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Il giudizio di omologazione, la sua impugnazione ed esecuzione »

CAPITOLO 1. IL CONCORDATO PREVENTIVO

6. Il giudizio di omologazione, la sua impugnazione ed esecuzione »

6.1 Il giudizio di omologazione

Il provvedimento di omologa serve a dare piena efficacia al concordato preventivo, ossia è la condicio iuris dell’accordo concordatario perché questo possa pienamente dispiegare i propri effetti. Il giudizio di omologazione rappresenta un segmento del procedimento di concordato, procedimento più ampio in quanto si dipana dal ricorso per l’ammissione sino ad estendersi alla fase di esecuzione. Oggetto di questo processo, non è né la qualità di imprenditore commerciale non sotto-soglia e così pure non lo è la verifica dello stato di crisi o insolvenza; questi sono presupposti affinché ci possa essere un procedimento di concordato, mentre nel giudizio di omologazione si discute se la crisi del debitore possa essere composta con il concordato o se debba essere risolta con la procedura di fallimento o comunque con una soluzione di carattere espropriativo.

Quando si parla di oggetto del processo, lo si fa per stabilire il perimetro della decisione del giudice e il vincolo che si forma sulla decisione. Mentre con il ricorso per fallimento il creditore chiede che il suo credito sia tutelato con le regole del concorso fallimentare, con il ricorso per concordato, il debitore chiede che i suoi debiti vengano dapprima regolati secondo le stesse regole del

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concorso e poi trattai con le regole negoziali 55, che prevalgono su quelle del

procedimento liquidatorio.

Se il giudizio di omologazione fosse un giudizio autonomo, sganciato dalla procedura di concordato preventivo, si potrebbe anche assumere che l’oggetto possa ricondursi alla verifica dell’accordo intervenuto fra debitore e creditori. Essendo invece inserito nel contesto concordatario, l’oggetto è da individuarsi nella verifica da parte del giudice che il conflitto sorto fra imprenditore-debitore e creditori sia stato composto con un accordo, il quale abbia rispettato taluni limiti legali e che abbia fatto applicazione di un regime di regolazione dei crediti di stampo concorsuale.

Il giudizio di omologazione prende formalmente avvio con l’iniziativa a mezzo della quale il giudice delegato, una volta riscontrata l’approvazione della proposta, chiede che il tribunale fissi l’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale. In realtà il procedimento non si avvia d’ufficio, in quanto l’atto di impulso processuale è la domanda iniziale di concordato: ciò significa che il procedimento è retto dalla domanda e che quindi questa viene riesumata e sulla base della stessa il tribunale fissa l’udienza.

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ADEMPIMENTI — Per quanto concernente gli adempimenti del tribunale, questo deve fissare l’udienza in camera di consiglio. Non è previsto espressamente un termine ma occorre avere riferimento da un lato, alla durata dell’intero procedimento, e dall’altro, alla necessità che poi il debitore, onerato della notificazione ai creditori dissenzienti e al commissario giudiziale, abbia un tempo sufficiente per procedere tempestivamente.

Per ciò che concerne l’onere per la cancelleria questo si sostanzia in una doppia comunicazione: la pubblicazione sul registro delle imprese di un avviso dell’inizio del giudizio di omologazione in modo che ne siano informati tutti i creditori e tutti i possibili interessati e l’invio di una comunicazione al debitore perché provveda alle notificazioni.

L’onere per il debitore è, allora, quello di provvedere alla notificazione del decreto di fissazione dell’udienza ai creditori dissenzienti e al commissario giudiziale.

La legittimazione a promuovere il giudizio di omologazione compete, in via esclusiva, al debitore e si declina con il ricorso ex art. 161 l. fall., cui può far seguito un formale atto di costituzione nel giudizio di omologazione. I litisconsorti necessari 56 sono, oltre che al debitore, il commissario giudiziale e la

collettività dei creditori, mentre litisconsorti facoltativi sono il P.M., i singoli creditori che si oppongono o intervengono e i terzi che manifestano un interesse contrario all’omologazione, nonché quei creditori che si costituiscono ai sensi dell’art. 179 l. fall. al solo scopo di far risultare la modifica della proposta di

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adesione in voto contrario a seguito del mutamento delle circostanze in punto di fattibilità del piano di concordato.

