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Regno d’Etruria e Mediterraneo

Il Regno d’Etruria1 era considerato dalla Spagna stato vassallo con

l’adesione convinta degli stessi sovrani di Firenze.2 Per Napoleone,

secondo l’espressione di un vecchio studio di Driault, era “une pro- vince conquise et sujette” e i rappresentanti francesi dovevano com- portarsi di conseguenza, talora senza nemmeno salvare le apparenze. Non si parli della difesa rivendicata in via esclusiva dalla Francia: Talleyrand scriveva all’ambasciatore francese a Firenze Clarke che l’Etruria non doveva assolutamente divenire una potenza militare 3. In queste condizioni al governo etrusco non rimaneva certo molto spazio per un’autonoma politica estera.

Le ragioni e il modo stesso della nascita condannavano il nuovo regno ad un’esistenza precaria. Lo stesso Napoleone, che lo aveva creato, quando nel 1806 cominciò a pensare ad un’azione risoluti- va contro le ultime dinastie borboniche d’Europa, in una lettera a Duroc lo definì “cette difformità” da togliere di mezzo.4

Come scrisse, dopo la pace di Luneville, Talleyrand a Moreau de Saint-Mery, rappresentante francese a Parma, l’obiettivo essenziale di questo trattato era che l’Italia fosse “à l’abri de toute influen- ce de la Maison d’Autriche” (l’unica eccezione temporaneamente tollerata era la corte di Napoli con l’austriaca Maria Carolina)5. La

1 Per la storia del Regno d’Etruria rimando, anche per la bibliografia, a R. P. Coppini, Il Granducato di Toscana. Dagli «anni francesi» all’Unità, Torino UTET, 1993, pp. 2-165 e 429-440.

2 P. Marmottan, Le Royaume d’Etrurie, Paris, Ollendorf, 1896, p. 164. 3 É. Driault, La politique extérieure du premier consul. 1800-1803, Paris,

Alcan 1910, p. 116.

4 A. Fugier, Napoléon et l’Italie , Paris, Janin, 1947, p. 214. 5 Driault, La politique extérieure, cit., pp. 112-113.

nascita del Regno d’Etruria, grazie alla sostituzione di Ferdinando III di Asburgo-Lorena con i due giovani Borbone, significava per la Francia far progredire la propria influenza verso il centro della penisola a scapito dell’Austria. Ma per il primo console c’era anche la preoccupazione di tener lontani gli inglesi dall’Italia. Livorno era da sempre una loro base commerciale e lo era stata, in un passa- to recentissimo, anche militare. Chi era padrone di Livorno pote- va controllare le comunicazioni fra il nord e il sud della penisola. Meglio avere in Toscana un monarca facilmente controllabile e ma- nipolabile. I Borbone di Spagna prima con l’accordo di S. Ildefonso, poi con la convenzione di Aranjuez6 accettarono lo scambio fra la

Luisiana ceduta alla Francia e la Toscana assegnata ai propri congiun- ti (Ludovico di Parma, nipote e genero, e la figlia Maria Luisa) sulla base di una limitata visione degli interessi dinastici e inseguendo il sogno di resuscitare l’antica influenza sulle cose italiane, che non era più nelle loro possibilità.7 Forse esagerando un poco, Fugier8 scrisse:

“[…] la politique ruineuse d’Alberoni renaissait en plein XIXe siè- cle”. Per Napoleone Livorno e la Toscana erano tessere di un vasto piano che mirava al predominio sul Mediterraneo. “Il faut absolu- ment à quelque prix que ce soit, que nous devenions maîtres de la Méditerranée” scriveva il primo console nel 18019 e il suo sguardo

era rivolto ad Oriente. Il 16 agosto 1797 durante le trattative per la pace di Campoformio aveva scritto al Direttorio che le isole di Corfù, Zante e Cefalonia valevano per la Francia più di tutta l’Italia in quanto essenziali per il commercio con il Levante e basi strategi-

6 Per le complesse trattative cfr.: G. Drei, Il Regno d’Etruria(1801-1807) con un’appendice di documenti inediti, Modena, Società Tipografica Modenese, 1935, pp.25-28; A. Fugier, L’età della rivoluzione. 1789-1815, Roma, UNEDI, 1975, pp. 123 ss., 135 ss.

