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La Spagna di Carlo IV e il Regno d’Etruria Rapporti e protagonist

Questo convegno, dal titolo Spagnoli a Palazzo Pitti, vuole dedicare uno sguardo ad un periodo breve ma importante nel divenire storico della Toscana: la fine del Settecento e i primi sette anni dell’Otto- cento. Il punto centrale di questo nostro convegno è una creazione effimera; il regno dell’Etruria è una realtà storica che oggi, al di fuo- ri del mestiere dello storico, risulta quasi incomprensibile per una percentuale molto significativa dei cittadini italiani e per la quasi totalità degli spagnoli dei nostri giorni.

Prima di presentare un riassunto sulla politica estera della Spagna di Carlo IV e soprattutto sui suoi rapporti con la Francia del Direttorio e poi con l’Impero napoleonico, vorrei dedicare un minimo di spa- zio ai suoi protagonisti, considerando le notizie sulla vita quotidia- na delle diverse famiglie della dinastia, quali alleanze matrimoniali, problemi di frontiere, repressione del pensiero rivoluzionario o pre- senza di rifugiati francesi esuli della rivoluzione, che ci vengono da una folta documentazione archivistica. Ma credo che nessuna de- scrizione possa essere forse più precisa e suggestiva che il formidabile ritratto della famiglia di Carlo IV opera di Francisco de Goya1. Non

parlerò qui del Re Carlo IV, figlio di Carlo III e di Maria Amalia di Sassonia, nato a Napoli e ivi deceduto nel gennaio 1819, quan-

1 Con il re Carlo IV e la regina Maria Luisa, vi sono Carlota Joaquina, nata nel 1775, regina di Portogallo dal 1816, Maria Amalia (1779), sposata con suo zio l’Infante Antonio Pascual, fratello di Carlo IV, morta prematuramente, Maria Luisa (1782), la futura regina d’Etruria, Fernando (1784), il futuro re Fernando VII, Carlos Maria Isidro (1788), pretendente al trono alla morte di Fernando VII, Maria Isabel (1788), futura regina di Napoli e Francisco de Paula (1794).

do dall’esilio romano andò a visitare suo fratello, il re Ferdinando II di Napoli. Ci interessano invece in modo particolare tre figure: la regina Maria Luisa, l’Infanta Maria Luisa e l’Infante Ludovico di Parma. La regina Maria Luisa era figlia dell’Infante Filippo, so- vrano dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla e ultimogenito di Filippo V e di Elisabetta Farnese. Il suo matrimonio con Carlo IV di Spagna continuava la tradizione spagnola delle unioni matrimo- niali tra cugini. Da questa unione la regina Maria Luisa ebbe tredici figli, dei quali ne sopravvissero solo sette. La seconda delle figlie, Maria Luisa, nata nel 1782, andò in sposa al cugino Ludovico di Parma e naturalmente si trova al centro della nostra attenzione. Tra le diverse biografie dell’Infanta vorrei ricordare quella di Sixto de Borbón Parma, Maria Luisa, Infanta de España, Reina de Etruria

(1782–1824)2. Vorrei ricordarla in questa occasione soprattutto per

la personalità del suo autore, figlio di Roberto di Parma e dell’In- fanta di Portogallo María Antonia. Roberto era pronipote di Maria Luisa e figlio di Carlo III di Parma, sposato con Maria Teresa, unica sorella del conte di Chambord. Consolidata l’Unità d’Italia, Roberto dovette scegliere con urgenza un luogo dove andare in esilio e lo tro- verà a Venezia. Qualche anno più tardi il suo ritiro sarebbe divenuto il castello di Schwarzau, in Austria. Nella loro condizione di Infantes

di Spagna, Roberto e suo fratello Enrico si trasferirono in Spagna

per partecipare alla guerra civile, combattendo nelle bande carliste, in quanto fratelli di Margherita, la moglie del pretendente carlista Carlo VII. Tornato in Italia alla fine della sua vita, Roberto morirà a Viareggio nel 1909.

