.

169 University of Liverpool, The department of Social Science, The dock worker : an analysis of conditions of employment in the Port of Manchester, University press of Liverpool, 1954. pp.70-75. 170 Mariam Dossal Panjwani, Godis, tolis and mathadis: dock workers of Bombay, in Sam Davies, Dock Workers, op. cit.

171 Linda Cooke Johnson, Dock labour at Shangai, in S. Davies, Dock Workers, op. cit. 172 Ibidem, p. 582.

173 Ibidem, p. 581.

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rappresentato direttamente e meccanicamente la fine del lavoro occasionale, quanto la formalizzazione delle gerarchie. Le imprese hanno avuto necessità di delegare il reclutamento della manodopera alle agenzie di reclutamento e ai capisquadra, soprattutto per la natura del mercato del lavoro, altamente irregolare. Dall’altro lato i capisquadra sono stati essenziali per estendere fin dentro la nave e i il magazzini l’azione di controllo sui singoli lavoratori portuali. Il sistema di controllo centralizzato, infatti inapplicabile al contesto dei lavoratori portuali, come nel modello di fabbrica175.

Vernon H. Jensen ha condotto una ricerca di comparazione sulle pratiche di reclutamento di cinque porti in quattro nazioni176.

Nel porto di New York, due figure, designate rispettivamente dal governatore della città di New York e dalla città di New Jersey, controllano il processo di reclutamento dei portuali. The Crime Commission si è occupata dell’alto numero di lavoratori occasionali, per la paura che tale situazione potesse turbare l’ordine pubblico177. Per cui, la commissione del porto di New York ha intrapreso dagli anni Cinquanta una strategia di decasualizzazione del lavoro. Jensen ha mostrato come nel porto di New York nel dopoguerra i meccanismi di reclutamenti hanno individuato i quattro principali gruppi di lavoratori, in relazione al rapporto con la regolarità di accesso al lavoro178. The Dock Workers Regulation of Employment Scheme era un programma statutario istituito nel secondo dopoguerra che ha predisposto un salario per i portuali che rispondevano regolarmente alla chiamata. Il pagamento di tale contributo si realizzava in modo differente rispetto alla gerarchia dei portuali, che prevedeva tre categorie179. Secondo Jensen il sistema di reclutamento ha differenziato notevolmente le retribuzioni tra i lavoratori regolari e quelli occasionali180. Nel porto di New York, il governo si è impegnato nella gestione diretta del reclutamento della forza lavoro, dopo gli scioperi del 1951181, in contemporanea con l’azione di repressione mostrata da

175

Frederick Cooper, Dockworkers and Labour History, in Sam Davies (a cura di), Dock Workers, op. cit., p. 529.

176Vernon H. Jensen, Hiring of dock workers, op. cit. 177 Ibidem, p. 87.

178

Ibidem, p. 68.

179 Ibidem, p. 148. 180 Ibidem, p. 162.

181 V. H. Jensen, Decasualisation of employment on the New York waterfront, “International Labour

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Davis182. Nel caso della costa occidentale degli USA, dopo lo sciopero del 1934 il principale sindacato dei trasporti (ILWU) ha saputo controllare la sala chiamata, costituendo un luogo di formazione della “comunità dei lavoratori” e di direzione della gerarchia professionale, a favore dei membri del medesimo sindacato183. Inoltre il sindacato ha saputo imporre un sistema di ridistribuzione del lavoro e dei guadagni, in modo tale da alleviare il peso del casual labour.

La creazione della Port of London Authority (PLA) nel 1908 ha sottoposto le molteplici aree portuali della capitale inglese sotto una medesima giurisdizione184. Questo primo passaggio non ha certo determinato una meccanica riunificazione del controllo del mercato del lavoro, perché l’irregolarità lavorativa e la molteplicità delle operazioni continuavano a presentare divisioni nel reclutamento della forza lavoro185. Tale mercato del lavoro era caratterizzato dall’enorme frammentazione delle aziende marittime e dall’afflusso quasi quotidiano di manodopera non qualificata e occasionale, che sperava di trovare un’ occupazione saltuaria186

. Nonostante queste difficoltà, la nascita del PLA 1908 può essere considerato il primo sforzo nella decasualizzazione e nella regolamentazione del mercato del lavoro187.

