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La gestione della transizione

Si è parlato spesso di Napoleone giornalista. Già Chateaubriand in

De Buonaparte et des Bourbons evidenziava, con il solito sprezzo, il

gusto di Napoleone per la scrittura giornalistica, che accomuna alla ‘bassa letteratura’: “Enfant de notre révolution, il a des ressemblances frappantes avec sa mère: intempérance de langage; goût de la baisse littérature; passion d’ecrire dans les jornaux”21. Si può però più am-

piamente mettere in risalto un uso dell’informazione e un pilotag- gio dell’opinione pubblica che. acquista quantità e qualità del tutto inedite nel quadro della politica napoleonica, di quello che forse si

21 F.-R. de Chateaubriand, Di Buonaparte e dei Borboni (1814), a cura di C.Garboli, Milano, Adelphi, 2000, p.100.

può effettivamente definire una sorta di protototalitarismo su base mediatica. La centralità e costanza della pressione sull’opinione pub- blica inaugurata da Napoleone è registrata dagli osservatori coevi: in maniera ricorrente e frammentaria da de Silva, con più solida analisi da altri. Di grande interesse in proposito è l’anonimo Prospetto po-

litico dell’Europa nell’anno 1805, e primi tre mesi del 1806, edito a

Palermo22.

Questo sguardo all’Europa in prospettiva legittimista traccia un’ana- lisi del fenomeno Bonaparte che precede in molti atteggiamenti e an- che molti topoi (l’immagine del sovrano / attore ad esempio) quella posteriore di quasi un decennio di De Buonaparte et des Bourbons (e che quindi ci aiuta a leggere più correttamente Chateaubriand alla luce della precedente libellistica antinapoleonica). E nel supplemen- to al pamphlet di Chateaubriand titolato Buonapartiana, con ica- stica lucidità si disegna l’aura di mistificazione che disegna la figura di Napoleone23. Lo scritto si apre proprio con la constatazione che

la distanza storica è necessaria per poter finalmente “scoprir cose segrete”, rimaste nascoste nonostante le numerosissime e palesi te- stimonianze a causa del potere enorme di Napoleone e del “tremor generale”, a causa quindi di un “magico muro” di incredulità e igno- ranza “che impediva la libera generale comunicazione”.

Nella corposa riflessione sull’ascesa di Napoleone svolta nel

Prospetto risalta il ruolo centrale assegnato ai giornali. Anzi, gran par-

te dello scritto è dedicato a smontare l’abile tattica mediatica usata da Napoleone, e a far ‘parlare’ i fatti. “Invano i giornalisti, e gli autori delle note insidiose del Monitore si studiano di violentare l’opinion pubblica… Se i fatti non parlassero ancora più solennemente delle Gazzette, chi oserebbe alzar su, e smuovere, quell’immensa mole di

22 Prospetto politico dell’Europa nell’anno 1805, e primi tre mesi del 1806, Palermo, Reale Stamperia, 1806, tradotto dal francese.

23 Buonapartiana, ossia Raccolta d’aneddoti e tratti curiosi inediti o poco noti, p. 16 ss. (si tratta di un supplemento alla traduzione italiana di De Buonaparte, stampata a Milano nel 1814).

lodi, e di adulazioni, sotto la quale è sepolta questa verità”24 (che

Napoleone si proclama pacificatore e invece è animato da cupidigia sconfinata).

E l’anonimo autore del Prospetto aggiunge, quasi stigmatizzando le banalizzazioni dell’histoire-bataille:

Osservatori politici, che solo tenete conto delle battaglie, delle marce ardite, o delle astute negoziazioni, dovete […] esaminare quest’uomo straordinario. Vedetelo in mezzo del suo consiglio, donde per tutti i punti del suo impero partono istruzioni, or- dini, minacce, e ricompense; vedetelo con i suoi ministri, che dirigon l’opinion pubblica, l’accarezzano, la cangiano. Ei nulla trascura, e si serve di tutto: in seguito dei suoi ordini gli scritti pubblici preparano le idee, le pastorali dei vescovi parlano al cuore dei fedeli, gli uomini di lettere allo spirito, i prefetti agli amministratori, i teatri a tutti gli oziosi; e spargendo dappertut- to per gli stessi oggetti le stesse idee, i costernati si rassicurano, gl’indecisi si fan strascinare, gl’indifferenti si commuovono, e la Francia intera, elettrizzata da un’estremità all’altra, si solleva furiosa contro l’Inghilterra, mal conoscendo il conduttore, che tiravale addosso il fulmine25.

