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GR 2. Popolazione per continente nel 2008 GR 3. PIL a PPA per continente nel 2008 A fianco della forte crescita demografica dei paesi in via di sviluppo si rileva il A fianco della forte crescita demografica dei paesi in via di sviluppo si rileva il A fianco della forte crescita demografica dei paesi in via di sviluppo si rileva il

5.5. Grado e forme dell’integrazione

Una breve serie di domande è dedicata a indagare quali siano le percezioni ed eventualmente il giudizio dei migranti a proposito della loro esperienza nel paese di arrivo. Nella maggior parte dei casi emerge una certa indecisione da parte degli

124 Tesi di dottorato di Gianluca Baldo, discussa presso l’Università degli Studi di Udine

informanti e una riluttanza all’idea di rimanere in Italia per un tempo indefinito. Tale atteggiamento non deve però di necessità essere ricondotto a un esito di qualche forma di esclusione sociale o di mancata integrazione.

TAB 41. Atteggiamenti verso l’Italia 18/ Consiglieresti di venire in

Italia? 21/ Vorresti restare in Italia? 22/ Vorresti tornare nel tuo Paese di origine?

Non so 14 No 19 Sì 31

13 Sì 12 No 4

No 12 Non so 8 Non so 4

Non risponde 1 Non risponde 1 Non risponde 1

Certamente parte dell’indecisione in merito alla possibilità di consigliare ai connazionali di intraprendere un progetto migratorio analogo al proprio deriva dal momento di negativa congiuntura economica internazionale. Molti dei membri della minoranza burkinabè intervistati in merito hanno riferito crescenti difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro locale, nonché di mantenimento del proprio impiego. Per tale ragione la maggior parte degli informanti non si sentirebbe in questo momento così sfavorevole di consigliare ai propri parenti o amici burkinabè di raggiungerli in Italia, a meno che le loro condizioni di vita nel paese di origine non siano davvero impossibili da sostenere93.

Le intenzioni del campione riguardo al futuro confermano come la minoranza burkinabè di Spilimbergo sia estremamente legata al proprio paese di origine. Solo il 30,0% degli informanti sarebbe disposto a restare in Italia a tempo indeterminato, mentre la maggior parte del campione (il 47,5%) non ritiene auspicabile tale opportunità oppure è dubbiosa in merito (il restante 20,0%). Le risposte date alla domanda successiva, che capovolge il punto di vista chiedendo agli immigrati se

93 Un giovane burkinabè esprime il suo punto di vista sia sull’attuale crisi economica internazionale, sia sulle motivazioni che spingono i suoi connazionali a spostarsi verso l’estero e l’Unione Europea. Il consiglio dato da questo informante è piuttosto chiaro e allude alla natura prevalente dei fattori di spinta all’interno del meccanismo di catena migratoria che interessa la minoranza del Burkina Faso stanziata nello spilimberghese.

Ric.: Ecco. Allora, riguardo a::|all’Italia, eh:: +5+ consiglieresti tu, adesso, a qualcuno del|del Burkina Faso, di Boulgou, di venire in Italia oppure no?

Sal: +10+ Se la persona è già:: in bene lì, ah:: trova da mangiare, ha l’economia del posto, io gli consiglierei di rimanere. Se uno:: non (trova) niente, e di sicuro non hai neanche soldi per venire qua e verrai aiutato uno di qua. Quelli lì, non c’è problema, perché ++ di sicuro quando noi arriviamo lì dobbiamo:: aiutare %metà gente%, maggiore parte delle persone e se non li fa… È come obbligatorio per noi.

Tesi di dottorato di Gianluca Baldo, discussa presso l’Università degli Studi di Udine 125 sarebbero felici di tornare un giorno in Burkina Faso, evidenziano un fortissimo attaccamento alla vita interrotta in Africa (il 77,5% del campione dichiara senza alcuna esitazione la volontà di rientrare).

