L’Agenzia delle entrate è intervenuta per cercare di fornire dei chiarimenti sul trattamento fiscale del trust, sia ai fini delle imposte sui redditi, sia delle imposte indirette, che la dottrina e gli operatori del settore aspettavano al fine di poter dare attuazione all’istituzione di trust con una ragionevole certezza normativa.
67 G. Corasaniti, La soggettività passiva del trust ai fini delle imposte diverse da quelle sui redditi, in Teoria e pratica fella fiscalità dei trust, quaderni di trust e attività fiduciarie, 2008, pag. 65 e ss.
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Il primo intervento, quello di maggiore impatto, si è avuto, dopo circa sette mesi dall’entrata in vigore della Legge Finanziaria 2007, con la circolare 6 agosto 2007 n. 48/E68 con la quale sono stati dati chiarimenti sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini delle imposte indirette, ponendo quindi un primo e necessario punto fermo sul trattamento fiscale dell’istituto in esame, andando a volte oltre la lettera della norma e smussando gli angoli di una disciplina legislativa concepita forse in modo un po’ frettoloso. Successivamente l’Agenzia è intervenuta, per fornire ulteriori chiarimenti con altre circolari e risoluzioni69.
2.2.1 I chiarimenti sulla residenza del trust
L’Agenzia delle Entrate ha fornito, con la Circolare 48/E del 2007, dei chiarimenti sul tema della residenza del trust.
Innanzitutto bisogna ricordare che l’art. 73 comma 3 del Tuir prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, le società e gli enti, e di conseguenza anche i trust, si considerano residenti nel territorio dello Stato al verificarsi di almeno una delle condizioni sotto indicate per la maggior parte del periodo d’imposta:
sede legale nel territorio dello Stato;
sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato;
oggetto principale dell’attività svolta nel territorio dello Stato.
Secondo uno Studio realizzato dal Gruppo di lavoro presso la Direzione delle entrate dell’Emilia Romagna70, nel caso specifico del trust, essendo inapplicabile
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La circolare in questione, con oggetto: “Trust. Disciplina fiscale rilevante ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte indirette” dopo aver accennato brevemente alla natura del trust e alle precedenti indicazioni dell’Amministrazione finanziari in materia, passa ad analizzare prima la disciplina dell’istituto ai fini delle imposte dirette, (soffermandosi sulla residenza, gli adempimenti, il trasferimento dei beni nel trust, e la cessione dei beni in trust) e poi la disciplina ai fini delle imposte indirette (imposta di registro, imposta sulle successioni e donazioni sulla costituzione di vincoli di destinazione, imposte ipotecarie e catastali).
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Circolare agenzia delle entrate n.61/2010, risoluzione n. 278/2007, n.425/2008, n. 81/2008. 70
Studio realizzato dal Gruppo di lavoro presso la Direzione delle Entrate dell’Emilia Romagna con la partecipazione di componenti dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Bologna, del Collegio dei Ragionieri di Bologna, del Consiglio Notarile di Bologna e dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Bologna dal titolo: “Il Trust riconosciuto in Italia. Profili civilistici e tributari”, che si trova in www.il-trust- in-italia.it: “Per determinare se un trust sia o meno residente fiscalmente in Italia, occorre fare
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la nozione di sede legale, bisogna necessariamente valutare la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale dell’istituto. Il primo criterio (sede dell’amministrazione) sarà certamente utile per certi tipi di trusts in cui lo scopo perseguito richiede strutture organizzative idonee (dipendenti, locali, ecc.). In mancanza, la sede dell’amministrazione tenderà a coincidere con la residenza del trustee. Infatti, l’amministrazione e la gestione dei beni in trust sono riservate al trustee, per cui se vi è un solo trustee, è allo Stato dove risiede cui occorre fare riferimento; se invece vi sono più trustees con residenze in Stati diversi, bisognerà fare riferimento al luogo in cui organizzano i loro incontri e prendono le decisioni relative ai beni in trust.
In presenza di più trustees residenti in Italia (e tutti con uguali poteri), ove non soccorra il criterio dell’amministrazione, bisognerà fare riferimento al criterio dell’oggetto principale.
Il secondo criterio (l’oggetto principale71), fortemente legato alla tipologia
del trust, può creare talvolta problemi. Se infatti tale criterio è facilmente individuabile rispetto ad un trust avente ad oggetto un patrimonio immobiliare sito in un unico Stato, non altrettanto può dirsi per i trusts con patrimoni mobiliari o misti (in parte mobiliari in parte immobiliari) o solo immobiliari quando però gli immobili siano situati in Stati diversi.