7 Ibid., pp. 134-135.

8 Fugier, Napoléon , cit., p.214.

9 In A. Sorel, L’Europe et la Révolution framçaise, vol. VI. La trève.Luneville et

che determinanti in vista del disfacimento dell’Impero Ottomano.10

Napoleone aspirava a un Mediterraneo “lac français”: tappa neces- saria per quell’espansione verso l’Oriente vagheggiata – si può dire - fin dagli esordi e che rimase nei suoi progetti ben oltre Tilsit, come sottolinea insistentemente Albert Sorel nella sua celebre opera.11 Alla

pace continentale di Luneville (9 febbraio 1801) e ad Aranjuez (21 marzo 1801) seguono, oltre a quella di Amiens (25 marzo 1802), le seguenti paci: quella con la Russia dell’8 dicembre 1801 prevedeva accordi commerciali, quella con Algeri del 17 dicembre 1801 resti- tuiva alla Francia le agenzie commerciali e accordava esenzioni doga- nali alla compagnia d’Africa, quella con Tunisi del 23 febbraio 1802 abbassava i diritti doganali sulle merci francesi, quella con l’impero turco del 26 giugno 1802 stabiliva reciprocamente la clausola della nazione più favorita e ristabiliva le antiche ‘capitolazioni’; anche con Tripoli vennero stipulati accordi nel 1801.12 In questo palese

tentativo di escludere o almeno superare i britannici sui mercati del Mediterraneo, il controllo di Livorno, uno dei porti principali di questo mare, snodo essenziale delle merci dirette e provenienti dal vicino Oriente, era un fattore primario.

La sistemazione data alla Toscana dopo la nascita del regno è quella di un paese organizzato in funzione difensiva. Lo stato dei Presidi13

entrato nell’ Etruria, ma, appena si profilano nuove ostilità, presi- diato dai francesi, l’Elba annessa direttamente alla Francia per im- pedire colpi di mano britannici esiziali per Livorno e per la Corsica. L’occupazione britannica del 1796-97, accompagnata da sbarchi sul

10 E. Driault, Napoléon en Italie (1800-1812), Paris, Alcan, 1906, pp.31-32. 11 Cfr. Sorel, L’Europe, cit. , vol. VI, pp. 97, 102 ss, 210 ss. Cfr. pure G.

Lefebvre, Napoleone, Bari, Laterza, 1971, pp.184, 261-266, 282-283, 299- 300 . Sempre utilissimo è E. Driault, La politique orientale de Napoléon,

Sebastiani et Gardane. 1801-1806, Paris, Alcan, 1904.

12 Cfr. Fugier, L’età, cit., pp.171-172; Lefebvre, Napoleone, cit., p.184 . 13 Il traffico nei tre porti dell’ex stato dei Presidi era tutt’altro che trascurabile.

Ho reperito i dati per il 1802 che riporto nella tab. I, insieme al commento esplicativo del ministro di sanità di Orbetello Tommaso Coppi.

litorale maremmano, e il lungo assedio di Portoferraio del 1800-2 ammonivano: gli inglesi erano bravissimi nell’insediarsi su isole pro- spicienti porti avversari, come la non breve occupazione di Capri e di Ponza avrebbe confermato. Per l’Elba c’era anche l’interesse per le miniere di ferro importantissime per una Francia che voleva diventa- re una potente macchina da guerra.14 Piombino assegnata all’Etruria

dal trattato di Aranjuez, mai consegnata a causa della sua posizione strategica. L’isoletta della Gorgona prospiciente Livorno occupata dall’ottobre 1803 dai soldati napoleonici15. i quali ovviamente pre-

sidiano Livorno con la breve interruzione che dirò. Tutta l’azione svolta in Italia da Napoleone, console e imperatore, con il controllo militare sulle coste e le progressive annessioni è legata alle necessità della guerra sul mare e allo scontro economico con l’Inghilterra.