Purtroppo i ritorni periodici al paese di origine non sembrano un’opportunità molto praticabile, anche perché sono piuttosto impegnativi sul piano economico. Non sempre è possibile recarsi in visita ai cari lontani con la frequenza desiderata. La maggior parte degli informanti dichiara di tornare solamente ogni due anni (il 35,0%) o anche meno di frequente (il 27,5%), solo pochissimi possono permettersi rientri con cadenza annuale (il 5,0% degli intervistati). Ne deriva una condizione di parziale sradicamento dalla propria terra alla quale si supplisce evidentemente anche attraverso la frequentazione di amici e familiari, membri di una comunità migrante che condivide l’esperienza della lontananza da casa e dagli affetti. Si tratta di una situazione penosa e con queste parole è definita da alcuni degli informanti che spontaneamente hanno scelto di parlarne in sede di colloquio individuale94. In particolare è critica la situazione delle seconde generazioni, ovvero di quegli adolescenti scolarizzati completamente, o quasi, in Italia e non di rado mai rientrati nel proprio paese. Per questi soggetti il problema della definizione dell’identità è più forte rispetto a quanto si verifichi nel caso dei loro genitori. Si tratta di una generazione che si colloca a metà strada tra il mondo del paese di origine e quello del paese di arrivo, pur non essendo pienamente partecipe di nessuno dei due.

Le percezioni dei migranti in merito alla vita a Spilimbergo rivelano un buon grado di apprezzamento del sistema socio-economico locale. Gli immigrati

94 Un adolescente, giunto prestissimo in Italia e separato alla partenza non solo dalla famiglia ma anche dalla madre, rappresenta bene la condizione di tanti giovani tra le seconde generazioni burkinabè. Spesso questi ragazzi hanno abbandonato importanti affetti nel proprio paese di origine e sono costretti a sopportare il peso di questa privazione a fianco del senso di frustrazione che deriva dalla difficoltà del processo di integrazione nella società italiana.

Ric.: E:: sei tornato qualche volta, tu, in Burkina Faso? Sal: No. È quella che mi fa male.

Ric.: Otto anni?

Sal: Io, sì, sono rimasto male in questa punto perché +++ mi manca la mia|il mio paese, poi qualcuno, anche mio nonno +++ che dovrebbe vedevo. E:: poi c’è anche la mia resto famiglia, sì, c’è anche l’importanza di mamma, ++ che:: nostra madre è ancora là. E, mi manca, molto. La vera cosa, prima di venendo qua, dicevo che lei mi ha detto: “Ci vediamo fra cinque anni”. Io ho detto: “Fra un mese torno a vederti”. Adesso è otto anni. E loro, da otto anni qua pensano (di sì) anche di più +5+ ma, %(vediamo)%.

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burkinabè, intervistati in merito al loro gradimento della vita nel paese di arrivo, sembrano essere sostanzialmente soddisfatti e antepongono il lavoro a qualsiasi altra preferenza. Non stupisce un dato di questo genere, che parla di una immigrazione giovane, giunta in Italia alla ricerca di opportunità di crescita su un piano prima di tutto lavorativo. Ottenere un’occupazione è non solo il primo desiderio espresso dagli informanti ma anche, e comprensibilmente, il veicolo primario della loro integrazione nel tessuto sociale locale. È plausibile che il dominio del lavoro e le interazioni con i colleghi italiani rappresentino un momento non meno importante nel processo di avvicinamento dei burkinabè alla lingua seconda.

TAB 42. Atteggiamenti positivi verso la comunità locale 19/ Che cosa ti piace di Spilimbergo?

Prime preferenze Scelta unica Sc. multiple Totale

Lavoro 11 Lavoro 11 10 21

Persone 7 Persone 7 9 16

Lavoro e persone 5 Cibo 1 5 6

Clima 2 2 4

Altro 2 0 2

Non risponde 4 0 4

La rilevanza del lavoro emerge anche dalla domanda successiva la quale chiede agli informanti informazioni in merito ai punti considerati da loro più critici della vita nello spilimberghese. Nel complesso l’immagine che appare è buona, soprattutto se si considera la plausibile presenza all’interno del campione di un certo numero di immigrati pienamente soddisfatti che per questa ragione ha scelto di non indicare per questa domanda alcuna preferenza. Al secondo posto tra le opzioni possibili, in apparente contraddizione con i risultati ottenuti dalla domanda precedente (la numero 19), si classifica di nuovo il lavoro. È facile supporre, sulla base di indicazioni dirette da parte di alcuni burkinabè intervistati e delle specifiche annotazioni trovate a margine su un alcuni questionari, che in questo caso il malcontento non sia diretto al lavoro in assoluto, quanto piuttosto alla sua assenza, in particolare in questo momento di grave recessione economica.

Tesi di dottorato di Gianluca Baldo, discussa presso l’Università degli Studi di Udine 127 TAB 43. Atteggiamenti negativi verso la comunità locale

20/ Che cosa non ti piace di Spilimbergo?

