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Tra giovanilizzazione e degiovanimento: lo spazio sociale dei giovani e

Capitolo II L’adulthood come categoria sociale 57

4. Tra giovanilizzazione e degiovanimento: lo spazio sociale dei giovani e

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Restando su un piano di analisi intergenerazionale, appare opportuno dare conto, in ultima istanza, di un ulteriore processo sociale che riguarda in special modo l’Italia e che prende il nome di “degiovanimento” (Rosina e Balduzzi 2010). Esso fa riferimento ad un progressivo ridimensionamento del peso demografico, sociale, economico e politico delle giovani generazioni a scapito delle fasce più adulte della popolazione ed è stato, in particolare, messo in evidenza dalle recenti

! Rispetto al passato le possibilità di cura del proprio corpo e della propria salute si sono diffuse 68

trasversalmente superando confini non solo economici. Non solo tutte queste possibilità si fanno più accessibili dal punto di vista dei loro costi, ma si aprono a nuovi gruppi della popolazione anche da un punto di vista che potremmo definire ‘culturale’. Fino a qualche anno fa semplicemente non esistevano creme antirughe specificamente destinate alle 30enni o alle 70enni, tinte per i capelli create per rispondere alle esigenze degli uomini, sconti sugli abbonamenti alla palestra per neomamme e offerte nei centri estetici per under20.

ricerche di Rosina e Balduzzi (2010) sui giovani nel panorama europeo e di Schizzerotto ( et al. 2011) sulle condizioni di vita dei giovani di ieri e di oggi. Attraverso la presentazione di alcuni dati è possibile dare conto di un complessivo scenario che vede i giovani occupare una posizione sempre più marginale.

Ad esempio, dal punto di vista strettamente demografico, i dati Istat (2013) indicano che i giovani dai under24 rappresentano, in totale, solo il 23% della popolazione italiana e di questi solo il 10% ha un’età compresa tra i 15 e i 24 anni. Gli adulti (35-64enni) costituiscono invece il 43,3% della popolazione. La diminuzione della consistenza numerica dei giovani produce dirette ricadute su molteplici aspetti legati ai rapporti tra le generazioni.

Essa incide, ad esempio, sulla consistenza del corpo elettorale. Alle ultime elezioni europee del 2009, “i giovani tra i 18 e i 24 anni costituivano in media l’8,8% della popolazione, mentre i giovani tra i 18 e i 30 anni costituivano il 16,9% della popolazione e […] i giovani che hanno votato per la prima volta alle elezioni europee del 2009 erano tutti coloro con un’età compresa tra i 18 e i 22 anni: il 6,2% della popolazione europea” (Rosina e Balduzzi 2010, 210). Per quanto riguarda l’Italia, se negli anni ’90 i 18-35 costituivano il 33% dell’elettorato, attualmente i giovani rappresentano solo un quarto degli elettori italiani e, come giustamente evidenziato da Rosina a Balduzzi “in un contesto caratterizzato da scarso ricambio generazionale e da una classe politica poco lungimirante, tale alleggerimento del peso elettorale dei giovani rischia di affievolirne le istanze e di vederne sottorappresentati gli interessi. Diventa più difficile superare le resistenze di chi difende posizioni di rendita e investire su migliori condizioni per la crescita e il benessere futuro” (Rosina e Balduzzi 2010, 254).

Un ulteriore aspetto legato al fenomeno del degiovanimento é quello dell’iniquità nella distribuzione della spesa sociale che in larga misura (47% nella media europea, 61% nel caso italiano) è assorbita dal sistema pensionistico a scapito, molto spesso, di misure e politiche di sostegno e aiuto verso le giovani generazioni, soprattutto per ciò che concerne l’istruzione, l’abitazione, il lavoro e l’esclusione sociale (Schizzerotto et al. 2011).

Evidente é, inoltre, l’iniquo rapporto di potere tra le generazioni nel contesto economico e lavorativo. Come si è già avuto modo di specificare, in tutto il contesto occidentale e, in particolare, in Italia l’attuale crisi ha infatti colpito in modo particolarmente acuto proprio la generazione più giovane che vede ampliarsi le differenze di condizione lavorativa ed economica rispetto alla generazione che la precede (Banca d’Italia 2010). L’avvicinamento e l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro avviene di frequente in un ambiente guidato da una logica insiders/outsiders in grado di creare profonde disparità tra questi e le coeve coorti adulte in termini di opportunità lavorative, sicurezza salariale e stabilità contrattuale (Schizzerotto et al. 2011). La precarietà, ad esempio, non interessa in egual modo le diverse coorti generazionali di lavoratori. “È precario un lavoratore su due con meno di 25 anni, uno su quattro tra 25 e 34 anni e solo uno su dieci tra gli over 45. In un certo senso è giusto così: i lavoratori adulti hanno di norma esigenze ben più pressanti dei lavoratori giovani. Tuttavia, asimmetrie di precarietà occupazionale intergenerazionale così marcate finiscono per scaricare le esigenze di flessibilità del mercato del lavoro soprattutto sulle spalle dei giovani lavoratori, in particolare sui neo-entranti” (Cersosimo 2013, 9).

Di riflesso, sul piano economico, per molti giovani europei e soprattutto per i giovani italiani appare sempre più lontana la possibilità di migliorare le proprie condizioni e prospettive di vita rispetto alla generazione precedente. “Oggi un occupato under30 percepisce un salario netto mensile inferiore di oltre un terzo di quello degli occupati italiani over30 (il divario era del 20 per cento nel 1990)” e lo “stesso svantaggio si nota per la ricchezza. Un giovane può oggi fare riferimento ad una ricchezza pro capite del 40 per cento inferiore a quella di un adulto (-17 per cento alla fine degli anni Ottanta)” (Cersonimo 2013, 10; Rosina e Torrini, 2007).

