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Grossvater: Ein Pionier wie wir (Berna, 16 febbraio 20 aprile 1974)

Capitolo III. Gli anni ‘

1. Grossvater: Ein Pionier wie wir (Berna, 16 febbraio 20 aprile 1974)

Documenta 5 rappresenta per Szeemann la definitiva consacrazione come curatore a livello internazionale. Dopo un’esperienza del genere, e con alle spalle un curriculum già florido che lo ha visto girare per l’Europa e alla direzione di un’importante istituzione museale, potrebbe aspirare al raggiungimento delle più alte cariche nel mondo professionale dell’arte. Fra le numerose offerte che riceve c’è il posto di direttore alla Kunsthalle di Basilea. Ma Szeemann ritiene conclusa la propria carriera all’interno delle istituzioni, e con la fondazione del Museum der Obsessionen prosegue il proprio percorso di emancipazione e autodeterminazione.

316 «Gli oggetti della storia dell’arte, quindi, possono essere caratterizzati solo secondo una terminologia che è

tanto ricostruttiva quanto l’esperienza dello storico dell’arte è ricreativa: deve descrivere le peculiarità stilistiche, che non sono fattori misurabili né determinabili, non come stimoli di reazioni soggettive, ma come ciò che porta testimonianza di “intenzioni” artistiche. Ora le “intenzioni” possono essere formulate in termini di alternative: bisogna supporre una situazione dove l’autore dell’opera ha più di una possibilità nell’operare, il che significa che si è dovuto confrontare con un problema di scelta fra varie modalità di enfasi.». E. Panofsky, Meaning in the visual

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Nonostante l’elaborazione teorica faccia presupporre una volontà da parte sua di realizzare progetti concettualmente molto elaborati, dopo Kassel sente il bisogno di ripartire da una dimensione più intima, privata. È in questo modo che nasce l’idea di Grossvater: Ein Pionier wie wir. Szeemann racconta che l’ispirazione per una mostra su suo nonno gli è venuta visitando i piccoli musei del New Mexico che raccontano la storia dei primi pionieri del Far West americano attraverso i loro utensili e vecchie fotografie. Il nonno Etienne è morto nel 1971 all'età di 98 anni. Parrucchiere di professione, e piccolo collezionista di curiosités, Szeemann decide di dedicare una mostra alla sua figura. L’esibizione si svilupperà come una ricostruzione della vita del nonno attraverso i suoi possedimenti, negli ambienti del suo appartamento di Berna, affittato per l’occasione al gallerista Tony Gerber (diventando così a tutti gli effetti uno spazio espositivo) che in seguito si sarebbe trasferito lì.

Dal titolo della mostra si evince il suo doppio soggetto: il nonno, e sé stesso, “wie wir”, con un noi in plurale maiestatis. Con Grossvater Szeemann vuole esplorare il medium della mostra temporanea, testarne i limiti, vedere come essa possa caratterizzarsi con un approccio soggettivo (il coinvolgimento personale è uno dei punti fondativi dell’esperimento). Crea una mostra sperimentale, alla cui organizzazione lavora più di quattro mesi: un lasso temporale non indifferente per quella che è la prima materializzazione del Museum der Obsessionen. Grossvater è un racconto, e il tentativo di capire come una mostra possa farsi narrazione e sostituirsi a una biografia scritta. Ed è capace effettivamente di coinvolgere il visitatore nella storia del parrucchiere Etienne: un uomo dalla vita sicuramente interessante, ma non più di tanti altri uomini con esperienze di migrazione e passioni inseguite per una vita intera. Dopo le critiche ricevute a Kassel, Szeemann vuole rivendicare la propria posizione e la propria identità professionale. «I am not a curator, I am an author» diventa uno dei suoi nuovi motti. Una formulazione che ricorda l’affermazione di Broodthaers «Seit Duchamp ist der Kunstler Autor einer Definition» che appare nel catalogo della mostra Section des Figures di Düsseldorf. Il curatore-narratore, così come l’artista-curatore, attraverso il proprio lavoro si fa autore, di una storia o di un nuovo modello espositivo.