Prime preferenze Scelta unica Sc. multiple Totale

Non risponde 10 Non risponde 10 0 10

Lavoro (assenza) 9 Lavoro

(assenza) 9 1 10 Clima 7 Clima 7 1 8 Altro 5 Altro 5 0 5 Razzismo 3 Razzismo 3 0 3 Africani 2 0 2 Cibo 1 1 2 Persone 1 0 1

È opportuno non trascurare l’esistenza di due indici che contribuiscono a rendere più articolato e completo il quadro. Una ridotta percentuale degli informanti (pari al 7,5% del totale) riferisce di essere stata oggetto di discriminazione su base razziale. Si parla esplicitamente di razzismo e forse il riferimento più diretto è a un episodio avvenuto nel corso della primavera precedente al momento in cui fu avviata la distribuzione dei questionari95. In ogni caso nelle interviste ci sono stati alcuni riferimenti a situazioni di discriminazione, anche immotivate, delle quali i parlanti sono stati vittime e che hanno talvolta avuto per protagonisti degli italiani. Il dato rilevato non è numericamente consistente, ma a tale proposito è opportuno notare che la diffidenza e l’imbarazzo, se pure in un questionario anonimo, potrebbero aver dissuaso parte degli informanti dal riferire di essere stati oggetto di episodi di questo genere. Non essendo contemplata nel questionario l’opzione di risposta ‘discriminazione razziale’, gli informanti che hanno desiderato riferire queste

95 Le pagine di un quotidiano piuttosto diffuso a livello regionale hanno ospitato di recente un articolo relativo a un episodio di discriminazione a fondo razziale che ha avuto come oggetto proprio la minoranza burkinabè di Spilimbergo. L’evento è stato riferito con una certa frequenza, se pure in maniera non sempre attendibile, da parte di alcuni tra gli informanti e gli intervistati raggiunti nel corso dell’estate immediatamente successiva all’accadimento: “Una condanna unanime quella dell’amministrazione comunale e degli esercenti della città del mosaico per il grave episodio di razzismo avvenuto nel giorno di Pasqua e balzato agli onori della cronaca dalle colonne della stampa quotidiana. I fatti. I fatti risalgono a domenica mattina quando B.Z., 35 anni, originario del Burkina Faso e da tempo residente a Spilimbergo, bevuto un caffè al bar “Commercio”, locale del centro storico che dallo scorso anno è gestito da cinesi, al momento di pagare il conto si è visto presentare un sovrapprezzo di dieci centesimi per motivi – secondo quanto riportato dal malcapitato cliente – dovuti al colore della sua pelle. «Ho bevuto un caffè in piedi e quando è stato il momento di pagare ho dato un euro. Gli altri clienti avevano pagato un euro e ricevuto dieci centesimi di resto, che a me non è stato dato. Mi è stato detto: tu paghi un euro perché hai la pelle nera e ringrazia che ti facciamo entrare»” (Messaggero Veneto del 9 aprile 2010, p. 10).

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situazioni sono stati costretti a specificare la possibilità ‘altro’, annotando a margine il proprio caso. Emerge quindi una volontà chiara, per alcuni, di voler comunicare il fatto e ci si domanda se tra gli altri informanti il limite linguistico o la mancanza del coraggio di parlare abbiano influito negativamente in tal senso.

Una seconda significativa indicazione emerge dalla risposta ‘africani’ fornita da due degli informanti. È plausibile che si tratti di un’espressione della frustrazione di un numero limitato di membri della comunità burkinabè di fronte alle difficoltà di integrazione nella società di arrivo manifestate da alcuni tra i connazionali. La grande maggioranza (89,7%) degli immigrati provenienti da paesi dell’Africa sub-sahariana presenti a Spilimbergo o nelle sue frazioni è costituita difatti da cittadini del Burkina Faso. Considerando questo dato è improbabile che le due risposte in questione si riferiscano al comportamento di qualche diversa comunità presente sul territorio. Una parziale conferma a quest’ipotesi giunge da alcune interviste. In particolare i giovani, che spesso dedicano più energie al fine di sentirsi accettati e integrati nella società di arrivo, vivono con grande frustrazione il comportamento dei genitori e dei parenti più anziani che rischiano a volte di vanificare i loro sforzi. D’altro canto, un atteggiamento di eccessiva apertura degli adolescenti burkinabè verso gli italiani può essere stigmatizzato dai genitori e dalla comunità dei connazionali. Un eventuale allontanamento dei figli dalla cultura del paese di origine è interpretato dalle prime generazioni come un fattore di rischio che potrebbe condurre alla disgregazione del gruppo etnico e alla perdita dei valori culturali burkinabè (Barbagli 2008, pp. 31-34)96.