Gli sforzi maggiori del governo di Firenze, appoggiato dalla corte di Madrid, furono diretti prima di tutto ad alleggerire l’onere del mantenimento delle truppe francesi presenti nel regno chiedendone l’allontanamento o almeno domandando la diminuzione delle spese imposte da Parigi. Il numero originario di 6.000 soldati nel 1802 venne ridotto dal Primo Console a 2.000 ma la presenza militare francese rimase, nonostante i pochi mesi di pace, col pretesto che i britannici occupavano Malta e l’Egitto.16 Nel luglio1804 la regina

Maria Luisa lamentava che la spesa per il soldo e il mantenimento dei presidi francesi ammontasse annualmente a lire 2.400.000, a fronte di un deficit annuo fra spese ordinarie ed entrate di lire 2.042.295 e di un debito consolidato di lire 12.090.649.17

14 I. Tognarini, La repubblica negata. La Toscana e la rivoluzione francese , in

La Toscana e la rivoluzione francese, a cura di I. Tognarini, Napoli, ESI,

1994, pp.XXXIII-V.

15 Il pro-governatore di Livorno De Lavillette al segretario di stato Giulio Mozzi, 19 ottobre 1803 (Archivio di Stato di Livorno – d’ora in poi ASLi,

Governo civile e militare –d’ora in poi Gov. 992).

16 Drei, Il Regno d’Etruria, cit., pp. 68-72.

17 Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASFi), Segreteria degli Esteri (d’ora in poi Esteri), 93, protocollo (d’ora in poi pr.) 36 n.30.

Il secondo obiettivo perseguito costantemente fu la difesa della neutralità e della franchigie di Livorno contro le limitazioni intro- dotte dai francesi, giustificate con il contrasto con Londra. Si tenga presente che il traffico portuale con gli introiti amministrativi che ne derivavano era una notevole fonte di reddito per le esauste finanze etrusche.

Già nel corso dell’assedio di Portoferraio non si contano i control- li diretti ad impedire che da Livorno partissero rifornimenti per la piazza elbana che la guarnigione fedele a Ferdinando III, appoggiata dai britannici, evacuò solo l’11 giugno 1802.18 Ma c’erano anche i

balzelli imposti per lucro dalle autorità militari francesi.19

Finalmente una notificazione sovrana del 25 ottobre 1801,20 in

seguito alla firma dei preliminari di pace fra Inghilterra e Francia, dichiarò – con il consenso del comando dell’ Armée d’Italie - il pieno ristabilimento delle libertà commerciali. Ciononostante il coman- dante delle navi militari francesi presenti in porto per qualche tempo continuò a pretendere una sorta di imposta per ciascun bastimen- to che partiva, inducendo il governo a protestare con l’ambasciato- re Clarke.21 Va riconosciuto che il governo etrusco cercò sempre e

costantemente di difendere la neutralità e le franchigie di Livorno, per quanto la sua debolezza lo permise. Proprio il regime del porto franco, che prevedeva uguale trattamento per tutte le bandiere, fu uno degli argomenti base con cui il giovane sovrano Lodovico riu- scì a respingere il tentativo francese di imporre nel dicembre 1801 all’Etruria il trattato commerciale concluso con Parma nel 1796: se accettato avrebbe fatto della Francia la nazione più favorita, ma ciò

18 Cfr. ad esempio ASFi, Esteri, 82, pr. 3 n.2 e le lettere del pro-governatore De Lavillette ai rappresentanti del magistrato comunitativo e al capitano del porto del 18 maggio 1801 (ASLi, Gov-,. 990).