L’Infante Ludovico era figlio di Ferdinando, Granduca di Parma, nipote di Filippo e di Luisa Elisabetta, nota come “Madame Infante”, e fratello della regina Maria Luisa di Spagna. Di conse- guenza era nipote di Filippo V di Spagna e di Luigi XV di Francia. Nato a Piacenza il 5 Aprile 1773, nelle previsioni matrimoniali del- la corte spagnola e soprattutto della regina Maria Luisa era desti-

2 Sixto de Borbón Parma, Maria Luisa, Infanta de España, Reina de Etruria

nato a sposare l’Infanta Maria Amalia, secondogenita della coppia reale. A tale scopo, i Reali invitarono l’Infante a ricevere la sua for- mazione in Spagna, dove arrivò nella primavera del 1794, in com- pagnia di un ministro di suo padre, il conte Cesare Ventura. Ma le preferenze dell’Infante si concentrarono sulla persona dell’Infanta Maria Luisa, che, secondo la comune opinione della corte, non era un modello di bellezza e neppure di intelligenza e formazione. La vittima designata in questa situazione fu la sorella di Maria Luisa, María Amalia, destinata quindi a sposare suo zio, l’Infante Antonio Pascual, fratello di Carlo IV, di un grado di stupidità insuperabile. L’unione degli Infanti Ludovico e Maria Luisa ebbe luogo il 25 Aprile 1795, quando l’Infante aveva ventidue anni e la sposa sol- tanto tredici.

Continuando la tradizione, nel maggio 1794 Parma aveva fir- mato un trattato segreto di alleanza con l’Austria. Come scrisse Henri Bedarida, sottolineando le sue conseguenze, “le jeu de Don Ferdinando et de la diplomatie parmessane dans la négotiation qui allait s’ouvrir devait consister à ne pas faire état de cet acte et à lais- ser croire que le Directoire pouvait reprocher seulement à l’Etat de Parme des manquements insignifiants à la neutralité”3. L’anno 1796

disegna sul piano internazionale l’asse di una linea di comporta- mento della politica spagnola, chiaramente sottomessa all’amicizia e all’alleanza con la Francia del Direttorio, in un quadro in cui l’Ita- lia continuava a trovarsi al centro degli interessi della monarchia. Come scrive uno studioso della figura di Manuel Godoy, Emilio La Parra, l’Italia “era el único lugar donde cabía ejercer cierta influen- cia y, además, se partía de la ventajosa situación de disponer de dos Estados, Nápoles y Parma, íntimamente relacionados con la casa rei- nante en España”4. Non possiamo dimenticare quello che abbiamo

sottolineato, cioè che Ferdinando IV, re delle Due Sicilie, era fratello

3 Cit. in J. Berte – Langereau, L’Espagne et les derniers jours du Duché de

Parme, in «HISPANIA», LV (1954), pp. 227-338.

4 E. La Parra Lòpez, La alianza de Godoy con los revolucionarios, Madrid, CSIC, 1992, p. 43

di Carlo IV e il Gran Duca Ferdinando I di Parma lo era della regi- na Maria Luisa. Uno studioso della chiesa spagnola del Settecento, Rafael Olaechea, nella sua biografia del cardinale Lorenzana, mor- to a Roma, ricordava che “la política española en Italia en realidad no era sino la política dinástica – familiar, casera, de la reina María Luisa, preocupada por la integridad territorial del ducado de Parma, “finca” destinada a su hija María Luisa que, en agosto de 1795, se había casado con el Infante Luis”5.

Nel maggio 1796, in una lettera a Manuel Godoy, l’Infante Ferdinando considerava che “las cosas del Piamonte van que no puede ser peor”6 e pochi giorni più tardi comunicava al governo spa-

gnolo la vicinanza delle truppe francese ai sui territori: “Desde ayer aparecieron en el Castil San Juan mi limítrofe con el Rey de Cerdeña unas tropas francesas, pidiendo alojamiento y lo que les necesitaba”7.

Il 7 maggio le truppe francesi sotto il comando del generale Lannes entravano in Piacenza. L’immediato armistizio che Parma firmò con il Direttorio francese fu altamente oneroso, non soltanto dal punto di vista strettamente economico come lo stesso Duca comunicava: “Lo que también me oprime son los cuadros que debo dar, prin- cipalmente si me quitan el famoso cuadro del Correggio llamado el San Jerónimo que está en nuestra Academia y si lo perdemos, se pierde un lustre de la ciudad (…) Como Príncipe, le escribo a V.m. con las lágrimas en los ojos y en todo me abandono a su amistad y a su intención para con los Reyes”8. Tutta la corrispondenza dei giorni

succesivi mostra una situazione certamente drammatica: “Estamos reducidos a la mendicidad y a morirnos de hambre no teniendo más pan. Mis pueblos han dado todo lo que tenían, yo he empeñado mis joyas y estoy para vender mi plata, con que yo y mi familia comere-

