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ai giornalisti e agli uomini di cultura

di AUGUSTO ROBIATI

L’epoca in cui viviamo è senza meno una delle più sofferte della storia umana, anche se una delle più eultanti a causa dell’improvvisa esplosione di coscenza. La società umana sta vivendo, ogni giorno, un dramma sempre più cruento. Dovunque, si manifestano, in progressione geometrica, i bubboni del suo sangue inquinato. I mezzi di diffusione delle notizie ci offrono una continua rappresentazione del comportamento assurdo degli individui e dei popoli. Da varie parti si afferma che solo una nuova energia e un nuovo orientamento di tipo utopistico, possono aiutare l’umanità a superare la crisi.

Vi sono tanti movimenti sociali, politici e religiosi, che affermano di essere tale forza, e fra essi la Fede Bahá’í. Ci rendiamo conto come non sia facile stabilire quale effettivamente lo sia, ma riteniamo che la situazione, così

pericolosaniente precipitante, lo richieda. Coloro che, come i giornalisti e gli uomini di cultura, assolvono alla funzione, altamente meritoria, di informare la pubblica opinione, dovrebbero assumere l’iniziativa per tale indagine. Questa lettera vuole essere un invito a compierla e un‘informazione sintetica sulla problematica Bahá’í. Eccone alcuni elementi fondamentali:

- È necessario innanzi tutto fare una diagnosi corretta delle causa della crisi, che secondo noi sono molteplici ma riconducibili a due essenziali:

1) Mancanza di valori morali. In loro assenza l’uomo si riduce a un animale intelligente, senza guida e senza freni.

2) Disunione e conflittualità imperanti a ogni livello e in ogni settore.

I problemi gravi e assillanti di carattere sociale, economico, politico ed ecologico, che sono ogni giorno sul tappeto, richiedono unità di intenti. Il. partitismo politico, dovunque imperante, è una delle cause dell’incapacità di affrontare, con la dovuta unità e tempestività, questi problemi. Questo partitismo è solo apparentemente pluralismo democratico, in effetti è settarismo disgregativo. Inoltre l’aumento abnorme della popolazione del pianeta - da cinquecento miliom a quattro miliardi in circa tre secoli - richiede armonia e il frutto di questo albero è l’unità. In caso contrario avremo il caos, e non vorrei essere pessimista, ma non ne siamo lontani.

- Se la diagnosi è esatta dobbiamo quindi riportare valori morali e unità.

La sorgente delle energie, dalla quale - provengono i valori morali, è il sentimento religioso. Alcuni intellettuali ritengono invece che tale sorgente

sia,: la conoscenza, la cultura, nelle sue varie discipline. Ma se ciò fosse vero, l’umanità sarebbe oggi immersa nei valori morali, perché mai come oggi si è avuta tanta conoscenza, eppure proprio oggi l’umanità ne è particolarmente priva. La conoscenza penetra il meccanismo dei comportamenti fisici, biologici, psicologici ecc. ma non è sorgente di valori. Altri ritengono che la coscienza dell’uomo possa essere lampada guida e suggerire corrette norme di comportamento. In effetti non è così; perché la coscienza è troppo influenzata

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dall’anlhiente e quindi può fornire indicazioni errate come in effetti avviene.

Rimane la fede religiosa, intesa come un complesso di sentimenti ruotanti attorno al rapporto fra l’uomo e il divino; purché non scada nel dogmatismo, nel mistero, nella superstizione e nel ritualismo formale. Tutte le religioni, espressioni in termini umani del divino, hanno assolto a questa funzione.

Oggi, però, nonostante il loro glorioso passato, sembrano avere esaurito le loro energie e non riescono più a permeare la vita. Hanno evidentemente completato il loro ciclo. Dobbiamo accettare il concetto, improntato a logica e a giustizia, della relatività e progressività delle religioni, intese come tanti gradini successivi di una scala, o come tante primavere spirituali, irradianti le loro energie sull’animo umano. Se crediamo in un Dio operante, dobbiamo ammettere che questa funzione di guida all’umanità non l’abbia svolta una sola volta nella storia, come le varie chiese affermano.

- La fase odierna di questa eterna guida divina all’umanità, i Bahá’í ritengono sia la loro Fede. I suoi princìpi o insegnamenti, sono correnti con la realtà mentale degli uomini del nostro tempo, e con le situazioni di una società industrializzata e tecnologica. La religione, con il ciclo Bahá’í, esce dalla tematica culto-dottrina-clero per divenire attitudine di vita per i singoli e forza di armonia sociale unitaria per le collettività.