L’incertezza in quegli anni riguarda, ovviamente, non solo i confini e le persone dei sovrani, ma anche le forme di governo, a partire dalle rapide metamorfosi politiche della Francia. Vari sono gli strumenti dell’articolata tattica mediatica che precede, giustifica e accompa- gna l’intenso cambiamento politico: i riti pubblici, religiosi e civili, i proclami con le loro formule, insieme a canali almeno formalmente meno ufficiali come appunto i giornali, ma anche scritti anonimi che si fanno circolare. De Silva registra gli avvenimenti toscani leggendo- li sempre in rapporto alle vicende francesi e al mobile sfondo italiano ed europeo. Ad esempio nel febbraio 1801 un anonimo informatore gli scrive che “Bonaparte è finalmente a Lione tra le acclamazioni degli Adulatori. Egli il giorno 9 di dicembre tentò un nuovo passo

24 Prospetto politico, cit., p. 30. 25 Ibid., p. 60.

per assicurare la sua dispotica Autorità, e questo produsse la mala in- telligenza de’ Generali. Egli fece sentire al Senato Conservatore, che la tranquillità della Francia richiedeva, che si dichiarasse ereditaria la carica di Primo Console. Nulla si è ancora determinato di ciò, ma tenetelo per sicuro, che sarà”26.

Tornando alla Toscana, nel periodo intorno all’arrivo dei sovrani etruschi numerosi sono i proclami che offrono informazioni circa le intenzioni dei Francesi e anche una chiave di lettura politica de- gli avvenimenti. Nel marzo 1801, con un proclama che de Silva da Napoli si premura di trasmettere ad Acton27, Murat invita i napo-

letani e romani rifugiati in Toscana a tornare in patria assicurando che non succederà loro nulla. Li esorta a non concepire ‘progetti funesti’, nocivi a loro stessi e alla patria. “Il nostro esempio può farvi conoscere, ciò che costano le rivoluzioni. Riflettete che egli è della loro essenza il produrre delle simili disgrazie, e che il Cielo non sem- pre ha un Uomo di genio per le arrestarne le ruine, o per fissarne li risultati. La nostra Istoria deve istruire i Depositarj delle Autorità del modo di governare con giustizia per prevenire gli effetti terribili dell’indignazione de’ Popoli. Essa deve similmente far apprendere ai Popoli, a rispettare i depositarj della autorità, per evitare di precipi- tarsi nei disordini dell’Anarchia”.

Allocuzioni anonime, che possono permettersi un giudizio sui pas- sati governi, facendo nome e cognome (e usano anche l’argomento economico), integrano il tono più ingessato dei proclami. De Silva riporta un’allocuzione al popolo toscano del luglio 1801, stampata a Genova, a firma de “L’Amico della Patria, e Suddito fedele”. Si tratta di propaganda filofrancese a favore della coppia reale nei giorni pre- cedenti all’arrivo in Toscana: con Ludovico

ritornerà la Giustizia, l’Equità, la Pace […] Ricordati o Popolo Toscano dell’oppressione, dell’orrore, dell’esterminio che ca- gionò in tante famiglie il Governo Senatorio […] Governo 26 ASN, Ministero Affari Esteri, f. 3074.

27 Con lettera del 30 aprile 1801. Nella copia non è riportata la data del procla- Con lettera del 30 aprile 1801. Nella copia non è riportata la data del procla-Con lettera del 30 aprile 1801. Nella copia non è riportata la data del procla- ma (ibid.).

