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3. La giovinezza in prospettiva storica 27

3.2. La giovinezza come esperienza di massa 31

adulto disponibile: quello di moglie e madre” (Merico 2004, 21).

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3.2. La giovinezza come esperienza di massa

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Nonostante si possa quindi sostenere che la giovinezza sia stata riconosciuta come distinta fase della vita già dai primi anni della storia occidentale (Heywood 2001), essa ha acquisito la sua attuale natura di fase universale di transizione tra l’infanzia e l’età adulta solo tra il XVII e il XIX secolo (Mitterauer 1992). È infatti a partire dalla modernità che la giovinezza e il suo riconoscimento sociale si ‘diffondono’, coinvolgendo progressivamente tutte le classi sociali ed entrambi i generi.

L’elemento catalizzatore di questo processo può essere individuato nelle differenti novità legate all’avvento della modernità e, soprattutto, in tre fenomeni: il passaggio della famiglia patriarcale a quella nucleare (Saraceno 1975; Goody 1977), l’avvento del lavoro salariato e specializzato (Haraven 1977) e la diffusione del sistema universalistico di educazione (Barbagli e Kertzer 1990).

Di pari passo con l’avvento della modernità, i processi di urbanizzazione, industrializzazione e individualizzazione (Beck et al. 2004) si tradussero, innanzitutto, in una riduzione della diffusione delle famiglie estese di tipo patriarcale e in una conseguente crescita del peso delle famiglie nucleari (Saraceno 1975; Barbagli 1977). A partire dalla metà del XVIII secolo e, con maggiore intensità, nel secolo successivo, si assistette ad un progressivo declino delle famiglie estese e patriarcali e alla nascita di nuove famiglie formate da un numero ridotto di componenti, legati da legami di parentela più stretti e diretti (Barbagli e Kertzer 1990).

Così come l’infanzia, la giovinezza trovò infatti un progressivo consolidamento all’interno di un nuovo ambiente familiare in cui “l’integrazione”, in comparazione col passato, derivava soprattutto “da legami affettivi (romantici) tra il marito e la moglie” (Lantz 1982, 2). Attraverso la diffusione dell’ideale

dell’amore romantico 22, prima tra la borghesia e successivamente anche tra le classi sociali meno agiate, si gettarono infatti le basi di un nuovo modello di famiglia fondata sull’amore e devota al fornire attenzioni ai suoi componenti (Boch 1991; Stone 1977; Trumbach 1978) 23.

In questi nuovi nuclei familiari, i rapporti tra genitori e figli vennero ridefiniti in termini di frequenza, vicinanza ed intensità e a questi ultimi iniziarono ad essere dedicate inedite cure. Con il passaggio dalla institutional family alla companionship

family (Burgess e Locke 1945), l’attenzione verso i figli diventò pian piano

elemento identitario per la coppia (Barbagli et al. 2003) e ciò si manifestò anche attraverso l’adozione di nuovi modelli educativi (Galland 1997; Pietropolli Charmet 2000) a cui era sottesa l’idea della giovinezza come un periodo delicato di apprendimento e di formazione, necessitante di attenzioni sia sul piano affettivo che su quello normativo (Parsons 1975). Pietropolli Charmet (2000) si riferisce a questo modello familiare con il concetto di “famiglia delle regole”, per indicare un tipo di relazionalità intra-familiare in cui il polo delle regole e quello degli affetti restavano comunque chiaramente distinti - mentre il primo veniva attribuito alla figura paterna, il secondo era proprio della madre - e la funzione educativo-normativa tendeva ancora a prevalere su quella di cura e amore. Lo sviluppo della famiglia nucleare e, all’interno di essa, di un modello familiare fondato maggiormente sull’affettività è stato collegato da molti autori (Apple Sweetser 1977; Cunningham 1997) anche alla diffusione dell’industrializzazione e al conseguente avvento del lavoro salariato e specializzato che, inoltre, intervenne

! Secondo Giddens (1992) l’ideale dell’amore romantico si collega direttamente ad alcune evoluzioni 22

della vita sociale di particolare rilevanza: con esso si assiste alla nascita del focolare domestico, alla scoperta della maternità, all’instaurazione di rapporti consapevoli tra genitori e figli in cui rispetto e affettività si intrecciano.

