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La Guerra dei Dieci Anni: fra crisi e giochi di potere

CAPITOLO 3 LA GUERRA DEI DIECI ANNI

3.2 La Guerra dei Dieci Anni: fra crisi e giochi di potere

In questo paragrafo analizzeremo gli eventi che si susseguirono durante i dieci anni in cui l’isola di Cuba si trovò lacerata da una guerra interna, fra cubani di fazioni avverse, ed ester- na, contro un’amministrazione ormai incapace di mantenere l’ordine sociale e economico. Ai fini di questa ricerca non è interessante analizzare le vicende militari, di cui si sono occupati numerosi storici. Ci concentreremo nell’esporre in particolare due aspetti della guerra: 1) le posizioni adottate dai gruppi dominanti di origine spagnola, la cui principale preoccupazione era mantenere lo status quo, in particolare il modello di produzione schiavista; 2) la crisi eco- nomica e monetaria, i cui effetti ebbero una durata ben superiore alla guerra in sé, e di cui si servirono gli integristi del partido español per accrescere le proprie ricchezze e manipolare la politica di Madrid. Questi due aspetti sono fondamentali per comprendere i cambiamenti all’interno dell’assetto della proprietà che si delineerà nei decenni successivi alla guerra. Sugli aspetti economici e monetari della guerra la bibliografia è piuttosto scarsa; il maggiore apporto è rappresentato dalle ricerche condotte da Inés Roldán de Montaud, su cui ci basere- mo per comprendere i problemi che dovette affrontare l’Hacienda cubana durante il periodo bellico.

Verso la fine del 1867, il fallimento della Junta de Información, quindi della politica riformi- sta, riaccese gli animi degli indipendentisti.364 La crisi finanziaria e la depressione economica avevano reso in pratica impossibile, per molti proprietari terrieri, il versamento della nuova imposta prevista dalla legge tributaria. In molti casi il suo pagamento obbligò i proprietari a ricorrere ancora una volta all’usura. La difficile situazione economica, a cui si aggiungeva la propaganda indipendentista, sempre più attiva dal 1866, aveva creato le condizioni per la for- mazione delle prime organizzazioni rivoluzionarie nel Dipartimento Orientale. Il sentimento anti-spagnolo e separatista aveva trovato numerosi simpatizzanti nella zona di Bayamo, dedita principalmente all’allevamento e caratterizzata da una scarsa percentuale di peninsulares, do- ve nacque il primo progetto di protesta armata contro la madrepatria. Presto si formò un comi- tato rivoluzionario di cui entravano a far parte alcuni dei proprietari più abbienti e rispettati della regione e personaggi in vista della società, fra cui Francisco Vicente Aguilera, Maceo 364 Le prime cospirazioni separatiste erano nate fra gli anni 1809 e 1812 ed erano state guidate da Joaquín Infan- te, José Álvarez de Toledo, Luis F. Bassade e Román de la Luz. Il movimento separatista fu presto scoperto dalle autorità spagnole e i suoi esponenti esiliati o incarcerati. La cospirazione di Aponte, nel 1812, e le sollevazioni degli schiavi negli anni ’40 rappresentano anch’essi un tentativo di emancipazione dalla Spagna ma il terrore di vivere un’esperienza simile a quella haitiana della fine del XVIII secolo spinse le élites creole a mantenersi di- stanti dai movimenti indipendentisti che avevano portato all’indipendenza il resto delle colonie americane. L’incolumità del sistema della piantagione era più importante di qualsiasi sentimento politico.

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Osorio e Pedro Figueredo. L’idea iniziale era di cercare sostegno alla causa rivoluzionaria fra i creoli delle zone centrali e in occidente. Figueredo si recò quindi all’Avana per sondare gli animi dei riformisti, ma si trovò innanzi a un gruppo molto diviso e a grandi linee contrario a una rivoluzione armata:

“Aldama, poco dispuesto a sumarse a una revolución sin grandes medios de acción, se inclinaba a romper con España en la primera oportunidad; Morales Lemus era partidario de suspender la lucha por el momento y abrir un compás de espera sin tomar nuevos derroteros, por si en España se producía un cambio político que brindase algunas esperanzas; Azcárate era de parecer que se prosiguiesen las gestiones en Madrid; Pozos Dulces entendía que la campaña periodística de lucha con la prensa adversaria y de ilustración dl pueblo debía continuarse, por ser una necesidad cubana de primer orden.”365

I riformisti speravano ancora che la situazione potesse migliorare in seguito ad un cambia- mento politico nella madrepatria; che sapevano prossimo e che stavano contribuendo a realiz- zare.366

Nell’arco di pochi mesi la situazione sarebbe cambiata irrimediabilmente e avrebbe spinto i riformisti a scegliere da che parte stare.