scolpito dal Fato in dura selce, con penna di piombo […] La Barattina, la Vendetta, la Crudeltà, che guidate dall’Ignoran- za de’ Governanti, regnavano sfacciatamente […] Rammenta il disprezzo delle Leggi, l’abuso della Potestà, il disordine, l’anarchia, alla quale tu foste soggetto; rammenta l’orribile Delegazione, l’odioso Cremani, le sue inique sentenze, le sue concussioni, le sue scelleraggini. […] Cosa puoi sperare dalla Democrazia? Non è questo un governo adequato alle tue circo- stanze; vedeste pure, che mentre tre Democratici dirigevano lo Stato, furono dissipate le tue ricchezze, aumentato il disordine, protetto l’egoismo, delusi i tuoi desiderj. Cosa puoi sperare da Ferdinando? Sempre troppo buono, sempre soggetto all’altrui volontà, sempre parziale della Nobiltà, sempre all’oscuro del vero, sempre privo di buoni Ministri, sareste sempre oppres- so dalla più perfida Aristocrazia, dal più Barbaro Dispotismo […] il Governo Provvisorio […] pieno di rabbia, e di rancore perseguita ancora le opinioni, gli affetti, le antiche inclinazioni; vedi il disordine, la desolazione cagionata dalle di lui massime indegne, dalla capricciosa sua reazione. Vedi, come abbia di- strutto l’antico Tempio, per farne uno nuovo, che da lui dipen- da, che protegga le sue mire, le sue segrete vedute […] Questo governo è in intesa con i ricchi e potenti che vendono le derrate al quintuplo […] Questo principe giusto bandirà l’egoismo, la prepotenza; regolerà le leggi con l’equità; proporzionerà i prezzi, colle mercedi, e supererà le barriere, che sono erette contro la tua sussistenza28.

Diverso il tono del nuovo proclama di Murat, di questi stessi gior- ni: “Toscani Voi siete distinti fra i Popoli per il Vostro attaccamen- to alla Monarchia. Un Re Vi annunzia, ch’Egli viene a prendere le Redini dello Stato […] da che io comando fra voi… il rispetto delle Proprietà, e delle Persone è stato mantenuto […] Il Vostro Re terminerà di cicatrizzare le piaghe della Guerra. Toscani, Voi dove- te vedere nei Francesi un Popolo Amico, che sa rispettare presso le Nazioni Straniere i Principi monarchici”29. Le acrobazie linguistiche

28 Ibid. (lettera dell’8 agosto 1802).

di quest’ultima frase riflettono bene l’avanzamento della transizione dalle forme repubblicane a quelle monarchiche.

A più riprese de Silva sobriamente registra il malcontento dei de- mocratici rispetto alla piega che stanno prendendo le cose, spesso riportando brani di missive intercettate. Nell’agosto 1801 riporta brani di una lettera spedita da Parigi da un patriota toscano a un suo compatriota in Firenze: “Le ombre che han coperto con la più miste- riosa densità la politica dei Gabinetti europei, sembra che sieno sul momento di dileguarsi. Lo squarciamento di questo velo incantato non può che formare lo stupore del mondo. Amico, la vastità di pro- getti de’ buoni Repubblicani è sul punto di rimanere delusa per sem- pre”. Le potenze belligeranti hanno ingannato i popoli, non ultimo il Primo console (chiamato anche, con efficace ossimoro, ‘Despota Repubblicano’). “La Cisalpina, che all’occhi delli affascinati sembra prossima all’apice della sua grandezza, è nel momento di stabilire un Governo permanente, e costante, e secondo i più avveduti è nella sua mortale agonia. […] La sola mano di un Bruto […] Ma chi è tra noi tale, se non chi se ne approprj la virtù senza averne il Coraggio? Amico, l’Etruria avrà un principe, la Cisalpina un Re”. Un anno dopo de Silva riferirà della lettera dell’Aldini, quasi disperata.

E proprio nell’estate 1802, nel periodo che precede immediata- mente la partenza di Ludovico per la Spagna, circola un foglio con due notizie uscite sulle gazzette parigine, ma non riportate sulla Gazzetta di Toscana (e infatti de Silva annota: “Non so per altro quale grado di autenticità possa darsi” a questo foglio). Una notizia è relativa a una pesantissima legge spagnola sulla censura, l’altra, del 19 luglio, alla virata verso l’Impero, illustrata da una lettera (fitti- zia stavolta) da Amburgo: “Secondo i nostri profondi Pubblicisti. la Francia dovrebbe aggiungere al nome della Repubblica, che ella tiene dalla sua revoluzione, il titolo maestoso d’Impero che sem- brano meritarle la sua militar fortuna e la sua politica supremazia”. Il nuovo tipo di stato designerebbe una “riunione di stati liberi fra

