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CAPITOLO 2 TERRA E DENARO

2.3 Gruppi di potere

Il patto coloniale instauratosi alla fine del XVIII secolo permise all’oligarchia creola di accre- scere la sua fortuna controllando i principali centri produttivi del paese e commerciando con mercati più redditizi. Questa relativa autonomia nel campo economico si rifletteva anche nel settore politico e favorì lo sviluppo di una coscienza locale all’interno dell’élite. Essa si era fatta promotrice di una modernità che non trovava equivalente nella madrepatria. La Spagna era arretrata rispetto alle altre potenze coloniali europee e non era stata in grado di integrare le colonie nei suoi processi produttivi. L’unica forma di sfruttamento possibile era basata sulla rendita e sul prelievo fiscale. L’autonomia di cui godeva l’élite veniva messa in discussione solo se interferiva direttamente con gli interessi di Madrid. Grazie a questa relativa “indipen- denza”, l’isola si mantenne al margine dei movimenti indipendentisti che caratterizzarono l’America Latina nei primi decenni del XIX secolo; tale equilibrio era però destinato a rom- persi. L’ascesa dei liberali a Madrid nel 1834 e la nomina di Tacón a Capitano Generale dell’isola alterò irrimediabilmente gli equilibri mantenuti fino a quel momento.210

Il 28 maggio 1825 Fernando VII aveva emanato una Real Orden che concedeva al Governato- re di Cuba, Dionisio Vives, poteri straordinari per governare l’isola. La misura, pur andando contro gli interessi dell’élite creola, era stata inizialmente percepita come parte della politica assolutista messa in atto dal re. Quando gli stessi poteri assoluti vennero concessi a Mariano Ricafort, la percezione fu invece che la misura fosse mirata a colpire l’élite creola. Vives e Ricafort avevano entrambi mantenuto ottimi rapporti con la componente creola: sotto i loro governi Cuba superò la Giamaica nel ruolo di più grande produttore di zucchero nel mon- do.211 I due governatori appoggiarono l’élite permettendo il protrarsi della tratta, ormai illega- le. A tal proposito Hugh Thomas scrive: “Le loro lettere indirizzate agli incaricati d’affari e ed ai consoli inglesi, nelle quali rifiutavano di ammettere di essere a conoscenza del traffico ne- griero, sono dei capolavori di simulazioni”.212

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La morte di Fernando VII nel 1833 aveva provocato la prima guerra Carlista. La reggente María Cristina, ma- dre di Isabella II, si vide costretta ad allearsi con i liberali, che difendevano un potere centrale forte a scapito del- le autonomie regionali.

211 Durante i loro governi giunge sull’isola un numero altissimo di schiavi, contravvenendo i trattati firmati dalla Spagna con l’Inghilterra. Gli inglesi avevano avviato una forte politica abolizionista che nel 1817 portò alla fir- ma del primo trattato per l’abolizione della tratta negriera. Il 19 ottobre del 1817 era infatti entrata in vigore una

Real Orden che fissava al 30 maggio 1820 la data della cessazione ufficiale della tratta. Barcia, Burguesía escla- vista …, p. 40

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Thomas, Storia di Cuba …, p.143

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Nel 1834 però la Real Orden del 21 marzo, veniva accompagnata da un’altra notizia: la sosti- tuzione di Ricafort con il Generale Miguel Tacón.213 Secondo Ramiro Guerra, la nomina di Tacón evidenziava una precisa volontà politica della madrepatria: governare la Spagna secon- do principi liberali e promuovere a Cuba una politica di oppressione.214 Secondo Thomas il nuovo Capitano Generale era:

“un vedovo di sessant’anni, occhialuto, despota dalla grande ostinazione, veemente pa- triota spagnolo, superstite di cento battaglie combattute in Colombia e in Perù, in nome della Corona, contro l’America meridionale indipendente”.215

Pérez de la Riva invece sostiene che Tacón fosse, non solo liberale, ma un liberale progressi- sta, “de la tendencia más radical”. Essere liberali nella Penisola non voleva però dire esserlo a Cuba.216