Sono pertanto legittimati a proporre opposizione i creditori dissenzienti per espressa previsione, ma anche ogni altro possibile interessato, fra questi dovendosi ricomprendere anche i creditori privilegiati non votanti e soggetti che neppure rivestono la qualifica di creditori od ancora coloro che assumono essere tali ma le cui pretese sono contestate 57.

La posizione del commissario giudiziale è particolare in quanto è parte formale del processo, nel senso che deve essere posto nelle condizioni di partecipare, ma non parte sostanziale, non avendo un interesse proprio da far valere. Oltre ad essere parte del giudizio, interviene anche come organo della procedura, quasi al modo di un consulente del giudice, visto che è tenuto a depositare il parere finale motivato, attraverso il quale espone al tribunale tutto ciò che è accaduto dopo la votazione. Inoltre, l’opposizione del commissario non può essere scartata in linea di principio, ma presuppone che vi sia un interesse proprio dello stesso, diretto e personale. Non si può, infatti, immaginare che il commissario svolga un’opposizione nell’interesse della massa dei creditori che rappresenta formalmente, i quali pur non essendo parte in senso formale, lo sono in senso sostanziale perché sono i diretti destinatari dell’accertamento che conduce il tribunale 58.

57 Cass. 26 luglio 2012, n. 13284, Corr.giur., 2013, 655 58 CARBONI, Il processo di omologazione

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Il debitore e gli eventuali opponenti debbono costituirsi in giudizio almeno dieci giorni prima della data fissata per l’udienza, termine da considerarsi perentorio in quanto funzionale alla formazione del contraddittorio e alla celere prosecuzione del giudizio 59. La tardiva costituzione dell’opponente comporta

l’inammissibilità dell’opposizione, mentre se riguarda il debitore determina l’improcedibilità della domanda di concordato, qualora nessuna parte si costituisca. In questa ultima ipotesi è consentito ad un qualunque altro interessato, di agire in surroga dell’imprenditore e chiedere in sua vece l’omologazione.

I poteri del tribunale in sede di omologazione si concretizzano nel verificare: § che il procedimento si sia svolto nel rispetto delle norme di procedura e

questo consente al tribunale di ripercorrere le valutazioni già compiute in occasione del decreto di ammissione;

§ che si sia formata sulla proposta l’adesione della maggioranza, o delle maggioranze in caso di suddivisione dei creditori in classi, dei creditori; § che non sussistano i fatti rilevanti ex art. 173 l. fall. 60.

Al contempo, non deve valutare la meritevolezza dell’impresa e la convenienza della proposta, salvo che ciò non sia sollecitato da un creditore che appartenga ad una classe dissenziente o da una minoranza qualificata di creditori.

59 NORELLI, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo

60 I fatti che avrebbero giustificato la revoca del concordato ai sensi dell’art. 173 l. fall.

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Al termine del processo il tribunale decide con decreto motivato. La decisione è vincolata, nel senso che il tribunale può soltanto omologare il concordato o rigettare la richiesta; non può omologare il concordato modificando le condizioni della proposta sulla quale vi è stato il consenso dei creditori, tant’è che quanto più è dettagliata la proposta, quanto più è consapevole l’adesione de creditori, tanto più è forte il vincolo negoziale che si costituisce e minori sono gli spazi del giudice. La decisione è immediatamente esecutiva e quindi produce effetti anche in pendenza delle eventuali impugnazioni di cui all’art. 183 l. fall.

Il provvedimento di omologa viene comunicato al debitore e al commissario giudiziale che provvede a darne notizia ai creditori. Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositati nei modi stabiliti dal tribunale che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.

Anticipando quelli che sono gli effetti principali generati dalla decisione omologatoria, si può dire che questi attengono all’esdebitazione e alla trasformazione dei diritti dei creditori, che possono pretendere soltanto ciò che il debitore si è impegnato a concedere loro.