In Spagna il popolo era ormai deciso a mettere fine al regno di Isabella II, mentre dall’estero importanti figure del partito democratico e progressista cospiravano per detronizzare la sovra- na. Si formarono giunte rivoluzionarie in varie regioni. La prima a sollevarsi fu l’Andalusia; la situazione precipitò il 30 settembre 1868 quando Isabella II fu costretta a fuggire e a rifu- giarsi in Francia. Pochi giorni dopo, il 7 ottobre, i Generali Prim e Topete entravano a Madrid per formare, il giorno successivo, il primo governo provvisorio rivoluzionario.367 Quando Cé- spedes liberò i suoi schiavi e dichiarò l’indipendenza di Cuba il 10 ottobre, 368 non erano an- 365 Fra i maggiori esponenti del gruppo vi erano: Nicólas Azcarate, Miguel Aldama, José Morales Lemus e il Conte de Pozos Dolces. Il primo è descritto da Ramiro Guerra come “un reformista ortodosso”, fiducioso nella politica di Madrid; Aldama aveva creduto nell’annessione e nutriva un profondo sentimento anti-spagnolo; Mo- rales Lemus non era un uomo molto intraprendente e non amava la politica mentre Pozos Dulces era incline a rimanere nella legalità. Guerra Sánchez, Manual de historia...,p. 660,663

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Mercedes García sostiene che Prim ricevette un nutrito appoggio dalle élites creole, in particolare di Matanzas e Trinidad. Sottolinea però che il gruppo “Aldamista” dell’Avana non si unì, salvo alcuni casi, al movimento an- ti-isabellino. Fra i maggiori contribuenti vi era la contessa di Santovenia, moglie di Domingo Dulce. García Ro- driguez, Con un ojo…, p. 26, 27

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Ivi, p. 22

368 Carlos Manuel de Céspedes era nato nel 1819 a Bayamo da una famiglia di proprietari terrieri. Suo padre, Jesús María Céspedes y Luque era stato alcalde ordinario di Bayamo negli anni ’40. Carlos aveva studiato leg- ge, prima all’Avana e poi presso l’Università di Barcellona. Dopo il classico “tour” europeo era rientrato a Ba- yamo dove aveva iniziato a praticare la professione forense. Nel corso degli anni ’50 era stato incarcerato e esi-

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cora chiare quali sarebbero state le posizioni del governo rivoluzionario di Madrid nei con- fronti della questione coloniale.369

Sin dagli inizi gli insorti della zona orientale, fra cui Aguilera, Calixto García e Donato Már- mol, riconobbero a Céspedes il ruolo di leader della rivolta. Il 4 novembre si sollevava anche Puerto Pricincipe, dove un gruppo di 76 cubani guidati da Salvador Cisneros Betancourt si ri- bellò contro il governo spagnolo.

La composizione del gruppo insorto era eterogenea e comprendeva creoli di diversi gruppi so- ciali: la leadership della rivolta era composta da esponenti delle élites regionali, orientali e centrali, e da membri della classe media. Francisco Vicente Aguilera, anch’egli originario di Bayamo, era proprietario di tre ingenios370 mentre Salvador Cisneros Betancourt, Marchese di Santa Lucía, era proprietario dell’ingenio “Principio”, nel partido di Maraguán, giurisdizione di Puerto Principe.371

Ada Ferrer ha dimostrato che all'interno del gruppo insorto la componente conservatrice pro- veniva tendenzialmente dalla zona di Camaguey, dove l’insurrezione era guidata da proprieta- ri bianchi e liberi professionisti. Tale gruppo abbandonò però presto la rivolta attiva. Nell'ot- tobre del 1868 la maggior parte dei proprietari della zona aveva appoggiato la sollevazione, ma già tre anni dopo, nel 1871, l'affiliazione alla causa era andata nettamente scemando. La fazione più radicale appoggiava la pratica di incendiare le proprietà degli avversari e era favo- revole all'occupazione della regione occidentale; essa proveniva dalla zona di Guantánamo, dove la partecipazione dell’élite era solamente dell’1%. La minoranza bianca aveva deciso sin dall'inizio di non appoggiare la rivolta per proteggere le piantagioni di zucchero e caffè.

liato per le sue posizioni politiche. Nello stesso periodo la sua famiglia si era trasferita da Bayamo a Manzanillo. Vanessa M. Ziegler, The revolt of “the Ever-faithful Isle”: The Ten Years’ war in Cuba 1868-1878, PhD Disser- tation,