A conferma della direzione presa dalla Corona a Cuba, il 26 maggio vennero riconfermati a Tacón gli stessi poteri assoluti concessi ai suoi predecessori, ma questa volta le élites creole non avrebbero trovato un amico nel nuovo Governatore. Al contrario Tacón nutriva un odio profondo verso i creoli ed in particolare verso l’oligarchia. Prima vittima del suo attacco alla componente creola fu il gruppo di giovani intellettuali riuniti attorno all’Academia Cubana de

Literatura. Facevano parte di tale gruppo José Antonio Saco, José de la Luz Caballero217, Domingo del Monte, Nicolás Manuel de Escovedo y Rivero218 e altri esponenti della gioventù liberale. In seguito alla pubblicazione di alcuni opuscoli a firma di Saco, giudicati sovversivi da Tacón, l’intellettuale fu espulso dall’isola. I restanti membri del gruppo compresero presto che l’espulsione di Saco non era il risultato di un’antipatia personale; l’imposizione della cen-

213 Miguel Tacón y Rosique era nato a Cartagena de Levante il 10 gennaio del 1775. Figlio di Miguel, antico uf- ficiale d’armata e regidor perpetuo di Cartagena, entrò anch’egli in marina molto giovane, come era tradizione nella sua famiglia. Sposò nel 1806 Doña Ana Apolonia García de Lisón y Soycoli. L’8 maggio del 1808 fu no- minato Governatore di Popayán dove lottò contro gli indipendentisti. Juan Pérez de la Riva, Correspondencia

reservada del Capitan General Don Miguel Tacón con el Gobierno de Madrid; 1834-1836, La Habana: Consejo

Nacional de Cultura, Biblioteca Nacional José Martí, Departamento de Colección Cubana, 1963, p. 13,14 214 Ramiro Guerra Sánchez, Manual de Historia de Cuba,La Habana: Editorial Pueblo y Educación, 1985, p. 343

215 Thomas, Storia di Cuba..., p.144 216

Pérez de la Riva, Correspondencia…,p. 16

217 José de la Luz Caballero, chiamato comunemente Don Pepe, era un intellettuale cubano. Nato nel 1800 all’Avana, aveva condotto studi filosofici e forensi e aveva dedicato la sua vita all’insegnamento. Fra il 1839 ed il 1840 fu protagonista di una disputa filosofica con i fratelli Gonález del Valle, che in realtà rifletteva il conflitto fra le idee indipendentiste e annessioniste/riformiste che dividevano in quel periodo l’élite creola. García de Pi- no, Mil criollos …, p. 117

218 Nicolás Manuel de Escovedo y Rivero era un noto intellettuale e avvocato cubano nato nel 1795 e morto a Parigi nel 1840. Fu collaboratore della rivista El Observador Habanero e uno dei i promotori dell’Academia Cu-

bana de Literatura. Ivi, p. 82

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sura rese evidente che il suo vero obiettivo era l’intera classe intellettuale.219 Messi a tacere gli intellettuali, Tacón si concentrò sull’élite creola. Essa non era composta da un gruppo omogeneo; al suo interno si potevano distinguere due grandi gruppi: da un lato vi era l’élite titolata, quella che Ramiro Guerra definisce “semiaristocratica”, composta dalle famiglie a cui erano stati concessi titoli nobiliari, onori, alti incarichi nell’esercito e nella marina; dall’altro vi era il gruppo di hacendados, proprietari di grandi estensioni di terra, che avevano ugual- mente accumulato grandi fortune. Entrambi i gruppi avevano instaurato con la popolazione relazioni di tipo clientelare, su cui si fondava la società coloniale. Guerra scrive:

“El respeto, el prestigio y la autoridad de que gozaba la alta sociedad criolla se debía, en gran parte, a la función social de protección que desempeñaba en el país. Donde la ley no existía se aplicaba mal o era ineficaz, “el empeño” de una persona influyente, como se decía en la época, era el medio más eficaz y casi único de defensa”.220

