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Giovani e partecipazione oggi: i dati

Nel documento LA CITTÀ LABORATORIODI CITTADINANZA (pagine 75-78)

3. Partecipazione e politiche giovanili: il riflesso di una cultura adultocentrica

3.2. Giovani e partecipazione oggi: i dati

Chi sono i giovani dei quali si parla e a cui ci si rivolge oggi? Come si è evoluta la partecipazione giovanile in quanto fenomeno sociale, politico e culturale?

Le generazioni tra i 15 e i 34 anni sono oggi numericamente infe-riori a quelle che le hanno precedute (Cittalia, S.d.) e, inoltre, al 1° gennaio 2015, l’età media della popolazione si attestava intorno ai 44,4 anni. Al 2015, i giovani tra i 15 e i 34 anni erano 12.841.000, di cui 2.293.778 avevano un’età compresa tra 14 e 17 anni. Secondo il

Rapporto annuale Istat 2017, 8,6 milioni di individui (cioè il 68,1%

di quella classe di età) vive ancora in famiglia. In generale, rispetto al 2008, tra i giovani di 15-34 anni ancora inseriti in famiglia, è calata la quota di occupati (dal 39,1% al 28,7 per centro del 2016) ed è cre-sciuta l’incidenza dei disoccupati e degli studenti (rispettivamente +5,1 e +3,4 punti percentuali). Questi giovani sono i primi a dover fare i conti con un futuro potenzialmente ben peggiore di quello dei propri genitori e ne hanno piena consapevolezza (Gruppo CRC, S.d.).

In Italia, nel 2016, il numero di giovani tra i 15 e i 29 anni che non rientrava in alcun circuito di istruzione o formazione, né lavora, en-trando quindi a far parte della categoria Neet (Not in Education,

Em-ployment or Training), era tra i più significativi d’Europa: il 24,3%,

contro un valore medio del 14,2%. Tra essi, la maggiore incidenza del fenomeno si registra tra i gruppi più svantaggiati. Complessiva-mente, nel corso della crisi, è cambiata la distribuzione di Neet tra i giovani con diversi livelli di istruzione: se nel 2008 il 21,5% dei Neet riguardava giovani con la licenza media, nel 2016 l’incidenza era maggiore tra i giovani con il diploma di scuola secondaria superiore (26,1%), mentre restavano simili le quote tra i possessori di licenza media (22,7%) e di diploma o laurea (22,9%) (Istat, 2017).

I rapporti giovani dell’Istituto Toniolo degli anni 2016 e 2017, inoltre, hanno mostrato dati interessanti rispetto ai cosiddetti Millen-nials. Le indagini mettono in rilievo uno spaccato che mostra giovani con una forte identità generazionale, che nutrono una grande fiducia nelle proprie potenzialità e desiderano essere protagonisti dei proces-si di cambiamento e innovazione della società. Sono mediamente al-tamente istruiti, preoccupati dalla crisi economica e aperti alle espe-rienze internazionali.

L’elemento che più li contraddistingue è l’essere sempre connessi, senza particolari differenze né di genere, né di appartenenza territo-riale. I Millennials considerano il web 2.0 un universo mediale-informativo, ma anche un ecosistema sociale, in cui sperimentare forme di socialità pura, finalizzata al solo stare insieme. Per quanto li

riguarda, internet consente la possibilità di costruire nuovi percorsi di inclusione sociale “dal basso”, per contrastare il fragile sostegno for-nito loro dalle istituzioni. In generale quel che colpisce è il rapporto di forte antidogmatismo e spiccato spirito di riflessività nei confronti dell’utilizzo delle nuove tecnologie. I Social Networking Sites (STS) possono essere praticati in varie forme: da un minimo di attivazione a un massimo di coinvolgimento, secondo un orientamento individuale o relazionale e per la dimensione pubblica e privata su cui insistono. L’impegno civico e sociale e il senso di solidarietà rappresentano ul-teriori elementi distintivi di questa generazione: sul totale del cam-pione, in riferimento all’ultimo mese precedente alla rilevazione, ben il 35,7% dei giovani intervistati ha dichiarato di essere entrato più di una volta attraverso il web in gruppi con finalità civiche e politiche, il 40,7% si è mobilitato a seguito di una richiesta di aiuto e il 52,6% ha scritto e/o condiviso contenuti a carattere etico/civico/politico. È interessante sottolineare come le percentuali siano più alte tra gli stu-denti e gli stustu-denti lavoratori, a discapito dei Neet e dei giovani lavo-ratori, a conferma di quanto l’istruzione concorra alla formazione dell’identità tout court, influenzando positivamente la percezione del proprio ruolo di cittadino. La coorte di popolazione al di sotto dei 22 anni si distingue, rispetto ai più grandi, per un approccio spiccatamen-te declinato in direzione parspiccatamen-tecipativa: il 3,3% degli inspiccatamen-tervistati, infatti, giustifica la propria presenza sui social in virtù del fatto che essa costi-tuisca un’importante occasione di partecipazione civica e politica, con-tro la media dell’1,2% degli altri gruppi di popolazione. In generale, il 62,3% degli intervistati ritiene che i social network semplifichino l’espressione del proprio pensiero politico.

La partecipazione politica visibile o diretta, nello specifico, ri-guarda piccole porzioni della popolazione totale: nel 2016 ha parte-cipato attivamente alla vita politica del paese solo l’8,1% della popo-lazione di 14 anni e più (Istat, 2017). I giovani sono i più attivi poli-ticamente, poi mano a mano la partecipazione diminuisce, per cresce-re di nuovo tra i 45 e i 64 anni. Così come già rilevato per la parteci-pazione online, anche offline si registra una maggiore parteciparteci-pazione tra i soggetti dotati di maggiori risorse culturali, le quali – insieme alla disponibilità economica, al genere e alla fase del ciclo di vita – costituiscono le variabili fondamentali che condizionano la parteci-pazione politica visibile.

I dati Istat (2017) rivelano, inoltre, che molto più diffusa è la par-tecipazione invisibile, che nel 2016 ha riguardato oltre 40 milioni di persone (il 77,2% della popolazione italiana di 14 anni e più). È emer-so, in generale, che ci si informa di politica (58,2% della popolazione di 14 anni e più) più di quanto se ne parli (36,7%) e, complessivamen-te, il 24,0% della popolazione di 14 anni e più è coinvolto in diverse forme associative, in cui – nel 17,4% dei casi – è attivamente impe-gnato. A causa della demoralizzazione nei confronti delle tradizionali forme di partecipazione politica, molti giovani esprimono il loro inte-resse per le questioni sociali e politiche sottraendosi alla mediazione di soggetti organizzati, privilegiando forme partecipative informali e flessibili. Soprattutto, preferiscono modalità di partecipazione attiva contestualizzate all’interno delle comunità di appartenenza, attraverso l’associazionismo, e tese al raggiungimento di obiettivi concreti e spe-cifici.

Rispetto alle generazioni precedenti i giovani di oggi partecipano in maniera molto più individualizzata: se prima la partecipazione era identificabile anche per sedi e regole ben precise, ora i processi poli-tici si svolgono in maniera dispersa (Guidi, 2014).

Nel documento LA CITTÀ LABORATORIODI CITTADINANZA (pagine 75-78)