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Gli Year Books o Books of Terms (fino al 1535)

I plea rolls furono i primi verbali su pergamena dei processi celebrati dal 1194 fino al regno della Regina Vittoria; essi erano redatti in latino, e lo furono almeno fino al 1732. Erano alquanto dettagliati: riportavano, infatti, il writ dell’attore, la risposta del convenuto e le conseguenti richieste, l’eventuale procedimento di convocazione della giuria, il giudizio e lo svolgimento del processo. L’importanza dei plea rolls risiede

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nel fatto che essi crearono e misero in luce ciò che più tardi sarà definito come res

judicata o stoppel, cioè il “giudicato”, in modo che una parte non poteva ridiscutere

quanto era stato già deciso. I plea rolls furono ciò che di più vicino potesse esserci, al tempo, ai Reports moderni, fino al 1865, quando fu creato un sistema di repertoriazione ufficiale. Tuttavia essi non ci permettono di comprendere l’evoluzione del diritto eventualmente intervenuta: i plea rolls riportavano soltanto chi avesse vinto una lite, ma non il motivo della vittoria, o quali argomenti avesse utilizzato l’avvocato della parte vittoriosa, quali fossero stati decisivi e quali invece fossero stati rigettati15.

Per un approccio adeguato al primo common law è necessario fare riferimento agli

Year Books.

La storia del law reporting, infatti, si può dire che abbia inizio con gli Year Books o

Books of Terms, poiché essi sono caratterizzati dalla peculiarità di riportare ciò che i

giudici realmente affermavano nel processo.

La classica denominazione di queste raccolte, “year books”, “annales” in latino, deriva dalla circostanza che il principale elemento per la loro identificazione è costituito dall’anno di regno del sovrano in carica durante il quale i casi riportati ebbero luogo. L’altra denominazione, “books of terms”, più in uso fra i contemporanei ma in seguito superata dalla precedente, è legata alle quattro sessioni o appunto “terms” in cui era diviso l’anno giudiziario (ciascuna sessione era indicata con riferimento alla festività principale del relativo periodo: Hilary - S. Ilario - ,

Easter –Pasqua-, Trinity - SS. Trinità-, Michaelmas - S. Michele -), cosicché

l’espressione “books of terms” o, abbreviando “term books”, è un modo ellittico per indicare i ‹‹libri dei casi trattati nei terms di quel determinato anno di regno del sovrano in carica››.

Sono molti gli aspetti della loro esistenza che ci rimangono ignoti.

Innanzi tutto, vi è incertezza riguardo il momento esatto della loro nascita. I primi dati certi risalgono all’inizio del regno di Edoardo I (1272-1307); secondo alcuni, sarebbe opportuno risalire più addietro: Chaucer (1340-1400), Selden (1584-1654) e

15 M. BRYAN, Early English Law Reporting, University of Melbourne Collections, Issue 4, June

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Blackstone (1723-1780) fanno risalire la pratica a Guglielmo il Conquistatore, ma si tratta comunque di testimonianze indirette, non suffragate da prove certe16.

È oggetto di congetture anche la causa che contribuì alla loro comparsa: secondo la ricostruzione offerta da Holdsworth, i plea rolls non erano accessibili agli avvocati, e comunque non contenevano tutte le informazioni di cui essi avevano bisogno; così gli esercenti la professione forense si resero conto di dover elaborare reports per loro stessi. Inoltre, tale necessità fu resa ancor più incalzante dal mutamento nel sistema di reclutamento dei giudici, che iniziò a caratterizzare quel periodo: cessò, infatti, di essere composto di uomini esperti in diritto civile e canonico, come Bracton, per acquisire componenti dai migliori pratici nelle corti di common law. I principi e le regole di common law tratti dal diritto civile e canonico cessarono di essere utilizzati per colmare le mancanze della common law; e poiché i principi e le regole di

common law potevano essere appresi soltanto dalle decisioni delle corti, i reports di

casi scritti da avvocati per avvocati divennero più che essenziali17.