6.2 L’impugnazione del decreto di omologa

All’esito del giudizio di omologazione possono sortire più provvedimenti: I. un decreto di omologazione in assenza di opposizioni; II. un decreto di omologazione in presenza di opposizioni; III. un decreto di omologazione ma non conforme alla richiesta; IV. un decreto di rigetto;

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V. un decreto di rigetto cui si accompagna la sentenza dichiarativa di fallimento.

La varietà dei possibili contenuti del decreto refluisce direttamente sui mezzi di impugnazione praticabili.

L’impugnazione contro il decreto di omologazione in presenza o assenza di opposizioni e contro il decreto di rigetto non seguito da sentenza di fallimento, si propone con reclamo alla corte d’appello ai sensi dell’art. 183 l. fall.

In particolare, nelle ipotesi I, II e IV, le soluzioni possibili sono il reclamo generale previsto nei procedimenti in camera di consiglio ai sensi dell’art. 739 c.p.c. ed il reclamo speciale fallimentare ai sensi dell’art. 26 l. fall..

In dottrina si è posta anche una ulteriore soluzione alternativa e cioè che potrebbe farsi applicazione dell’art. 131 l. fall. dettato in tema di reclamo avverso il decreto che omologa il concordato fallimentare, ovvero del reclamo ex art. 18 l. fall. 61.

Per quanto riguarda la V ipotesi, ovvero nel caso in cui il decreto rigetti la richiesta e contestualmente dichiari il fallimento, vi possono essere tre possibili soluzioni dovute all’ambiguità del comma II dell’art. 183 l. fall.: questo infatti può indicare che viene presentato reclamo ex art. 739 c.p.c. contro il decreto di rigetto e contro la sentenza dichiarativa di fallimento, ma può anche voler dire che viene presentato il reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c. e altro reclamo ai

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sensi dell’art. 18 l. fall.; infine, l’ultima soluzione è che venga proposto reclamo solo ex art. 18 l. fall. La scelta di aprire due procedimenti di reclamo paralleli è quella meno opportuna, considerato che la decisione sul reclamo contro il decreto di rigetto sarebbe pregiudiziale rispetto alla decisione attinente al reclamo sulla sentenza di fallimento; occorrerebbe, pertanto, sospendere il secondo giudizio, in attesa della definitività del provvedimento reso nel primo, onde evitare il rischio della contraddizione delle due decisioni.

Poiché in presenza della sentenza dichiarativa di fallimento il rimedio è quello del reclamo ai sensi dell’art. 18 l. fall., non v’è alcuna ragione per applicare la disciplina di cui all’art. 739 c.p.c. la quale, sancendo un percorso assai meno garantistico di quello che ruota attorno al reclamo della legge fallimentare, non assicurerebbe a tutte le parti coinvolte le medesime tutele che ricorrono nel modello speciale, tutele che rendono questo procedimento molto simile ad un giudizio ordinario di cognizione, ancorché si sia voluto adattarlo a taluni schemi del processo camerale 62. Ne consegue che nel reclamo saranno deducibili, come

motivi di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento, tutte le difese relative alla dichiarazione di fallimento stessa, nonché tutte le difese relative alla omologabilità della proposta di concordato preventivo.

Con riferimento al termine per interporre reclamo, l’art. 183 l. fall. non lo prevede espressamente, in quanto non è unico: se viene impugnato il decreto di omologazione del concordato o di rigetto, ma senza contestuale dichiarazione di

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fallimento, il termine è quello di dieci giorni secondo quando stabilisce l’art. 739 c.p.c.; se viene impugnato il decreto di rigetto e di contestuale dichiarazione di fallimento, il termine per impugnare è quello previsto nell’art. 18 l. fall., e dunque di trenta giorni. Anche per quanto riguarda la decorrenza del termine per reclamare, manca una disciplina unica e specifica, per cui il termine dovrebbe decorrere secondo i principi generali e pertanto non prima della notificazione del provvedimento, non potendo tale formalità essere surrogata da comunicazione di cancelleria o altre forme di pubblicità. Quindi, deve ritenersi che la notificazione del decreto, effettuata ad istanza di una delle due parti, sia idonea a far decorrere il termine di dieci giorni, mentre in difetto di notificazione il decreto è impugnabile nel termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c.