96 In un’intervista registrata un giovane burkinabè, piuttosto integrato, esterna delle significative perplessità di fronte alle soffocanti preoccupazioni dei familiari nei confronti della sua abitudine di trascorrere tanta parte del tempo libero in compagnia di italiani e stranieri di diverse nazionalità. Attraverso questa confidenza, espressa in maniera del tutto spontanea, l’informante si fa portavoce del differente modo di relazionarsi alla società italiana che sta maturando nelle seconde generazioni di immigrati rispetto ai loro genitori. Questo genere di comportamento potrebbe rischiare di introdurre una cesura rispetto ai familiari e alla parte più conservatrice della comunità.

Sal: Io sono uno:: che ho voglia di integrarmi, alla fine sembra che mi piace l’altra cultura che è mia. Io non sopporto il mio perché mi stufano. Allora::, sì, sono più integrato:: alla gente:: che c’è italiano che chi viene da un altro paese, che sia un senegalese, che viene da un altro paese, e voglio conoscerlo e mi fa piacere. Ma però noi, per me, nella comunità qua è un bene per noi, però ++ a noi ragazzini giovani, che vogliono vivere +++ e vogliono fare delle loro:: vita da solo non riescono. È come siamo stati legati stretti e:: non riusciamo proprio @ a fare…

Tesi di dottorato di Gianluca Baldo, discussa presso l’Università degli Studi di Udine 129 Si tratta di episodi isolati, scarsamente rappresentativi sul piano statistico e inadatti ad alcuna generalizzazione, però nel loro complesso permettono di delineare un profilo categoriale che risulta essere ben rappresentato all’interno del campione, se pure non in maniera maggioritaria. Si tratta di un giovane di seconda generazione che è da una parte esposto al rischio di esclusione, se pure non di discriminazione razziale, da parte della società di arrivo la quale non lo ritiene suo membro di diritto. D’altro canto quello stesso adolescente manifesta un marcato desiderio di integrarsi nonostante questo suo tentativo possa mettere in discussione i legami affettivi sicuri e certi con la propria famiglia e con il paese di origine. L’epilogo di questa situazione, se dovesse generalizzarsi, potrebbe essere infelice, così come è accaduto in passato in altri paesi europei con una tradizione di immigrazione più lunga rispetto a quella italiana97.

In conclusione non è facile identificare una tipologia di migrante che possa essere considerata come stereotipica per l’intera minoranza. Si possono però, sulla base dei dati raccolti e analizzati, indicare alcuni tratti generali indicativi al fine della definizione di un profilo tipologico:

- gli adulti di prima generazione, se pure dichiarano frequentazioni differenziate che includono spesso amici italiani, sembrano essere meno integrati nel sistema sociale del paese di arrivo e piuttosto orientati vero l’interno della comunità burkinabè;

- i giovani di seconda generazione, anche se non nati in Italia, sono stati spesso scolarizzati nel paese di arrivo e hanno di conseguenza una competenza più

97 Il sociologo Barbagli evidenzia, in una sua importante e costantemente aggiornata monografia sulle connessioni reali e percepite tra immigrazione e tassi di devianza, la possibile correlazione tra la mancata integrazione delle seconde generazioni di immigrati e il loro tasso di criminalità. Negli anni Settanta ricerche olandesi e tedesche avevano definito gli immigrati di seconda generazione come una “bomba sociale a scoppio ritardato”. Dieci anni dopo le seconde generazioni erano giunte a rappresentare una quota significativa della popolazione giovanile di diversi paesi europei. Ulteriori studi criminologici stavano evidenziando come i giovani immigrati di seconda generazione raggiungessero di solito tassi di criminalità più alti sia dei connazionali della generazione precedente, sia dei coetanei autoctoni. La questione ebbe in particolare una forte risonanza dopo le sommosse francesi del 2005. In questo modo Barbagli commenta i drammatici eventi di quell’anno: “I protagonisti di questa esplosione di rabbia sono tutti immigrati di seconda generazione, nati e cresciuti in Francia, educati alle scuole francesi. Sono cittadini francesi dalla nascita ed è con altri cittadini francesi della loro età che si confrontano di continuo, a differenza dei loro genitori, che spesso avevano ancora come gruppo di riferimento quello dei connazionali rimasti in patria. Ed è proprio questo confronto l’origine prima della loro insoddisfazione” (Barbagli 2008, p. 34).