Ulteriore elemento mancante è costituito dagli autori stessi, trattandosi di raccolte anonime. Secondo la tesi maggiormente accreditata, tali raccolte avevano una funzione didattica, costituendo sussidiari giurisprudenziali rispetto ad altri testi istituzionali di diritto. Non sappiamo se essi furono compilati dagli apprendisti seduti nel crib18 che seguivano i processi prendendo nota e poi riprodotti in tante copie da amanuensi, oppure dai maestri avvocati che li facevano poi copiare ai loro allievi o assistenti. Secondo Plowden, gli Year Books furono dovuti all’opera di appositi compilatori ufficiali, funzionari della Corona, ma non vi sono prove a riguardo. Tuttavia, secondo le risultanze della moderna critica storica, gli Year Books più risalenti furono elaborati da esperti qualificati, i serjeants-at-law19.

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G. CRISCUOLI, Introduzione allo studio del diritto inglese, le fonti, cit. (pagine 388-389)

17 W.S. HOLDSWORTH, Sources and Literature of English Law, Oxford University Press, 1952

(pagina 75)

18 ‹‹Crib›› o ‹‹culla›› era la denominazione attribuita alla zona di fronte alla Corte, nell’ambito della

Court of Common Pleas, nella quale i giovani ‹‹attorneys and apprentices›› particolarmente

meritevoli (secondo le parole utilizzate dal Re Edoardo I, nel 1292, nel writ da lui inviato al Chief

Justice della relativa corte, al fine di provvedere alla loro istruzione) potevano agevolmente udire le

discussioni di diritto, imparando tramite l’ascolto della professione (U. MATTEI, Il Modello di

Common Law, cit., pagina 31).

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Con molto acume, il professor Winfield ipotizzò la nascita degli Year Books in questi termini: un trattato in materia processuale, perché fosse veramente utile, necessitava di una costante revisione, allora come oggi; era quindi naturale che il proprietario di uno di questi piccoli compendi fosse costretto ad aggiungervi delle note a margine alla luce di un caso recentemente deciso che si fosse discostato dalla normale procedura. Ciò risulta evidente da un gruppo di trattati, i Brevia Placitata e i Casus

Placitorum, che si avvicinano moltissimo agli Year Books: tali opere contengono le

forme, orali ed in francese, con le quali il serjeant doveva rivolgersi alla corte. Nonostante che vi fosse una procedura verbale particolarmente rigida, tuttavia era in corso un processo di continuo cambiamento nel corso del tempo, come è opportuno e consueto in una procedura che è ancora sostanzialmente orale. La fonte di tali cambiamenti e di novità, la cui agnizione era percepita come fondamentale dagli avvocati, deve essere rintracciata nelle parole pronunciate dai leader della professione, in tribunale: esse dovevano essere ascoltate con diligenza, e doveva esserne fedelmente presa nota. In una parola, dovevano essere ‹‹riportate››. Gli stessi trattati mostravano le formule di uso comune; sarebbe stata funzione dei reports render conto delle novità, dei cambiamenti apportati a seguito di determinati casi, e delle discussioni che sorgevano circa la qualità di particolari forme verbali. Un praticante che avesse voluto accrescere le sue conoscenze giuridiche avrebbe potuto farlo osservando i procedimenti che avevano luogo di fronte alla corte, ovvero consultandosi con gli avvocati che gli avrebbero dato accesso alle note dei loro atti. Alla fine, deve essere venuto in mente a molti contemporaneamente che tali reports non dovessero necessariamente essere disseminati in uno di questi trattati, e che una collezione, minore e separata, contenente soltanto precedenti, poteva essere elaborata. Conseguentemente, i trattati assunsero una forma ben più definita, mentre i fluttuanti ‹‹casi e materiali›› sarebbero diventati una categoria a parte di letteratura. Sarebbe stato frutto di una scelta discrezionale dell’autore sistemare i casi come appresi (cioè in ordine cronologico) ovvero risistemarli secondo una classificazione grossolana delle azioni e del soggetto principale (in analogia con i più recenti

abridgments). Ciò comportò per i trattati una maggiore libertà di assumere una

configurazione permanente e definitiva, ed è certamente una nota rilevante che dopo i primi anni del XIV secolo tali trattati possano essere identificati con certezza,

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sebbene nelle loro prime forme due manoscritti esitassero a collimare, ed è estremamente difficile poter affermare con sicurezza se vi fossero due manoscritti dello stesso trattato o in realtà ve ne fosse soltanto uno20.