Era proprio quel sistema clientelare che Tacón voleva distruggere. La prima misura da lui adottata per limitare il potere dell’élite creola fu la sua totale estromissione dai luoghi del po- tere, sia nella colonia che nella metropoli. Allontanati i creoli dal palazzo del Governatore, Tacón iniziò ad accerchiarsi unicamente di indianos, ovvero peninsulares arricchitisi nella co- lonia, che andarono a formare un gruppo conosciuto come la Camarilla de Tacón. Essa era formata da ricchi commercianti negrieri spagnoli, esponenti del futuro “integrismo” cubano. Nel giugno del 1837 entrava in vigore la nuova Costituzione spagnola che prevedeva che le provincie di Ultramar fossero regolate da leggi speciali.221 Grazie alla nuova Costituzione, le Cortes liberali, convinte che qualsiasi rappresentanza di Cuba potesse comportare un passo verso l’indipendenza dell’isola, riuscirono ad espellere i deputati cubani eletti nel 1836.222 Si avverava così il disegno di Tacón; il patto coloniale fra la metropoli e le élites creole si rompeva e veniva riformulato a favore della componente peninsulare, composta principalmen- te da commercianti spagnoli, che traevano benefici dalla tratta e dai contratti pubblici.

219 Guerra Sánchez, Manual de Historia…,p. 347 220

Ivi,p. 349

221 Tali leggi in realtà non vennero mai elaborate.

222 I tre deputati eletti erano i creoli José Antonio Saco, Andés Arango e Juan Montalvo del Castillo. Barcia, Élites y grupos...,p.30 A proposito dell’espulsione dei deputati cubani Juan Pérez de la Riva scrisse: “Muchos

historiadores […] han querido ver en la supresión de los diputados cubanos, el propósito de declarar que la Isla no formaba parte de la nación española, con el secreto designio de gestionar luego su venta a Inglaterra. […] La causa verdadera de la expulsión de los diputados cubanos reside en el sentimiento, casi unánime, que abrigaban los políticos españoles de que la libertad en América era sinónimo de indipendencia.” Pérez de la Riva, Corre-

spondencia…, p. 67

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Chiusi i canali costituzionali, le élites creole, iniziarono una politica che María del Carmen Barcia definisce di tipo “lobbista”, all’interno della quale acquisirono fondamentale importan- za i contatti e le amicizie personali all’interno della Corte madrilena.223

La posizione politica fino ad allora occupata dai clan famigliari della saccarocrazia veniva ora occupato dall’emergente gruppo peninsulare: se fino a quel momento erano state le antiche famiglie creole a garantire il mantenimento del nesso coloniale, all’interno del nuovo panora- ma politico spagnolo i migliori garanti dell’unità fra Spagna e Cuba erano proprio quei com- mercianti che fondavano la propria ricchezza sulla stabilità di quel rapporto. Espressione del nuovo patto coloniale era il rapporto instaurato fra il Capitano Generale e la sua cuartilla, de- stinato a replicarsi, salvo alcune eccezioni, almeno fino alla fine della guerra dei Dieci An- ni.224

Il nuovo status coloniale contribuì non solo ad approfondire il divario fra élites creole e élites peninsulari, ma servì da sparti acque anche nelle relazioni fra le diverse componenti peninsu- lari.

La storiografia cubana tradizionale e quella internazionale hanno spesso semplificato la strut- tura dei gruppi dominanti dividendoli in hacendados e “commercianti”.225 A questa divisione economica è stata spesso stata associata anche la contrapposizione politica esistente fra la ma- drepatria e la colonia e alla quale si è fatto corrispondere anche l’opposizione sul piano della coscienza nazionale fra creoli e peninsulares.