! Lanzt (1982.) sostiene che l’ideale dell’amore romantico diventa lentamente un legittimo criterio di 23

unione matrimoniale con il passaggio dal medioevo alla modernità. Nelle società pre-moderne, l’amore romantico era infatti concepito alquanto negativamente: tanto negli Plutarco quanto in quelli di Sant’Agostino si possono rintracciare invettive contro questo tipo di relazione a cui dovevano essere preferite unioni basate sulla responsabilità, l’impegno, il dovere (Zimmerman 1947). Parimenti, nel periodo medievale, le basi di una solida relazione tra i coniugi veniva individuate in legami di tipo economico-politico (Folsom 1943). A seguito del periodo feudale, nell’ambito di cambiamenti sociali più ampi, si assiste alla diffusione dell’ideale dell’amore romantico. Secondo Stone (1977), tale espansione era direttamente collegata allo sviluppo del cosiddetto “individualismo affettivo” che, secondo Lantz (op. cit.), può essere descritto come “la culminazione di secoli di sforzi per cercare di raggiungere ciò che, in termini contemporanei, chiamiamo self fullfillment o self-realization delle persone […]. L’amore romantico è un’aspetto dell’individualismo affettivo attraverso cui viene accordato un significativo peso ai sentimenti e ai desideri delle persone nella scelta dei propri compagni”.

anche a modificare il modello di riproduzione sociale dell’epoca medievale, fondato sul passaggio di padre in figlio dell’attività lavorative e delle proprietà. La nuova organizzazione del mercato del lavoro si caratterizzava infatti per l’espansione del lavoro dipendente all’interno di circuiti produttivi industriali in cui le competenze necessarie per lo svolgimento di un dato lavoro non poteva essere più acquisite all’interno della famiglia 24.

Divenne perciò necessaria la creazione di nuove istituzioni specializzate nel fornire queste conoscenze alle coorti più giovani della popolazione, individuate nei sistemi formativi scolastici e, proprio a seguito dell’espandersi di questi, si assistette anche alla diffusione di una nuova idea dell’educazione (Wallace e Kovatcheva 1998), non più interpretata come una prerogativa delle classi più agiate, ma come uno strumento utile per l’intera società, attraverso cui trasmettere agli individui le competenze e le conoscenze necessarie alla vita associata 25. In virtù di questa preziosa funzione, si diffuse l’idea che la formazione scolastica dovesse diventare (obbligatoriamente) accessibile a tutti i giovani e, nell’ambito dei paesi occidentali, si giunse ad una progressiva estensione degli obblighi scolastici a tutta la popolazione giovanile (Gillis 1974).

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Su un piano macrosociale, secondo numerosi autori (Saraceno 1975; Barbagli 1977; Barbagli e Kertzer 2004; Blatterer 2005; Burnett 2010), sono quindi soprattutto gli effetti congiunti delle trasformazioni appena descritte che concorrono, nel passaggio dall’epoca premoderna alla modernità, a delineare la giovinezza come fase distinta del ciclo di vita deputata alla sperimentazione identitaria e all’acquisizione delle competenze necessarie ad accedere alla condizione adulta.

! In queste dinamiche prende avvio un ulteriore processo che si farà più visibile in epoche più recenti. 24

L’attribuzione dei compiti formativi ad istituzioni esterne alla famiglia porta con sé un processo di delegittimazione dei genitori come detentori della conoscenza. Con l’innalzamento dei livelli di istruzione dei più giovani, il sapere -fondamentale fonte di legittimazione delle gerarchie familiari e sociali - non è più prerogativa delle coorti più anziane.

! Caron sostiene che, dalla fine del XVIII, si diffonda “l’idea dell’onnipotenza dell’educazione nella 25

formazione dell’uomo” (Caron 1994 p.163) che, secondo la massima di Helvétius, non sarebbe altro che il prodotto della sua educazione. Testimonianze di questo interesse per l’educazione dei giovani possono inoltre essere rintracciate nelle opere di numerosi filosofi moderni da Locke (Alcuni pensieri sull’educazione 1693) a Rousseau (l’Emilio 1762).

Sebbene, come si è mostrato in precedenza, la gioventù abbia almeno in parte sempre assunto il significato di età orientata alla preparazione, alla formazione e all’apprendimento, è infatti con la modernità che si realizza un processo di ‘democratizzazione’ di questo segmento della vita, precedentemente riservato solo ai figli maschi delle famiglie più abbienti. In questo nuovo scenario la gioventù diventa innanzitutto una fase di transizione formativa per strati sempre più larghi della popolazione, che vengono temporaneamente esclusi dal mondo del lavoro, inseriti in processi educativi istituzionalizzati e, in generale, fatti oggetto di maggiori attenzioni da parte del mondo degli adulti (Berger e Berger 1972).