Una delle poche certezze che riguardano gli Year Books è che essi non furono mai compilati con il preciso intento di raccogliere “precedenti” al fine di condizionare ed influire sull’attività giudiziaria. Tuttavia, vi sono chiare prove che i giudici vi ricorressero. Ciò dipende dalla circostanza per cui la vincolatività del precedente è un dato raggiunto non prima del XIX secolo; durante tutto il periodo di vita degli Year

Books, vi è soltanto una adesione spontanea ai precedenti, per altro legata al loro

merito intrinseco, ed altrettanto spontaneo e dato, quindi, non costante, era il ricorso a queste opere.

Quanto ai loro caratteri formali, gli Year Books furono redatti in anglo-normanno o

law-French (francese legale), mentre i records o verbali d’udienza in latino, fino al

1731; in particolare, l’anglo-normanno era una commistione di francese, inglese e latino, inizialmente dominata dal francese, ma successivamente dall’inglese, soprattutto a seguito di un provvedimento di Edoardo III del 1362, che impose l’idioma nazionale nelle discussioni orali delle cause. Gli stili utilizzati nella stesura del testo sono i più vari: il discorso è talvolta prolisso, altre addirittura ermetico; non vi è, quindi, uniformità. L’unica costante è il carattere sostanzialmente narrativo e descrittivo del resoconto.

Quanto al contenuto, il nucleo centrale di ogni resoconto è normalmente costituito da un riferimento ai fatti della causa, alle argomentazioni di difesa e alle motivazioni decisionali; il giudizio finale non è solitamente riportato. Talvolta è possibile leggervi divagazioni curiose e spesso non pertinenti, come estratti di vangelo, aneddoti, reminescenze ed esortazioni dell’autore21

.

È possibile notare una rilevante differenza di qualità nella redazione degli Year

Books: i primi sembrano essere strumentali e sussidiari rispetto ai trattati di

procedura, e questa teoria è confermata dal fatto che le questioni cui i casi si riferiscono riguardano principalmente i dettagli del processo e degli atti. Invece, i più recenti Year Books presentano la peculiarità di essere molto più ampi dei precedenti,

20 T.F.T. PLUCKNETT, A Concise History of the Common Law, cit., (pagina 268)

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tanto che è difficile ritenere che gran parte del materiale in essi contenuto sia strettamente necessario agli scopi della professione: conversazioni lunghe e divaganti sono riportate nella loro interezza, e sono riportati attentamente casi di scarsa rilevanza. Sembra esservi un interesse preponderante per la personalità di giudici e

serjeants. Non si può evitare di pensare che gli anonimi autori di tali Year Books

provassero un piacere particolare nella loro redazione, qualunque fosse l’oggetto che stavano esaminando.

Nell’intento di cercare una spiegazione delle particolarità dei manoscritti, G. J. Turner ha sviluppato la cd “teoria del pamphlet”: secondo questa impostazione, in un primo tempo gli Year Books circolarono nella forma di piccoli pamphlet contenenti pochi casi; passando di mano in mano, il materiale che contenevano fu ricopiato in volumi analoghi a quelli che sono giunti sino a noi. Tali compilazioni secondarie contenevano di solito casi discussi in sessioni diverse, ed erano chiaramente basati su testi scritti in diversi periodi, che si trovavano per caso nella disponibilità dei loro compilatori. La teoria di Turner fa molti passi in avanti nella spiegazione sia delle divergenze dei testi esistenti sia dell’assenza ai giorni nostri di qualcosa che può essere definito come un Year Book originale.

Il pamphlet può essere stata la prima forma che assunsero gli Year Books nel corso della loro evoluzione, ma non può certamente essere considerata come l’ultima forma originale. A questo proposito, Maitland22 notò come la prima vera tappa deve essere stata un innesto di pergamena, a partire dal quale soltanto un’operazione successiva potrebbe aver prodotto il pamphlet. Tale innesto sarebbe piccolo, scribacchiato ed inadatto ad una conservazione permanente, e potrebbe contenere al massimo un caso o pochi brevi casi. A seguito della creazione di note approssimative nella forma di innesti ampi, la compilazione di un volume più o meno continuo è chiaramente la tappa successiva.