Per quanto attiene la legittimazione è necessario operare una distinzione: nel caso di decreto di omologazione o di rigetto possono proporre reclamo soltanto coloro che hanno rivestito la qualità di parte in senso formale nel corso del giudizio davanti al tribunale: la legittimazione al reclamo è aperta negli stessi limiti in cui è aperta la legittimazione a presentare opposizione al concordato. Poiché le opposizioni possono essere formulate dai creditori dissenzienti e terzi interessati, se costoro partecipano al giudizio, possono poi, se risultati soccombenti, proporre reclamo. Il gravame non spetta, viceversa, a quei creditori dissenzienti e a quei terzi che, pur dimostrando di avervi interesse, non abbiano partecipato alla prima fase 63.

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Il debitore, a sua volta, può proporre reclamo nell’ipotesi di rigetto della domanda, mentre questa possibilità non è data al commissario giudiziale in quanto, seppur parte necessaria in rappresentanza formale dei creditori, non portatore di un interesse proprio 64.

Viceversa, se il reclamo viene proposto per motivi che attengono anche alla dichiarazione di fallimento, questo può essere proposto anche da terzi interessati che non abbiano partecipato al giudizio di omologazione, ai sensi dell’art. 18 l. fall.

Vi è poi la circostanza dei c.d. decreti anomali, ossia nelle ipotesi I e III. Nell’ipotesi I, nel caso in cui nessuno si è opposto all’omologazione, il decreto che ha omologato il concordato non è soggetto a gravame: poiché non ci sono stati opponenti e il tribunale ha accolto la domanda, non ci sono parti soccombenti e quindi il gravame non avrebbe ragion di esistere. Nell’ipotesi III è esperibile l’actio nullitatis, secondo la letteratura prevalente, le quante volte ci si trovi di fronte ad un decreto della autorità giudiziaria che non essendo impugnabile, per espressa previsione di legge, deve intendersi abnorme, nel senso che il giudice ha esercitato un potere, la modifica della proposta di concordato, pur non avendone alcuna disponibilità. Ciò comporta che anche il debitore concordatario possa essere legittimato a coltivare una simile iniziativa.

80 6.3 Gli effetti del concordato e l’esecuzione

Il decreto di omologazione sancisce il passaggio alla fase di esecuzione del concordato, sì che vengono meno molti effetti connessi al provvedimento di apertura della procedura; ma il decreto produce effetti anche nei confronti dei soggetti che non hanno partecipato al procedimento.

v EFFETTO MODIFICATIVO DELL’OBBLIGAZIONE: Il primo effetto è quello di chiusura della procedura di concordato preventivo 65. Con l’omologazione

si costituisce una modificazione oggettiva dell’obbligazione, ossia una nuova obbligazione, in quanto il debitore non deve più adempiere all’obbligazione pre-concordato, ma ai debiti pregressi secondo le modalità precisate nella proposta; si è soliti sostenere che l’effetto principale dell’omologazione è costituito dall’esdebitazione del debitore dalle obbligazioni anteriori, il che è esatto ma deve essere meglio precisato, in quanto non è detto che il decreto di omologazione produca, sempre, tale effetto 66. Con il decreto, la porzione di credito stralciata

diviene inesigibile, non si estingue, ma questa inesigibilità non è assoluta, in quanto dipendente anch’essa dalla modifica del rapporto obbligatorio e questo è risolutivamente condizionato all’adempimento 67. Infatti,

quando il concordato si risolve per inadempimento, tornano ad essere esigibili i crediti nella misura intera perché l’effetto dell’esdebitazione

