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Gozzano e la cultura decadente-simbolista del primo Novecento

LA VIA DEL RIFUGIO

3.1. Gozzano e la cultura decadente-simbolista del primo Novecento

LA VIA DEL RIFUGIO

3.1. Gozzano e la cultura decadente-simbolista del primo Novecento

Per meglio comprendere la poetica di Guido Gozzano è opportuno introdurci ancora nel suo mondo culturale e sociale: un mondo che si è presentato, agli scrittori del primo Novecento, come una scena sovraccarica di oggetti, paesaggi e figure della realtà-finzione letteraria. La produzione di massa, il flusso sempre più intenso delle merci, il fenomeno sociale della “moda”, la banalizzazione e mercificazione dei prodotti estetici sempre più diffusi e spesso usati fuori contesto e fuori proposito. Vale a dire: il fenomeno del kitsch della borghesia in ascesa, della quale abbiamo accennato nelle pagine precedenti.

Tutto questo ha decisamente trasformato gli ambienti di vita, gli arredi, i vestiti, le cose della realtà quotidiana. Anche la letteratura, dopo l'esperienza romantica e quella naturalista, è presentata sotto la forma di un insieme sovrabbondante di paesaggi, interni “di genere” di figure, gesti e atteggiamenti, rendendo vana qualsiasi ricerca (ammesso che fosse mai stata possibile) di luoghi e figure “naturali”, non toccati dalla convenzionalità culturale e letteraria. Vi era anche una certa

continuità con moduli di poesia civile ottocentesca [per] i contenuti “popolari” e potenzialmente alternativi […]. Per non dire di quegli esperimenti dialettali che si presentano come dichiaratamente subalterni alla produzione in lingua, e ai parametri culturali che in essa si riflettono, dello stesso autore1.

Un modo di reagire a questa situazione è stato quello, tipico della cultura “decadente”, in particolare di quella “simbolista”, di isolare alcuni oggetti, caricarli di significati, impreziosirli, trasformarli in veicoli emblematici di “valori” individuali e storici, facendoli diventare

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ricordo, reliquie di un museo personale o collettivo2. Un altro modo di reagire, seguito da non pochi

poeti e scrittori del primo Novecento (in ambito crepuscolare e futurista) è stato quello di accettare come evitabili i processi di mercificazione e trasformazione dei valori estetici in kitsch, contrastandoli con gli strumenti dell’ironia e della parodia letteraria. Lo scrittore che, forse più di ogni altro, si è fatto anticipatore e interprete di tale poetica, e ha riempito la sua poesia di “oggetti-ricordo” del presente e di “oggetti-“oggetti-ricordo” del passato, sottoponendoli alla corrosione ironica o alla sublimazione nostalgica, è stato Guido Gozzano.

Di Gozzano abbiamo già letto alcune lettere, su di lui e la sua opera abbiamo raccolto alcune notizie e messo in rilievo, soprattutto:

— il suo rapporto con Torino: la città novecentesca della folla e delle merci; la città del passato, ritiratasi a sopravvivere in alcuni luoghi della provincia;

— la coscienza, in lui acuta, dell'inconciliabilità fra la professione di poeta e la realtà sociale del mondo moderno;

— l'atteggiamento di distacco ironico, alternato all'evocazione compiaciuta, e il gusto della mescolanza e del pastiche, rispetto alla letteratura del passato e alle sue diverse codificazioni: il linguaggio alto della lirica, quello basso della tradizione naturalistica.

Dalle sue poesie e scritti vari riconosciamo di Gozzano due modi interpretativi della vita. Il primo è la descrizione nostalgico-ironica di un salotto del passato e di alcune figure risorgimentali e romantiche che vi si muovono: gli oggetti vi agiscono da consunti depositari dei valori del passato e da potenti evocatori di ricordi infantili, nostalgie e ironie storiche. Il secondo è quello di utilizzare gli oggetti in modo diverso, rendendoli radi e misteriosi, depositari però di presenze fuggevoli e vane, anch'essi fissati e quasi immobili sullo sfondo della natura e del tempo (il tempo dell'infanzia, dei suoi improvvisi stupori, delle sue indicibili angosce). Sembra, a prima vista, che ci sia, in questo suo modo di raccontare, un uso simbolistico (potremmo dire pascoliano) degli oggetti; in realtà il tono non è sentimentale patetico, e il tema prevalente non è quello della «corrispondenza» ma quello del distacco. La sua vena poetica, dice Mengaldo,

è quella di uno schietto narratore in versi, un po’ sulla linea, da questo lato, di tanta poesia “veristica” minore del tardo ‘800; e tale vena narrativa non determina solo la struttura dei singoli componimenti, ma anche quella delle intere raccolte, come mostrano la divisione de I colloqui, chiarita dall’autore stesso, in tre parti corrispondenti ad altrettanti stadi ideali di vita, le fitte corrispondenze da poesia a poesia… e un po’ tutta l’organizzazione dell’opera poetica come proiezione di una vicenda esistenziale e culturale in divenire3.