19 ASFi, Esteri, 82, pr. 4 n.3.

20 Biblioteca Labronica di Livorno. Centro di documentazione e di ricerca visiva (d’ora in poi BLLiCdv), Carte Santoni, 28 luglio 1801-17 ottobre 1802.

era incompatibile col regime doganale di Livorno, che era punto di passaggio obbligato per le merci da e per la Francia.22

I quattordici mesi di pace che seguirono Amiens consentirono un ritorno non solo de iure ma anche de facto al tradizionale regime di franchigie

Tuttavia, anche se – come si è detto - il numero delle truppe francesi assegnate alla Toscana venne diminuito, una guarnigione rimase nella città labronica. I punti di attrito rimasti aperti tra Parigi e Londra (si pensi al problema di Malta), i contrasti economici, l’ambasciata di Brune e la missione di Sebastiani nel vicino Oriente, la riorganizzazione della marina e delle colonie francesi considerata con sospetto dal governo e da tanta stampa britannica fecero ben presto presagire una ripresa delle ostilità. Furono mesi “nei quali si può dire non cessino mai né i contenziosi diplomatici né i preparati- vi militari”.23 Del resto nelle Memorie di Talleyrand si legge: “la pace

di Amiens era appena conclusa e già la moderazione cominciò ad abbandonare Bonaparte”.24

Inoltre Londra non riconosceva il Regno d’Etruria. In ciò non era sola, ma tale situazione costituiva per Napoleone un pretesto in più per presidiare Livorno contro ipotetiche incursioni inglesi.25

Nel gennaio 1803 il ministro spagnolo Orozco avvertì che il ri- chiamo delle truppe francesi per il momento era rinviato. Averardo Serristori, ambasciatore etrusco a Parigi, il 5 marzo dello steso anno riferì che, perdurando l’“aspetto minaccioso dell’Inghilterra” nel Mediterraneo, “l’evacuazione della Toscana […] si riduce finora a delle speranze forse più remote che in passato”.26

In aprile, quando ormai la situazione precipitava, il console inglese

22 ASFi, Esteri, 82, pr. 5 n.8.

23 L. Mascilli Migliorini, Napoleone, Roma, Salerno, 2002, p. 228. 24 Ibid., p. 209.

25 P. Covoni, Il Regno d’Etruria. Firenze, Cellini, 1894, p.103.

26 P. Finzi,Il Regno di Ludovico d’Etruria in un carteggio diplomatico inedito, Roma, Tip. Italia, 1911, pp.105-6, 108.

di Livorno chiese al pro-governatore Iacopo De Lavillette27 se in

caso di guerra il sovrano garantiva la protezione dei beni e delle persone britanniche. L’interpellato rispose “vocalmente” che da par- te toscana non c’erano difficoltà, ma che erano ignote le intenzioni dei francesi. D’altra parte la segreteria di stato faceva presente che Londra non aveva ancora riconosciuto il Regno d’Etruria.28

Quando nel maggio riprese la guerra, da Parigi arrivano a Madrid, Firenze e Napoli dispacci che invitano a interrompere ogni com- mercio con i territori britannici. Era già il preannunzio del blocco continentale. Proprio il 27 maggio muore Lodovico I e gli succede il figlioletto Carlo Lodovico sotto la reggenza materna.

Come prima conseguenza dell’inizio delle ostilità, il generale Olivier, che comandava la guarnigione di Livorno, ferma nel porto le navi britanniche, sequestra le merci supposte inglesi giacenti nei magazzini. Dichiara gli inglesi presenti, anche quelli residenti da tempo e perfino alcuni naturalizzati toscani, in stato di arresto. Solo sborsando forti somme costoro ottengono la libertà sulla parola di non uscire dal territorio. La sovrana etrusca si oppone con deci- sione, perché tale situazione faceva uscire Livorno e il regno dalla tradizionale neutralità e ricorre a Parigi.29

Ai primi di giugno Olivier chiede che i presidi toscani di impe- discano eventuali sbarchi di britannici e comunque ogni comuni- cazione con i nemici. Addirittura vorrebbe che i soldati etruschi si unissero ai francesi in eventuali operazioni riservandosi il comando, ma non ottiene quanto richiesto, essendo Firenze decisa a mantenere la neutralità.30 Negli stessi giorni vieta l’uscita via mare di “vettova-

glie e oggetti da costruzione”, a costo di impedire i commerci con

27 Egli ricopriva tale carica da fine giugno 1796. 28 ASFi, Esteri, 88, pr. 21 n.7.

29 P. Marmottan, Documents sur le Royaume d’Étrurie (1801-1807), Paris, Paul, 1900, pp.41-42; ASFi, Esteri, 88, pr. 22 n.21; Drei , Il regno d’Etruria. cit., p. 122.