- Il Messaggio divino, di cui la Fede Bahá’í si dichiara portatrice, è quello dell’UNITÀ DEL GENERE UMANO, secondo la frase: LA TERRA È UN SOLO PAESE E LA UMANITÀ I SUOI CITTADINI

». Questa unità è pietra miliare dell’evoluzione e unica alternativa all’autodistruzione. I Bahá’í, e non solo essi, ritengono che questa unità sia l’unico strumento per dare pace e tranquillità alle genti. Come detto sopra, è la chiave per risolvere i problemi, e particolarmente quello economico uno dei più assillanti. In effetti il problema economico non può essere più risolto nei soli ambiti nazionali, ma necessita programmazioni e intese internazionali, che sono invero tentate, ma senzaa risultati, perché schiave degli interessi particolari. Il gioco degli interessi opposti è purtroppo, a causa della mancanza di unità di intenti, la forza negativa predominante. Ribellioni e rivoluzioni sono la conseguenza di questa disunione e conflittualità.

- Questa unità si consegue rinnovando innanzi tutto la coscienza dell’uomo e organizzando i rapporti fra le genti e, le loro istituzioni direttive, all’interno delle nazioni e fra loro, in modo diverso di quello attuale, con un sistema che escluda, nel suo dinamismo di azione gli attuali elementi

disgregatori, come : - il potere dell’individuo.

Solo le istituzioni debbono avere autorità, ma non di tipo, dittatoriale, bensì basata sulla

consultazione, non solo nelle stesse, ma con la base. Gli individui debbono svolgere solo una funzione di servizio a beneficio della comunità, senza divenire dei personaggi.

- l’esaltazione del nazionalismo, del razzismo, della lotta di classe, degli interessi particolari.

Gli uomini debbono prendere coscienza che sono fiori di uno stesso giardino, onde di uno stesso mare.

- I conflitti dottrinali e la disunione politico-partitica.

La rappresentanza di tipo partitico sta dimostrando la sua debolezza e

la sua insufficienza; nonostante le ripetute dichiarazioni di volere l’interesse generale, i partiti sono inevitabilmente arroccati nella difesa dei loro

particolari interessi e lo scontro inevitabile fra di questi è causa di continue [FINE pag. 26]

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crisi nei governi. Spesso questo sistema viene chiamato l’ultima spiaggia, ma non e cosi come vedremo appresso.

- la corsa agli armamenti.

Le statistiche parlano di 400.000 miliardi ogni anno. Solo l’unità di intenti, come proposta dai Bahá’í, può risolvere questo problema.

- la violenza come metodo di lotta.

I Bahá’í propongono una consultazione, dove la libertà incontestabile dei singoli si sposi con l’interesse collettivo, attraverso un sistema che permetta la partecipazione di tutti, evitando emarginazioni e insoddisfazioni che sono alla base dell’eversione e della violenza.

Il rinnovo della coscienza, dell’uomo è la chiave di tutto; non si può fare una società d‘oro con uomini di piombo. Le statistiche dell’aumento continuo della criminalità e dell’uso della droga ci dicono come sia vitale questo rinnovamento.

L’ORDINE AMMINISTRATIVO BAHÁ’Í (che potrebbe chiamarsi ordine politico, se il termine « politico » venisse usato secondo il suo significato originale) esprime queste condizioni e può

considerarsi il modello, embrionale, di un nuovo ordine mondiale. È interessante notare che mentre nel mondo vi è dovunque conflitto e disunione, i Bahá’í hanno eletto, nel passato aprile, a Haifa (Israele) presso il Centro Mondiale della Fede, a suffragio universale, la loro Istituzione suprema: la Casa

Universale di Giustizia. Più di mille delegati da tutto il mondo, hanno partecipato a queste elezioni (vedi Jerusalem Post). Il nostro Comitato Nazionale Stampa e Pubbliche Relazioni ha inviato, a tutti i

quotidiani e periodici italiani, un comunicato mettendo in evidenza come vi abbiano partecipato anche nove delegati dall’Italia, ma i giornali lo hanno pressoché ingnorato.

