di Angela Alaimo * e Silvia Aru **
2. Narrare il territorio a scuola: quali strumenti possibili?
La capacità di comprendere ed analizzare territori vicini e lontani è una competenza geografica attesa a conclusione del percorso scolastico. Se scorriamo l’evoluzione delle indicazioni ministeriali, ritroviamo che l’inse- gnamento della geografia viene considerato come «luogo privilegiato per affinare ed integrare le competenze geografiche» (d.p.r. 15 marzo 2010, n. 87, articolo 8, comma 6 p. 29) attraverso diversi strumenti, tra i quali il la- boratorio. Quest’ultimo viene concepito come «centro di documentazione, sul territorio e nel territorio, che favorisce il dialogo con il mondo esterno, anche attraverso attività mirate consente l’utilizzo dei vari linguaggi (grafi- co, numerico, visivo, spaziale, sociale, ecc.) in una ricomposizione unitaria dei saperi» (d.p.r. 15 marzo 2010, n. 87, articolo 8, comma 6 p. 29). Questa indicazione, unita alla competenza attesa a fine percorso dal d.m. 05/09/2014 («osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle varie forme i concetti di sistema e di complessità»), parla di “educare al territorio, educare il territo- rio”, per riprendere il bel titolo del libro di Cristiano Giorda e Matteo Put- tilli (Giorda e Puttilli, 2011).
Come fare per tradurre questi intendimenti nella pratica didattica? Soffermiamoci, anzitutto, sugli strumenti che il docente può utilizzare per guidare i ragazzi a scoprire con occhi nuovi i territori della propria vita quotidiana, praticando l’esplorazione territoriale e stimolando lo sviluppo della capacità di narrare il territorio incontrato. Numerosi studi ed evidenze scientifiche hanno dimostrato che si apprende facendo e che imparare di- vertendosi attiva quella dimensione emotiva e quel coinvolgimento neces- sari ad ogni forma di apprendimento per competenze (Brusa e Cecalupo, 2000; Giorda, 2014a). La geografia è forse una delle discipline che più rac- chiude nella sua essenza la dimensione dell’esperienza. Grazie al suo essere trasversale, consente di sviluppare un approccio interdisciplinare che coin- volge anche gli altri insegnamenti del curricolo scolastico. Inoltre, essendo rivolta alla comprensione dei processi che trasformano quotidianamente i nostri contesti di vita, è profondamente portata ad avvicinare i ragazzi alla realtà, secondo le modalità del compito autentico, ribadite nelle Indicazioni nazionali nella forma laboratoriale di cui abbiamo appena parlato (Pasqui- nelli d’Allegra, 2008).
momenti a nostro parere fondamentali: il primo mira a fornire gli strumenti per incontrare il territorio, vale a dire comprendere cosa e come osservare; il secondo è rivolto ad imparare a riportare quanto osservato; il terzo, inve- ce, consiste nell’analisi dei materiali raccolti e nel decidere quale forma dare alle osservazioni effettuate, cioè la costruzione del racconto.
Rispetto alla prima fase, quella dell’esplorazione, il docente ha a dispo- sizione due strumenti: l’uscita sul campo e le uscite virtuali. Molti docenti lamentano il fatto di non poter organizzare uscite sul territorio per mancan- za di tempo da dedicare a questa attività o per le difficoltà organizzative e gli ostacoli burocratici a volte frapposti dalla dirigenza. Per questo, propo- niamo quella che abbiamo chiamato “uscita virtuale”, che può essere rea- lizzata in classe grazie alle tecnologie informatiche oggi a disposizione del
docente2. Non si otterranno sicuramente gli stessi risultati, ma sarà comun-
que possibile ovviare al limite del non poter esplorare fuori dalla scuola, creando in classe dei laboratori di esplorazione virtuali, comunque utili per praticare un nuovo modo di fare geografia (De Vecchis, 2016). Niente però può sostituire l’esperienza del corpo che si muove nello spazio con la mul- tisensorialità che attiva straordinarie potenzialità di apprendimento.
Gli strumenti che proponiamo di utilizzare sono una “semplificazione” della “valigia del geografo”, vale a dire di tutti gli strumenti che il ricerca- tore utilizza nel momento in cui studia i fenomeni geografici sul campo. Si tratta di metodi mutuati dalla geografia qualitativa e dalla ricerca etnografi- ca (Alaimo, 2012). Nell’uso didattico non perdono la loro efficacia, pur essendo proposti in forma semplificata. Ci soffermeremo sull’uscita didatti- ca, fondamentale nel tipo di lavoro di cui stiamo parlando, indicandone le modalità di preparazione e di somministrazione e presentando poi un esem-
pio relativo ad un lavoro realizzato con un gruppo classe3.
L’uscita sul territorio va preparata con cura dal docente sia nella scelta del fenomeno che si intende osservare sia rispetto agli ambiti spaziali più idonei all’esplorazione. Come prepararla? Come preparare i ragazzi prima? Cosa far fare ai ragazzi? Quali materiali portare? Che indicazioni dare pri- ma dell’uscita? Cosa fare dopo, al ritorno in classe?