2 Sull’argomento si veda BENJAMIN, Angelus novus. Saggi e frammenti, pp. 135-136 e 138-139.

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Si può affermare con certezza che la poesia di Guido Gozzano ha influenzato, per quanto brevemente, un periodo della letteratura italiana. Se il suo stato d'animo e i suoi tentativi furono sentiti e rivissuti dalla sua generazione, non è meno vero che di tutti quei poeti che lo seguirono e che furono definiti sotto l'unico nome di crepuscolari, egli sia stato il maggiore. Anche se poi, tra i gozzaniani, la sua poesia si diluì in forme più vane e più vaghe di quelle di cui il giovine maestro stesso non aveva accennato, divenendo addirittura una malattia di tristezza, priva assolutamente di una qualsiasi rispondenza interiore alle parole tutte soffuse di malinconie e di tenerezze, e indebolendo quella poca vitalità stessa che già era nella sua principale raccolta de I colloqui. Tuttavia, bisogna riconoscere che la poesia de I Colloqui, afferma Bàrberi Squarotti,

è stata non la più ricca e la più nuova ma la più sicura di quegli anni. Sarà forse poca cosa, quella poesia; ma non si dubita mai ch’essa esista; mentre questo dubbio ci assale continuamente leggendo D’Annunzio e Pascoli, tanto più autenticamente lirici di Gozzano4.

Gozzano, quindi, aveva indicato alla cultura del primo Novecento un mondo che — anche se non appare interamente espresso nella sua poesia — s'intravede dallo studio della sua opera: poteva nascere, dal suo tentativo, il capolavoro che racchiudesse lo spirito inquieto, se pur vago e superficiale, del secolo XX. Continua Bàrberi Squarotti:

Infallibile nella scelta delle parole (il primo che abbia dato scintille facendo cozzare l’aulico col prosaico), […] Guido ebbe l’istinto e la forma di saper restare quello ch’era: un esteta provinciale, a fondo parnassiano, un giovane piemontese malato, dannunziano, borghese, ma davvero piemontese e davvero borghese anche nel suo mondo5.

Tuttavia, i crepuscolari si dissolsero nella forma e nella sostanza impoverendo sentimento, fantasia, teorie di vita e teorie d'arte. Sorsero, dopo di loro, le prime manifestazioni futuriste, in contrapposizione a questa loro fiacchezza, che, se non altro, riuscirono a svegliarci dal torpore in cui si era caduti, più che per l'arte alla quale pervennero. Il mondo additato da Gozzano rimase così solamente nella sua opera e, se nelle sue ripercussioni fu povero, egli, il poeta, naturalmente emerge e assume proporzioni più vaste di quelle che non sono già nel suo valore assoluto. Quindi, per comprendere e apprezzare le sue composizioni poetiche è necessario addentrarci, per quanto possibile, nella sua vita, nello stato d’animo del poeta in quegli anni tormentati dalla malattia; e dovettero senza dubbio influire, sullo stato spirituale di questo scrittore, le sue condizioni di salute che lo tennero, per tutta la sua breve esistenza, sospeso tra la vita e la morte; e Gozzano non si illuse

4 BÀRBERI SQUAROTTI, Introduzione a GOZZANO, Le poesie, p. 9.

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sul potere della poesia per risolvere i suoi problemi esistenziali: «Io sono la trista ombra / di un uomo che divenne fievole»6.

Il poeta torinese si vedeva sfiorire un poco al giorno dalla malattia letale, l'etisia, che portava con sé dalla nascita e che, nascosta da farsi dimenticare talvolta, era sempre presente in lui quando gli passava per il cuore una leggera illusione di vita. La sua malattia non lo abbatteva tanto fortemente nel corpo, ma nello spirito si consumava nel dubbio, e spesso nella certezza della sua fine improvvisa. Torino, la città piena di garbo parigino, dove era nato, gli offriva chissà quali spettacoli gai e spensierati, gli faceva intravedere tante gioie riservate agli altri, ed egli, il pallido malato, che pur nell'anima aveva tanta gioia di vivere, era costretto a ricacciare ogni desiderio e ogni illusione. Così la vita trascorreva buia e il mondo senza raggio di bellezza, e tutto in lui era più triste quanto più sapeva che la sua tristezza non aveva mèta o che la fine di essa era la sua fine:

Sorella Terra dunque t’ha sanato? Io pure ne andrò a lei, ma le mie smorte membra distenderò, come Beato, per aspettare la sorella morte7.

Egli, perciò, non aveva fiducia né in se stesso, né nel mondo; non aveva una fede che lo potesse sorreggere: c'era sempre nel suo animo un’amara stanchezza, una stanchezza di attesa che alimentava negativamente la speranza in una guarigione; più amara ancora se, illuso di vivere o di morire, sisentiva sfuggire la vita o la morte. Tale sfiducia lo seguiva in ogni sua azione: si iscrisse a legge all'Università torinese ma non giunse alla laurea, frequentò corsi di letteratura, cominciò il giornalismo ma ben presto se ne allontanò; passava delle lunghe ore, e per momentanea distrazione, a studiare, ma non aveva fiducia nemmeno nei suoi versi. C'era in lui un’inquietudine vaga che lo portava da un’occupazione all'altra, da un paese all'altro, senza mai voler conoscere esattamente quel che gli stava attorno per timore di sperdersi, e non accettava nemmeno passivamente, con la contemplazione, quel che senza uno sforzo d'intelletto veniva ad affiorargli nell'anima, per timore di una più grande amarezza o di una maggiore delusione.