5 R. Olaechea, El cardenal Lorenzana en Italia (1797-1804), Ión Fray Bernardino de Sahagún de la Diputación provincial, 1980, p. 36

6 Archivo Histórico Nacional, Madrid. Papeles Reservados, leg. 74. 222, cit. en Berte – Langereau, L’Espagne et les derniers, cit., p. 8

7 Ibid., p. 11 8 Ibid., p. 22

mos en la tierra. Por caridad, vea V.m. el remedio a esto pues cada día que se tarde es para nosotros un golpe mortal”.

Per quanto riguarda il ruolo del governo di Carlo IV e del favorito Godoy nei suoi rapporti con il Primo Console, il centro degli inte- ressi francesi era un importante territorio americano, la Luisiana, che poteva diventare un’ottima base per garantire la sicurezza e l’ap- provvigionamento delle Antille francesi. Mentre per gli interessi del- la politica di Godoy, la Luisiana era semplicemente un mezzo di scambio, dal quale ottenere il maggior profitto possibile. Il primo ottobre 1800, nel trattato firmato nel palazzo della Granja di San Ildefonso, una delle residenze preferite della monarchia borbonica, ebbe luogo la transazione. Nei preliminari del trattato, la Repubblica Francese insediava sul trono del nuovo regno di Etruria l’Infante don Luis, sposato con la figlia di Carlo IV. In una lettera a Godoy, la regina María Luisa perorava le ragioni di questa politica: “Los hijos son los que me importan colocar; que no pidan limosna ni se queden aquí a nuestras costillas (…) No nos hemos de quedar con esta carga aquí, que ya sabes, Manuel, que lo es y grande (…) que deseo se establezcan con decencia mi hija y mi nieto y que se vayan de aquí”. Nella visione storiografica e nella base documentale dell’Archivio Storico Nazionale di Madrid si può vedere chiaramente il prima- to degli interessi familiari e dinastici dei Borboni sulle situazioni e i conflitti internazionali con l’Impero austriaco, con la Repubblica francese o poi con l’Impero napoleonico. Dinnanzi all’Europa creata da Napoleone, Carlo IV e María Luisa consideravano prioritari gli interessi familiari, soprattutto per quanto riguardava l’Italia e i ter- ritori italiani che erano stati parte della Corona di Spagna. Da que- sta prospettiva sono perfettamente comprensibili le parole di Maria Carolina di Napoli quando nel maggio 1799 scriveva: “Nuestros pe- ores enemigos, los españoles”, soprattutto alla luce del mutismo del governo di Madrid riguardo all’armistizio stabilito tra la Repubblica Francese e i napoletani a Foligno il 18 febbraio; una pace forzata che Maria Carolina giudicava “infame, fatal, execrable, monstruo- sa”, tanto che sul vero proposito di questa politica aggiungeva questo commento: “Colocar al yerno: he ahí el objetivo que Su Majestad

Católica asignaba a su política, en vísperas del día en que iba a ser concertada la paz, que fijaría, tal vez por mucho tiempo, el mapa de Europa”.

Il problema risiedeva nel fatto che i vecchi modelli dei Patti di Famiglia all’ordine del giorno dal tempo dei primi Borboni sul tro- no di Spagna erano diventati assolutamente inadeguati, soprattutto quando la stessa regina di Napoli era dichiaratamente antiborbonica e antifrancese. Di conseguenza il desiderio di Godoy di “conformar y hermanar (…) el interés y la política de las tres Casas de España, Nápoles y Etruria y conseguir que se adoptase por los tres Gabinetes un sistema uniforme” apparteneva a un’altra epoca.

Nella stessa occasione della firma del trattato di San Ildefonso, che trasferiva sotto la sovranità francese il territorio della Luisiana e dieci navi, si garantivano al duca di Parma 1.200.00 franchi al mese. Nella proposta di Bonaparte si avanzava la possibilità di ingrandire il regno d’Etruria con il ducato di Parma, in cambio dell’aggiunta del terri- torio della Florida alla Luisiana, ma la risposta negativa della Spagna pose fine a questo ambizioso progetto napoleonico.

