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Capitolo II L’adulthood come categoria sociale 57

1. Una problematizzazione tardiva 58

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In ogni sistema sociale è possibile individuare un condiviso repertorio di significati socialmente costruiti che consente di ridurre la complessità della vita sociale fornendo agli attori una serie di punti di riferimento stabili.

Questo sistema di significati va a formare quella che Schütz (1953) ha definito “natural attitude”: un insieme di idee pre-riflessive e costruite intersoggettivamente che gli individui utilizzano per dare senso e prevedibilità al mondo nella loro vita di tutti i giorni.

L’attitudine naturale si compone di tutto ciò che nella vita quotidiana non viene normalmente messo in discussione, di ciò che viene dato per scontato, del senso comune e va a formare un “quadro di riferimento utilizzato per osservare e interpretare il mondo circostante” (Gronow e Warde 2001, 23; Berger e Luckmann 1971).

L’adultità, come categoria sociale, fa parte di questo dato per scontato ed é stata messa in discussione così raramente da poter essere descritta come “l’ultimo territorio non esplorato dello sviluppo umano” (Brim 1992, p. 171).

Il termine ‘adultità’, derivato dall’inglese adulthood, viene utilizzato per indicare l'insieme delle caratteristiche e delle condizioni che definiscono e descrivono colui che si trova nell’età adulta.

Anche nell’ambito del contesto anglosassone, la parola adulthood è entrata in uso in tempi relativamente recenti: il termine pare essersi diffuso alla fine del XVIII secolo in sostituzione di “adultness”, a sua volta comparso nel vocabolario inglese intorno al 1500 (OED 2013). Il primo utilizzo del termine di cui si abbia testimonianza scritta risale infatti al 1870, quando Cowden Clarke, commentando Twelfth Night di Shakespeare, affermò che questa “era stata scritta nel pieno vigore e nella piena adulthood della sua conformazione” (OED 1989, 180).

Indipendentemente dalle sue origini, la parola diverrà di uso comune solo più tardivamente: secondo Jordan (1978) essa inizierà infatti a circolare frequentemente nei primi anni del XX secolo.

L’utilizzo di questo termine nel lessico italiano è ancora oggi marginale. La sua nascita o scoperta si deve primariamente ad alcuni studi psico-sociali degli ultimi decenni ed è direttamente collegata ad una generale messa in discussione del ‘dato per scontato’ implicito nell’idea di adulto. La diffusione del concetto di adultità va di pari passo ad una problematizzazione della definizione classica dell’età adulta - delle caratteristiche e delle condizioni ad essa tradizionalmente attribuite - emersa in tempi relativamente recenti.

Da un lato, le preoccupazioni relative allo status e alle condizioni di vita della popolazione infantile e di quella anziana hanno infatti contribuito allo sviluppo di studi scientifici, biologici, psicologici e sociali relativi a questi due gruppi della popolazione in tempi più lontani e la mancanza di interesse analitico per l’età adulta può essere letta come derivante da una idea predominante circa la stabilità della condizione e della personalità adulta e la relativamente scarsa vulnerabilità di questa fascia della popolazione.

Anche per quanto concerne specificamente la sociologia, la ‘scoperta’ dell’adultità appare piuttosto recente. Come sostenuto da Blatterer (2005), essa “si è raramente preoccupata di analizzare l’adulthood come categoria sociale. Il comportamento adulto e l’adultità come fase della vita risultano impliciti in ogni analisi sociologica. Dalle minuzie della vita quotidiana ai macroprocessi della globalizzazione, […] l’attore […] è l’incarnazione dell’essere adulto. Anche quanto i sociologi si concentrano esplicitamente sull’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza o l’anzianità, l’adultità è sempre presente come punto di riferimento. In quanto tale, l’adultità come fase della vita è trascurata dalla sociologia e, al contempo, costituisce una default category sempre presente, uno sfondo euristico a tutte le forme dell’azione sociale” (Blatterer 2005, 44).

La posizione dell’adultità nell’ambito del sapere sociologico è quindi complessa e oscilla tra centralità e marginalità: essa costituisce sì una core category per la maggior parte delle ricerche sociali, ma “la ricostruzione delle condizioni concrete in cui si dà oggi esperienza adulta rimane ancora in qualche misura sommaria o scontata” (Saraceno 1984, 517).

Nel 1978, Graubard affermava che l’adulthood manca della “concretezza che viene associata a termini quali ‘infanzia’ o ‘adolescenza’ e sembra costituire un’etichetta per tutto ciò che succede al singolo essere umano dopo una specifica età cronologica - sia essa quella dei diciotto, dei ventuno o di altro” (Graubard 1978, V). Secondo lo storico sono infatti carenti le conoscenze “su come i concetti di adultità siano cambiati nel tempo, su come il comportamento adulto sia culturalmente condizionato, sulla rilevanza del lavoro, del piacere, della famiglia per l’adultità” (Ibidem).

Qualche anno più tardi Smelser e Erikson (1980) hanno sottolineato il lungo abbandono dell’adultità da parte della ricerca sociale e la scarsa integrazione tra ricerche e riflessioni che riflettono su specifici aspetti dell’esperienza adulta 56; mentre in tempi più recenti Pilcher e colleghi hanno evidenziato come nonostante le altre principali fasi del ciclo di vita siano largamente definite, nelle loro pratiche culturali e nelle teorie sociologiche, in relazione all’adulthood “manchi ancora una convincente ‘sociologia dell’adultità’ equivalente alle assodate aree della sociologia dell’infanzia, della giovinezza e dell’anzianità” (Pilcher et al. 2003, 1). Gli stessi pensieri sono infine condivisi da Mitchell (2006, 2) quando sostiene che scarsa attenzione è stata attribuita al “territorio intermedio dell’adultità” rispetto alle classi precedenti e successive. “L’adulto”, scrive Saraceno rischia di rimanere “un soggetto un po’ generico, abitante una sorta di plateau senza tempo e senza cambiamento: il ‘dopo’ dell’età evolutiva e il ‘prima’ della età involutiva” (1984, 518).