30 Cfr. due lettere di De Lavillette al segretario di stato in data 1 giugno 1803 (ASLi, Gov., 992).

la Spagna, dove in Catalogna e in Valenza si soffriva per la scarsezza di grano, e impone gabelle sulle altre merci per pagare gli impiegati addetti al proprio comando.31 Il governo protesta con l’ambasciatore

Clarke per salvare “quel poco di commercio, il quale nelle attuali cir- costanze aveva luogo nel disgraziato porto di Livorno” e ottiene assi- curazioni verbali.32 Contemporaneamente il comandante francese di

Orbetello mette i Presidi in stato di assedio e in agosto vieta l’espor- tazione del grano, risorsa primaria per quegli agricoltori.33 Solo in

un secondo momento il divieto viene limitato ai carichi diretti verso i porti controllati dai britannici, imponendo un complicato sistema di controlli. Ma ben presto questi ultimi tornano ad irrigidirsi. 34

Nell’estate i corsari francesi attaccano bastimenti neutrali nelle immediate vicinanze del porto di Livorno per controllare se por- tano merci inglesi e Olivier in agosto estende ad esso un decreto del primo console che vieta alle imbarcazioni neutrali di introdurre merci britanniche nei porti francesi. Si verificano incidenti con la bandiera americana con conseguenti proteste del console e dei mer- canti di quella nazione.35 Nell’ottobre, nonostante le assicurazioni

fornite dallo stesso primo console, il segretario di stato Mozzi scri- veva all’ambasciatore francese Clarke che il commercio di Livorno, per i crescenti intralci, appariva “deperito”: la gabella di stallaggio che era solita assicurare alle casse della corona da 5.000 a 10.000 lire settimanali “da diverse settimane non dava niente”36. Sempre Olivier

nel novembre 1803, scavalcando l’autorità del governatore e della

31 Un paolo su un sacco di grano, due su una balla o cassa di altre mercanzie (ASFi, Esteri, 88, pr. 23 n. 24).

32 Ibidem. Scrive De Lavillette al segretario di stato Mozzi il 27 giugno 1803: “Quel poco di commercio che ha luogo tutt’ora in questo porto vien d’essere soverchiamente aggravato dal comando francese” (ASLi, Gov., 992). 33 ASF, Esteri, 89, prot. 25 n. 24.

34 De Lavillette al tenente Tommi a Grosseto, 19 settembre, 1803 e al segre- tario di stato, 2 novembre e 17 dicembre 1803 (ASLi, Gov., 992). . 35 ASFi, Esteri, 89 pr. 24 n.6 e pr. 25 n.19.

regina reggente, impone un regolamento con cui si appropriava del completo controllo sul porto e non esita a tassare perfino i carichi diretti in Francia.37

Solo quando Parigi riconosce ufficialmente la neutralità di Spagna e di Etruria, il generale Verdier sostituisce Olivier, mentre l’ordine del giorno di Murat del 25 frimaio XII (17 dicembre 1803) autoriz- zava a Livorno la presenza di navi mercantili di qualsiasi bandiera. Il regolamento di Olivier veniva revocato e il controllo del porto era restituito al progovernatore De Lavillette.38 Tuttavia Verdier nel feb-

braio 1804 bloccò temporaneamente i bastimenti presenti in porto a causa di urgenti esigenze militari e fu autorizzato dal comando supremo a prendere misure che impedissero l’approdo alle bandiere nemiche.39 Nel marzo, per ordine di Murat, impose controlli e limi-

tazioni all’uscita del grano per impedire che venissero approvvigio- nati i britannici.

