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La giurisprudenza di merito sull’imposta sulle successioni e donazioni

3.4 L’interposizione del trust

4.1.1 La giurisprudenza di merito sull’imposta sulle successioni e donazioni

Di tutti questi dubbi, sembrerebbe essersi resa conto anche la giurisprudenza di merito138, la quale ha manifestato le prime reazioni alle pretese degli uffici erariali di recuperare l’imposta sulle successioni nei confronti di determinati trust.

Innanzitutto, per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’imposta in oggetto, si sono avute diverse sentenze delle Commissioni tributarie, prima tra tutte la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lodi n. 12 del 12 gennaio 2009139 avente ad oggetto un trust istituito da una società, che aveva segregato il proprio patrimonio, affinché il trustee procedesse alla liquidazione nell’interesse dei creditori sociali e dei soci e rispetto al quale l’Agenzia delle Entrate richiedeva la tassazione proporzionale dell’atto di segregazione dei beni in trust, ai fini della imposta sulle successioni e donazioni, con aliquota dell’8%, giustificando la pretesa sulla base delle indicazioni della circolare n. 48/E del 2007, la quale, si ricorda, prevede espressamente l’applicazione dell’imposta proporzionale sulle donazione agli atti di costituzione di trust, costituendo gli, gli stessi, vincoli di destinazione sui beni ed avendo effetto traslativo.

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S. Cannizzaro – T. Tassani, op.cit. cfr. par. 7 “la valorizzazione del momento del trasferimento finale dei beni ai beneficiari come linea interpretativa alternativa a quella dell’Agenzia delle entrate”.

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Si veda sentenze: n. 120 della Commissione tributaria provinciale di Lodi del 30 ottobre 2009, n. 481 della Commissione tributaria provinciale di Caserta dell’11 giugno 2009; n. 120 della Commissione tributaria provinciale di Bologna del 30 ottobre 2009; n. 30 della Commissione tributaria provinciale di Firenze del 12 febbraio 2009; n. 40 della Commissione tributaria provinciale di Savona dell’11 marzo 2009; n. 47 e 48 della Commissione tributaria provinciale di Treviso del 30 aprile 2009

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La Commissione lombarda ha invece affermato la non applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni, visto che, nel caso in esame, il trust “ha finalità liquidatorie del patrimonio conferito, ed al trustee è concessa la più ampia facoltà di operare con piena autonomia decisionale”. Pertanto, a giudizio della Commissione, “non si ravvisa alcun vincolo di destinazione e non è applicabile l’imposta sulle donazioni”.

Tale decisione è stata accolta con parere favorevole anche dalla dottrina140 per quanto riguarda il suo risultato, ma è stata criticata nelle motivazioni, in quanto il Giudice avrebbe potuto escludere l’applicazione dell’imposta semplicemente per il fatto che il trust, oggetto della controversia, aveva natura onerosa e non liberale.

Altra sentenza sul tema è la n. 120 del 30 ottobre 2009 della Commissione tributaria di Bologna141, la quale ha accolto il ricorso del contribuente, annullando l’avviso di liquidazione con cui l’ufficio erariale pretendeva di applicare l’imposta sulle successioni e donazioni nella misura dell’8% nei confronti di un trust di garanzia, costituito quindi al solo scopo di realizzare una garanzia e caratterizzato dall’assenza di un soggetto beneficiario che si arricchisce senza sopportare alcuno sforzo economico. Il Giudice in questo caso ha sostenuto che il trust in questione non ha “generato alcun arricchimento né potenziale né effettivo in capo al trustee o in capo ai disponenti” e che lo stesso non evidenzia “alcun intento liberale da parte di alcuno” essendo, invece diretto a soddisfare interessi propri del disponente risultanti dall’atto istitutivo, e che in