Alcuni segnali di un possibile cambiamento di scenario si sono manifestati negli ultimi due decenni. Il nuovo interesse nei confronti di questa fase della vita appare innanzitutto collegato all’invecchiamento della generazione del baby boom e al conseguente aumento quantitativo della coorte adulta della popolazione e della visibilità delle sue caratteristiche, esigenze e problematiche 57 (Lachmann ! Affermano Smelser e Erikson (1980, 13-14): “da tempo gli scienziati sociali e comportamentali si sono 56

concentrati sulle altre fasi della vita: l’infanzia, l’adolescenza (inclusa la preadolescenza), la vecchiaia e più recentemente la giovinezza [...] Se la conoscenza di questi stadi della vita é lungi dall’essere completa resta pur sempre vero che gli anni adulti sono pressoché l’unica fase rimasta inesplorata”.

! Secondo i dati del censimento americano del 2000 (US Census Bureau 2000), circa 80 milioni di 57

persone appartenenti alla generazione del baby boom si collocavano nella fascia di età adulta (tra i trentacinque e i quarantacinque anni) all’inizio del nuovo millennio.

2001). La riscoperta dell’adulthood come categoria sociale è poi collegata ad una riflessione sulle transizioni giovanili alla vita adulta: proprio dall’osservazione delle peculiarità di questi percorsi, dal dibattito sulla giovinezza come condizione (Cavalli 1980) e dalle riflessioni sul dilazionamento dell’adultità si è originata una nuova attenzione sociologica per la condizione adulta nella società contemporanea, quale termine ad quem di queste transizioni (Martelli 2013). Quest’ultimo ha acquisito, infatti, una maggiore problematicità sociale esemplificata da ‘crisi’ e transizioni tradizionalmente considerati tipici solo della giovinezza o dell’età senile (Lachmann 2001) che rendono l’età adulta sempre più un’età di cambiamento e trasformazione.

Nonostante già negli anni ’70 e ’80 alcuni contributi sociologici avessero preso in analisi l’adulto e il significato della condizione adulta (Keniston 1970; Saraceno 1984), solo in tempi recenti si è realmente assistito allo sviluppo di un vero e proprio interesse sociologico sui temi dell’adultità bloccata e dei “mezzi adulti” (Coté 2000), dell’erosione dell’adultità (Calcutt 2011), della scomparsa dell’adulthood (Quill 2011).

La nuova attenzione sociologica nei confronti di queste tematiche si è manifestata anche attraverso la recente conduzione di alcuni studi tesi a individuare le caratteristiche del modello standard di adulthood (Lee 2001) e le sue implicazioni normative (Blatterer 2007; Crawford 2006), l’evoluzione delle classiche dimensioni dell’adultità nella contemporaneità (Crawford 2006; Burnett 2010), i significati attribuiti a questo concetto da parte dei giovani e degli adulti e la conseguente autovalutazione della propria condizione (King 2013; Arnett 2004), l’emergere di nuovi modelli di adultità e il loro riconoscimento sociale (Blatterer 2007; Crawford 2006). A cavallo tra il precedente e l’attuale millennio, l’interesse per l’età adulta ha inoltre favorito la nascita del gruppo interdisciplinare di ricerca della Fondazione MacArthur sul Successful Midlife Development (MIDMAC) e la pubblicazione, nel 2001, del primo manuale sullo sviluppo in età adulta, l’Handbook of Midlife Development (Lachman 2001). In tutte queste ricerche si abbandona l’idea che l’età adulta sia “un lungo stadio di quiete inframmezzato da cambiamenti occasionali” (Pearlin 1983, 215) e che esista un modello univoco

di sviluppo dell’adulto, date le diverse circostanze e le varie differenziazioni sociali nell’accesso e nella disponibilità di risorse di cui i soggetti dispongono per far fronte agli accadimenti della propria vita (Clausen 1972).

Sembra quindi che, “dopo un lungo periodo di importanti studi e riflessioni sul variare delle transizioni verso la vita adulta concentrate sui giovani”, la sociologia si stia accorgendo della necessità di “estendere e concentrare l’analisi sull’adultità, che non possiede più le sue chiare, stabili e tradizionali caratteristiche” e di “guardare agli adulti nelle nostre analisi della condizione giovanile” (Martelli 2013).

In questa analisi della giovinezza attraverso l’adultità, la questione centrale appare quindi quella delle caratteristiche assunte dall’adultità nel contesto contemporaneo.

Cosa significa essere adulti oggi? Quali riferimenti concettuali e pratici permettono di distinguere chi è adulto da chi non lo è nel contesto contemporaneo? Quale forma e quale posizione ha assunto il modello adulto nella nostra società? Quali conseguenze ha tutto ciò sui percorsi identitari dei giovani e degli adulti, sulle loro relazioni intergenerazionali, sui legami sociali in generale?

Nei seguenti paragrafi tenterà di rispondere a queste domande mediante un’analisi del tradizionale modello di adulto elaborato nell’ambito della modernità (par. 2) e delle sue evoluzioni contemporanee (par. 3), prestando particolare attenzione alle conseguenze che quest’ultime hanno sul piano identitario e relazionale per gli adulti e per i giovani (par. 4) .

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2. L’adultità ‘standard’: storia e caratteristiche di un modello