(https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwiE_b v2r5fKAhUBPBQKHSz3DPMQFggfMAA&url=http%3A%2F%2Fwww.latinamericanstudies.org%2F1868%2F Ten_Years_War.pdf&usg=AFQjCNFmfeq21cQP1o9PDh8HEsx3ZCTZ3g&sig2=Uoi1IAyLMUJfA9hJjD1mtg) p. 17. Secondo il censimento di Rebello, l’ingenio “La Demajagua”, nel partido di Yaribacoa, nel 1860 era di proprietà di Francisco Javier de Céspedes, fratello di Carlos Manuel; si trattava di un ingenio semimecanizado il cui mulino era mosso a vapore ed utilizzava il tren jamaiquino. Aveva un’estensione di 16 caballerías totali di cui 3 coltivate a canna da zucchero. Nel 1860 aveva prodotto 212 “bocoyes”. Rebello, Estados relativos a la

producción azucarera...p. 357. Un “bocoy” era un barile di grandi dimensioni utilizzato per trasportare vari tipi

di merce. Nell’industria zuccheriera era in generale utilizzato per il trasporto di “mieles” e “mascabado”. La sua capacità era variabile in base agli anni e al luogo. Moreno Fraginals, El ingenio..., Tomo 3, p. 118

369 A fine settembre si sollevava anche Puerto Rico dove si formava un governo repubblicano capeggiato da Francisco Ramírez Mediana.

370 Ziegler, The revolt…, p. 20

371 L’ingenio “Principio” occupava 35 caballerías di terra, di cui due coltivate a canna da zucchero. Il mulino era ancora mosso a trazione animale ma utilizzava un tren jamaiquino. Nel 1860 aveva prodotto 131 bocoyes. Rebello, Estados relativos a la producción azucarera..., p. 361

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Alcuni storici cubani che hanno studiato il caso di Sancti Spiritus,372 sostengono che anche in questa provincia l'appoggio alla rivoluzione da parte delle élites locali fu minimo, mentre il vero nerbo della rivolta era costituito dalla classe media e bassa, compresa la componente schiava.373

In principio Céspedes pensava di poter reclutare membri dell'élite anche in occidente, enfatiz- zando le prerogative nazionaliste dell'insurrezione. Al momento della sollevazione, le posi- zioni dei ribelli sulla futura gestione della guerra, e in particolare nei confronti della schiavitù, erano piuttosto ambigue. Inizialmente il gruppo insorto si faceva garante della proprietà priva- ta e chiedeva un'abolizione della schiavitù graduale e con indennizzo.374 La posizione adotta- ta dalla dirigenza riguardo al tema della proprietà e della schiavitù avrebbe determinato la fu- tura affiliazione all’insurrezione e di conseguenza la composizione sociale dei gruppi ribel- li.375La partecipazione dell’élite alla rivolta dipendeva infatti dalla capacità della rivoluzione di proteggere le sue prerogative come classe: al di là delle idee politiche era imprescindibile proteggere gli investimenti. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, l’élite creola ave- va in genere preso le parti di chi poteva garantire il mantenimento del suo status; l’adozione di posizioni radicali avrebbe inevitabilmente allontanato la classe proprietaria spingendo gli in- sorti a cercare supporto nelle classi popolari. La dirigenza dell'insurrezione iniziò ad assumere posizioni più estremiste dopo aver compreso che le élites occidentali non si sarebbero schiera- te a favore dell’indipendenza. A quel punto, non potendo reclutare simpatizzanti fra le classi alte, i capi rivoluzionari dovettero necessariamente dirigersi verso le classi più basse, fra cui anche gli schiavi.376

La prevalenza della componente radicale, che adottò la pratica di incendiare le proprietà ter- riere con l’obiettivo di portare l’isola al collasso economico, spinse ulteriormente gli hacen-

dados ad affidarsi alla protezione delle autorità spagnole per salvare le piantagioni dalla di-

struzione.377 Nell’aprile del 1869 un gruppo di proprietari terrieri di Villa Clara scrisse al go- 372 Tra questi Orlando Barrera, Domingo Corvea Alvarez, Judith Rodríguez García e Madelyn Morales Fuentes. 373 Ferrer, Insurgent Cuba…, p. 43-69

374

Nel “Manifesto de la Junta Revolucionaria, Céspedes si esprimeva sulla questione della schiavitù in questi termini: “deseamos la abolición gradual, y bajo indemnización, de la esclavitud”. Pichardo, Documentos para la