140 S. Zagà, op.cit., pag. 874: “questa corretta osservazione avrebbe, però, dovuto condurre il Giudice di merito, ad escludere l’applicazione del tributo successorio semplicemente perché il trust in esame aveva, con evidenza, natura onerosa (come tale ricompreso nel diverso ambito applicativo dell’imposta di registro), essendo diretto a realizzare la liquidazione del patrimonio sociale al fine di soddisfare i creditori della società; si trattava, dunque, di un trust che non avrebbe comportato alcun trasferimento di ricchezza a titolo di liberalità o gratuità, ma solo al fine di adempiere ad obbligazioni preesistenti. […] si tratta di una decisione senza dubbio corretta nel risultato ma motivata in modo non corretto, perché: i) qualunque sia la natura del trust (liberale, gratuita, onerosa), si realizza sempre un effetto segregativo in forza del quale i beni costituiti in trust confluiscono in un <<patrimonio separato>>, vincolato alla realizzazione dello scopo per il quale il trust è stato istituito; ii) ed in ogni caso non è nella costituzione di un vincolo di destinazione che va ravvisato il presupposto del tributo successorio, bensì nella circostanza che il vincolo di destinazione sia funzionale al (successivo) trasferimento dei beni vincolati a favore di un soggetto (diverso dal disponente) che li riceve senza alcuno sforzo economico.”

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capo al trustee non si può configurare “alcun sostanziale arricchimento personale ed alcun accrescimento definitivo della sfera patrimoniale sua propria”.

Sul punto si sono espresse, poi, la Commissione tributaria regionale di Bologna con la sentenza n. 16/09/11 del 4 febbraio 2011142 (la quale ha confermato la sentenza n. 120 del 30 ottobre 2009) secondo cui: “l’atto istitutivo d un Trust di garanzia, nel quale non è ravvisabile né l’animus donandi né un arricchimento concreto, non può dar luogo all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni ma va registrato con il pagamento dell’imposta in misura fissa”; la Commissione tributaria regionale di Venezia – Mestre n. 10/29/2012 del 21 febbraio 2012143 che ha affermato che: “il requisito del c.d. animus donandi, inteso come volontà del disponente di determinare l’altrui arricchimento con depauperamento dei propri beni, è un presupposto necessario per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni in misura proporzionale. L’assenza di tale requisito determina l’applicazione di registro nella sua misura fissa all’atto istitutivo di trust con contestuale apporto”; la Commissione tributaria regionale di Milano con sentenza n. 73/15/12 del 4 luglio 2012 secondo cui: “è esclusa l’imposta sulle donazioni quando nell’atto istitutivo di un trust auto-dichiarato non si ravvisa l’incremento patrimoniale a spirito di liberalità, elemento essenziale dell’istituto della donazione che presuppone la stessa tassazione”.

Quindi come si può ravvisare anche dalla giurisprudenza di merito, il trasferimento di beni e diritti non può essere considerato come indice della capacità contributiva che giustifichi l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, ma vale unicamente quale mezzo per conseguire un risultato, in cui si identifica l’indice di forza economica che, effettivamente, il tributo intende colpire. Ciò a cui l’imposta fa riferimento non è il fatto della modificazione nella titolarità di una situazione giuridica, ma un ulteriore effetto del trasferimento, che è il vantaggio economico, l’arricchimento, che il suo destinatario potrebbe ottenere senza aver compiuto alcuna attività. Il trasferimento assume rilievo, quindi, solo come mezzo per il cui tramite viene realizzata l’attribuzione che

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S. Loconte – G. Marzo In il trust in Italia secondo la giurisprudenza tributaria, in supplemento a Italia oggi del 22 ottobre 2012.

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genera l’incremento di un patrimonio a scapito di un altro, che invece si impoverisce di conseguenza.