Sul piano economico, produttori e commercianti, “no permanecían en compartimientos estan- cos ni estáticos”, usando le parole di María del Carmen Barcia.226 Secondo l’autrice è possibi- le identificare due diverse fasi nell’interazione fra questi due settori in dipendenza dello svi- luppo economico dell’isola. Una prima fase, più lenta, che va dagli anni sessanta del XVIII secolo agli anni trenta del XIX, che coincide con quello che abbiamo chiamato “primo patto coloniale” fra le élites creole e l’amministrazione spagnola. Essa si caratterizza per la presen- za di due gruppi economici principali: quello dei proprietari di terre e schiavi, chiamati dalle fonti coeve hacendados, composto principalmente da creoli, ed un secondo gruppo i cui inve- stimenti si concentravano principalmente nel settore commerciale, composto da individui pro- venienti da varie regioni spagnole, principalmente dalla Catalogna e dei Paesi Baschi. La po- 223 Ivi, p.3

224 Sui rapporti fra gruppo propeninsulare e i diversi Capitani Generali vedere Cayuela, Los capitanes …, pp. 197-222.

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Alcuni storici cubani, fra i quali María del Carmen Barcía, individuano invece un gruppo, composto dai per- sonaggi più ricchi del momento, definito “burguesía esclavista” industriale e commerciale. All’interno di tale gruppo vi erano esponenti creoli, come Aldama, ed esponenti spagnoli, come ad esempio Zulueta, che si caratte- rizzavano per avere interessi sia nel settore commerciale che in quello industriale.

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Barcia, Élites y grupos...,p.7

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larizzazione fra i due gruppi economici inizia a frammentarsi, secondo l’autrice, a partire da- gli anni trenta, in cui viene individuato l’inizio della seconda fase.227 A partire da quel mo- mento, emerge un gruppo di proprietari terrieri che avevano investito non solo nella moder- nizzazione dei propri ingenios, la cui capacità produttiva era spesso maggiore rispetto a quella dei vecchi proprietari, ma anche in altri settori, spesso legati comunque all’industria zucche- riera, in particolare: le ferrovie, i trasporti marittimi, i magazzini di stoccaggio, le società di credito, le compagnie di esportazione. Formavano questo gruppo sia esponenti dell’antica oli- garchia creola che individui provenienti dalla Spagna, arricchitisi principalmente attraverso la tratta e l’usura.228

Angel Bahamonde Magro e José Cayuela concordano nell’individuare diverse fasi nelle rela- zioni fra le componenti delle élites cubane, ma lo fanno mettendo in evidenza l’esistenza di diversi “cicli di formazione dei patrimoni”.229 Ad ogni ciclo corrisponde un gruppo di indivi- dui con obiettivi economici, sociali e politici specifici. L’analisi comprende il periodo che va dal 1760 ed il 1900, durante il quale emergono quattro cicli. I primi due cicli corrispondono grossomodo alle fasi individuate da Barcia ed emergono nella prima metà del XIX secolo. Durante il primo ciclo si consolidano i patrimoni del gruppo che abbiamo precedentemente identificato con il termine “saccarocrazia”, ovvero quelle famiglie provenienti dall’antica oli- garchia fondiaria che avevano accresciuto in maniera esponenziale i propri capitali grazie alla produzione di zucchero. Questo gruppo getta le basi della nuova struttura economica basata sullo sfruttamento schiavista e detiene la proprietà quasi esclusiva, come abbiamo visto, degli

ingenios fino agli anni trenta/quaranta.230 I componenti di questo gruppo erano tutti nati a Cu- ba, principalmente all’Avana (l’unica eccezione individuata dai due storici è rappresentata dal Marchese di Guisa nato a Bayamo), fra il 1718 ed il 1748.

Il secondo ciclo di formazione di patrimoni iniziò ad emergere intorno al 1820. Questo grup- po, composto principalmente da commercianti trasferitisi sull’isola, costruì imperi economici a partire da investimenti iniziali nelle attività portuarie, in particolare nella tratta illegale di

227 Angel Bahamonde Magro e José Cayuela individuano l’inizio di questa seconda fase negli anni quaranta. Bahamonde Magro, Cayuela Fernández, Hacer las Américas..., p. 18

