Le aporie del più Europa di Alberto Bagnai *
Grafico 3. Governi Kohl 1982-
-2 0 2 4 6 8 10 12 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 PIL % disocc La tendenza negativa si origina dal fatto che le esportazioni tedesche non riescono più a esercitare la funzione di traino che avevano avuto nei decenni precedenti.
Sono anni in cui nell’opinione pubblica tedesca (e internazionale) serpeggia il dubbio che la Germania sia avviata ormai verso un inesorabile declino23. Il governo Schröder si concentra sul potenziamento della competitività nazionale , proprio nel momento in cui, in politica estera, rifiuta il coinvolgimento nella guerra in Iraq. 23 Vedi per tutti il libro di Gabor Steingart,(oggi caporedattore di “Handelsblatt”), Stefan Aust, Claus Richter, Deutschland — Der Abstieg eines Superstars, München, Piper, 2004.
Invece di farsi coinvolgere in una guerra americana per il petrolio, si preferisce, già allora, tessere relazioni con i grandi paesi emergenti dell’Asia, dalla Cina, all’India alla Russia.
Il programma “Agenda 2010” che Schroeder presenta al Bundestag nel marzo 2003, dopo aver respinto i tentativi della sinistra del partito di andare a forme di controllo dei movimenti di capitale, è di netta ispirazione liberista, in tutto consentanea con il New Labour di Blair , che vede nella globalizzazione la soluzione automatica di tutti i problemi, e con i postcomunisti italiani che, giunti ora in posizione di governo, dichiarano, disseppellendo Gobetti !, di volere attuare una “vera” rivoluzione liberale. Il programma di Schroeder prevede tagli di imposte ( in particolare una riduzione del 25% delle imposte sul reddito), tagli nelle pensioni e nei sussidi di disoccupazione, e soprattutto un pacchetto di misure di flessibilizzazione del mercato del lavoro chiamate Hartz IIV, dal nome del ministro Peter Hartz ex capo del personale della Volkswagen. Tocca insomma proprio alla SPD portare un duro colpo alla logica di quello che è stato chiamato da Michel Albert il “capitalismo renano”, ossia un capitalismo volto a coniugare efficienza economica con la preservazione di spazi di vita sociale dalla logica omnipervasiva del mercato. Sarebbe tuttavia insufficiente limitarsi a registrare,e a condannare, un mutamento sostanziale dello spettro ideologico politico della sinistra tedesca. “Agenda 2010” diventa comprensibile in tutta la sua portata solo se proiettato sullo sfondo di una trasformazione profonda del capitalismo tedesco che prende le mosse quanto meno dagli inizi degli anni 90.
Studi del Max Plank Institute riconducono queste trasformazioni a quella che viene definita con formula d’insieme una crisi dello Organisierter Kapitalismus24. La formula,
avanzata per la prima volta negli anni 20 dalla SPD di Hilferding e Naphtali in collegamento con la prospettiva politica di una “democrazia economica”, ripresa negli anni 60 dal Modern Capitalism di Andrew Shonfield, come sinonimo di “capitalismo manageriale” e infine negli anni 70, in funzione antimarxista, dalla storiografia liberale di
24 Ci riferiamo in particolare al volume collettivo Wolfgang Streeck, Martin Hoepner(Hg.), Alle
Macht dem Markt? Fallstudien zur Abwicklung der Deutschland AG , Frankfurt/New York, Campus Verlag, 2003.
Wehler e Kocka, vuole significare un capitalismo dotato al suo interno di forti elementi di direzione consapevole, con particolare riferimento a : 1)una forte compenetrazione di banca e industria e 2) una pronunciata integrazione politica del movimento operaio come condizione di stabilità sociale e di competitività economica. E’ proprio in riferimento a questi due risultati storici che vanno commisurate le innovazioni principali che influenzano negli ultimi due decenni la vita economica della Germania.