Il catalogo di Grossvater racconta la genesi della mostra e alcune indicazioni per la visita. Szeemann racconta che durante una vacanza all'Untersee, sul lago di Costanza, stava leggendo la rivista Schweitzer Spiegel, che per un improvviso orgoglio nazionalista aveva cominciato a pubblicare le storie di ordinari cittadini svizzeri che attraverso i loro diari raccontavano le difficoltà del periodo bellico. Invia allora le memorie del nonno, "seine Wanderjahre", che vengono pubblicate per il suo novantacinquesimo compleanno. È allora che comincia ad accarezzare l'idea di raccontare in una mostra la storia di quest'uomo «klein wie Napoleon,

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korrekt, charmant, störrisch und eigensinnig in einem»317. Nato il 1873 a Diosd, in Ungheria, e morto a Berna nel 1971 (la moglie Leontine nasce a Vienna invece nel 1881 e muore pochi mesi dopo il marito), con le sue peregrinazioni durch die Welt, per il mondo, è alle origini delle radici internazionali di Szeemann. Che non lo descrive come un ottimo imprenditore: Haarkünstler di successo e innovatore nel suo genere, alquanto incapace negli investimenti finanziari. Un carattere molto riservato, a Berna trova la propria residenza ideale («Dieser Stadt gehörte seine ganze Zuneigung seit er 1897 hier Station gemacht hatte»318), dopo essere passato da Ungheria, Romania, Grecia, Turchia, Austria, Germania, Francia e Inghilterra. Proprio a Londra avrebbe finalmente la possibilità di stabilirsi, ma l’istinto lo porta altrove: la Svizzera è il suo American dream, il suo eden («Er hat den Traum des "armen ungarischen Knaben der die Schweiz überalles Liebt" Realität werden lassen»319), gli svizzeri i suoi perfetti compatrioti.

Etienne è uno stakanovista, la cui arte - termine utilizzato da Szeemann - di coiffeur definisce la vita («Dieser Kunst gehörte sein Leben. Ihr hat er alles untergeordnet»). Ma il nipote lo descrive anche come un discreto collezionista, appassionato di francobolli, incisioni, stemmi, numismatica. Quando muore nel 1971 lascia nella propria casa i simboli del tempo passato, le tracce di un secolo di vita vissuta. Szeemann scrive nel catalogo: «Seit Jahren fand ich diese Wohnung Ausstellenswert, als Visualisierung einer Geschichte, Zeugnis für einen Lebensstil, als Illustration der Erkenntnis, dass es im Leben eines jeden Menschen einen Punkt gibt, wo jedes Zeichen selbstverständlich wird – und der Häufung der Zeichen und dem Gegenstand steht dann nichts mehr im Wege»320. Alla vita e alla carriera di un uomo che non fa l’artista, applica gli stessi concetti teorici con cui ha analizzato l’arte fino ad allora, a indicare implicitamente come Etienne Szeemann abbia costruito un proprio universo personale, una propria mitologia individuale (per cui parla di un Häufung der Zeichen, un accumulo di segni) che il suo lavoro sia definibile come intenzione intensa.

La moglie rappresenta l’altra parte fondamentale della sua vita («er war ihr Leben, und sie war seines»), per un matrimonio durato 69 anni. Entrambi molto legati al nipote, Szeemann descrive il nonno come der Doyen der Vernissagen (il decano dei vernissages), sempre presente alle inaugurazioni delle sue mostre alla Kunsthalle. E conclude l'introduzione al catalogo con un'affermazione programmatica, dichiarando di essere sempre stato affascinato, nelle visite ai

317 «Piccolo come Napoleone, corretto, affascinante, testardo e ostinato allo stesso tempo». T. Bezzola, Harald

Szeemann: with by through because towards despite, cit., p. 385.

318 «Questa città ebbe tutto il suo affetto da quando si stabilì qui nel 1897». Ivi, p. 386.

319 «Ha realizzato il sogno del "povero ragazzo ungherese che ama incondizionatamente la Svizzera"». Ibidem. 320 «Per anni ho trovato questo appartamento degno di una mostra, come visualizzazione di una storia,

testimonianza di uno stile di vita, come illustrazione della concezione per cui nella vita di ogni uomo c'è un punto dove ogni segno diventa scontato - e non si frappone più nulla all’accumulo di segni e al soggetto». Ivi, p. 387.

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memoriali e nel lavoro curatoriale, da come una vita possa essere ricostruita a partire da semplici oggetti («wie man aus Objekten wieder (künstlich) Leben machen kann»).