65 RAGO, L’esecuzione del concordato preventivo

66 FERRO, Il concordato preventivo, l’omologazione e le fasi successive 67 NIGRO e VATTERMOLI, Diritto della crisi

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correlato alla falcidia concordataria presuppone l’adempimento degli obblighi imposti con l’omologazione, anche se la previsione per la quale l’inadempimento giustifica la risoluzione solo quando non è di scarsa importanza, contribuisce ad innestare un profilo di flessibilità che agevola il debitore nel conservare il beneficio dell’esdebitazione;

v EFFETTI SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI: l’effetto più rilevante è che, anche quando dovessero precipitare gli eventi e dovesse quindi sopravvenire il fallimento, gli atti compiuti in esecuzione del concordato preventivo sono esonerati dall’assoggettabilità alla revocatoria fallimentare, secondo quanto previsto dall’art. 67, comma III, lett. e) l. fall. 68; per atti esecutivi

debbono così intendersi non solo i pagamenti ricevuti dai creditori, ma anche gli atti dispositivi posti in essere dal debitore, in quanto ciò che rileva è l’aspetto funzionale dell’atto rispetto al piano;

v EFFETTI VERSO TERZI: per soggetti terzi, definibili estranei, si intendono i creditori estranei, i soci illimitatamente responsabili ed i coobbligati. In virtù del principio di maggioranza, il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso per concordato, a prescindere che questi abbiano partecipato al procedimento o che siano dissenzienti. Con riferimento ai primi, rientrano tra questi i creditori successivi all’omologazione, i quali non sono vincolati al decreto, non

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subiscono alcun limite alla tutela dei loro diritti, ma non possono aggredire il patrimonio segregato, dovendosi soddisfare, ove sussista, solo sul patrimonio sopravvenuto 69. Per quanto riguarda i secondi, per

espressa previsione di legge, i creditori conservano il loro diritto, non inciso dal concordato, nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori e degli obbligati in via di regresso, compreso il terzo datore di ipoteca 70. La ratio

è quella di agevolare la raccolta del consenso, perché i creditori che vantano delle garanzie possono essere stimolati a dar credito alla proposta di concordato nella consapevolezza che la loro pretesa potrà altrimenti essere soddisfatta. Con riferimento all’ultima categoria, il legislatore, nella procedura quale il fallimento, ha previsto che ai sensi dell’art. 147 l. fall. il fallimento in estensione si applica ai soci illimitatamente responsabili di società di persone. L’art. 184 comma II, l. fall. prevede che il beneficio di esdebitazione si applichi al socio illimitatamente responsabile salvo che nella proposta di concordato non venga configurato un patto contrario.

Con il decreto di omologazione si apre la fase di esecuzione del concordato: l’obbligazione che il debitore si è assunto diviene esigibile ed il debitore deve attivarsi per adempiere le obbligazioni. Al commissario giudiziale è affidato l’incarico di sorvegliare l’adempimento del concordato, anche se tale attività di controllo non si può direttamente trasformare in attività di iniziativa per la

69 RAGO, L’esecuzione del concordato preventivo 70 PRESTI, Ipoteca per debito altrui

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risoluzione del concordato, dal momento che l’azione di risoluzione compete in via esclusiva ai creditori. Il commissario è però tenuto ad informare i creditori dell’evoluzione dell’esecuzione. Essendo tale fase governata dalla proposta, nel senso che le attività di adempimento del concordato debbono assecondare quanto è previsto nel piano in funzione di garantire l’adempimento della proposta, è il proponente che la dirige, salvo che non abbia natura liquidatoria nel quale caso tale fase viene affidata al liquidatore giudiziale.

Per quanto riguarda la natura dell’esecuzione, non si può dar risposta a priori: quanto più è organizzata la domanda, con piano e proposta, tanto più verranno in gioco le regole del diritto contrattuale; quanto più l’esecuzione è lasciata al tribunale, tanto più verranno in gioco le regole del diritto processuale.

La legge non disciplina espressamente le modalità di chiusura del concordato, ma una volta terminato l’adempimento delle obbligazioni che il proponente si è assunto, non è in discussione che il giudice delegato, su segnalazione del commissario giudiziale, del liquidatore o del proponente, con decreto, accerti l’avvenuta esecuzione e con ciò provveda a dichiarare cessati gli effetti del concordato.

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