A completamento di questo quadro é, infine, interessante analizzare anche il rapporto tra giovani ed adulti anche sul piano del ricambio generazionale. Questo aspetto merita particolare attenzione proprio in relazione all’Italia, dove si rilevano un’età media della classe dirigente particolarmente elevata e bassi tassi di turnover.

Sebbene sulla base delle ultime elezioni, il nostro Paese possa vantare il più giovane tra i parlamenti europei (48 anni la media dei deputati italiani) 69, senza pari risultano i limiti fissati per l’elettorato passivo dalla nostra Costituzione (25 anni per la Camera e 40 per il Senato, con un ulteriore vincolo a 25 anni per l’elettorato attivo dei senatori) 70.

Inoltre, secondo una recente stima la classe dirigente italiana rimane, con i suoi 58 anni in media, una delle più anziane in Europa (Coldiretti 2013). Gli amministratori delegati delle banche italiane e i loro presidenti hanno un’età media pari a 69 anni, i presidenti dei tribunali delle città capoluogo di Regione sono in media 65enni ed i professori universitari, con i loro 63 anni, sono i più anziani del mondo industrializzato. Nel mondo economico, l’età dei presidenti e degli amministratori delegati delle principali società a partecipazione pubblica sfiora mediamente i 62 anni 71.

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Si è scelto di concludere il presente capitolo concentrandosi sulla questione del degiovanimento poiché essa, in un’ottica intergenerazionale, contribuisce, esattamente come la giovanilizzazione, ad una particolare strutturazione del rapporto tra giovani ed adulti entro il contesto contemporaneo.

Giovanilizzazione e degiovanimento possono infatti essere lette come due facce di una stessa medaglia poiché entrambe concorrono, seppur in modi diversi, ad una progressiva diminuzione della visibilità sociale delle coorti più giovani della popolazione.

In un contesto occidentale in cui gli adulti appaiono sempre più spesso adottare - per scelta o per necessità - comportamenti e stili di vita ‘giovanili’, mantenendo tuttavia una posizione di indubbio potere entro il panorama sociale, culturale,

! L’età media dei deputati è di 45 anni (9 anni in meno di quella degli onorevoli della passata legislatura), 69

mentre l’età media dei senatori è di 53 anni (4 anni di meno dei loro colleghi della legislatura predente). A Montecitorio i deputati under 30 sono 34 a fronte dei 2 soltanto nella legislazione precedente.

! Seppur più confortante, anche lo scenario europeo, non si presenta particolarmente più giovane. Nel 70

2008, l’età media dei leader dei principali Paesi europei era di circa 55 anni. Nel 2012, l’età media dei membri del Consiglio europeo era di circa 54 anni e il più giovane aveva 39 anni. Sempre nel 2012, i commissari europei erano mediamente 57enni e l’età media dei parlamentari era pari a 55 anni (Bauvallet

et al 2012).

! “L’Italia è, in generale, uno dei Paesi dove le posizioni di comando e potere sono saldamente in mano a 71

politico, lavorativo ed economico, i giovani, come efficacemente sintetizzato da Diamanti (1999), rischiano sempre più di farsi “invisibili”.

Invisibili, innanzitutto, perché sempre più ‘indistinguibili’ dagli adulti, per atteggiamenti, gusti, stili di vita e bisogni, ma anche perché ‘marginalizzati’, tenuti distanti dagli ‘spazi degli adulti’.

È proprio a partire dalla constatazione di questo rischio di ‘invisibilità’ delle giovani generazioni che risulta particolarmente interessante prendere in analisi il loro modo di rapportarsi con la sfera della partecipazione civica e politica, intesa come possibile spazio di visibilità e rivendicazione di voice.

Capitolo III

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L’esperienza della partecipazione: generazioni a confronto

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Il presente capitolo intende proporre una riflessione sull’ultimo elemento che va a comporre il quadro concettuale della dissertazione, ovvero il tema della partecipazione civica e politica.

Dopo aver presentato le differenti articolazioni del concetto di cittadinanza (par. 1), si passerà quindi ad un’approfondita analisi della tematica della partecipazione nella sua accezione di coinvolgimento civico e politico, prestando particolare attenzione alle differenti definizioni e categorizzazioni elaborate rispetto a questo a questo concetto in ambito sociologico (par. 2).

Adottando una prospettiva di analisi generazionale, saranno poi prese in considerazione le caratteristiche assunte dal rapporto degli adulti e dei giovani di oggi con la partecipazione civica e politica guardando a ciò che, secondo la letteratura, caratterizzerebbe come cittadini due distinte generazioni: quella degli adulti odierni - gli attuali 40-50enni collocati tra la generazione del baby boom e la

generation X (par. 3) - e quella quella dei giovani di oggi - gli attuali 20enni della millennials generation (par. 4). Per quanto, in particolare, concerne gli adulti odierni

si intende cercare di comprendere quale fosse il loro modo di essere giovani cittadini, ma anche quale forma assuma il loro rapporto con la sfera partecipativa oggi.

Il capitolo intende quindi elaborare una sorta di ‘profilo partecipativo’ dei giovani e degli adulti di oggi, funzionale alla descrizione dei due gruppi generazionali coinvolti nella presente ricerca e alla comprensione del dispiegarsi dei loro rapporti intergenerazionali in relazione al tema della cittadinanza attiva.