228

Barcia, Élites y grupos...,p.7,8

229 Bahamonde Magro, Cayuela Fernández, Hacer las Americas…, p. 19

230 I due storici inseriscono in questo gruppo undici individui: José Antonio Silva Ramirez de Arellano (Marche- se di Guisa), Felipe José Zoqueira León (Conte di Lagunillas), Pedro José Calvo de la Puerta y Arango (Conte di Buena Vista), Ignacio Montalvo Ambulodi (Marchese di Casa Montalvo), Jacinto Barreto Pedroso (Conte di Ca- sa Barreto), Gabriel Peñalver Angulo (Conte di Santa Maria del Loreto), Nicolás Cárdenas Vélez de Guevara (Quarto Marchese di Prado Ameno), Gabriel Peñalver Angulo Cárdenas (Quinto Marchese di Casa Peñalver), Ignacio Peñalver Angulo (Quinto Marchese di Arcos), José Manuel Zaldívar Burgia (Quinto Conte di Zaldivar), Miguel Herrera O'Farryl (Marchese di Almendares). Ibidem.

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schiavi231, entrando progressivamente a far parte dell’élite terriera mediante l’acquisizione di

ingenios.232 Il terzo ciclo di formazione comprende i patrimoni formatisi fra il 1860 ed il 1880. Tale ciclo è caratterizzato da nuovi meccanismi di accumulazione dati in particolare dalla necessità di rifornire l’esercito spagnolo durante la guerra dei dieci anni.233 Il quarto e ultimo ciclo di formazione di patrimoni, che approfondiremo meglio nel settimo capitolo di questo lavoro, comprende gli anni successivi alla guerra, ovvero dal 1880 fino alla fine del se- colo, ed è caratterizzato da un nuovo panorama economico e sociale derivante dall’abolizione della schiavitù e dalla centralizzazione della produzione zuccheriera.234

Secondo i due storici, fra il 1837 ed il 1868, è possibile individuare all’interno dell’élite, tre grandi gruppi mossi da interessi rivali. Facevano parte del primo gruppo le antiche famiglie di

hacendados, arrivate sull’isola fra il XVII e il XVIII secolo. Espressione del loro potere e del

loro prestigio sociale erano stati per decenni i loro ingenios, con le relative dotazioni di schia- vi, espressioni del boom zuccheriero di cui furono promotrici. Si tratta di un gruppo specializ- zato nella produzione, dipendente dal commerciante per la commercializzazione del suo pro- dotto e per il finanziamento del raccolto. La dipendenza dal settore commerciale e l’incapacità di investire nel miglioramento dei sistemi di produzione, impedivano loro di accrescere il proprio capitale. Da un punto di vista sociale, queste famiglie vantavano quasi tutte titoli no- biliari e riuscirono a mantenere una posizione di preminenza all’interno dell’amministrazione

231 Per partecipare al business della tratta non erano necessari immensi capitali; vi erano varie di forme di parte- cipazione alle spedizioni negriere che andavano dalla partecipazione finanziaria, anche modesta, al rifornimento di utensili necessari alla traversata. Vi erano molti piccoli risparmiatori che partecipavano all’impresa. Domingo Aldama riuscì ad accumulare un’immensa fortuna iniziando a investire nel finanziamento delle spedizioni i ri- sparmi derivanti dalla sua attività come impiegato della ditta commerciale del suocero.

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Fanno parte di questo gruppo: José Baró Blanchard (Marchese di Santa Rita), Julián Zulueta Amondo (Se- condo Marchese di Avala), Ramón Herrera San Cibrian (Conte de la Mortera), Francisco Ibañez y Palenciano (Conte di Ibañez), Vicente Galarza Zuloaga (Conte di Galarza), Antonio Samá Urgellés (Marchese di Samà), Alonso Jiménez Cantero (Marchese de la Granja de San Saturnino), Pedro Juan Zulueta Ceballos (Secondo) Conte de la Torre Diaz, Manuel Pastor Fuentes (Conte di Bagaes), Salvador Samá Martí (Secondo Marhese di Marianao), José Falguera Ciudad-Smis (Conte di Santiago), Domingo Aldama, Juan Manuel de Manzanedo (Marchese di Manzanedo), Santiago de la Cuesta (Conde de la Reunion de Cuba). Bahamonde Magro, Cayuela Fernández, Hacer las Américas..., p.21 È interessante segnalare che al loro arrivo sull’isola i recien llegados spagnoli muovevano i primi passi nel mondo portuario grazie a legami di parentela o geografici, grazie ai quali si sviluppava una specie di cultura della solidarietà. Vedremo nella terza parte di questo lavoro che i legami geo- grafici permisero a Domingo Aldama di trovare lavoro presso la ditta di Gonzalo Alfonso. Tale episodio sarà alla base della formazione di una delle maggiori fortune della prima metà del XIX secolo.