Noi Bahá’í ci rendiamo conto che il pullulare di nuove sette e confessioni religiose (che d‘altra parte esprimono la tensione verso un ritorno alla spiritualità) non agevoli quest‘inchiesta. Non è difficile comunque scoprire quali siano solo varianti interpretative di religioni esistenti e quali portatrici di un nuovo « Messaggio », e quindi di nuove energie. L’impressione dello scrivente, derivante da esperienze di contatti con giornalisti e uomini di cultura, è che proprio questo concetto del Messaggio Divino, sia uno dei principali ostacoli alla ricerca. Costoro, pur essendo buddisti, o ebrei, o cristiani, o mussulmani, perché nati e vissuti fra una maggioranza che pratica una di queste o altre religioni, in effetti nel loro intimo sono scettici, e se credono, la loro fede è irrigidita in forme di culto o dominata dal dogmatismo, fattori ambedue, che ostacolano ricerche al di fuori del loro modo tradizionale di concepire la religione.

L’umanità si sta in effetti laicizzando. Le nuove generazioni sembrano, per la maggior parte, allergiche alla parola religione. Vediamo però gli effetti di questo atteggiamento: l’amore, la fratellanza, la giustizia, la moderazione, la rettitudine, la lealtà ecc. che sono il riflesso

del divino nell’uomo, non influenzano più il comportamento umano, che

solo soggiace al tarlo dell’interesse personale, sul cui altare si sacrifica tutto o anche la vita.

Un altro ostacolo alla ricerca può essere il fattore numerico. Difatti la prima cosa che i giornalisti chiedono è « quanti siete? ». Oggi si tende a considerare importante solo ciò che è già forte e può giocare subito un ruolo da protagonista. Se si dovesse solo pensare all’oggi questo atteggiamento potrebbe giustificarsi, e il domani? Ma la Fede Bahá’í è già saldamente stabilita in tutti i paesi del mondo e la sua organizzazione amministrativa si sta consolidando e espandendo - basta avere occhi per vedere e orecchi per

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sentire-. Certo gli atteggiamenti Bahá’í sono sempre armonici, quasi mai spettacolari, quindi, secondo i giornalisti, non fanno notizia. Quale giudizio darebbero questi signori - se trasportati venti secoli addietro - di un cristianesimo ridotto a un Cristo sulla croce, con dodici apostoli, uno dei quali

traditore, uno per tre volte negatore e gli altri impauriti dalle minacce di morte? Eppure nessuno, oggi, può negare l’apporto del Messaggio Cristiano all’evoluzione del mondo. La Fede Bahá’í ha avuto anch‘essa il periodo eroico o apostolico e ben ventimila esseri umani hanno dato la vita per - come dice Renan nel suo libro « Gli Apostoli » - un futuro migliore. Non merita ciò un esame e una

considerazione? O forse siamo considerati troppo fuori della realtà? È la meta che ci proponiamo troppo utopistica? Eppure molti intellettuali moderni sono con noi in questa prospettiva.

Il noto psicologo Erich Fromm, per esempio, nel suo libro « Avere o Essere » scrive:

« La nostra unica speranza risiede nella formidabile attrazione esercitata da una nuova visione.

Proporre questa o quella riforma che non muti il sistema, a lungo andare si rivela inutile perché la proposta stessa non ha in sè l’energia cocente di una forte motivazione. La meta « utopistica » appare oggi più realistica che non il « realismo » dei - leaders politici... » .

Gli astronauti americani durante il viaggio verso la luna dicevano di vedere la terra non più grande di un pallone. È mai possibile che gli esseri che coabitano questo pallone non debbano cessare di essere sempre in lotta fra loro e unirsi? È così assurda questa speranza? O forse la cultura occidentale, vuole conservare il monopolio delle idee e pur riconoscendo validità al piano Bahá’í ne è gelosa perché non sorgente dall’occidente? Tante volte ho pensato a questa possibilità, e mi sono rattristato, perché la repulsione a un Messaggio utile, solo perché non nasce nel nostro piatto, non farebbe che portare a successive difficoltà e sofferenze di cui tutta l’umanità ne porterebbe il peso.

Formulo un atto di fiducia, che ciò non sia.

Mi rifiuto di credere, comunque come essere umano, che fra giornalisti e uomini di cultura, che tanto meritevole apporto hanno offerto alla conoscenza, anche con sacrificio della vita, non vi sia qualcuno pronto a raccogliere questo invito. Noi Bahá’í lottiamo per farci conoscere. È un compito arduo perché gli uomini sono indifferenti, sfiduciati e frastornati. Chiediamo umilmente di essere verificati, nelle nostre asserzioni e nella nostra opera svolta a vantaggio dell’umanità e, se lo meritiamo, riconosciuti.

Lo chiediamo nel nome di questa umanità oppressa e sofferente, che implora pace e giustizia.

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