Il dato centrale è il progressivo indebolimento della rete di partecipazioni incrociate quale si è sempre realizzato attraverso la composizione dei consigli di amministrazione. Il fenomeno diventa particolarmente visibile nel momento in cui Deutsche Bank (DB) e Allianz, i due grandi gruppi attorno a cui ruota gran parte dell’industria del paese, cominciano a perdere il ruolo di crocevia strategico della economia tedesca. Il motore del cambiamento sta nella “rivoluzione culturale” che investe DB all’inizio degli anni 90, quando nel quadro di una crescente liberalizzazione dei movimenti dei capitali si avvia una sua progressiva ma inarrestabile metamorfosi da banca commerciale in banca di investimenti. Il proposito è di “fare come Wall Street”, ossia di contestare al capitale finanziario americano la sua indiscussa egemonia mondiale25. Già nel
2001 la direzione di DB annuncia ufficialmente di non volere più presidenze di consigli di amministrazione in settori non finanziari. Né è dettaglio di secondaria importanza che nello stesso anno il governo Schroeder decida, con il voto contrario dello CDU!, di abolire la tassa sui profitti finanziari. La nuova specializzazione da ottimi risultati. Secondo un recente rapporto del senato Usa DB deve essere considerata insieme a Goldman & Sachs la principale responsabile della crisi dei subprime. Più in generale la diffusione sempre più ampia, nell’intero sistema economico tedesco, del principio dello “Shareholder value”, ossia della priorità degli interessi (anche di breve e brevissimo periodo, rispetto a logiche di valorizzazione nel lungo termine) dell’azionista, sta a testimoniare uno slittamento complessivo verso le forme più caratteristiche del capitalismo anglosassone.
25 Le trasformazioni della Deutsche Bank sono state anche oggetto di una ampia inchiesta di
“Der Spiegel”. Cfr M.Hesse, Ch. Pauly, Th. Schulz, A.Seith, “Usa against Deutsche Bank”, “Der Spiegel” Nr. 5/ 30.1.12.
La implosione dello Organisierter Kapitalismus trova precise corrispondenze sul versante del lavoro, che registra una crisi di tutta l’architettura e della logica politica societaria a cui si è informata la Mibestimmung. Rafforzamento in primo luogo del potere dei consigli di fabbrica rispetto al ruolo dei sindacati. Esemplare in questo senso il fallimento cui va incontro nel 2003 il tentativo di IG Metall di imporre le 35 ore nella parte orientale del paese, causato in gran parte proprio dal disinteresse delle rappresentanze di base. Progressivo decentramento, in secondo luogo, della contrattazione salariale e, infine, indebolimento del potere di direzione politica dei vertici della DGB a favore del peso crescente dei sindacati di categoria. L’offuscamento della dimensione dell’interesse nazionale e comunitario indotto dalla finanziarizzazione va dunque di pari passo con la frammentazione e corporativizzazione della organizzazione sindacale. La legge Hartz non fa che ribadire e accentuare un indebolimento della rappresentanza del lavoro che è già in atto per suo proprio conto.
Che nelle istituzioni chiave dell’economia tedesca realizzi questa conversione strategica dalla industria nazionale alla finanza internazionale non è certo privo di implicazioni politiche . Non è casuale che a fronte di una perdita di ruolo di tutte le banche centrali europee Bundesbank veda crescere il suo peso politico non solo interno ma anche internazionale. La capitale, è stato scritto di recente, si sposta sempre più a Francoforte26.
La tenacia con il cui il governo di Angela Merkel imposta una politica europea sempre più punitiva nei confronti dei paesi con maggiore esposizione debitoria non è spiegabile senza fare riferimento al crescente ruolo politico di una DB che ad onta delle perdite subite nel 2008 ( 5,7 miliardi euro) è sempre più determinata a portare avanti una strategia incentrata sullo sviluppo della speculazione finanziaria27.
La continuità nella storia tedesca di una politica di moneta forte non deve quindi fare ignorare le profonde cesure che si stabiliscono al suo interno. Fissatasi negli anni 70 e 80 come strumento per rafforzare il sistema produttivo e garantire il benessere dei
26 Mark Schieritz, Die Neue Hauptstadt, “Die Zeit”, N°19, 3. Mai 2012.
27 Non è particolare irrilevante che in sostituzione dello svizzero Josef Ackermann sia ora giunto
lavoratori questa politica monetaria e valutaria comincia a cambiare di segno nel corso degli anni 90. Progressivamente liberata dai vincoli “societari” dello Organisierter Kapitalismus una parte essenziale del mondo bancario si è gettata in massicci investimenti speculativi sui mercati a più alto rischio(derivati, materie prime, debito pubblico dei paesi più esposti), dando luogo alla costituzione di un nuovo potere cosmopolita, molto più interessato a inseguire e controllare le emergenze finanziarie che a progettare uno sviluppo industriale dell’ Europa nel suo insieme.