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Vengono inclusi in questo gruppo: Eduardo Basabe Rodriguez (Marchese di San Eduardo), Constantino Fer- nandez Vallin (Marchese di Muros), Francisco Retortillo Imbretch (Conte di Almaraz), Antonio López y López (Marchese di Comillas), Prudencio Rabell Pubill (Marchese di Rabell), Pedro Navarro Balboa (Marchese di Bal- boa), Juan Antonio Soler Morell (Conte de la Diana), José Eugenio Moré y de la Bastida (Conte della Casa Mo- ré). Ivi, p.49

234 In questo ciclo troviamo: Ramón Pelayo Torriente (Marchese di Valdecilla), Ignacio Sandoval Lasa (Marche- se di Casa Sandoval), Segundo García Tuñón (Marchese de las Regueras), Ramón Argüelles Alonso (Marchese di Argüelles), Adolfo Quesada Hore (secondo Conte diSan Rafael de Luyanó), Demetrio Bea Maruri (Marchese di Bellamar), José Maria Romeu Crespo (Conte di Sagunto) Tiburcio Pérez Castañeda, Arturo Amblard. Ibidem.

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cubana: all’interno degli Ayuntamientos, della Junta de Fomento, dell’Hacienda. Da un punto di vista politico, scrivono i due storici,

“Las posiciones de estas familias a lo largo del segundo tercio del siglo XIX se mostraban confusas y vacilantes. Sufrían, de una parte, los perjuicios que les había causado el nuevo estatus colonial desde 1834. [...] balculaban politicamente entre unas posiciones y otras.” 235

Pur essendo inclini all’indipendentismo, erano paralizzati dal terrore di una sollevazione da parte degli schiavi, che ne avrebbe causato la rovina. L’opzione annessionista attrasse alcuni membri del gruppo ma i vincoli con la vecchia Corte di Madrid erano troppo forti per permet- tere una tale rottura. Mantenevano però agenti e rappresentanti sia a Washington e a New York che a Madrid, di cui si servivano in base alle necessità.236

Componevano il secondo gruppo gli hacendados “de nuevo cuño”, arrivati sull’isola alla fine del XVIII secolo, inizi XIX. Avevano fatto fortuna nel commercio, spesso clandestino, e ave- vano presto investito in proprietà terriere. I membri di questo gruppo si caratterizzavano per la loro dinamicità imprenditoriale e soprattutto per i legami e gli interessi che avevano in Inghil- terra e negli Stati Uniti, a scapito della Madrepatria, che percepivano come un ostacolo al pro- liferare dei loro interessi. Le posizioni di questo gruppo erano molto vicine all’annessionismo: avevano spesso filiali e residenze negli Stati Uniti dove risiedevano parte dell’anno. I suoi maggiori esponenti furono i fondatori del Club dell’Avana, organo attraverso cui si muoveva la corrente annessionista. Rispetto al primo gruppo, di cui erano finanziatori, occupavano una posizione di dominio mentre rispetto al terzo, che analizzeremo a breve, si trovavano in una posizione antagonista, sia da un punto di vista politico che commerciale. I due gruppi erano infatti concorrenti negli stessi settori economici, dal commercio degli schiavi, alla distribuzio- ne dello zucchero fino ad arrivare al settore finanziario.237

Il terzo gruppo si componeva anch’esso di hacendados “de nuevo cuño” i cui capitali prove-