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Le lettere esaltanti-sospirose di Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti

IL PENSIERO DELL’AUTORE ATTRAVERSO LE LETTERE

2.3. Le lettere esaltanti-sospirose di Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti

Tra Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti si istaura una corrispondenza inedita. Al momento dell'incontro, sono due poeti chiacchierati, dal promettente avvenire. Di Gozzano è in vetrina — e se ne discute con invidia — La via del rifugio. Amalia ha appena pubblicato le Vergini folli. La leggenda non ama le date precise, qualche volta anticipa i tempi. Allora si ricorda subito, per la Guglielminetti, il giudizio entusiasta di Borgese: «Costei è un'artista di tale strepitosa forza, che bisogna lasciarla sola. Si sa anche che Mantovani la porta in palmo di mano»70. Non solo. Amalia, già signorina di buona famiglia, tenuta a freno dal regime di un terribile nonno, si è appena emancipata. Nella sua casa, da poco, ha aperto un «salotto tappezzato di bluverde, nel quale verso sera i poeti Vallini e Gianelli, Calcaterra e Pastonchi, i giornalisti Bassi e Vugliano si incontravano per bere una tazza di thè»71.

In pubblico Amalia recita, con vestiti, cappelli, e silenzi, il suo ruolo di donna "bellissima" e un poco fatale, persino regale, ma, in privato, tiene invece un diario segreto. In questo diario, che all'improvviso, molto più avanti nel tempo, qualcuno riscopre, ancora miracolosamente inedito, Amalia segna un incontro: «Ho visto stamane alla Società di Cultura una persona di aspetto

69 GUGLIELMINETTI, Carlo Vallini, in La “scuola dell’ironia”, p. 56. L’autore considera il componimento

Dopo il teatro (1908) e l’incompiuta collana di sonetti I regni perduti (1914) esemplificativi del tentativo –

non riuscito – del Vallini di praticare un tipo d’ironia più morbida, lontana insomma dalla carica aggressiva del poemetto del 1907. L’atteggiamento del Vallini, sempre di grande ricettività, ha pagato il fio dell’incertezza derivante dalla difficoltà di inquadramento letterario della sua produzione letteraria, spesso oscillante e mai volutamente definita; difatti Vallini «subì il fascino del D’Annunzio e sofferse di essere dannunziano e volle togliersi al dannunzianismo; conobbe i crepuscolari e non li amò, perché gli parevano mollicci e sfiatati, e per tono di vita erano l’opposto della sua natura», con il risultato che la sua immagine «è rimasta incerta tra quella del crepuscolare, del buddista e del dannunziano» (CALCATERRA, Con Guido

Gozzano, p. 111).

70 BORGESE, Prefazione a Le Vergini folli, Le seduzioni, di Amalia Guglielminetti.

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spiritualissimo». È inutile fare misteri: la "persona" è Guido Cozzano; la sua lunga mano fine, "tatuata dalle veneazzurre", esce da un polso di seta, taglia con impazienza i fogli di un libro.

Ed ecco che abbassando le palpebre sugli occhi miopi, egli chiude il volume, lo posa sul bracciuolo della poltrona e sopra vi distende la destra affilata. Il titolo stampato in lettere vermiglie sfolgora allora dinanzi alle mie pupille: Le vergini folli. Il momento è solenne: iI giovane mi guarda... Ci fissiamo un momento... poi egli s'alza, muove verso di me come seguendo una coraggiosa deliberazione, ma il mio sguardo s'abbassa d'un tratto, il mio viso esprime un improvviso sgomento... ed egli si ferma indeciso; poi devia i suoi passi verso la porta, contraendo le labbra ad una tenuissima smorfia di ironia...72.

Possiamo avanzare una considerazione: o imbrogliano i posteri, inventando questo diario, o imbroglia Amalia, che lo compila, molto più tardi, a futura memoria. C'è nella pagina, in ogni caso, un eccesso di predestinazione, oppure una involontaria caricatura di mistero. Del resto per Amalia, a lungo sopravvissuta a Gozzano, questo amore costituisce un blasone: non per nulla il carteggio con Guido diverrà una reliquia, conservata — come dice — in un «piccolo stipo di velluto nero a larghi fiori d'oro»73. I documenti sicuri dicono altro. La storia d'amore di Guido e Amalia ha un avvio da commedia borghese, si inaugura con una compita recitazione: con un insieme di inchini e riverenze, di belle frasi e buone maniere. La inaugura, il 13 aprile, la Guglielminetti rivolgendosi al "Cortese Avvocato", con un biglietto, con cui lo ringrazia per l'offerta della Via del rifugio. È un biglietto di "fraternità spirituale", scritto con cura, essenziale, che elenca i motivi poetici del libro («II rimpianto di ciò che fu, e l'ansia di ciò che non è ancora, e il sottile tormento del dubbio, e l'ebbrezza folle del sogno, tutte le cose belle e perfide di cui noi poeti si vive e ci s'avvelena»), e che da un primo, svelto, giudizio elegante: «Non ho ancora assaporato le squisitezze dell'arte, solo ho sfiorato l'essenza, l'anima della sua poesia: un'anima un poco amara, un poco inferma».