Il presupposto impositivo individuato deve, poi, risultare comune alle fattispecie considerate nella disciplina di cui al DL n. 262/2006 e valere, pertanto, anche per il caso della costituzione di vincoli di destinazione, che può essere considerato imponibile quando ad esso si accompagni il trasferimento dei beni sottoposti al vincolo con arricchimento del destinatario. Il comma 47 dell’art. 2 del suddetto DL richiede, inoltre, che il trasferimento tra vivi avvenga per donazione, a titolo gratuito, oppure in esito alla costituzione di un vincolo di destinazione. Detto ciò, sarebbero, di conseguenza, esclusi dal tributo i trasferimenti che non danno luogo ad attribuzioni patrimoniali qualificabili come gratuite e quindi le fattispecie opposte, ossia quelle onerose. Nell’accertare il carattere gratuito o oneroso di una attribuzione si deve avere riguardo all’effetto patrimoniale che questa produce e all’utilità economica che derivi, o meno, al soggetto che ha disposto il trasferimento.

In merito, poi, alla questione relativa all’individuazione del momento impositivo del trust, i giudici della Commissione tributaria provinciale di Firenze, con sentenza n. 30 del 12 febbraio 2009144, hanno bocciato la pretesa dell’ufficio erariale di anticipare l’evento imponibile già al momento della costituzione dei beni in trust. La controversia concerneva un trust liberale per il quale l’ufficio erariale pretendeva l’applicazione, già al momento della costituzione dei beni in trust, dell’imposta sulle successioni e donazioni con l’aliquota nella misura del 6% poiché, dalle indicazione dell’atto istitutivo si poteva desumere che la devoluzione dei beni in trust sarebbe potuta avvenire a favore di parenti fino al 4° grado. Il Giudice, come detto, ha bocciato la soluzione del prelievo anticipato sostenendo145 che al momento del conferimento dei beni in trust in capo ai

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Consultabile su www.datalexis.it. 145

Si riporta i motivi della sentenza: La Commissione osserva: […] (per l'ufficio dalle circolari n. 48/E del 2007 e n. 3/E del 2008 si ricaverebbe il principio secondo cui con l'atto di trasferimento di beni del disponente al trustee di un trust sconta l'imposta immediatamente - l'imposta dovuta sulla costituzione del trust deve essere corrisposto al momento della segregazione del patrimonio, che può coincidere con la costituzione del trust o avvenire in un momento successivo - con le aliquote individuate sulla base del rapporto di parentela esistente tra il disponente e il beneficiario, soggetto passivo di tale imposta è il trust (in realtà è il trustee, perché il trust non è soggetto di diritto); che l'art. 49, comma 2 del D.Lgs. 3

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beneficiari non si manifesta alcun arricchimento tassabile, essendo configurabile soltanto una situazione di mera aspettativa giuridica , che è la posizione propria di chi è titolare di un diritto sottoposto a condizione sospensiva, che non consente loro, al momento dell’istituzione del trust, di poter ottenere i beni dal trustee, e di conseguenza in capo ad essi, in quel momento, non si manifesta alcun arricchimento tassabile; secondo il Giudice il momento impositivo si avrebbe solo successivamente, quando il trustee, realizzato il programma predisposto dal disponente nell’atto istitutivo, attribuirà i beni in trust ai beneficiari e precisa che il diritto del beneficiario a tale attribuzione debba essere incontrovertibile, poiché nulla esclude che il beneficiario rinunci al beneficio stesso.

Sulla stessa questione poi si sono avute altre sentenze: la sentenza della Commissione tributaria regionale di Firenze n. 72/24/11 del 17/11/2011146 secondo cui: “non ogni atto di trasferimento a titolo gratuito va sottoposto al

