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Geografia visuale come narrazione del territorio: esperienze del territorio

di Angela Alaimo * e Silvia Aru **

3. Geografia visuale come narrazione del territorio: esperienze del territorio

L’Officina didattica/laboratorio è stata volutamente impostata in manie- ra orizzontale e non gerarchica. Anche in questo caso il nostro ruolo di do- centi (tra i docenti) è stato più simile a quello di due “promotrici/faci- litatrici” che – partendo dalle proprie esperienze di ricerca e di didattica sul tema “narrare lo spazio” – hanno cercato di dare centralità al dibattito e alla condivisione delle esperienze di tutti i partecipanti. Per questo lo stesso ca- novaccio in parte pre-costituito (struttura relazione, slide e video di suppor- to) è stato tarato in relazione alla classe che “qui e ora” ha dato corpo, in- sieme a noi, al laboratorio.

La classe era composta da una ventina di persone, di età, genere e inte- ressi differenti: insegnanti, studenti universitari e ricercatori. Questa etero- geneità del gruppo ha arricchito fin da subito i lavori, come emerso dalle risposte al brainstorming iniziale, partito dalla domanda, semplice quanto centrale, “Che cosa vi aspettate da questo laboratorio di narrazione?”. Le risposte, le più variegate, hanno mostrato quanta ricchezza semantica possa

assumere il termine “narrazione” se associato allo spazio. Alcuni parteci- panti hanno pensato che il laboratorio fornisse degli strumenti per aiutare a “scrivere un romanzo” dando attenzione ai luoghi e ai paesaggi del raccon- to. Altri, soprattutto gli insegnanti, hanno espresso il desiderio di conoscere strumenti per facilitare la narrazione in classe degli studenti durante le ore di geografia (e, in particolar modo, durante le esperienze didattiche esterne all’edificio scolastico). I ricercatori sono apparsi maggiormente interessati all’approccio da noi seguito durante l’elaborazione del laboratorio stesso, altri hanno manifestato un interesse e una curiosità al di là di qualsiasi aspettativa iniziale.

Dopo il lungo dibattito iniziale – durato circa un’ora – abbiamo breve- mente presentato alcuni strumenti didattici utili per la narrazione dello spa-

zio (par. 2), per poi offrire alcuni esempi concreti sulle potenzialità di ricer-

ca legate alla fotografia e alla costruzione di un web-documentario. Anche in questa fase si è cercato di attivare sempre un dibattito su quanto volta per volta presentato.

Entrambe le ricerche discusse in aula sono parte del più ampio progetto di ricerca dell’Università di Cagliari Giustizia spaziale e sistemi territoriali

mediterranei. Politiche urbane, pratiche sociali, mobilità (L.r. 7/2007)4. Lo

studio aveva come fine quello di investigare le rappresentazioni e le narra- zioni degli abitanti di quartieri cosiddetti “marginali” delle città mediterra- nee e, contemporaneamente, promuovere un processo di azione/reazione tra ricercatori e abitanti finalizzato alla produzione di nuove forme di narrazio- ne dello spazio, con particolare riguardo all’utilizzo di strumenti visuali e multimediali nella ricerca geografica e nel lavoro di terreno. Attraverso le immagini – video e fotografiche – le persone coinvolte nelle ricerche hanno catturato e rappresentato in maniera più immediata la loro realtà di vita quotidiana, spesso difficilmente veicolabile a parole. Gli strumenti visuali e multimediali hanno consentito un maggiore coinvolgimento della sfera emotiva dei partecipanti e, per questa via, un diverso accesso del ricercatore alla relazione tra soggetti di studio e luoghi indagati. Attraverso l’integra- zione di metodologie di indagine socio-etnografica più tradizionali (que- stionari e interviste agli abitanti) e sperimentali (laboratori fotografici e vi- deo), le ricerche presentate hanno raccolto le parole, i racconti, le pratiche e le immagini degli abitanti dei quartieri indagati, con l’obiettivo di costruire una collezione di auto-rappresentazioni della “geografia dell’emozione” dei contesti, intesa come una geografia che vuole lasciare esprimere i legami

4 Il gruppo di ricerca era coordinato dal geografo Maurizio Memoli. A partire da questo

progetto è stato costituito il gruppo di ricerca Geo-telling, i cui prodotti sono consultabili al link http://webdoc.unica.it/.

personali e collettivi con lo spazio vissuto e osservato degli abitanti (Aru, Memoli e Puttilli, 2016).