Al di là delle forme e dei complimenti, Amalia, tuttavia, lascia cadere anche un invito: «Spero che la sua fraternità non sarà più tanto silenziosa, ch'essa vorrà esprimersi in modo più diretto». Gozzano replica, cauto, con due cartoline e un biglietto, per annunciare una lettera che "non sarà breve": «Non mi concederò che fra due giorni il piacere di scriverle». Amalia, già fin d'ora, a parte l'invito, per istinto aveva accorciato le distanze: "Noi poeti", aveva detto. Guido parla invece, immediatamente, di "spiaggia d'esilio", si barrica nella propria “solitudine obbligatoria”.

Ci sono tutti i presupposti per l’instaurazione di una singolare corrispondenza tra lo scontroso e giovane poeta e la bella ed enigmatica rimatrice del peccato, della femminilità insaziabile e inquieta. Ne esce un epistolario che presenta calde e armoniose pagine come staccate da un singolare romanzo d'amore, che ebbe intime ritrosie, ansie discrete, abbandono profondo e

72 PASTONCHI, Ponti sul tempo, p. 148.

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giovanile, ombre appena di perdizione, disperse dal carattere stesso del Gozzano e della Guglielminetti: l'uno realmente «crepuscolare», dialettico e antiretorico, malato conscio del male che lo porterà alla tomba nel pieno vigore della giovinezza74 e, quindi, indifferente alle gioie della vita, se non fossero quelle della poesia, che è cammino d'immortalità; l'altra amabile e provocante, spregiudicata e audace, ambiziosa e appassionata, ma di una leggerezza vana e mutevole: infatti a lei, nella vita e nell’arte, piacque soprattutto il giuoco dell'amore, tradotto poi in opera letteraria con spavalderia tutta esteriore, dove signoreggiava sempre il D'Annunzio con le sue calde esplosioni sensuali e musicali, senza lampi di sentimento, di orgasmo e di dolore autentico75.

La Guglielminetti, di cultura molto limitata, ma di accesa e morbosa sentimentalità, trova in Gozzano più che l'uomo della sua carne, il trasognato tipo del suo cerebralismo amoroso, e s'insinua avvolgendosi in lui; si piega, umile, in apparenza, solo per adeguarsi al riserbo di lui, ma rimane tuttavia sempre più espansiva e muliebre, più carnale e umana, sicché spesso, dandosi a lui, finisce con il dimenticare tutte le sue promesse spirituali e si abbandona all'amore, sempre delicato, però, poiché nasce da una stima sincera e dalla fascinazione della poesia. Lei scrive: «Io ti sono compagna ora senza tremori e senza fremiti, sorella della tua anima»76. Abilissima e mutevole, rare volte fa sentire le voci vive del suo caldo temperamento, ma più spesso ‘gozzaneggia’, materna e sororale:

Io ti saprei baciare la fronte con un sorriso sereno come si bacia un bambino. No, noi non abbiamo ancora sepolto nulla di noi stessi. Io sono per te come il primo giorno che ti vidi, non sazia, né stanca, né oppressa dalla più piccola parte di te. Sei nuovo e fresco al mio spirito, come allora che m'eri ignoto. Ogni tua parola è come una piccola luce che ti rischiara un momento e ch'io guardo risplendere con gioia ogni volta che tu parli77.

