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La contemporaneità e l’avvento dell’ageing society 24

2. Evoluzioni moderne e contemporanee del corso di vita 18

2.3. La contemporaneità e l’avvento dell’ageing society 24

derivanti da specifiche ricerche afferenti a diversi ambiti disciplinari 12 (Levi e Schmitt 1994; Sprinthall e Collins 1984) o da racconti letterari, televisivi e cinematografici (Capussotti 2006), i termini “adolescente” e teenager diventarono di uso comune nel giro di pochi anni. Si passa così, nel corso del XX secolo, “da un’epoca senza adolescenza a un’epoca in cui l’adolescenza è l’età privilegiata” (Ariès 1960, 460).

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2.3. La contemporaneità e l’avvento dell’ageing society

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La tendenza alla progressiva diminuzione della mortalità e al corrispondente aumento della speranza di vita avviatasi nel XVIII secolo non si è mai né fermata né invertita, ma a questo dato si affianca, a partire dagli anni ’70 del ‘900, un nuovo cambiamento di scenario.

Il boom economico del secondo dopoguerra si era infatti protratto per almeno due decenni, ma a partire dalla fine degli anni ’70 si manifestano, dal punto di vista demografico, i primi segnali di un’inversione di tendenza rispetto a quanto registrato negli anni ’50 e ’60 per quanto concerne le nascite, che hanno progressivamente conosciuto una pesante contrazione in gran parte del panorama occidentale (Bengtson e Achembaum 1993; Chesnais 1986; Ambrosi e Rosina 2009).

Proprio la combinazione tra riduzione delle nascite e aumento della durata media della vita ha generato profondi cambiamenti sul corso di vita e, in particolare, sulla fase finale di esso: la vecchiaia. Sebbene essa sia sempre stata compresa come parte della segmentazione del corso di vita, la sua durata, la sua scansione interna e i suoi significati sono stati oggetto di un’imponente quanto recente evoluzione (Bengtson e Robertson 1985).

Nel contesto occidentale contemporaneo le speranze di vita sono infatti enormemente aumentate. Prendendo in considerazione l’Italia, l’Istat rileva che

! Si fa riferimento, tra gli altri, agli studi di Erikson (1950) e Piaget (1966). 12

“a metà del Novecento gli italiani avevano un’aspettativa di vita alla nascita pari a 63 anni per gli uomini e a 67 per le donne” (Istat 2011b, 8) che è andata progressivamente aumentando negli anni successivi fino a raggiungere gli attuali 79,4 anni per gli uomini e 84,5 anni per le donne (Istat 2013).

Questo aumento della lunghezza media della vita è andato di pari passo con un miglioramento delle condizioni di vita esperite dalla maggioranza della popolazione anziana (Oms 2012, Istat 2013) che, sempre più frequentemente, si trova a vivere questo periodo della vita in condizioni di salute complessivamente buone.

L’allungamento della vita ha infine determinato un aumento del numero degli anziani nelle società occidentali. Secondo l’Oms, il numero degli over60 nel mondo è più che raddoppiato dal 1980 e sfiora ormai i 600 milioni di persone (Oms 2012). Circa 87milioni di ultra65enni vivono invece in Europa, dove costituiscono il 17% della popolazione (European Commission 2011). In Italia, gli anziani sono invece 12.600.000 e rappresentano circa un quarto della popolazione italiana (Istat 2013).

Varie conseguenze derivano da queste tendenze.

Il progressivo allontanarsi della morte ha innanzitutto prodotto un allungamento così marcato della vita da rendere necessaria una differenziazione interna all’anzianità. Si distingue infatti solitamente tra anziani e grandi anziani per evidenziare differenze tra due gruppi della popolazione sempre più diversificati rispetto a ruoli, abitudini e condizioni di vita. Tra i primi e i secondi vi sono infatti forti differenze in termini di indipendenza, qualità della vita e delle relazioni sociali, ruolo nella società e nel contesto familiare (Tognetti Bordogna 2007).

L’allungamento della speranza di vita ha reso inoltre possibile la formazione e l’allargamento di un periodo dell’esistenza ‘inattivo’ in cui l’individuo esce dal mondo del lavoro per ritirarsi a vita privata 13. In epoca pre-industriale e moderna, la morte sopraggiungeva infatti molto più regolare in età giovanile o

! Come evidenziato da Anderson, “la parola ‘ritirarsi’, nel suo significato moderno, è assente anche dalla 13

adulta e quindi nel pieno del percorso lavorativo o subito a ridosso di esso, rendendo il ritiro dal mondo del lavoro impossibile o molto limitato nel tempo (Anderson 1986). Le più instabili condizioni di salute che caratterizzavano la vecchiaia nei secoli precedenti condannavano poi spesso gli anziani a ruoli marginali di dipendenza, non consentendo la possibilità, ormai sempre più frequente, di ricoprire nuovi ruoli diversamente attivi nella società (Tognetti Bordogna 2007).

Infine, l’aumento della speranza media di vita ha consentito la coesistenza, entro lo stesso lasso temporale, di più generazioni (Donati 2001). Scrive, ad esempio, Anderson: “mentre una donna degli anni Settanta poteva aspettarsi di vivere ancora 25 anni dopo la nascita dell’ultimo nipote, una donna della metà del diciannovesimo secolo poteva aspettarsi di morire 12 anni prima che nascesse il suo ultimo nipote” (1986, 146). Le conseguenze di ciò sul piano dei rapporti tra le generazioni sono varie: in primo luogo si assiste alla ‘nascita’ dei nonni - figure precedentemente quasi sconosciute la cui comparsa ha determinato profondi cambiamenti nelle dinamiche familiari (Bengtson e Robertson 1985) - e, secondariamente, diventa comune la coesistenza di diversi ruoli sulla stessa età - si può essere, contemporaneamente, figli, genitori e nonni - (Pezzati et al. 2005). A quanto appena detto si devono, infine, sommare tutte le conseguenze legate al calo delle nascite: la diminuzione del numero dei nuovi nati ha infatti portato ad un aumento del peso percentuale degli anziani sulla popolazione mondiale 14, con profondi effetti sulla struttura della piramide demografica di molti Paesi occidentali, tra cui l’Italia 15: i paralleli processi di assottigliamento della consistenza numerica dei più giovani e aumento della percentuale di anziani sulla popolazione hanno avuto implicazioni importanti sulla visibilità e rilevanza sociale di queste due fasce della popolazione, nonché sui rapporti intergenerazionali anche in termini di distribuzione delle risorse (Donati e Piancastelli 2003; Ambrosi e Rosina 2009).

! Secondo una recente stima dell’Unpfa (2012), nelle regioni mondiali più sviluppate la percentuale degli 14

over60 era superiore a quella dei bambini al di sotto dei 15 anni già nel 2000

! L’Italia presenta inoltre, tra tutti i paesi europei, uno degli indici di vecchiaia più elevati, pari al 147,2%. 15

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È in dialogo con queste ed altre trasformazioni delle fasi precedenti e successive dell’esistenza che la giovinezza ha conosciuto importanti cambiamenti relativamente alla sua posizione nella segmentazione del corso di vita, ai suoi confini e ai suoi significati. Nelle pagine seguenti verranno presi in considerazione, innanzitutto, i processi macrosociali che hanno contribuito alla ‘scoperta’ di questa età e alla sua definitiva affermazione come fase distinta del corso di vita (par. 3), per poi concentrarsi sulle evoluzioni contemporanee dei suoi confini e dei suoi contenuti (par. 4).

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