In particolare, nell’ambito dell’Officina didattica, si è presentato il labora- torio fotografico svolto nel quartiere cagliaritano di Sant’Elia (2014) e il web- doc Al Centro di Tunisi nato da un’esperienza di ricerca nella capitale tunisina (2013).

A Sant’Elia è stato svolto un laboratorio fotografico partecipato da sei donne dell’associazione di quartiere Sant’Elia Viva a cui è stato chiesto di fotografare i luoghi maggiormente simbolici del quartiere, così come quelli più importanti per loro rispetto alle proprie storie di vita. Dato questo input iniziale, sono state scattate dalle partecipanti più di mille foto, delle quali, dopo un complesso lavoro di selezione collettiva fondato sulla visione e la discussione nel merito di ogni immagine, ne sono state scelte trentasei, a ciascuna delle quali le stesse autrici hanno attribuito un titolo. I criteri di selezione non hanno seguito ragioni estetiche o di qualità fotografica, quan- to la capacità delle immagini di cogliere, esprimere e dare visibilità ai le- gami tra le fotografe e lo spazio.

Durante l’incontro romano, abbiamo mostrato alcune foto scattate dalle donne del progetto appena presentato, senza fornire specifiche spiegazioni del contesto o informazioni sulle autrici dei singoli scatti, ma chiedendo ai partecipanti quali emozioni e quali idee scaturissero dalla loro semplice vista. Solo successivamente, è stata presentata l’analisi delle foto fatta dai

ricercatori, supportando l’analisi “accademica” con la lettura di frasi e

l’ascolto di file audio tratti dalle interviste delle “fotografe”.

La foto, nell’ambito della ricerca presentata, ha assolto almeno cinque compiti fondamentali (Aru e Bignante, 2015):

1) foto come strumento per far emergere emozioni e stati d’animo; 2) foto come strumento per raccontarsi all’esterno;

3) foto come strumento di riflessione;

4) foto come strumento per costruire memoria;

5) foto come strumento, per il ricercatore, per entrare nel rapporto tra luo-

ghi e persone.

Il secondo esempio di ricerca presentato è stato Al centro di Tunisi (2013), un progetto di ricerca sperimentale sui temi di geografia urbana e in particolare sui cambiamenti negli usi dello spazio pubblico nel centro di Tunisi dopo la cosiddetta “Rivoluzione dei gelsomini” del dicembre-feb- braio 2011. Il web-documentario omonimo, scaturito dalla ricerca, è stato

presentato alla classe grazie anche al supporto di alcuni suoi video5.

Quanto visto e discusso ha rappresentato il pretesto per una riflessione più ampia sui legami tra luoghi, pratiche sociali e percezioni dello spazio, nonché sul ruolo della ricerca sul campo e della descrizione-narrazione geografica.

Al di là dell’esperienza tunisina, si è provato a individuare alcune possi- bili ricadute positive dell’uso di strumenti quali i web-doc nell’educazione geografica. Questo strumento offre la possibilità di lavorare su competenze geografiche molteplici e di coinvolgere, motivare, emozionare (Puttilli, 2014). Anzitutto per l’approccio multimodale in cui vi è compresenza di video, fotografia e testo. In secondo luogo, per il suo andamento non lineare, che permette di esplorarlo creando un proprio percorso di naviga- zione, stimolando così anche la creatività di docenti e allievi. Per queste ragioni costituisce un ottimo supporto anche rispetto alle “uscite” virtuali di cui abbiamo parlato in precedenza (par. 2).