In questo modo la smaniosa ansia di gioia si smorza; la femmina si vela d'una grazia mite, che non è finzione, ma ossequio e ubbidienza alla poesia: che ha bisogno sempre d'un profondo pudore, per distaccare, a poco a poco, nella purità delle immagini, le crude linee della realtà. In realtà, dato il temperamento di lei, ci aspetteremmo più impeto e violenza: ma essa si sa frenare, così come non le riesce poi nella sua poesia, poiché ha presente l'uomo gentile, del quale ha intuito l'anima: ne riecheggia, infatti, i desideri nostalgici, le mezze tinte doverose, le dedizioni rapide e subito dominate e contemplate con amarezza; il suo spirito si modella su quello di lui — riprodotto così al vivo nella sua poesia —; e, tranne certe briose evasioni e distrazioni, in cui la donna chiacchiera e

74 CAMPOSAMPIERO - La poesia italiana contemporanea, p. 131.

75 PELLIZZI, Le lettere italiane del nostro secolo, p. 78. 76 Lettera del 24 marzo 1908.

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spettegola, nella sua nudità provinciale, ora con eccessiva posa e civetteria, ora con l'egoismo innato della carne, malamente agghindato di un grottesco puritanesimo, le sue lettere s'intonano alla pensosità di lui, talora con dedizione fraterna, intera e commovente, sicché esse sono una vera sorpresa per chi conosce la poesia e la vita erotica di lei, poiché ci rivelano le qualità più spontanee e migliori del suo cuore, che con Guido fu semplice e buono, umile e sinceramente amoroso.

Da qui si constata come il tempo passa rapido, come si è lontani dal celebre articolo del Borgese78, che, per quanto acuto e cordiale, oggi ci appare esteriore e pieno di orpelli, e che iniziava con la cattivante frase: «Saffo dalla chioma di viola», per concludere: «Costei è un'artista di tale strepitosa forza che bisogna lasciarla sola». Il Borgese parlava, da un grande giornale, del terzo e più famoso libro della poetessa torinese: Le seduzioni; e Gozzano, poeta di ben altro spirito ed elevatezza, ma critico troppo inesperto, in un articolo79 ne riecheggiava il giudizio con schietta e ingenua esaltazione: la Guglielminetti

s'impone oggi all'ammirazione degl'intenditori con un poema…, che è quanto di meglio abbia prodotto da vari secoli a questa parte la lirica femminile italiana.

In realtà questi giudizi ammirativi, (ce ne sono anche troppi, e scambievoli, nel presente epistolario), non interessano tanto la critica, quanto lo psicologo, che studia il nobile e amareggiato cuore di Guido, poeta sottile, ma grande, il quale crede più nell'amicizia che nell'amore, e con schietto cameratismo ricerca nel canto altrui l'eco del suo canto, e vi si riscalda senza gelosia, da vero fratello d'arte. Ma anche la donna è attratta da quell'alone mistico-fantastico che circonda il giovane poeta malato, così riservato e distinto, solitario e decadente: lei si è ritrovata tutta, e lo confessa fin dalla prima lettera, nel libro di lui80, che le ha rivelato: «il rimpianto di ciò che fu, e l'ansia di ciò che non è ancora, e il sottile tormento del dubbio, e l'ebbrezza folle del sogno, tutte le cose belle e perfide di cui noi poeti si vive e ci s'avvelena»81.

Facciamo alcune considerazioni. Guido Gozzano rappresentava tutta una generazione, che cercava di sfuggire al D'Annunzio, in un tono d'ironia smagata e di nostalgico decadentismo. Siamo nella simpatica Torino dell'anteguerra; i due poeti appartengono alla borghesia piemontese benestante, colta e saggia; Gozzano ha pubblicato, al principio dell'aprile del 190782 il suo primo libro di liriche — La via del rifugio —, e ha riscritto molta parte dei Colloqui, come si ricava da più

78 BORGESE, La vita e il libro, pp. 171 ss.

79 BORGESE, La vita e il libro, Appendice.

80 Lettera del 13 aprile 1907.

81 Lettera della Guglielminetti a Gozzano, 2 maggio 1907.

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punti di queste lettere83; Amalia Guglielminetti è l'autrice famosa di Voci di giovinezza (1906) e soprattutto delle Vergini folli (1907), ed è bella, corteggiatissima, di una sdegnosità ambigua che è sfida e seduzione insieme. E queste sue lettere ne sono una prova, dolci e fraterne, delicate e amorose, se cerca il cuore di lui; materne, se vuole riportargli la speranza e la gioia: lei è accondiscendente e vibrante, e in certe espressioni perfino innamorata, gelosa, disperata, tutta presa dal pensiero del suo Guido; però quando si distrae e non si sorveglia abbastanza, appare quello che in realtà lei è: donna orgogliosa della sua bellezza e della sua poesia, insinuante e furba nell’attirare l’attenzione degli uomini importanti, specie dei critici letterari, dall’anziano Mantovani al giovane Borgese. Amalia ha intuito la gloria di Guido e ne subisce indubbiamente il fascino; comprende altresì il crudo destino di quella giovinezza e l'asseconda, inebriandola e fuggendo, col metodo, forse poco schietto e poco umano, ma il più adatto nella sua relazione con l'errante, e malinconico Gozzano, al quale è vicina sempre, con affetto e reverenza, come davanti a un mito, anche quando s'allontana triste e inappagata dalle sue braccia:

Io temo di non apparirvi che come una creatura degna di pietà, di compassione, e non voglio, capite, non voglio il vostro compianto... Io credo che vi stanca questo "avido cuore" che ha dato sempre tanto e ha ricevuto sempre tanto poco...84.

La letteratura e la poesia attrassero, come in un incantesimo, il cauto e aristocratico Guido, già gonfio il cuore di una malinconia mortale e del tormentoso senso della propria precarietà; e quasi in modo istintivo egli scrisse alla calda e mordente maliarda la prima lettera, in nome appunto delle

Vergini folli, libro che lo aveva travolto. E la poesia rimarrà, specie in lui, più viva dell'amore,

sempre, anche dopo le calde e snervanti carezze dei loro convegni; nella donna però oltre alla poesia, a cui lei pur crede, appaiono altre esigenze: soprattutto l'orgoglio di una raffinata femminilità e del proprio fascino, così vivi in un corpo sano e vibrante, che sa di piacere e vuole piacere, non solo per le seduzioni della sua arte, ma per quelle della giovinezza e della bellezza. Ma lei sa ben fingere, accanto a lui; se parla, se scrive, se gli trattiene le mani nelle sue, assume l'atteggiamento più fedele e caro al cuore di lui, al quale vuole piacere donare ogni gioia possibile; e in questo abbandono la donna - amante-sorella - ha dei momenti di dedizione sublime, che non ci aspetteremmo dalla poetessa di Seduzioni, dalle cui pagine invece balza viva la donna che attira e delude, amante e compagna, specie nelle pagine più aperte e meno torbide, dove l'ansia d'amore e la coscienza della potenza femminile si effondono anch'esse in dolorosa certezza di umane vanità.

83 CALCATERRA (a cura di), Opere di Guido Gozzano, p. 1212. Sulla produzione anteriore a La via del

rifugio, CALCATERRA,Opere di Guido Gozzano, pp. 1227-1231. 84 Lettera del 29 dicembre 1907.

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Appare, pertanto, certo, che Amalia, anche se non fu sempre innamorata dell'uomo, fu curiosa sempre del poeta e dell'uomo, e fu benevola e materna, e donò quanto poteva, senza calcoli secondari, con una dedizione commovente (si sottoponeva tra l'altro a non pochi disagi nell'andare talora a visitarlo in campagna); sicché, anche senza passione, quest'amicizia amorosa dei due poeti concorda nella sua sincerità, nei suoi limiti carnali mai esasperati, nella signorilità del mutuo sentimento, nell'accettazione serena delle rinunzie, e nell'offerta spontanea di un gaudio, che diventa tristezza in lui che sa, e in lei che non vuole ignorare.

Ecco la prima lettera (26 maggio 1907) dalla veranda dell'albergo di San Giuliano d'Albaro (Genova); il poeta ha letto il libro di lei Le vergini folli: la catena è gettata, e nell'ammirazione per la poesia trema come un oscuro richiamo; e poi la lunga del 5 giugno 1907, dove scoppiano gli elogi senza freno:

Le giuro... che non conosco nella letteratura muliebre italiana, presente e passata, opera di poesia paragonabile alla sua... I suoi sonetti, nobilissimi nella rima ricca, stanno a pari con quelli di Belfonte85 e sono superiori a quelli di Gaspara Stampa...: opera organica... come è Homo86, al quale ultimo libro l'opera sua si collega per concetto ispiratore e distributore... Ora il suo grido, Amica, era necessario per risollevare le figure delle vergini amanti; ed era necessario un temperamento come il suo, educato all'arte severamente.

