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femminili all‟interno della comunità

3. Gli statuti e i verbali della Ḥevrat Gemilut Ḥasadim

Nel mondo ebraico il lutto e la morte – regolamentati attraverso una combinazione di tradizioni e precetti ispirati ai testi biblici e alla letteratura rabbinica – si fondano sul concetto di kavod, termine che indica onore e rispetto, sentimenti doverosi di fronte al dolore per la perdita di un parente o di una persona cara. Di conseguenza, l‟onoranza funebre e il cerimoniale della sepoltura, pur con differenze tra le varie comunità, si prefiggevano come scopo principale il rendere onore al defunto.418 A sua volta, l‟insieme delle procedure finalizzate alla realizzazione della tanatoprassi, vale a dire le cure igieniche rivolte alla salma prima delle esequie, così come l‟inumazione nonché l‟assistenza ai congiunti del defunto, era considerato un generoso e disinteressato atto di edaqah, termine che può essere tradotto in italiano con carità.419 A questo scopo all‟interno delle

418 Per approfondimenti sul tema rimando a: A.DIAMANT andH. COOPER, Living a Jewish Life. Jewish Traditions, Customs and Values for Today‟s Families, HarperCollins, New York 1991, pp. 289-297.

419 La parola ebraica edaqah – che deriva da “giustizia” e nella Bibbia riguarda ogni genere di rettitudine denotante l‟onestà di vita e la probità di condotta in conformità alla legge divina – può essere tradotta in italiano con “carità” quando si vuole indicare il sentimento di partecipazione alla sorte del prossimo. In questo caso, infatti, si pone l‟accento sullo slittamento da benevolenza (buona disposizione d‟animo verso qualcuno) a beneficenza (disposizione abituale a fare del bene oppure a prestare aiuto economico a chi ne ha bisogno). Queste due parole di origine latina devono essere scelte con attenzione a seconda del contesto per quello che hanno in comune, ossia il bonum, e quello che indicano come differenziale e cioè volere bene e fare il bene. Questa distinzione è essenziale perché nel mondo ebraico non è sufficiente provare il sentimento, ma è importante il modo attraverso cui questo si realizza in un atto che da privato diventa pubblico. È possibile mantenere l‟equivalenza tra edaqah e caritas oppure si possono utilizzare altri termini – come altruismo, bontà, fratellanza, solidarietà, compassione, misericordia, pietà, filantropia – purché si sappia che edaqah implica un sistema delle relazioni umane che non poteva distinguere tra imperativo religioso, etico e sociale. Si veda a questo proposito l‟interessante studio di V. MARCHETTI, The Fundamental Principles of Jewish Philanthropy, in G.GEMELLI (ed.) Religions

and Philanthropy. Global Issues in Historical Perspective, Baskerville, Bologna 2007, pp. 47-65. Secondo Rabbi Epstein la carità si sviluppa attraverso tre stadi: «[…] But what is Charity? On analysis we find that, according to its application, it has its three stages, corresponding to those which lead from Justice to Righteousness and from Righteousness to the full deployment of social conscience in the spirit of Love». Cfr. I.EPSTEIN, The Jewish Way of Life, Goldstone, London

1946, pp. 30-32. Sull‟argomento si vedano anche J.KATZ, Tradition and Crisis. Jewish Society at

the End of Middle Ages, Schocken Books, New York 1974, pp. 158-159; PIERRET, La Maison des

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comunità ebraiche si formarono, a partire dalla seconda metà del Cinquecento e ancor più nel Seicento, delle confraternite denominate evrah qaddiša o Confraternita santa e evrat gemilut asadim420 ossia Confraternita delle Opere

pie o della Misericordia – altrimenti detta esed we-emet, o Compagnia della

Carità e della Morte –, incaricate, tra le altre cose, di occuparsi della sepoltura di

ciascun membro della comunità, senza distinzione di ceto sociale. Nello specifico, le loro attività, pur con qualche variazione, consistevano nella vicinanza ai famigliari del moribondo, nel sostenerli durante il trapasso, nella preparazione e purificazione della salma prima dell‟inumazione, nell‟accompagnamento funebre, nell‟organizzazione cerimoniale, nella tumulazione e manutenzione del cimitero, nell‟assistenza delle famiglie in lutto, recitando preghiere rituali e nella distribuzione dei viveri e delle medicine per i moribondi e gli ammalati indigenti.