Durante il regno di Edoardo II, fu scoperto che vi erano due, tre, quattro, o forse più versioni di un caso, cosicché fare qualche confronto era impossibile, e ciascuna di queste versioni poteva essere rappresentata, con minor varianti, da molti manoscritti. È questa abbondanza e questa diversità di materiale che costituisce un carico pesante per gli eroici editori degli Year Books di Edoardo II. Dietro tutto ciò possiamo

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intravedere una grande ed occupata professione in uno stato di fervente attività; i

reports erano redatti in modo indipendente da molti soggetti, poi prestati, copiati,

collezionati e annotati; in un periodo durante il quale i grandi giudici stavano discutendo questioni importanti, le loro parole erano attese con impazienza dai brillanti serjeants che svolgevano la pratica loro di fronte. Non è possibile non notare l’ammirazione per gli eroi del bench e del bar che riempivano le pagine dei reports, e l’interesse quasi smodato che segue il successo o il fallimento di qualche scaltro tentativo di mantenere una posizione difficile ma necessaria. Ai lettori contemporanei che erano perfettamente a loro agio con le regole del gioco, questi primi Year Books devono aver rappresentato un vivido diario giornaliero di uno sport eminentemente intellettuale, nel quale anche gli elementi più irrilevanti, come le battute argute, gli scherzi, le citazioni precise, svolgono tutti un ruolo naturale. La scienza giuridica era sicuramente il loro fine ultimo, ma sono così colmi della gioia della battaglia legale che non si può non considerarli come connessi più alla letteratura che all’attuale report giuridico, freddo ed impersonale.

In connessione con l’ampiezza dei contenuti, si può dire che ancor maggiore varietà si riscontra nei temi e nelle questioni affrontate. Gli Year Books non si limitano a riportare formalismi e tecnicismi. Negli Year Books del regno di Edoardo II, spazio notevole è occupato dalla recente legislazione di Edoardo I: difficilmente qualche ramo del diritto è rimasto invariato a seguito dei grandi statutes che sono stati emanati alla fine del XIII secolo. Tali Year Books riportano costantemente l’annosa questione del rapporto tra il “vecchio” diritto ed il “nuovo”, questione che da sola ha dato forte impulso alla produzione di queste opere.

Del regno di Edoardo III si può dire ben poco, poiché minore è stato il numero di

Year Books pubblicati; durante la prima metà del suo regno, la situazione risulta

simile a quella che caratterizzò il regno di Edoardo II: i manoscritti sono ancora numerosi e le loro divergenze considerevoli. Sebbene in molti casi i reports siano esaustivi e redatti con stile giornalistico, vi è comunque una tendenza a renderli meno prolissi e più efficienti23.

Con il regno di Riccardo II (1377-1399), lo stile degli Year Books diventa più tecnico ed impegnato, ed il contenuto più completo e controllato. Ciò fa presumere che la

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stesura del resoconto fosse affidata, se non ad appositi ufficiali della Corona, almeno ad esperti qualificati: vi sono, infatti, indizi da cui si evince che alcuni degli Year

Books del regno di Enrico VII (1485-1509) e di Enrico VIII (1509-1547) siano frutto

dell’opera di soci del Gray’s Inn (uno dei quattro Inns of court di Londra, insieme al

Lincoln’s Inn, Inner Temple e Middle Temple).

L’atmosfera che si respira sotto il regno di Riccardo II è molto diversa dalla precedente: è, infatti, in corso un processo di istituzionalizzazione. Non vi è più attenzione ai dettagli più disparati, ma il report è incentrato nella sua interezza sull’argomento principale, su ciò che più rileva. È ancora possibile rinvenire negli

Year Books di questo periodo istanze di dibattito aggiornate da un giorno all’altro, e

anche alcuni dibattiti sono riportati in tutta la loro estensione; tuttavia, a differenza di quanto accadeva nel periodo precedente, i manoscritti sono facilmente collezionabili. Nello scambio orale delle opinioni, tutti i manoscritti riportano la stessa porzione di discussione, addirittura le stesse ripetizioni; è un indizio fondamentale: se ne desume che, essendovi un report, vi fosse anche un solo reporter.

L’avvento della stampa, nel XV secolo, permise che molti Year Books, fino ad allora manoscritti, fossero rieditati con il nuovo mezzo, dando luogo alle cd ‹‹black letter

editions››, cioè ‹‹edizioni in lettere nere››, cosiddetti per i pesanti caratteri gotici

impegnati.