Così la lettera fraterna, alla buona, assume un tono accademico, pur effondendosi in una ingenua e calda espressione di umana simpatia; quella poesia gli è entrata nel cervello, nel sangue, lo perseguita, e ha preso un tenero e appassionato volto di donna, che al poeta è, invero, ben noto e piaciuto da tempo. Infatti in un altro scritto delizioso, ancora da S. Giuliano d'Albaro87, è ricordato, come in una pagina di romanzo, piacevolmente vivida e dialogata, un loro romantico incontro prima di conoscersi. Guido è in gran da fare nelle sale della Società di Cultura a Torino, «invitando i soci ad apporre le firme per un acquisto»:

Venne il turno vostro e di vostra sorella — egli scrive -; mi avvicinai urbanamente; urbanamente mi scusai di distogliervi dalla lettura, vi porsi la penna, voi apponeste la firma. Poi, come io mi credetti in dovere di dirvi il mio nome, voi scattaste in piedi con tale atteggiamento di sorpresa sdegnata, che non seppi e non saprei definire; un atteggiamento che mi ricorda la fierezza ribelle di certi vostri sonetti.

85 PASTONCHI, Raccolta di poesie. 86 CENA, Raccolta di sonetti. 87 Lettera del 10 giugno 1907.

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Resa più cattiva da quella presenza, lei non gli stende la mano, muta, ostile, «come tutte le donne prima di conoscermi», commenta Guido; infatti, «tutte mi trovano così, ma poi mi vogliono bene». E la lettera continua a lungo con maliziosa civetteria, disegnando un riuscito ritratto della bella Amalia, dal cappello alla Rembrandt, ai capelli, alla nuca, alla bocca, grande e fresca, «attirante come poche». Il poeta è tutto occhi, ha annotato, come un pittore; trova tutto seducente in lei, ma con la spavalderia di un ingenuo decadente confessa che non si è innamorato:

Non già che io temessi d'innamorarmi di Voi (io non sono innamorato che di me stesso; voglio dire, di ciò che succede in me stesso), ma temevo che mi piaceste, ecco tutto. Aggiungete l'aureola letteraria che — prima delle Vergini folli — mi dava un senso di avversione indefinibile — per qualunque donna scrittrice — da Corynne ad Ada Negri.

Aggiunge poi di averla vista ancor prima, con Vallini, Bassi, Vugliano, passare accanto a lui sdegnosa di una freddezza indefinibile; non amore, dunque, egli chiede, ma amicizia. «Siamo lontani, — aggiunge dolorosamente —; sono seriamente ammalato ed esiliato dalla città per due, tre anni, forse più, possiamo benissimo essere amici». Ma da queste accuse Amalia si sa difendere maliziosamente, anzi le ritorce con squisita civetteria; gli ricorda infatti di averlo notato per la prima volta88 al “Vittorio” durante un concerto di Kubelik:

Potrei ingannarmi, ma dovevate essere Voi; vestivate di color avana e portavate i capelli alquanto lunghi. Dopo, v'incontrai alla "Cultura" e, scusate, mi diveniste antipatico. Una sera dell'inverno scorso, specialmente, avete irritato alquanto i miei nervi, che, per disgrazia, sono piuttosto sensibili. Parlavate con una Signorina e con un giovane, di poesia, di letterati e di libri con un tono di voce così alto e incurante di me che leggevo in disparte, da sembrarmi quasi un'ostentazione e una provocazione. Questa mi parve ancora accrescersi, quando Voi porgeste loro un manoscritto, chiedendo un giudizio sui versi vostri e spiando avido sulle loro fisionomie l'effetto della lettura.

Nel suo orgoglio inconsciamente ferito, Amalia si alzò di scatto e uscì; ma... poi cercò il libro di versi di lui e comprese che la lirica letta era Il responso: «che lei più che altri poteva sola intendere!». Scatta e inizia così l’amore, con un mutuo orgoglio, con un’ostilità esteriore, con una ritrosia guardinga; poi lui scrive con più calore, quasi assetato di bene; si confessa a lei come a una sorella; recita tutti i giorni i sonetti di lei inebrianti di desiderio giovanile e promette di scrivere per lei sulla Rassegna latina (di F. M. Martini); e anche Amalia si scioglie dai suoi alteri e distaccati sorrisi («vi conosco poco — gli scrive il 7 giugno 1907 — ma vi ritengo un amico spirituale e mi sembrate una conoscenza antica, tanto antica da averne dimenticato l'origine»), diventa sollecita della vita di lui e della sua poesia, poiché è pronta a parlare di lui favorevolmente a Dino

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Mantovani, autorevole e temuto critico della stampa, e soprattutto è pronta a donarsi a quel languido poeta della nostalgia, che sogna talora i suoi stessi sogni e ha sete di carezze, anche se dissimula di