Historia..., tomo 1, p. 361. Egli aveva inizialmente promesso la libertà solo agli schiavi che avbbero impugnato

le armi a favore dell'indipendenza. Gillian McGillivray, Blazing Cane: Sugar Communities, power, and politics

in Cuba, 1868-1948, PhD Dissertation, 2002, p. 27,39

375 Cepero Bonilla sostiene che vi erano due questioni principali fortemente dibattute all'interno della dirigenza rivoluzionaria: la prima era relativa alle terre e agli schiavi dei nemici, bisognava bruciare e devastare oppure no? E di conseguenza: bisognava cercare di invadere la zona occidentale oppure no? Raúl Cepero Bonilla,

Azúcar y Abolición, La Habana: Editorial Cenit, 1948, p. 190 376 McGillivray, Blazing Cane..., p. 27,39

377 Maximo Gómez e Antonio Maceo facevano parte dell'ala radicale dei ribelli e volevano portare la rivolta in occidente, attaccando il nemico direttamente al suo cuore economico: le piantagioni di Matanzas e dell'Avana . Nelle estati del 1870 e 1871 i due generali avevano dato alle fiamme i campi di 87 piantagioni di zucchero nella

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vernatore della città per denunciare i ribelli.378 Oltre alle truppe ufficiali, a difesa delle pianta- gioni vi erano anche i voluntarios. Sulle devastazioni degli insorti e l’atteggiamento dei vo-

luntarios risulta molto interessante la testimonianza di Edwin Atkins, commerciante america-

no che operava a Cienfuegos e che fu un testimone super partes della guerra:

“In a general way, the insurgents were bent upon destroying property wherever they could find it, while the Spaniards, particularly the Volunteers, were equally bent on de- stroying the lives of the Cubans.[…]These Volunteers were composed of Spanish busi- ness men, with their clerks and the like. They were drilled by turns every morning. The insurgents, who at first were composed of some of the wealthiest and best Cuban people on the island, gradually degenerated in an irresponsible element largely represented by Negroes. The Spaniards, who were the property-owners, naturally resented the destruc- tion by the insurgents and retaliated by arresting a shooting Cubans indiscriminately. […]Two days ago rebels went to Sagua la Grande district and spoiled by fire thirteen es- tates and one of the railroad stations containing three hundred hogsheads of sugar”.379

Il secondo tema che divideva la dirigenza rivoluzionaria era l’abolizione della schiavitù. L’annosa questione diventava campo di battaglia per tre diversi contendenti: la Republíca en

Armas, il Governo di Madrid ed il Comité español dell’Avana. 380

provincia di Villa Clara dimostrando che la rivolta aveva la capacità di attaccare il regime al suo cuore economi- co. La volontà dei generali non coincideva però con la visione conservatrice della leadership rivoluzionaria che voleva mantenere la ribellione localizzata nella zona orientale e nella provincia di Villa Clara. McGillivray, Bla-

zing Cane..., p. 34,35 378

Nella zona di Villa Clara le truppe spagnole ottennero un importante sostegno da parte dell’élite locale, dall’incorporazione di schiavi alle truppe all’utilizzo gratuito della ferrovia che collegava Caibarién a Sancti Spíritus per il trasporto di uomini e armi. Ziegler, The revolt…, p. 23

379 Atkins, Sixty years…, p. 34,36

380 L’integrismo spagnolo nel corso dei primi anni di guerra si trovò diviso. L’11 Marzo 1869 alcuni commer- cianti peninsulari dell’Avana, tra cui Isidro Gassol, José María Avenzado, Simón Sepúlveda e Segundo Rigal, richiesero l’approvazione per la costituzione di un’associazione che permettesse alla borghesia coloniale di fare fronte comune nella soluzione di questioni commerciali e industriali. Nasceva il Casino Español. I suoi membri non si sentivano rappresentati nel Comité Español, composto dai ricchi proprietari e grandi commercianti penin- sulari. Facevano parte del Casino gli elementi più reazionari che andarono ad ingrossare le file del Cuerpo de

Voluntarios. Il centro doveva servire a rappresentare gli interessi della classe media peninsulare. La proposta fu

approvata da Dulce e l'11 giugno si riunì per la prima volta pubblicamente la Junta Directiva del Casino Español composta da: José María Avendaño, Antonio Tellería, Lorenzo Pedro, Juto Artiz, Juan Toraya, Isidro Grisol e Tiburcio Cuesta. Il gruppo eletto era formato da spagnoli arrivati un decennio prima sull'isola e discendenti da famiglie povere della madrepatria che rappresentavo la classe media impiegatizia del commercio. Il Casino