La pace di Lunéville (9 febbraio 1801) ratificó, peggiorandole, le clausole della pace di Campoformio: ingrandimento della Repubblica Cisalpina, conseguenza dell’annessione del Novarais al Piemonte e delle Legazioni attirate verso la Santa Sede.

Il 21 febbraio 1801 il primo console comunicava all’ambasciato- re spagnolo la sua decisione; come egli stesso scrisse a Madrid: “El Primer Consul me respondió que estaba ya resuelto a poner desde luego sobre el trono de Toscana al Señor Príncipe heredero de Parma, a cuyo fin había deseado viniese Su Alteza Real a París, en donde sería tratado con el decoro debido y luego escoltado hasta Florencia, en donde se le pondría en posesión de sus nuevos Estados y con el título de Rey”.

In un recente articolo, Marcella Aglietti riporta la testimonianza di un prolifico memorialista, Giovanni Battista Santoni, autore di 14 volumi manoscriti contenenti notizie e vicende livornesi e toscane dal 1796 al 1814. L’immagine che offre della Spagna è quella di un paese in irreparabile decadenza, “un paese sentito come la quintaes-

senza dell’arretratezza e dell’oscurantismo, dominato da una fami- glia reale ottusa e considerata indegna del ben più amato Carlo III”. Il giudizio su Carlo IV è estremamente negativo, sopra di lui fa rica- dere la responsabilità “dei raggiri infami per spossesare del legitimo patrimonio l’arciduca gran duca Ferdinando III di Toscana”.

Dopo il trattato di Aranjuez, Carlo IV aveva intimato a sua figlia Maria Luisa e al genero Luigi di intraprendere immediatamente il viaggio verso i loro Stati, consigliando una breve sosta a Parigi per rendere omaggio a Napoleone, cosa certamente poco gradita ai nuo- vi sovrani d’Etruria. Pochi giorni più tardi nel corso di una festa celebrata a Neuilly in loro onore, l’Infante Luigi ballò con Paolina Bonaparte e Napoleone con la regina d’Etruria. Ma la salute dell’In- fante non era abbastanza buona come si può constatare dalla do- cumentazione dell’epoca. L’ambasciatore spagnolo a Parigi, José Nicolás de Azara, comunicava il 24 giugno: “El Rey yendo antes de ayer a la Malmaison tuvo en el coche un ataque de convulsiones que nos asustó un poco al principio, pero que pasó luego y pudimos con- tinuar el viaje y Su Majestad estuvo lo restante del día muy divertido en dicho sitio”.

L’anno 1806 significava l’inizio del processo di liquidazione del re- gno d’Etruria, coevo al piano di ripartizione del regno del Portogallo. Secondo Talleyrand un primo progetto era di attribuire il nord del Portogallo al re di Etruria, mentre il sud sarebbe andato a Manuel Godoy. Nel progetto di Talleyrand si aggiungeva che “si el rey de España lo deseaba, se le cedería la parte central de Portugal, con la ciudad de Lisboa”. Dai giorni della pace di Tilsit il futuro dell’Etruria restò totalmente legato a quello del Portogallo. All’inizio del 1807, il definitivo sacrificio della monarchia portoghese era l’unica via per compensare la reggente Maria Luisa della perdita del suo regno in Etruria. Nel giugno 1807 il trattato di Tilsit con Alessandro I di Russia marcò un giro nella politica di Napoleone verso la Penisola Iberica. Da questo momento il futuro della Toscana risultò total- mente legato al di Portogallo. Simultaneamente all’ultimatum por- toghese (settembre-ottobre) Napoleone avviava il suo “piano di liqui- dazione dell’Etruria”. L’opportunità immediata gli venne dal porto

di Livorno, centro di contrabbando, attività questa che Napoleone considerava causa sufficiente per un immediato smantellamento. Come scrive Berte–Langereau, “el asunto se llevó con el mayor se- creto, pues era esencial colocar a la Corte de Madrid ante el hecho consumado”. Il 29 agosto di quell’anno Livorno era nelle mani dei francesi.