Anche nella comunità ebraica di Lugo è attestata la presenza di una confraternita a scopo assistenziale denominata evrat gemilut asadim la quale, insieme all‟altra compagnia chiamata Talmud Torah, che si occupava dell‟insegnamento dei testi biblici ai ragazzi, era considerata una delle Fraterne più importanti all‟interno del ghetto.421

420 Il sintagma Gemilut asadim, stando ai due termini che lo compongono, riunisce la benevolenza come sentimento e la beneficenza che si compie come atto all‟istituzione pubblica della comunità. Il termine costituisce uno sviluppo rabbinico della nozione biblica di Ṣedaqah e in Avot 1,2 esso viene descritto come uno dei tre principi fondamentali dell‟ordine sociale ebraico. I rabbini trasformano cioè il significato biblico in un elemento centrale della tradizione ebraica: non esiste una Ṣedaqah senza Gemilut asadim. Ciò significa che la carità non è semplicemente beneficenza, ma esige la benevolenza. In altre parole l‟atto legale della carità come osservanza della legge si evolve in atto di filantropia. Cfr.MARCHETTI, The Fundamental Principles, op. cit., pp. 47-65. Secondo Attilio Milano la Gemilut asadim: «[…] è qualcosa di più complesso ed elevato della elargizione di elemosine e beneficenze, a cui ricorre il pensiero quando si parla di confraternite e di opere pie. Ghemilùth Chasadìm è il dare al prossimo con animo fraterno; dargli non soltanto denaro o assistenza materiale, ma altresì consiglio, conforto, istruzione, ossequio secondo la necessità. È quindi diretta al povero come al ricco, al vivo come al morto; e, verso ognuno, con sentimento di amore e non di compassione: sono manifestazioni di solidarietà che il fratello colpito ha il diritto di attendersi da quello più fortunato». Cfr. MILANO, Il ghetto di Roma, Carucci Editore, Roma 1988, pp. 235-36.

421 Oltre a queste menzionate, a Lugo erano presenti altre confraternite, di cui però non sono giunti gli statuti. Dalla consultazione dei Registri comunitari e del Pinqas ha-nif arim o Registro dei mortidegli ebrei di Lugo, ho potuto appurare l‟esistenza della congregazione delle Opere Buone (Ma„aśim ovim), dell‟Amante dei Precetti (Ohev mi wot), delle Sentinelle del

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La confraternita della Misericordia era sostanzialmente un sodalizio volontario a carattere religioso che aveva per scopo la costante pratica della carità e della fraternità, attraverso la testimonianza delle opere in soccorso dei singoli e della collettività.

Essa fu istituita il 16 Hešwan 5418, ossia il 23 ottobre 1657 e i suoi statuti, rinnovati più volte nel corso del tempo, così come gli articoli, le regole di comportamento e le deliberazioni, si possono leggere nel manoscritto contenente il Registro dei morti della comunità ebraica di Lugo per gli anni 1658-1825.

Nelle prime pagine, dall‟1r al 2v, si trova lo statuto della confraternita suddiviso in 13 articoli, sottoscritto da tutti i membri e firmato dai maggiorenti della comunità. I ff. 3r-5r contengono i verbali delle riunioni della confraternita fra gli anni 1662 e 1711, mentre i ff. 6r-7v presentano una versione rinnovata dello statuto, questa volta composto solo da 11 articoli.422 Al f. 9r inizia invece la registrazione degli atti di morte che si apre con il titolo

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