La Circolare 48/E de 2007 precisa che la residenza del trust è individuata, con taluni adattamenti che tengono conto della natura dell’istituto, secondo i criteri generali utilizzati per fissare la residenza dei soggetti di cui all’art.73 del Tuir. In linea con quanto espresso dal Gruppo di Studio istituito presso la Direzione delle Entrate dell’Emilia Romagna, l’Agenzia precisa che, considerando le caratteristiche del trust, di norma i criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale.
riferimento all’art. 87, comma 3 del TUIR. Secondo tale disposizione si considerano residenti in Italia, ai fini delle imposte sui redditi, le società ed enti che, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Trattasi di criteri alternativi per cui basta la presenza di una sola delle tre condizioni previste perché la società (o l’ente) sia considerata fiscalmente residente in Italia. Nel caso specifico del trust, essendo inapplicabile la nozione di sede legale, soccorreranno la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale”.
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L’art. 73 comma 4 del Tuir stabilisce poi che l’oggetto principale è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura autenticata o registrata.
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Il primo criterio, sempre secondo la Circolare, si rivela particolarmente utile per i trust organizzati nei quali la sede dell’amministrazione (cioè il luogo da cui provengono i fondamentali impulsi volitivi dell’ente) dovrebbe coincidere con il luogo dove è collocata la struttura organizzativa, mentre per le altre tipologie di trust dovrebbe rilevare il “domicilio fiscale” del trustee.
Questa conclusione ha suscitato dubbi nella dottrina72 in quanto, non contempla la residenza fiscale del trustee. Il domicilio fiscale, infatti, così come disciplinato dall’art. 58 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 60073, nulla ha a che vedere con i
criteri di collegamento per l’imposizione diretta e in particolare, nulla ha a che fare con il concetto di residenza74.
Il criterio del domicilio fiscale del trustee, secondo altra dottrina75, non sarebbe un mero adattamento del criterio della sede dell’amministrazione alle specifiche caratteristiche del trust, bensì un vero e proprio nuovo criterio di collegamento, peraltro privo di fondamento normativo. L'Agenzia delle Entrate infatti, riferendosi al domicilio fiscale del trustee, non cerca di adattare al trust una interpretazione della sede dell'amministrazione quale centro dal quale provengono gli impulsi volitivi dell'ente adeguata ai meccanismi decisionali del trust, ma propone una soluzione interpretativa che va oltre la previsione normativa in modo apparentemente ingiustificato.
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E. Della Valle, Luci ed ombre della circolare sui trust: le imposte sui redditi, in Rivista di diritto tributario, 2007, fasc. 11, pag 735: “discutibile conclusione, quest’ultima, ove implichi l’irrilevanza della residenza fiscale del trustee che non abbia il domicilio fiscale nel nostro Paese. Potrebbe, in altri termini, darsi il caso di un trustee che, pur non essendo anagraficamente residente in Italia e pur no producendo reddito nel nostro Paese (e quindi non avendo il domicilio fiscale in Italia ai sensi dell’art. 58 del DPR n. 600/1973), risulti qui fiscalmente residente (avendo, ad esempio, in Italia il domicilio in senso civilistico per la maggior parte del periodo d’imposta); perché escludere a priori la rilevanza di tale circostanza ai fini dell’eventuale collocazione nel nostro Paese della residenza del trust?
73 Tale articolo prevede che: “Le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte. Quelle non residenti hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato. I cittadini italiani, che risiedono all'estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, nonché quelli considerati residenti ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, hanno il domicilio fiscale nel comune di ultima residenza nello Stato.
I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività”.
74 Si vedano artt. 2 e 73. c.3 del Tuir.
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Passando al secondo criterio, cioè l’oggetto principale, la Circolare ci dice che la relativa applicazione è strettamente collegata alla tipologia di trust. Più precisamente, se l’oggetto del trust, ossia i beni vincolati in esso, è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole e quindi il trust sarebbe residente in Italia; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza.
La Circolare continua poi dicendo che nel caso di patrimoni mobiliari o misti l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata. Quindi secondo la Circolare, il luogo di svolgimento dell’attività del trust può essere determinato dal luogo in cui si trovano gli immobili se l’oggetto dello stesso è costituito solo da immobili, ove, invece, il patrimonio segregato abbia una composizione mista, dovrà farsi riferimento agli elementi prevalenti.
