2. Cittadinanza attiva e partecipazione sociale: modelli e prospettive teoriche
2.6. La partecipazione: il panorama teorico tra sociale e politico
2.6.1. La supremazia analitica della partecipazione politica
A un’estesa portata denotativa, fa notare Ceri (1996), corrisponde una scarsa capacità connotativa. Ciò significa che nonostante l’estensione del concetto, esso ha una limitata chiarezza e rilevanza sistematica, a causa di una scarsa differenziazione del concetto anali-tico dal senso comune. Tale premessa obbliga allo sforzo di circo-scrivere quantomeno i caratteri essenziali del fenomeno della parte-cipazione e, a tal fine, è indispensabile individuare le radici storico-antropologiche che connotano il concetto, ascrivibili a quando nella società industriale si sono diffusi tentativi – tipico quello del taylor-fordismo – di assimilare l’integrazione sociale nell’integrazione si-stemica, generando conflitti che esprimevano una necessità di
parte-cipazione. Evidentemente, dunque, la partecipazione è un fenomeno che si riferisce sia all’ordine e al mantenimento dello status quo, sia al cambiamento dell’ordine costituto e al conflitto sociale (Ceri, 1996).
Il fenomeno è sfuggente non solo per la multidimensionalità che lo denota da un punto di vista teoretico e prassico, ma anche perché – come già affermato – appartiene al lessico comune. A causa di ciò, la denominazione di partecipazione richiama una eterogeneità di feno-meni accomunati dalla condivisione dell’esperienza. Se da un lato la dimensione gruppale, e più nello specifico il livello espressivo della pratica partecipativa nella e con la collettività, ne costituisce uno dei tratti salienti e maggiormente caratterizzanti, dall’altro ciò non basta a delinearne una concettualizzazione fondata a livello analitico. Inol-tre, se fosse solo questo il presupposto fondamentale all’azione par-tecipativa, si esaurirebbe nella socialità tout-court, nello stare con l’altro, senza un’ulteriore specifica rispetto all’universo valoriale che al contrario ne costituisce la cifra (Ceri, 1996). Piuttosto il partecipa-re chiama in causa maggiormente l’esser-ci, una progettualità che travalica i confini del presente per rivolgere lo sguardo al futuro: un primo tratto distintivo del partecipare, infatti, appare essere proprio la progettualità e perciò il carattere trasformativo insito all’azione del sognare, dell’immaginare mondi alternativi.
Gallino (1993) opera una distinzione tra due accezioni della parte-cipazione: vi è, da un lato, un significato “forte” che comporta la ca-pacità di operare nei e sui centri di governo di una collettività, con-tribuendo a delinearne le finalità principali, l’assegnazione delle ri-sorse, le forme della convivenza, la suddivisione dei costi e dei bene-fici. Questo tipo di declinazione prevede al suo interno modalità di gestione della cosa pubblica che vanno dalla più semplice cogestione alla più complessa autogestione: tali forme sottendono evidentemen-te, al contempo, un credo differente rispetto alle capacità e alle com-petenze dei cittadini. Dall’altro lato, invece, vi è un’accezione più debole, secondo la quale partecipare significa sostanzialmente “pren-dere parte”, senza implicare necessariamente la possibilità di influire concretamente sui corsi d’azione decisionali e politici. In questo caso le forme previste vanno, ad esempio, dalle attività di gruppo all’associazionismo, esprimendo diversi gradi di coinvolgimento e responsabilità.
A dimostrazione della complessità e multidimensionalità del fe-nomeno in oggetto, procedere a una tipologizzazione esaustiva dei modi e degli spazi della partecipazione che renda effettivamente con-to della vastità della questione è estremamente arduo. Nonostante ciò, per questioni di carattere analitico, molti studiosi hanno tentato di sistematizzarne la varietà, sulla base di criteri e di indicatori di volta in volta diversi a seconda dei singoli aspetti indagati.
Per quanto riguarda la partecipazione politica, è possibile distin-guere due filoni di ricerca: il modello americano e il modello italia-no. Il primo è nato tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso e ha identificato la partecipazione politica3 come una variabile di-pendente dalle variabili strutturali e da altre componenti della cultura politica, ad esempio l’informazione. Negli anni Sessanta invece, a partire dalla revisione del modello statunitense, si è aperta la strada agli studi italiani sul fenomeno della partecipazione politica. Il grup-po di Pizzorno prima (Pizzorno, Martinetti, Paci, Sivini, 1966) e al-cuni ricercatori dell’Istituto Cattaneo poi, hanno contestualizzato al contesto italiano gli studi condotti dai colleghi americani, ampliando la diversificazione degli indicatori proposti (Gozzo, 2009).
In letteratura è comune imbattersi in numerose definizioni e clas-sificazioni della partecipazione politica. Ciò, molto probabilmente, è da imputarsi alla connotazione fluida sottesa al concetto stesso di partecipazione sociale: è inevitabile, effettivamente, constatare come questo “concetto-ombrello” (Bertozzi, 2012) accolga sotto di sé una varietà di declinazioni teorico-pratiche che ne rendono ardua la deli-mitazione dei confini.
La trasformazione del concetto di partecipazione è imputabile in-negabilmente al susseguirsi delle trasformazioni socio-politiche e culturali, cui sono seguite numerose definizioni, spesso dicotomiche, tese perlopiù allo studio di alcuni caratteri specifici che il concetto assume e manifesta (Gelli e Mannarini, 2007).
La riflessione circa la partecipazione politica si muove principal-mente intorno alle seguenti dicotomie: convenzionale e non conven-zionale, manifesta e latente, strumentale e simbolica (Barbagli,
Mac-3 In questo caso, la definizione di partecipazione politica fa riferimento solamente al processo elettorale (Gozzo, 2009).
celli, 1985; Pasquino, 1997). Quando si parla di partecipazione
con-venzionale e non concon-venzionale ci si riferisce nel primo caso a forme
istituzionalmente mediate e riconosciute dagli organismi istituzionali, nel secondo caso a prassi nuove, non immediatamente classificabili all’interno di un sistema istituzionalizzato e normato, come ad esem-pio una campagna di boicottaggio (Millefiorini, 2002). Le forme di partecipazione manifesta o visibile rinviano ad atti concreti di coin-volgimento nella vita politica, come votare o sostenere una campa-gna elettorale, oppure latente o invisibile, che fa riferimento a un coinvolgimento emotivo che stimola l’interesse, l’informazione e la fiducia nella politica. La partecipazione è stata altresì studiata nei termini di partecipazione strumentale, mirata al soddisfacimento di ideali e interessi personali, e simbolica, funzionale al sentirsi parte dei processi decisionali, richiamando i concetti di comunità e appar-tenenza (Loera e Ferrero Camoletto, 2004).