ottobre 2006 n. 242 (convertito in legge il 4 novembre 2006, n. 286) che ha introdotto l'imposta sulle successioni e donazioni, nell'individuare le aliquote applicabili, fa riferimento al «valore dei beni o diritti attribuiti», per poi distinguere le aliquote in relazione al rapporto di parentela esistente tra disponente e beneficiario dell'attribuzione; e in questa sede (v. lett. a, a-bis, b e c) dello stesso art. 49, la norma utilizza le parole "a favore"; la norma esclude quindi la sottoposizione a tassazione della mera costituzione del vincolo di destinazione; (deve quindi trattarsi di beni o diritti "attribuiti a favore" di un soggetto terzo rispetto al disponente) e quindi l'interpretazione corretta della norma non può essere che quella secondo cui l'oggetto della tassazione deve concretizzarsi in un trasferimento di ricchezza "a favore di un soggetto terzo"; che l'oggetto del prelievo in materia di vincoli di destinazione (e quindi di trust) è costituito dall'incremento netto di ricchezza conseguito dal beneficiario dell'elargizione, quindi de suo effettivo arricchimento; che nel caso di cui trattasi i beneficiari son esclusivamente titolar di una posizione qualificabile come di "aspettativa giuridica" che è la posizione propria di chi è titolare di un diritto sottoposto a condizione sospensiva; sono quindi titolari di una posizione giuridica che si potrebbe anche definire "incontrovertibile" ma che comunque non consente loro, al momento dell'istituzione del trust, di ottenere i beni e quindi in capo ad essi non si manifesta alcun arricchimento tassabile; la incontrovertibilità rileva, quindi non in quanto tale, ma solo in quanto consenta di ottenere, appunto, i beni, che si verificherà nella fattispecie specifica, solo al momento del verificarsi degli eventi condizionati; tale negoziamento conduce quindi all'applicazione delle imposte, in misura fissa che va anticipata già al momento della istituzione; che la funzione dell'atto attributivo di beni al trustee è quello, pienamente strumentale, di consentirgli, attraverso il controllo dei beni stessi, di attuare il programma predisposto nell'atto istitutivo (l'atto di trasferimento del disponente al trustee, è atto né gratuito né oneroso, bensì neutro); che solo successivamente e coerentemente con la ricostruzione civilistica dell'istituto, quando il trustee, realizzato il programma predisposto dal disponente nell'atto istituito, attribuirà il trust fund ai beneficiari sarà integrato il presupposto impositivo; che al momento in cui si verificherà la condizione, pertanto scatterà a carico del beneficiario, sempre che il diritto di ottenere i beni sia "incontrovertibile", perché nulla esclude che il beneficiario rinunzi al beneficio stesso, in applicazione del principio generale secondo cui la sfera giuridica dei terzi non può essere modificata senza il loro consenso, l'obbligo di denunzia ai sensi dell'art. 19 del D.P.R. 131/1986, con conseguente pagamento delle imposte dovute; che le circolari, come affermato dalla Suprema Corte a sezioni unite (Cass., sez. un., 2 novembre 2007, n. 23031), sono meri pareri di parte. Pertanto, per quanto sopra detto, ritenuti fondati i motivi addotti dal ricorrente accoglie il ricorso”.

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tributo successorio, ma solo quello che fa sorgere un arricchimento del soggetto che ne beneficia, posto che se cosi non fosse si finirebbe con il tassare una fattispecie concreta priva della capacità economica oggetto del tributo e, pertanto, un soggetto che risulta estraneo a ogni forma di arricchimento. Ove ciò avvenisse si verificherebbe un’anticipazione del prelievo nei confronti di soggetti che, anche se potenzialmente beneficiari, non sono titolari di una diritto certo e attuale, espressione di una capacità economica non solo inesistente al momento dell’attuazione del prelievo, ma che potrebbe anche non concretizzarsi affatto”; la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze n. 82/02/12 del 15 marzo 2012 la quale però ha fornito una tesi contraria, infatti secondo il Giudice: “è all’apporto patrimoniale disposto a favore del trust e non al trasferimento finale dei beni segregati ai futuri beneficiari che occorre far riferimento per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, atteso che solo in tale momento si realizza l’arricchimento patrimoniale nella sfera giuridica di detti soggetti”.

La Giurisprudenza di merito, fin qui analizzata, ha quindi percorso la stessa strada della dottrina, analizzata nel paragrafo precedente, sostenendo quindi la tesi secondo la quale l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni dovrebbe avvenire solo all’atto del trasferimento finale tramite il quale si realizza il presupposto del tributo, mentre all’atto d’istituzione del trust e quindi al trasferimento dei beni dal disponente al trustee, non verrebbe a crearsi il momento impositivo.