É in questo stesso contesto storico-sociale che la giovinezza assume poi il significato di periodo di sperimentazione: venendo a mancare la trasmissione generazionale della conoscenza e del lavoro tra padri e figli, questi anni di formazione e apprendimento diventano anche uno spazio di esplorazione caratterizzato da enormi potenzialità e una qualche incertezza rispetto al futuro (d’Eramo 2001) 26.

Infine, mediante l’allontanamento dei giovani dal mondo del lavoro e il loro inserimento in istituzioni formative ad hoc, si assiste di fatto anche ad un primo isolamento dal mondo degli adulti delle coorti più giovani della popolazione che, iniziando “ad abitare una sfera a parte della società” (Blatterer 2005, 137), cominciano anche a differenziarsi più nettamente rispetto agli adulti sul piano degli stili di vita e degli atteggiamenti.

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Nel corso del XX secolo le novità introdotte nella prima epoca moderna trovano completa realizzazione. Nell’ambito del contesto occidentale del secondo dopoguerra la gioventù diventa infatti una vera e propria esperienza di massa, condivisa - seppur con perduranti differenze - dai giovani di tutte le classi sociali e, successivamente, di entrambi i generi (Blatterer 2005).

! Proprio con l’avvento della prima modernità, si affacciano i primi effetti del processo di 26

individualizzazione sulla biografia umana. Attraverso un percorso progressivo che troverà pieno compimento nel corso del XX secolo, il legame tra istituzioni tradizionali e percorsi di vita individuali inizia ad allentarsi, garantendo al soggetto maggiori possibilità scegliere tra diversi destini possibili e, allo stesso tempo, esponendolo a rischi prima sconosciuti (Beck et al. 2001; Giddens 1991; Giddens 1994).

Con il consolidamento dei sistemi istituzionali di educazione, aumenta infatti la possibilità di vivere una differenza esperenziale tra l’infanzia e l’adultità per gran parte dei giovani (Gillis 1974; Heywood 2001). Inoltre, “la concentrazione dei giovani all’interno delle istituzioni loro dedicate (in primo luogo, nella scuola) e la possibilità di elaborare, all’interno del gruppo dei pari, modelli culturali autonomi permettono l’acquisizione della consapevolezza della comune appartenenza sociale” (Merico 2004, 26). Nello specifico, nel corso degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso la giovinezza si scopre elemento di identificazione collettiva che, in quanto tale, produce o acuisce la separazione tra i giovani, i loro valori e le loro culture da un lato e gli adulti, i loro valori e le loro culture dall’altro (Cicchelli e Galland 2009) 27. Anche in virtù di ciò, la giovinezza si pone infine al centro dell’interesse pubblico nelle società occidentali del secondo dopoguerra, ove lo specifico modo in cui i giovani agiscono e pensano, il loro modo di comportarsi, parlare e vestire diventarono oggetto di dibattito, studio e rappresentazione a diversi livelli (Côté e Allahar 1994).

Dal punto di vista storico-sociale, la gioventù si colloca quindi in modo completo tra le fasi del corso di vita attraverso un processo di graduale distinzione dall’infanzia e dall’adultità e di progressiva massificazione della sua esperienza, che prende avvio con l’epoca moderna e si completa nel secondo dopoguerra. Se a partire da questo momento essa consolida definitivamente la sua posizione tra i segmenti del percorso di vita di ogni individuo nel contesto occidentale, la sua natura non resta tuttavia immutata e, in tempi recenti, profonde evoluzioni sono intervenute a modificarne l’estensione e i significati.

Nell’ultimo paragrafo di questo capitolo si intende dare conto di tali trasformazioni prestando in particolare attenzione ai processi macrosociali che

! In questo contesto cambiano infatti profondamente anche i rapporti intergenerazionali familiari con la 27

comparsa della cosiddetta famiglia negoziale (Pietropolli Charmet e Riva 1995), che prende il suo nome dalla continua negoziazione che definisce il rapporto tra genitori e figli. Nell’ambito delle relazioni familiari si assiste, infatti, ad un aumento delle possibilità di contrattazione delle norme genitoriali da parte dei figli, fino a livelli impensabili all’interno della classica ‘famiglia delle regole’. Il ruolo del genitore non si riduce più ad un semplice lavoro di imposizione autoritaria, ma si trasforma in un’opera di comprensione e valutazione. Proprio questa evoluzione avrebbe prodotto un indebolimento dell’autorità genitoriale (e, in particolare, paterna) mettendo in crisi la struttura gerarchica delle relazioni familiari (Beck 2000; Recalcati 2013).

hanno modificato i confini e i contenuti di questa età a partire dagli anni ’70 in avanti.

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4. Chi sono i giovani? Un’analisi dei confini e dei contenuti della