Come suggerisce Lanza Dematteis (2004), è utile per il docente fare un
2 Gli strumenti informatici che possono essere utilizzati sono molteplici: da Google
Earth a Tourbilder per costruire viaggi virtuali. «Si tratta di globi (Google Earth e Nasa World Wind) e mappamondi (Google Maps e Bing) virtuali molto intuitivi, che non richie-
dono competenze tecniche specifiche […]» (Pesaresi, 2016, p. 125).
3 Molti sono i riferimenti per approfondire come realizzare l’osservazione diretta e l’im-
portanza dell’escursione sul terreno. Su confronti: De Vecchis e Staluppi, 1997, pp. 83-98; Pasquinelli d’Allegra, 2011, pp. 63-65; Pasquinelli d’Allegra, 2016, pp. 73-77 e pp. 113- 117.
sopralluogo nei luoghi dell’uscita, decidere un percorso e le tappe fonda- mentali per preparare i ragazzi (p. 194). In classe, invece, è importante de- dicare un momento alla preparazione del compito da svolgere, suddividen- do i ruoli e i compiti in modo organico nel gruppo classe: il che significa creare dei piccoli gruppi di massimo tre studenti nei ruoli di cartografi, di- segnatori, fotografi, intervistatori, cronisti e osservatori. I cartografi si oc- cuperanno di segnare sulla carta il percorso e i luoghi osservati, trovando le corrispondenze tra carta e realtà. È altresì possibile – se si desidera utilizza- re lo strumento delle mappe mentali (Bignante, 2011) – far tracciare il per- corso su fogli bianchi e poi ricostruire insieme a tutti gli studenti il percorso effettuato, aiutandosi al rientro in classe anche con la LIM. I disegnatori affiancano i cartografi, scegliendo in ogni tappa un elemento significativo da riprodurre. I fotografi avranno il compito di riportare attraverso le im- magini quanto osservato. È utile, in questo caso, dare un’indicazione su un numero massimo di fotografie da fare in ogni tappa, per evitare che i picco- li esploratori si perdano il senso del compito, rapiti dal mezzo visuale. Sa- rebbe meglio suggerire di scegliere insieme cosa fotografare, indicandone il motivo che sarà poi ripreso come didascalia. Gli intervistatori avranno il compito di preparare una traccia di intervista sul tema indagato e di intera- gire con gli abitanti incontrati per ottenere informazioni dirette “sul cam- po”. Il cronista e l’osservatore hanno un ruolo per certi versi meta-co- gnitivo, rispetto all’esplorazione. Il cronista riporta cosa succede a grandi linee, indicando il tempo, i luoghi di sosta, le persone incontrate. Redige “nel fuoco dell’azione” una sorta di diario di bordo che andrà poi rielabora- to nella fase successiva (Alaimo, 2012). L’osservatore, infine, osserva co- me si sta lavorando, prende appunti rispetto al come stanno andando i lavo- ri nei diversi gruppi, a cosa succede mentre si intervista, come lavorano i fotografi e via dicendo. Si tratta di un ruolo molto importante che andrebbe attribuito agli studenti dotati di maggior capacità di concentrazione e di riflessione. I ragazzi durante l’uscita dovranno portare un block-notes e una penna, un blocco da disegni, la macchina fotografia e la carta fornita dal docente.
Al ritorno in classe, gli studenti avranno raccolto una moltitudine di ma- teriale grezzo che va organizzato e analizzato. Si tratta di scegliere come descrivere quanto osservato, di creare una sorta di racconto che riesca a riportare le osservazioni fatte sul campo. Sarà un racconto fatto di parole, immagini, suoni ed emozioni capace di rivelare al docente non solo e non tanto il tema dell’osservazione territoriale proposta, ma anche il modo in cui i ragazzi sono riusciti ad osservare. La scelta di quali materiali includere e quali scartare è un momento fondamentale per la costruzione del “raccon- to di classe”. Si tratta di decidere insieme e non sempre è facile. I diversi
mezzi utilizzati per la raccolta delle informazioni saranno utili per dare forma a quanto osservato, tentando di non far prevalere un tipo di rappre- sentazione sull’altra. Il ruolo del docente sarà di tipo ermeneutico, una gui- da all’ascolto di quanto emerge, capace di orientare e dare senso alle osser- vazioni fatte dai ragazzi, senza intervenire in modo direttivo, anche quando si trova in disaccordo. Che tipo di rappresentazione uscirà da questo lavo- ro? Il risultato sarà la rappresentazione condivisa di quel gruppo classe, uno spazio osservato dal punto di vista dei ragazzi che racchiude sogni, desideri e proiezioni che i discenti fanno inconsapevolmente sullo spazio osservato e vissuto.
Un elemento fondamentale per la riuscita di questo lavoro è la chiarezza nella consegna, il costruire domande capaci di guidare l’osservazione, la creazione eventualmente anche di griglie utili a guidare il lavoro. Fornire- mo nel quarto paragrafo un esempio di quanto appena esposto, presentando un progetto di esplorazione territoriale svolto a Rovereto in classi di scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado che riteniamo possa essere un utile esempio da riproporre (ricalibrandolo rispetto alle specificità locali) anche in altri contesti. Il progetto è stato citato, ma non approfondito, du- rante l’Officina didattica Auto-narrazioni tenutasi durante il 59° Convegno Nazionale AIIG Geografie diseguali (Roma, 2016) sui cui contenuti con- centreremo ora la nostra attenzione.