Attualmente, si hanno varie ristampe dei migliori Year Books. Fra le più accurate e popolari vi sono quelle dei venti volumi delle Rolls Series (abbreviati in R.S.) emersi tra il 1863 e il 1911, e riguardanti Year Books dal tempo di Edoardo I (1272-1307) fino al regno di Edoardo III (1327-1377); vi si aggiungono, poi, quelle iniziate nel 1903 delle Selden Society24 Series (abbreviate in S.S.) relative a Year Books dal regno

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La Selden Society è l’unica società di eruditi e casa editrice, dedicata interamente alla storia del diritto inglese. Ciò include la storia del diritto, lo sviluppo delle idee giuridiche, la professione forense, le corti e le istituzioni giuridiche, giudici ed avvocati individuali, letteratura giuridica e

records, il linguaggio del diritto, ritratti di personaggi eminenti; in breve, essa si dedica alla ricerca

della storia di tutto ciò che sia caratteristico del sistema di common law inglese. E poiché per la maggior parte della storia della nazione, gli unici records continui sono stati quelli giuridici, vi è in essi, secondo la concezione fatta propria dalla Società, una ricchezza di informazioni, anche casuali, su ogni aspetto della vita e delle condizioni della società contemporanea da non richiedere la ricerca di ulteriori fonti.

La Società fu fondata nel 1887 da Frederick William Maitland (v. capitolo III, paragrafo 16.2.), con il sostegno di giudici, degli Inns of Court, delle università e dei membri della professione forense, in

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Inghilterra, negli Stati Uniti ed in altri paesi. La Regina Vittoria (1837-1901) fu il suo primo patrono, e la società continuò, dopo di lei, a godere del patronato regio.

Per quanto riguarda l’attività attuale della Selden Society, essa conta, al giorno d’oggi, circa 1700 membri. Essa riunisce le principali biblioteche di diritto e di storia del mondo anglosassone, nonché molte biblioteche nazionali principali ed universitarie di altri Stati. Tuttavia, la maggior parte dei membri che la compongono sono individui: avvocati e storici, tra cui molti il cui interesse è meramente amatoriale e che sostengono la Selden Society nella consapevolezza dell’importanza del suo operato. Per gli aspiranti membri non sono necessari requisiti formali particolari, soltanto «un apprezzamento per gli scopi della Società ed il desiderio di vedere associato il proprio nome al suo lavoro».

Per quanto attiene all’organizzazione interna, la Società è un’associazione senza scopo di lucro. È guidata da un Presidente e da un Consiglio che sono eletti per tre anni; l’attuale Presidente è il Right

Honourable Lord Judge, Lord Chief Justice of England and Wales; un certo numero di sedute

all’interno del Consiglio è riservato a soggetti esterni al Regno Unito, e sono occupate da giudici, avvocati e storici che si siano distinti nelle rispettive professioni, provenienti da ordinamenti di

common law o da altri paesi. Il lavoro della Società è sottoposto al controllo del suo Literary Director,

attualmente il professor Sir John Baker, Q.C.(Queen’s Counsel) e FBA. (Fellow of the British

Academy); i suoi predecessori sono stati i più importanti storici del diritto del tempo: Maitland stesso,

Vinogradoff, Holdsworth, Plucknett e Milsom. I membri della Società ed i suoi affari quotidiani sono amministrati da un Secretary, attualmente Victor Tunkel, che ha la sua sede presso la School of Law (Queen Mary, Mile End Road, London E1 4NS). Nei principali paesi del Commonwealth e negli Stati Uniti, gli affari interni sono gestiti da propri Secretaries e Treasurers locali.

La Società ha pubblicato circa 150 volumi, tra annuali, Supplementary ed altre serie. Tali cifre continuano ad essere raggiunte più o meno ogni anno. La maggior parte dei volumi annuali è costituita da materiali derivanti da fonti originali, mai pubblicati prima: i primi law reports, i courts’ records,

judges’ notebooks, trattati giuridici, libri di precedenti ed attinenti a questioni pratiche, e compilazioni

di documenti messi insieme dagli editori della Selden Society per la prima volta. Ciascun volume presenta il testo completo, in originale, corredato da una traduzione moderna, resa il più accessibile possibile ad un lettore profano della materia. Sebbene la Società non pubblichi monografie, tuttavia