La registrazione dei portuali è diventata operante nel 1912 a Liverpool, che attribuiva una preferenza di selezione ai portuali registrati e procedeva all’accentramento del reclutamento188

senza alterare le tradizionali forme di reclutamento della forza lavoro, ma sperimentando i primi passi della decasualizzazione dei portuali189. Le misure di assistenza sociale sono state utilizzate come strumento di disciplina industriale, ovvero meccanismi di premi e penalizzazione190. Queste azioni verso l’assistenza sociale dei lavoratori portuali sono state interne ad una serie di politiche sociali, realizzate attraverso l’incremento delle

182 Colin Davis, Waterfront revolts, op. cit.

183 Peter Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike: Conflict and Restructuring in Britain’s Ports,

Aldershot, Avebury 1992, p. 9.

184G. Phillips e N. Whiteside, Casual labour, op. cit., p. 15. 185 Idem, p. 17.

186 Idem, p. 29. 187

Idem, p. 75.

188V. H. Jensen, Hiring of dock workers, op. cit., p. 122. G. Phillips e N. Whiteside, Casual labour, op.

cit., p. 89.

189G. Phillips e N. Whiteside, Casual labour, op. cit., p. 92. 190Idem, p. 80.

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spese dei governi, di diversi colori, funzionale alla riabilitazione dei lavoratori occasionali dei porti191. In Gran Bretagna dopo la seconda guerra mondiale lo schema per il reclutamento dei portuali era amministrato da National Dock Labor Board, con la rappresentanza delle imprese, sindacati e del potere statale. A livello locale sono stati istituiti i Local Boards che amministravano quotidianamente il processo di reclutamento, ed hanno adottato tecniche e strutture differenti da porto a porto192. Secondo Peter Turnbull i diversi attori sociali non intendevano realizzare una decasualizzazione in senso stretto, vista l’irregolarità sopra indicata, ma piuttosto si limitavano a combattere gli aspetti più duri della casualità193. In Inghilterra, quindi, la storia dei sindacati nel settore portuale può essere compresa solo se studiata attraverso le battaglie contro i mali del lavoro occasionale194.

Le principali aziende spedizioniere accettarono la registrazione, per via di modelli similare negli altri porti europei. Mentre i portuali, secondo l’analisi di Whiteside and Philips, hanno organizzato diversi scioperi contro il processo di decasualizzazione, mostrando come le relazioni fra i lavoratori il principale sindacato, Transport and General Workers Union, erano molto tesi e conflittuali proprio attorno al nodo del casual labour. Nel 1947 è stato introdotto il National Dock Labour Scheme, che intendeva fornire ai lavoratori elementi di sicurezza economica e impiego regolare195. Questa riforma sociale non ha determinato affatto una fase di pace sociale nei porti, perché il numero di conflitti sociali e di scioperi è aumentato in modo esponenziale nel dopoguerra196. L’organizzazione del reclutamento introdotto nel 1947 induceva i portuali a presentarsi ogni giorno presso i luoghi d’ingaggio e accettare ogni lavoro disponibile197. Inoltre nel dopoguerra i portuali apprezzavano diversi aspetti positivi del lavoro occasionale, il quale manteneva il suo appeal per via della libertà di organizzare periodi di riposo e sfruttare al massimo le possibilità di svolgere lavori

191Idem, p. 205.

192Vernon H. Jensen, Hiring of dock workers, op. cit. p. 9.

193 Peter Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike: Conflict and Restructuring in Britain’s Ports,

Aldershot, Avebury 1992., p. 8.

194 Ibidem. 195Idem, p. 235. 196Idem, p. 236. 197Idem, p. 242.

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profittevoli198. Il piano di decasualizzazione proposta Devlin si è realizzato in Inghilterra nel periodo 1967-’70199. Sempre in relazione ai mali del lavoro occasionale, Devlin aveva individuato nel dopoguerra la propensione dei portuali inglese a organizzare scioperi selvaggi e a non rispettare la disciplina200.

La containerizzazione del processo lavorativo ha avuto una complessa relazione con la decasualizzazione dei lavoratori stabili. Da un lato le imprese inglesi hanno messo a fuoco che “solo una forza lavoro con un impiego stabile può accettare le innovazioni indotto dalla containerizzazione201. La containerizzazione ha diminuito lo iato l’organizzazione portuale con gli altri settori produttivi, visto che le relazioni fra lavoratori e imprese sono divenute più stabili e meno occasionali202. In antitesi al primo punto, la containerizzazione ha abbattuto la richiesta di manodopera portuale ed ha comportato il crollo dei portuali registrati da circa 57.500 a circa 34.500 nel periodo tra 1967 e il 1974 oltre all’ascesa dei porti indipendenti, esterni alla registrazione dei portuali203.