Vivere cinque ore? Vivere cinque età? Benedetto il sapore che m’addormenta… Ho goduto il risveglio dell’anima leggera: meglio dormire, meglio

6 GOZZANO, Poesie sparse, A Massimo Bontempelli, vv. 11-12.

71 prima della mia sera.

Poi che non ha ritorno il riso mattutino. La bellezza del giorno è tutta nel mattino8.

Gozzano non desiderò nemmeno di guarire: solo si illuse, per un po’ di tempo, di potere arrestare il corso della malattia che cominciava a travolgere la sua esile persona e che cominciava a illanguidire le sue forze già magre. Si impose perciò un regime di vita che gli riusciva tanto più duro e tanto più pesante quanto più aveva desiderio e fretta di godersela e di viversela. Cominciò anche la sua peregrinazione alla ricerca di un cielo più terso e di un ambiente che gli ricordasse meno la sua malinconia; modesti alberghetti di provincia gli diedero rifugio, ma non la salute; grandi halls di riviere luminose, dove sfolgorava il lusso e il piacere, lo accolsero quand'egli già aveva rinunziato alle donne e alle gioie. Poi andò in India; la speranza non lo aveva abbandonato, ma si era troppo affievolita e il suo cuore era nero e triste: l'Oriente era per lui come la terra promessa, dove, più che la salute del corpo cercava la salute dello spirito che era già depresso e aveva subìto dei colpi più forti. Ma vi andò freddo e stanco, e in ogni cosa vedeva neri e incomprensibili fantasmi di morte che lo terrorizzavano sempre di più in quella terra lontana dal suo orizzonte canavesano, dove la solitudine e il silenzio assiduo lo opprimevano e lo esasperavano: «Ricordati! Ricordati! Morire! Morte! Morirai!» come il gracidio dei corvi o le torri di Bombay dove i Parsi espongono i cadaveri agli avvoltoi9.

In India soggiornò circa un anno: dalla fine del 1912 alla metà del 1913; ritornò in Italia più stanco e più desolato nello spirito, più debole e più affranto nel corpo. Già continui sbocchi di sangue e più gravi sintomi del male annunziavano la morte vicina e gli toglievano dal cuore ogni speranza. Trovò scatenata in Europa la guerra: nello spettacolo immenso della grande conflagrazione egli ebbe ancora la forza di resistere e si scoprì troppo piccolo dinanzi al sangue che

8 GOZZANO, Salvezza.

9 GOZZANO, Tutte le poesie, pp. 47-59: in queste pagine si fa riferimento ai molti luoghi di soggiorno di Gozzano, in Italia e all’estero, dal 1907 al 1913. Negli ultimi giorni del suo soggiorno in Oriente, Gozzano scrive: «I signori dell'India non sono gl'Indiani. E non sono nemmeno gl'Inglesi. I signori dell'India sono gli animali. I corvi, anzi tutto». Iniziano così le pagine de Il vivajo del buon Dio, l'ultima prosa del volume

Verso la cuna del mondo: «Se gli avvoltoi sono i necrofori – continua Gozzano -, i corvi sono gli spazzaturai

del vastissimo Impero. E ne sono anche i ladri, ladri fatti tracotanti dalla tolleranza millenaria, contro i quali non vi difende nessun policeman volenteroso». La presenza invadente dei volatili è un'impressione visiva e uditiva che colpisce subito il visitatore sbarcato in una delle grandi capitali: Bombay o Calcutta, Madras o Rangoon. Nei pomeriggi assolati, quando la città è immersa nel silenzio e nessuno passeggia per le vie, e «in ogni stanza dell'albergo un europeo sogna la Patria lontana, resupino sotto il refrigerio dell'immenso ventilatore», si sente il gracidio dei corvi. Esso è così monotono da non rompere il silenzio, ma da sottolinearlo. E' un «inno alla putredine», scrive il poeta, «dove prorompe la gamma di tutte le r, dove l'orecchio sembra discernere tutte le parole non liete: Ricordati! Ricordati! Morire! Morte! Morirai!».

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scorreva in quegli anni e alle giovani vite che si immolavano: trovò anzi, in fondo al suo animo, ancora la forza dell'entusiasmo, un entusiasmo subito represso dalla realtà che gli si presentava dinanzi triste e nuda: «Nessuna sorte è triste / in questi giorni rossi di battaglia; / fuorché la sorte di colui che assiste...»10, pensò, e nell'impossibilità — ohimè — di compiere anche lui il gesto, si illuse almeno di assistere alle fasi della nuova storia. Ma non arrivò alla fine. Morì, dopo essersi riavvicinato a Dio con una fede luminosissima, a meno di 33 anni, nell’autunno del 1916 e in silenzio lo seppellirono nel modesto cimitero di Agliè Canavese.