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alta del mezzo di comunicazione linguistica e amicizie più differenziate rispetto ai loro genitori;

- la maggior parte degli adulti è sposata con un connazionale, la scelta esogamica è molto rara a testimonianza di una minoranza scarsamente permeabile all’influsso esterno e di una catena migratoria ancora in una fase precoce di sviluppo;

- il grado di scolarità degli adulti è piuttosto basso, in particolar modo nel caso delle donne che in questo senso sono a forte rischio di esclusione sociale, mentre i giovani raggiungono di solito risultati più avanzati;

- la motivazione prevalente che spinge i burkinabè a avviare dei progetti di migrazione in Italia è il lavoro, trovarlo è fonte di grande soddisfazione e speranza per il futuro, esserne privi è causa di frustrazione e delusione;

- gli uomini adulti sono più numerosi delle donne e molto più spesso si impegnano nel lavoro dipendente, le donne svolgono invece di norma la maggior parte delle attività quotidiane all’interno della casa e si occupano dell’educazione e delle necessità dei minori;

- gli atteggiamenti verso il paese di origine sono abbastanza chiari, la maggior parte degli informanti non ha manifestato alcuna volontà di stanziamento a tempo indefinito in Italia e il desiderio di ritornare in Burkina Faso è diffuso e molto forte, soprattutto nel caso delle prime generazioni;

- il desiderio di integrazione sembra concretizzarsi diversamente per le due generazioni: mentre gli adulti, soprattutto di sesso maschile, considerano il lavoro il veicolo principale di affrancamento e di penetrazione nel tessuto sociale locale, i giovani investono più spesso tempo ed energie per essere considerati alla pari degli italiani, profondendosi in uno sforzo che viene spesso frustrato con conseguente malcontento e insoddisfazione.

Tesi di dottorato di Gianluca Baldo, discussa presso l’Università degli Studi di Udine 131 5.6. Analisi dei repertori

Il repertorio linguistico del paese di origine

A differenza di quanto rilevato da Chini (2004), proporre il questionario a una minoranza molto uniforme e coesa come quella burkinabè a Spilimbergo ha offerto dei risultati piuttosto omogenei sul piano sociolinguistico. Non stupisce il numero relativamente basso di lingue che, stando alle dichiarazioni soggettive dei parlanti, sono state riferite essere le più utilizzate nel loro paese di origine.

TAB 44. Repertori linguistici nel paese di origine 45/ Lingue conosciute e usate nel paese di origine

Famiglia Gruppo Lingua Parlanti Soc. primaria Soc. secondaria

Nigercongolese mande bissa (32**) 32 28

Indoeuropea romanzo francese (18) 6 19

Nigercongolese bantu douala (1) 1 0

--- --- africano* (4) 4 3

--- --- dialetto* (1) 1 1

--- --- burkina* (1) 1 0

* Probabili definizioni di fantasia della lingua bissa.

** Dei 32 parlanti che dichiarano il bissa tra le lingue del proprio repertorio, ve ne sono ben 16 che lo utilizzavano come unico strumento di comunicazione prima di arrivare in Italia.

Il codice più spesso dichiarato, sia per la socializzazione primaria nell’ambito della famiglia allargata, sia nelle relazioni interpersonali con amici e colleghi di lavoro, è il bissa98. Si tratta di una lingua del gruppo mande, della famiglia nigercongolese, che risulta essere diffusa sia nella zona centro-meridionale del Burkina Faso, sia nelle aree limitrofe e confinanti del Ghana e, in parte, del Togo. Come è possibile constatare dalla carta linguistica del paese, l’idioma più utilizzato all’interno della comunità di Spilimbergo risulta essere quello che gode di maggiore diffusione nella Provincia di Boulgou, dalla quale la gran parte dei burkinabè residenti in Friuli Venezia Giulia, come si è detto, proviene (la zona 2 nella carta)99.

98 Sono state considerate lingue della socializzazione primaria quelle indicate dagli informanti per le interazioni con i genitori oppure con i fratelli e le sorelle. I codici linguistici prevalenti invece negli usi con amici, compagni di scuola e persone incontrate al lavoro sono stati catalogati come lingue della socializzazione secondaria.

99 A causa della scarsità di informazioni relative alla lingua bissa reperibili attraverso le fonti bibliografiche tradizionali la maggior parte dei dati linguistici presentati provengono dalla