Come si è visto, Szeemann impiega mesi di lavoro per configurare e allestire la mostra, che alla fine viene divisa in tre sezioni. La prima parte presenta l'albero genealogico della famiglia, con documenti di vario tipo esposti fra l'ingresso, il bagno e il corridoio. Le origini austro-ungariche di Etienne, i suoi anni spesi a viaggiare e a fare esperienze lavorative in giro per l'Europa, l'Arbeit Buch (il suo registro professionale). In ingresso si trova anche una piccola opera realizzata da Etienne: un quadretto con una croce bianca su fondo rosso realizzato con i capelli delle sue clienti per festeggiare l'ottenimento della cittadinanza svizzera321. Per rappresentare gli investimenti falliti del nonno, Szeemann copre parte del muro in corridoio con i certificati delle azioni comprate e con la collezione di Notgeld (il denaro stampato in occasioni di emergenza dallo stato). Mariana Telxeira commenta l'operazione nei seguenti termini: «the curator took advantage of the aesthetic potential of those shares and simultaneously explored the impact of displaying a large amount of money that no longer had any exchange value»322.

Questo piccolo dettaglio indica la doppia funzione della mostra: raccontare la vita del nonno, e sfruttare l’occasione per esplorare le capacità narrative di un’esposizione. A confermare questa doppia presenza nell'appartamento, delle tracce di vita vissuta e della mano del curatore, una raccolta di dichiarazioni raccolte fra le quattro generazioni della famiglia, dove spicca quella del fratello di Harald Szeemann: «I believe my grandfather would have taken great pleasure in this exhibition, but I doubt he would have shown all this material»323.

La seconda sezione della mostra documenta l'interesse di Szeemann per l'arte dell'environment. Ricostruisce la camera da letto, con il mobilio dei nonni e altri oggetti a raccontare i loro interessi e il loro stile di vita (Lebensstil). Si ottiene così una «simulation of life»324, tanto che Szeemann racconta che le clienti del nonno in visita si aspettavano di vederlo comparire da un momento all'altro. Tutto ciò riflette l’ideale di “lavoratore atmosferico” che da sempre contraddistingue Szeemann. Da questa stanza si accede al terzo ambiente, più piccolo, che corrisponde alla terza sezione della mostra, rinominata "Sein Beitrag zum Triumph der Schönheit" (il suo contributo al trionfo della bellezza). Un titolo petrarchesco e programmatico. La stanza è decorata con estratti di riviste di moda degli anni '20 e '30 e altre pagine da antichi

321 A. Stazzone, Harald Szeemann: l'arte di creare mostre, cit., p. 42.

322 «Il curatore sfrutta il potenziale estetico di queste azioni e simultaneamente esplora l’impatto della disposizione

di una grande somma di denaro che non ha più alcun valore». M.R. Teixeira, "Grandfather exhibition - a sort of manifesto", in Harald Szeemann: Museum of Obsessions, cit., pp. 111-125, qui p. 115.

323 «Credo che mio nonno avrebbe apprezzato molto la mostra, ma dubito che avrebbe mostrato tutto questo

materiale». Ibidem.

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manuali per parrucchieri. È presente un manichino con un’acconciatura vintage, e un angolo è riservato alle ricerche e alle invenzioni di Etienne – fra le altre cose una macchina per la permanente.

La mostra riesce a trasmettere il côté humain del nonno, ma si rivela molto ambigua nel suo complesso. Szeemann tratta gli ambienti come environments, quasi a sfidare chi lo accusa di voler fare l’artista. Ma il titolo suggerisce anche il modo in cui il suo lavoro andrebbe interpretato: ein Pionier wie wir. Spavaldamente si presenta come un pioniere, ma nel campo curatoriale, non artistico. Ha sempre rifiutato l’etichetta di artista, e riconosciuto come la sua professione dipenda intrinsecamente dal lavoro di qualcun altro, gli artisti, che non può mai mancare. Con Grossvater però realizza un’operazione al limite, che fa esordire in maniera assolutamente originale il Museum der Obsessionen. Partendo da una dimensione intima, domestica: analogamente a quanto Marcel Broodthaers fa con il suo Musée d’Art Moderne, la cui prima Section ha luogo nella sua abitazione di Bruxelles. La consacrazione parte per entrambi dalle mura di casa, a dimostrazione di come i percorsi intrapresi dai due, nonostante le ovvie differenze, abbiano più di un punto di contatto e una comune sensibilità.

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