Al di là di iniziative talora estemporanee o addirittura interessate come lo furono alcune del generale Olivier, il quale lucrava persino sui giochi d’azzardo e sul prodotto della pesca,40 su Livorno si scon-

travano esigenze strategiche ed economiche contrastanti. Così il 23 maggio 1803 Talleyrand si rivolgeva all’ambasciatore Clarke, il quale a volte si faceva debole e rassegnato latore delle proteste toscane:

Les circostances ont exigé que Livourne fût mis en état de siège. Ce port est un des plus importants de la Méditerranée. Son oc- cupation par les Anglais leur ouvrirait les Etats de S.M. et tout le commerce d’Italie; elle leur donnerait les moyens de couper les communications du nord e du midi de l’Italie, qu’il neces- saire de conserver: elle leur donnerait des facilités pour se porter dans l’île d’Elbe et en Corse, comme ils ont fait dans la dernière 37 De Lavillette al segretario di stato, 11, 13 e 16 novembre 1803 (ASLi, Gov.

992).

38 BLLiCdv, Carte Santoni, 6 novembre 1802-28 novembre 1804.

39 De Lavillette al segretario di stato, 6 e 10 febbraio 1804, a Verdier, 7, 8 e 11 febbraio 1804 (ASLi. Gov. 993).

guerre; et tous ces motifs sont d’autant plus importants à rap- peler qu’on sait que les Anglais voulaient faire une enterprise sur Livourne.

Aggiungeva che l’ordine di imporre lo stato d’assedio era venuto da Murat comandante delle forze francesi nella penisola e che le truppe presenti in Toscana sarebbero state concentrate lungo la costa.41

Di tenore opposto la valutazione del governo etrusco di cui si face- va portavoce il generale Gravina,ambasciatore spagnolo a Parigi:

[…] la Toscane n’existe et ne peut exister que par sa neutralité; sa situation politique, tous ses rapports physiques et moraux ne lui permettent pas de varier ce système qui n’a pu et ne peut pas être desapprouvé par les grandes puissances qui sont en guerre. L’arrestation et le séquestre provisoire des bâtiments provenant d’ Angleterre avec des marchandises anglaises la mettraient en état de guerre vis-à-vis puissance, et la Toscane n’a ni vaisseaux, ni forces, ni aucun moyen pour la soutenir ni pour lui nuire. La Grande-Bretagne, au contraire, en prenant les bâtiments tos- cans, en bloquant Livourne, détruirait tout à fait son commerce et la priverait de toute ressource. Aucun vaisseau neutre n’ose- rait plus venir dans ce port de peur d’y être arrête et de perdre ses marchandises qu’on pourrait soupçonner de fabrique ou de production anglaise.

Era una lettera diretta a Talleyrand del 4 dicembre 1804,42 la qua-

le spiegava anche perché la Spagna, nonostante fosse sul punto di dichiarare guerra a Londra, sostenesse Firenze nel suo rifiuto di adeguarsi alle misure chieste dai rappresentanti francesi. Secondo Gravina il porto di Livorno, chiuso agli inglesi dalla presenza di una guarnigione francese ma tuttora neutrale, costituiva per Francia e Spagna “un entrepôt où elles peuvent trouver toute espèce de provi- sions pendant qu’il est neutre”. Pertanto era interesse della Francia lasciare l’Etruria nella sua neutralità.

L’imminenza della discesa in campo della Spagna a fianco dell’In-

41 Marmottan, Documents, cit., pp. 37-38. 42 Ibid., pp.51-52.

ghilterra fece temere al pro-governatore che le richieste francesi di sequestro o comunque dirette a impedire ogni rapporto commerciale con l’Inghiterra avrebbero trovato l’appoggio dei rappresentanti spa- gnoli, ma egli esortava Firenze a resistere nell’interesse del commercio di Livorno.43 In realtà la bandiera britannica era rapidamente scom-

parsa da Livorno, ma gli inglesi - secondo le denunce del generale Verdier - , ffittando navi neutrali, riuscivano a portare le loro merci sulla piazza, 44 senza che queste subissero sequestri per non suscitare

incidenti con le bandiere neutrali che continuavano ad alimentare il commercio. D’altra parte i britannici usavano talora un trattamento di favore ai carichi usciti da Livorno e diretti verso la Spagna45 e nel