Secondo autorevole dottrina76, anche in questo caso, la nozione di criterio di collegamento proposta va al di là del semplice adattamento di quello dell’oggetto principale. Questa conclusione emerge in modo assai chiaro se si considera che l’attività principale, alla cui localizzazione occorre riferirsi per stabilire la residenza dell’ente, è, secondo la definizione normativa, quella essenziale per il raggiungimento degli scopi dell’ente cosi che per i trust classificati fra gli enti non commerciali, l’attività da prendere in considerazione è quella istituzionale e non quella produttiva di reddito.
La Circolare precisa poi, che per individuare la residenza di un trust si potrà fare riferimento alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni, le quali si applicano alle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti che, in qualità di soggetti passivi di imposta, subiscono una doppia imposizione internazionale.
L’Agenzia delle Entrate è consapevole, e lo afferma, che è possibile che un trust dia luogo a problematiche di tassazione transfrontaliera con eventuali fenomeni di doppia imposizione e ciò può accadere quando, ad esempio, il trust fund sia
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situato in uno Stato diverso da quello di residenza del trustee e da quello di residenza del disponente e dei beneficiari.
La stessa Agenzia osserva che, poiché, “a seguito della modifica dell’art. 73 del Tuir, tra i soggetti passivi d’imposta, ai fini convenzionali il trust deve essere considerato come “persona” (“una persona diversa da una “persona fisica” di cui all’art. 4 comma 3, del modello OCSE di convenzione per evitare le doppie imposizioni) anche se non espressamente menzionato nelle singole convenzioni”. Queste conclusioni, secondo la dottrina77, paiono semplicistiche. Non va dimenticato che l’applicazione della Convenzione può comportare per lo Stato estero una rinuncia alla propria potestà impositiva a fronte della concessione di un credito per le imposte pagate in Italia.
Si riportano di seguito le Convenzioni bilaterali, stipulate tra Italia e Stati Uniti e tra Italia e Canada, contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia le quali danno menzione, tra i soggetti destinatari, anche dei trust.
La Convenzione tra Italia e gli Stati Uniti d’America prevede che:
“Ai fini della presente Convenzione a meno che in contesto non richieda una diversa interpretazione:
(a) Il termine “persona” comprende le persone fisiche, le società, un patrimonio ereditario (estate), un’associazione commerciale (trust), le società di persone ed ogni altra associazione di persone;
all’art. 4, primo paragrafo, nel definire il concetto di “residente di uno Stato contraente”, oltre a richiedere il rispetto delle condizioni disciplinate all’art. 4, primo paragrafo del Modello OCSE, precisa che “(…) b) nel caso di redditi realizzati o pagati da una società di persone, da un patrimonio ereditario (estate) o da un’associazione commerciale (trust), tale espressione si applica soltanto nei limiti in cui il reddito derivante da tale società di persone, patrimonio ereditario o associazione commerciale venga assoggettato ad imposizione in detto Stato, in capo a detti soggetti o in capo ai lo soci o beneficiari”.
La Convenzione tra Italia e Canada prevede che:
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“Resta inteso che: a) per quanto concerne la lettera a9 del paragrafo 1 dell’articolo 3, il termine “persona” comprende anche nel caso del Canada, le società di persone (partnerships) le successioni (estates) e le associazioni commerciali (trusts)”.
2.2.2 Le presunzioni di residenza dei trust alla luce dei chiarimenti della circolare 48/E
La Circolare 48/E fornisce anche dei chiarimenti sulle due presunzioni di residenza italiana di cui all’art. 73 comma 3 del Tuir di cui si era trattato nei paragrafi precedenti. Si ricorda che queste presunzioni hanno entrambe finalità antielusiva ossia ostacolare la fittizia localizzazione all’estero del trust.
La prima presunzione, esplicitamente relativa, come già visto, consiste nel considerare residenti nel territorio dello Stato i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni (paesi non inclusi nella cosiddetta “white list” approvata con decreto del Ministro delle Finanze il 4 settembre 1996 e successive modificazioni) quando almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
La seconda, considera residenti nel territorio dello Stato i trust, e non anche, sembrerebbe, gli istituti aventi analogo contenuto, istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che comporti il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
Un problema comune ad entrambe le presunzioni, come rilevato dalla dottrina78, è che cosa si debba intendere per trust istituito in un Paese non compreso nella white list. La circolare è intervenuta sul punto, precisando che l’espressione in
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questione va intesa nel senso di trust che abbia formalmente fissato la residenza in un paese non incluso nella lista dei paesi con cui avviene lo scambio di informazioni.
