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L’empowerment: dimensioni costitutive ed elementi chiave

Nel documento LA CITTÀ LABORATORIODI CITTADINANZA (pagine 54-57)

2. Cittadinanza attiva e partecipazione sociale: modelli e prospettive teoriche

2.5. L’empowerment: dimensioni costitutive ed elementi chiave

Il concetto di empowerment è strettamente collegato a quello della cittadinanza,: certamente ne costituisce uno degli strumenti, ma più precisamente ne rappresenta un concreto elemento fondativo. Il pieno esercizio della cittadinanza, infatti, esige che per i cittadini siano soddisfatti i diritti all’informazione e alla conoscenza, affinché possa pienamente dispiegarsi il processo democratico.

Dallago (2006) evidenzia che etimologicamente il termine inglese empowerment si costruisce di tre particelle:

- “em” è generalmente utilizzato come prefisso e significa “mettere in condizione di”, dunque vi si ravvisa un movimento verso qual-cosa, vi è una “volontà di”, una spinta attiva;

- “power” si può tradurre con “potere” e possiede una connotazione positiva e costruttiva. Non il “potere su qualcuno o qualcosa”, piuttosto il “potere di”, l’“essere i grado di”;

- il suffisso “-ment” si utilizza in inglese per riferirsi sia a un pro-cesso, sia a un risultato.

L’etimologia stessa della parola, dunque, suggerisce il tratto fon-damentale dell’empowerment e cioè il suo configurarsi allo stesso tempo come processo e risultato, frutto di un movimento propositivo verso l’acquisizione di potere.

Rappaport (1981), il primo a introdurre il termine, lo ha definito come un processo di acquisizione del potere che permette agli indi-vidui di esercitare un maggiore controllo sulla propria vita. Non è so-lamente un percorso meramente finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo: è un processo graduale, frutto di un apprendimento si-tuato, costituito da livelli intermedi di acquisizione di conoscenze e competenze (Dallago, 2006). Fattivamente, però, cosa significa per un cittadino acquisire potere? Converso e Piccardo (2003) suggeri-scono che aumentare i livelli di empowerment nei cittadini significa risvegliarli dal torpore che li ha indotti all’accettazione passiva delle disuguaglianze, rafforzando il loro potere e mettendoli nella condi-zione di partecipare attivamente alla determinacondi-zione dei loro destini. Per far sì che ciò avvenga è fondamentale che siano soddisfatte due dimensioni: l’informazione e la formazione, le quali sono strettamen-te correlastrettamen-te con le questioni del diritto e della pedagogia. Infatti la formazione e l’informazione sono facoltà fondamentali che connota-no i processi democratici e inclusivi; allo stesso tempo la prima di esse può configurarsi come uno strumento indispensabile alla costru-zione della seconda. Mettere i cittadini nella condicostru-zione di conoscere, di sapere leggere, analizzare e interpretare i fenomeni sociali, con-sente loro di esercitare il diritto a ri-conoscersi e a ri-collocarsi in un orizzonte di senso realmente rispondente alle proprie priorità e al proprio sistema di valori.

La stessa Dallago (2006) sottolinea che in pedagogia vi sono di-verse esperienze che, seppur precedenti alla concettualizzazione dell’empowerment nelle vesti di costrutto teorico, rappresentano

an-cora oggi degli importanti riferimenti per quanti si occupano di im-pegno civile a livello comunitario. In Italia, a Barbiana, negli anni Sessanta don Milani diede vita a una scuola che accoglieva i figli dei contadini del Mugello, spesso respinti dalle scuole tradizionali, con-siderate elitarie, fabbriche di riproduzione culturale a favore di pochi e a discapito di molti, perpetranti una metodologia didattica inevita-bilmente escludente, causando l’insuccesso, e dunque la fuoriuscita, di coloro che disponevano di meno occasioni economiche e culturali. La scuola di don Milani si è distinta in particolare per il metodo della scrittura collettiva, una scrittura civile ideata e realizzata dal gruppo-classe. La Lettera a una Professoressa, pubblicata nel 1967, è diven-tata di lì a poco il manifesto di un’intera generazione di studenti che sognavano di sovvertire l’ordine costituito in vista della costruzione di una scuola anti-classista e democratica, in cui ci fosse spazio per tutti. Il parroco di Barbiana ha creduto fortemente nella forza libera-trice della parola: egli riteneva che fosse l’uso della parola, l’esserne conoscitori, comprenderla, il saperla padroneggiare come arma di li-berazione e affermazione, a poter rendere l’uomo libero. Essere pa-droni della parola consente di informarsi, di difendere i propri diritti e per essi battersi: favorendo il dialogo, la parola rende eguali, con-sente alleanze e conflitti, genera un terreno fertile di confronto e cre-scita, di scambio e cambiamento. Anche Gandhi e Danilo Dolci, in-fatti, avevano investito molta parte della loro riflessione sull’«[…] «esatta informazione» […] a patto che […] di qui nasca il partecipare “alle esigenze, ai problemi della vita comune”, l’“attiva organizza-zione di ampie solidarietà per i consensi e i dissensi sulle questioni pubbliche” […]» (Cives, 1973, p. 39).

Lorenza Dallago (2006), rinforzando la tesi che sottolinea l’importanza della formazione e dell’informazione, individua quattro elementi chiave alla base dei processi di empowerment, facendo rife-rimento in particolare ai contesti comunitari2:

2 L’empowerment si sviluppa in contesti diversi e a livelli differenti (l’individuo, il gruppo, la comunità), seppur strettamente interconnessi tra loro (Dallago, 2006).

- inclusione e partecipazione: consentire ai soggetti svantaggiati di partecipare alla presa di decisioni, affinché l’impiego delle risorse si fondi su bisogni concreti e priorità locali;

- accesso alle informazioni: i cittadini informati sanno individuare le risorse e sanno come adoperarle al meglio;

- maggior condivisione di scelte, risultati e responsabilità da parte delle autorità: una maggiore trasparenza nei corsi d’azione politi-ci, specialmente a livello locale, è un fattore auspicabile ai fini della (ri)costruzione dei legami di fiducia nei confronti delle isti-tuzioni;

- capacità organizzativa locale: la creazione di network interni e tra differenti comunità rafforza la collettività e attribuisce una mag-giore influenza a livello nazionale e regionale.

Il concetto di empowerment, in conclusione, è strettamente con-nesso a quello di cittadinanza: fra questi elementi vi è una circolarità fatta di rimandi e somiglianze, propedeuticità all’azione e ritorni. Ciò, inoltre, introduce la riflessione rispetto alla partecipazione, che è frutto del diritto di cittadinanza e allo stesso tempo ne è espressione e strumento; così come l’empowerment è una variabile fondamentale dei processi partecipativi, che crea il presupposto per uno spazio di cittadinanza in cui praticare la partecipazione.

2.6. La partecipazione: il panorama teorico tra sociale e

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