Il 16 novembre Napoleone arrivò a Milano. La notizia del trattato di Fontainebleau e delle sue conseguenze per il trono d’Etruria fu ap- presa dalla reggente Maria Luisa il 23 novembre personalmente dal ministro D’Aubusson La Feuillade. Nessuna comunicazione invece dai suoi genitori, Carlo IV e Maria Luisa. La reggente d’Etruria ab- bandonò Firenze il 10 dicembre quando le truppe francesi erano alle porte della città. Il 17 si incontrò a Milano con l’imperatore fran- cese che attribuì al re Carlo IV l’iniziativa della cessione del regno d’Etruria alla Francia. Lo stesso Napoleone consigliò a Maria Luisa di restare in Italia, a Torino o a Nizza, ma l’Infanta optò per il ritor- no in Spagna. Il 19 marzo era a Aranjuez, precisamente in occasione della rivolta organizzata con l’appoggio del Principe delle Asturie, il futuro Ferdinando VII, contro il ministro Godoy e indirettamente contro suo padre il Re Carlo IV.

A questo punto, permettetemi di fare un brevissimo ricordo di un personaggio senza dubbio decisivo, non soltanto nella politica spa- gnola, ma europea. Parlo di Pedro Gomez Labrador, il ministro ple- nipotenziario di Spagna nel Congresso di Vienna. Gomez Labrador era stato accreditato presso il Papa Pio VI, accompagnando quindi il Pontefice in esilio. Alla morte del Papa fu nominato ministro a Roma presso il nuovo Pontefice Pio VII. Poi tornò a Firenze come ministro presso la Corte d’Etruria, accompagnando quindi la regina Maria Luisa e suo figlio Carlo Luigi, prima a Milano, dove fu rice- vuto di Napoleone, e poi ad Aranjuez. Dopo la deposizione della regina d’Etruria, nel 1808 fece parte del seguito di Ferdinando VII e partecipò alle attività che portarono all’abdicazione di Baiona.

Nei mesi successivi padrone della situazione sarà l’imperatore fran- cese. Tutti i membri della famiglia reale si erano trasferiti in Francia. Il 20 Aprile, Ferdinando VII e i suoi accompagnatori attraversavano

il Bidasoa, cioè la frontiera con la Francia. Lo stesso giorno del loro arrivo a Bayonne il generale Savary visitava il Re e gli comunica- va la decisione dell’Imperatore di sostituire i Borbone sul trono di Spagna. La rinuncia di Ferdinando VII e di suo fratello Carlos al trono e ai loro diritti sarebbe stata compensata con il regno d’Etru- ria. I consiglieri più prossimi al Re lo considerarono inaccettabile “acceder al desigual y ridículo cambio del reino de España por el de Etruria”. Altri, e tra di loro Macanaz, Escoiquiz e il duca di Frias e di San Carlo, si mostravano più proclivi ad una cessione, a “temporizar lo posible”, dinnanzi al rischio “de perder también la Toscana”.

Nel trattato di Parigi era stata offerta Genova al re di Sardegna. Posteriormente emerse il progetto, di brevissima durata, di designare il re di Etruria al trono di questa nuova monarchia. Lo stesso Gómez Labrador considerò questa proposta molto positivamente: “Génova sería la indennización única que la casa de Parma pudiera tener”. Malgrado le negoziazioni per ottenere l’appoggio della Russia e delle potenze dell’Europa del nord, Metternich si oppose a una modifica- zione di quanto era stato deciso a Parigi.

Scartata la proposta di Genova, nacque l’idea di compensare la regina di Etruria e suo figlio con la cessione delle tre Legazioni di Ferrara, Bologna e Ravenna, anteriormente cedute a Napoleone nel trattato di Tolentino e incluse tra i territori da assegnare, sollecitati dalla Santa Sede, insieme ad altri territori come Parma e Piacenza.

Il 22 novembre il citato Gómez Labrador, rappresentante spagno- lo al Congresso di Vienna, presentava una richiesta formale della Toscana in favore della regina d’Etruria, nel momento in cui il rap- presentante della Francia si limitava a sostenere un programma per reintegrare almeno i suoi stati ereditari alla casa di Parma: “Pienso que no podrá aspirarse mas que a ellos, pues habiéndose dispuesto del genovesado y repugnando al rey, nuestro augusto señor, por reli- giosidad, las legaciones o parte de ellas, como por el principio las re- pugna la reina de Toscana, no queda qué poder agregar a los Estados de Parma, Plasencia y Guastalla”.

La proposta di Gómez Labrador, che contava sull’approvazione di Castlereagh, prevedeva una compensazione economica di un mi-

lione di franchi annui destinati all’arciduchessa in cambio della ri- nuncia agli Stati che stava amministrando: “En tal aprieto habiamos formado un plan, que sería dar al Infante – Rey de Etruria los tres