Secondo altra dottrina79, questo chiarimento fornito sarebbe da respingere per la semplice ragione che è sufficiente leggere gli atti istitutivi dei trust per convincersi che non risulta in alcun modo necessaria l’elezione di una residenza del trust, e sarebbe necessario aderire all’interpretazione di altra dottrina80 secondo cui il trust deve ritenersi istituito nel luogo dove è perfezionato il suo atto costitutivo, anche se questa comporta a sua volta qualche incertezza, infatti è senz’altro possibile perfezionare l’atto istitutivo del trust in un Paese compreso nella white list e poi farlo operare in giurisdizioni che consentono al disponente e ai beneficiari di godere della copertura offerta dall’assenza di accordi in ordine allo scambio d’informazioni.
Passando ad analizzare specificatamente la prima presunzione, un ulteriore dubbio scaturisce dal fatto che la norma menziona gli “istituti aventi analogo contenuto” a quello di un trust. La Circolare si è espressa sul punto chiarendo che “la ratio della previsione normativa è quella di tenere conto della possibilità che ordinamenti stranieri disciplinino istituti analoghi al trust ma assegnino loro un “nomen iuris” diverso e in questo caso si deve far riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti dell’istituto del trust”, quindi bisognerà fare riferimento all’art. 2 della Convenzione dell’Aja ai sensi della quale gli elementi strutturali dell’istituto sono, come sappiamo, il trasferimento dei beni al trustee, la loro confluenza in un patrimonio segregato rispetto a quello personale del trustee medesimo e la sottoposizione di tale patrimonio separato ad un vincolo di destinazione.
La circolare continua poi andando a chiarire un altro problema, quello riguardante il momento in cui va verificata la doppia condizione della residenza italiana di almeno uno dei disponenti e di almeno uno dei beneficiari. La stessa precisa che “è irrilevante stabilire in quale momento la residenza fiscale di un
79 G. Fransoni, op. cit.I, pag. 2586
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disponente e di un beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust”, e, continua, “non sembra necessario che la residenza italiana del disponente o del beneficiario sia verificata nello stesso periodo d’imposta”.
La circolare precisa poi che per quanto riguarda la residenza del disponente, in considerazione della natura istantanea dell’atto di disposizione, rileva nel periodo d’imposta in cui questi ha effettuato l’atto di disposizione a favore del trust e che eventuali cambiamenti di residenza del disponente in periodi d’imposta diversi sono irrilevanti, mentre, la residenza fiscale del beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust anche se questa si verifica in un periodo d’imposta successivo a quello in cui il disponente ha posto in essere il suo atto di disposizione a favore del trust, ed è irrilevante l’avvenuta erogazione del reddito a favore del beneficiario nel periodo d’imposta.
Per la seconda presunzione, la Circolare va a chiarire un paio di punti.
Il primo punto che va a chiarire riguarda il luogo dove si trovano gli immobili che, come abbiamo visto, se trasferiti al trust successivamente alla sua costituzione da un soggetto residente, fanno scattare la presunzione e in particolare, gli immobili, secondo la Circolare, devono essere situati in Italia, quindi è l’ubicazione degli immobili che crea il collegamento territoriale e giustifica la residenza in Italia.
Tale considerazione ha però lasciato perplessa la dottrina81 poiché la norma potrebbe trovare applicazione anche quando gli immobili non sono collocati nel nostro Stato.
Il secondo punto che la Circolare va a chiarire riguarda la relatività di questa presunzione, infatti, mentre relativamente alla prima il comma 3 dell’art. 73 prevedeva espressamente la prova contraria, con riferimento alla seconda presunzione lo stesso articola non dice nulla. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate afferma nella Circolare che “in entrambi i casi di attrazione in Italia di trust non residenti, la norma opera una presunzione relativa di residenza, rimanendo quindi
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E. Vial, op. cit., pag. 61: “tale considerazione lascia perplessi in quanto la norma sembra trovare applicazione anche nei casi in cui gli immobili non sono collocati in Italia. L’agenzia ha forse voluto smussare la lettera di una norma che appariva alquanto rigida.”
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la possibilità per il contribuente di dimostrare l’effettiva residenza fiscale del trust all’estero”.
L’Agenzia precisa poi che “in entrambe le ipotesi considerate, l’attrazione della residenza interviene solo se il trust è istituito in un paese non incluso nella white list e ricorda che come conseguenza della presunzione di residenza fiscale nel territorio dello Stato, tutti i redditi del trust, ovunque prodotti, sono imponibili in Italia secondo il principio del world wide income, mentre per i trust non residenti, l’imponibilità in Italia riguarda solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 23 del Tuir”.