In Olanda la sala chiamata era controllata da Central voor Arbeidsvoorzeining (CVA) un’ agenzia che organizzava le imprese marittime (Scheepsvaart Vereening Zuid – SVZ).

In Francia, invece, il Bureau Central de la Main d’Oeuvre (BCMO) era un’agenzia, che prevedeva la rappresentanza di tre sindacati, ma è strettamente sotto il controllo del governo.

In generale, il registro dei portuali nel XX secolo ha rappresentato uno strumento centrale per diverse funzioni: reclutamento del personale, gerarchizzazione, annotazione precisa di diverse azioni come le procedure disciplinari. Le agenzie sopraindicate erano responsabili della gestione dei registri dei lavoratori, nel caso inglese le agenzie locali erano impegnate in periodiche revisioni dell’elenco. I sindacati inglesi e le imprese in differenti situazioni hanno mosso critiche verso le modalità e le regole di gestione del registro. Nel caso olandese la dinamica era ben diversa;

198 Idem, p 255. 199

Idem, p. 246.

200 Ibidem, p. 26.

201 Roy Mankelow, The port of London, 1790-1970, in S. Davies (a cura di), Dock Workers, op. cit. 202G. Phillips e N. Whiteside, Casual labour, op. cit., p. 264.

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l’associazione degli armatori creava un proprio bacino di scaricatori, per avere lavoratori occasionali, mentre le imprese reclutavano direttamente i portuali stabili. Il registro dei portuali, nel caso francese, era funzionale a formalizzare la divisione fra

professionnel e occasionnel.

In Inghilterra, il terreno di lotta per combattere i mali del casual labour ruotava attorno al salario garantito204.

L’indagine di Cooper sul caso di Mombasa ha mostrato come le misure supportate dal governo hanno saputo mutare la natura della mentalità dei lavoratori e il mercato del lavoro. Secondo F. Cooper la decasualizzazione del lavoro portuale si è sviluppata nel secondo dopoguerra, in modo graduale i portuale hanno accettato un incremento del loro salario e garanzie di assistenza in cambio di una prestazione lavorativa regolare. Il porto di Mombasa è un perfetto caso di studio per mostrare come il potere delle gang e delle reti informali erano collegate con associazioni e strutture sociali diffuse nella società205.

Michel Foucault: apparato teorico per studiare le Compagnie Portuali italiane

Adotto il contributo teorico di Foucault per la sua capacità di costruire un quadro teorico che ha alla base il concetto secondo cui «la disciplina è un’anatomia politica del dettaglio». Il filosofo francese ci invita ad indagare la capacità di costruzione del potere e studiare come l’assistenza dei lavoratori sia stato utilizzato per premiare e disciplinare una parte della popolazione, escludendone altre.

La teoria di Michel Foucault è utile per comprendere come si sia delineato il processo di disciplinamenti nei porti italiani:

Nella disciplina ciascuno è definito dal posto che occupa in una serie e per lo scarto che lo separa dagli altri. L’unità non è dunque né il territorio né il luogo ma il rango: il posto occupato nella classificazione (…) La disciplina, arte del rango e tecnica per la trasformazione delle destinazioni. Essa individualizza i corpi per mezzo di una localizzazione che non li inserisce, ma li distribuisce e li fa circolare in una rete di

relazioni206.

204 Peter Turnbull, Woolfson, C. & Kelly, Dock Strike, op. cit. p. 31.

205 F. Cooper, Port labour in a colonial society: Mombasa, 1850-1965, in S. Davies, Dock Workers, op.

cit. p. 39.

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Le teorie foucaultiane sulla catena determinata dal potere spostano il fuoco di analisi da un luogo di decisione centrale come il Governo nazionale agli ultimi anelli nella catena del controllo sociale. Nel caso dei singoli portuali si producevano in modo analogo «una organizzazione in profondità di sorveglianze e controlli, una intensificazione e ramificazione del potere207», come espose in generale Michel