P. Marmottan, Le Royaume d’Etrurie (1801-1807), Paris, Paul Ollendorff editeur, 1896, p. 78 s.

loro”, ma con la supremazia di uno (“influenza protettrice di un essere più potente”: questa definizione sarà riecheggiata nel più tar- do appellativo di Protektor assunto da Napoleone rispetto agli stati della Confederazione renana). Quindi si dovrebbe dire l’”Impero e la Repubblica de’ Gauli”. Ma come designare Bonaparte? La paro- la “console” è desueta, e poi non s’addice alla perpetuità. Meglio: il “Sublime Presidente dell’Impero e della Republica de’ Gauli”! Il secondo console diventerebbe Arcicancelliere inamovibile, il terzo console Arcitesoriere. Il Senato dovrebbe diventare Augusto Senato dell’Impero, con il compito di votare le contribuzioni pubbliche. “Un Collegio di Leggi dovrebbe tener luogo di que’ Corpi, il cui solo nome sembra un talismano rivoluzionario”. Il nuovo organo le- gislativo sarebbe composto di giuristi, negozianti, letterati, nominati dal Presidente30. Le fantasiose esercitazioni di terminologia politica

raggiungono qui il vertice.

Ma nel 1804, quando l’Impero è una realtà, de Silva – che ora scrive a Micheroux – riferisce opposte reazioni. Dalla corte toscana un corriere giunge a Parigi ”con le sue congratulazioni a quel nuovo Imperatore. Sperasi, che una delle prime Imperiali beneficienze, sarà quella di al- leggerire la Toscana, dall’intollerabile peso delle Truppe Straniere”, che invece vanno aumentando. de Silva a distanza di un mese parla anche del malcontento delle truppe francesi nella Repubblica Italiana, come in quella batava, per l’Impero: ”malvolentierosa adesione al nuovo or- dine di cose”. E viene alla ribalta il problema del destino della stessa Repubblica italiana: a Milano si attende infatti la decisione dell’Impe- ratore. Sul ‘segreto lavoro’ fatto per suo ordine dalla Consulta di Stato: “non possiamo dubitare, ch’egli conservi la forma repubblicana, che siasi lasciato in bianco il titolo che convenga al Primo Magistrato” e chi debba essere. Alcuni ambasciatori presentano le credenziali al nuo- vo imperatore, altri no: un messaggio politico chiaro. Intanto, riferisce de Silva, Napoleone Imperatore non può più firmare più le carte della Repubblica Italiana come Presidente! Ora le firma solo Melzi31.

30 ASN, Ministero Affari Esteri, f. 3074. 31 ASN, Ministero Affari Esteri, f. 3075.

Il cambiamento politico è anche cambiamento terminologico. Si cercano nomi nuovi per soluzioni politiche nuove, ma il cambia- mento terminologico può anche precedere quello politico, oppure mascherarlo, mistificarlo. Dal versante legittimista si sottolinea, a fronte dei nuovi nomi del potere, la continuità tra fase repubblicana e fase imperiale, fra rivoluzione e Napoleone (altro motivo questo che Chateaubriand riprenderà): “Quell’Impero, tira ancora tutti i suoi mezzi energici dagli espedienti rivoluzionari della repubblica, che sembra essere stata abrogata […] Disparirono le parole, le cose restano”32. Proprio in questa transizione dagli assetti repubblicani

alla rinnovata monarchia si evidenzia un’inedita polisemia del lin- guaggio politico, che i contemporanei registrano con stupore. Al periodo rivoluzionario soprattutto si deve la proliferazione di nuovi concetti e termini, al passaggio fra repubblica e impero l’ostensio- ne della loro ambiguità. La transizione napoleonica – al cuore della ‘transizione sette-ottocentesca delle società europee’33 – è sintomo

ma anche causa della polisemia (Vieldeutigkeit) delle concettualità politiche moderne che Koselleck evidenzia34.

Parole e cose. Anche gli oggetti cambiano: forma, luogo, funzio- ne. O meglio: il cambiamento politico coinvolge una molteplicità di linguaggi, non necessariamente verbali. Dal suo osservatorio pri- vilegiato de Silva registra con grande attenzione quanto chiamerei ‘linguaggio degli oggetti’, che hanno valenza politica meno esplicita ma non per questo meno forte.