Españól dell'Avana fu formalmente inaugurato il 15 agosto del 1869 e aveva nel suo statuto come oggetto: "la

reunión de totos los españoles, prometiendose armonizar algunas horas de recreo [...]". Nell'arco di un paio d'an- ni furono inaugurati casinos anche in altre città cubane e presto la direzione fu assunta dai maggiori esponenti dell'integrismo Cubano. Durante i primi anni di guerra, il partido español fu diviso in due; nel 1872 i due gruppi tornarono ad unirsi sotto l’egida del Casino Español di cui Zulueta assunse la direzione. Barcia, Élites y

grupos…, p. 13,14; García Rodríguez, Con un ojo en Yara…, p.133-135; Rodrigo Alharilla, ¿Hacendados vs comerciantes?...., p.653

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In Spagna, l’opinione pubblica e le Juntas rivoluzionarie si aspettavano che il nuovo Governo facesse passi concreti verso l’abolizione, che era stata una delle bandiere della rivoluzione set- tembrina. Già dal 15 ottobre la Junta superior revolucionaria di Madrid aveva chiesto con in- sistenza al Governo provvisorio che venisse concessa la libertà a tutti i figli di madre schiava nati a partire dal 17 settembre di quell’anno, ovvero dal giorno della sollevazione di Cadice che aveva dato inizio alla rivoluzione democratica.381

Il 16 ottobre 1868, in risposta ai progetti abolizionisti, alcuni membri del partito negriero resi- denti a Madrid formarono una Junta contrarrevolucionaria, definita da María del Carmen Barcia Junta Cubana. Essa era presieduta da José Joaquín de Arrieta, noto trafficante di schiavi, e composta fra gli altri da Manuel Calvo, da un membro della famiglia Herrera, dal Marchese di Yarayabo e dal Marchese di Villaytre. La Junta si riuniva giornalmente e mante- neva relazioni con Adelardo López de Ayala, ministro di Ultramar, e con il sottosegretario Francisco Romero Robledo. L’obiettivo della Junta era difendere la cosiddetta “institución

doméstica” su cui si fondava la società coloniale, oltre a cercare di contrastare le correnti abo-

lizioniste. Chiedeva inoltre che la questione dell’abolizione non venisse trattata né presentata alle Cortes senza che fossero stati consultati e ascoltati i piccoli e grandi proprietari dell’isola di Cuba.382

I ribelli, come sappiamo, inizialmente avevano mantenuto una posizione che si avvicinava molto a quella mantenuta dalla delegazione cubana durante la Junta de Información, ovvero abolizione graduale con indennizzo. Sebbene i capi dell’insurrezione fossero uniti contro il nemico comune, la Corona spagnola, questo non voleva necessariamente dire che concordas- sero sugli obiettivi della rivolta. Alcuni perseguivano la piena indipendenza mentre altri erano a favore dell'annessione agli Stati Uniti. Inoltre molti erano apertamente ostili al mantenimen- to della schiavitù, in parte per il risentimento che nutrivano verso gli hacendados occidentali e in parte perché essa rappresentava una manifestazione del controllo spagnolo sull'isola, men- tre altri erano a favore di posizioni meno intransigenti. Malgrado Céspedes avesse formalmen- te liberato tutti i suoi schiavi affinché si unissero alla rivolta, inizialmente l'abolizione della schiavitù fra le file degli insorti fu solo parziale.383 La radicalizzazione dell’insurrezione rese però necessario il coinvolgimento attivo della popolazione di colore ed impellente una presa di posizione della dirigenza a favore dell’abolizione immediata della schiavitù. La questione acquisiva inoltre ulteriore peso in vista del tentativo di trovare l’appoggio degli Stati Uniti alla causa indipendentista, soprattutto in seguito all'elezione di Ulysses S. Grant alla presidenza. 381 Piqueras, La Revolución democrática…,p. 317

382 Ivi., 323; Barcia, Burguesía esclavista…, p. 140 383

Rebecca Scott, La emancipación de los esclavos en Cuba, La Habana: Editorial Caminos, 2001, p.76 119

Quando i diversi gruppi ribelli si riunirono nell’Assemblea di Guáimaro, nell'aprile del 1869, proclamarono ufficialmente che tutti gli abitanti della República en Armas, compresi gli schiavi di ambo i sessi, erano completamente liberi. 384 L’articolo 24 della Costituzione che ne risultava stabiliva infatti che “todos los habitantes de la República son absolutamente libres”. Dopo pochi mesi però, il 5 luglio, gli insorti facevano un passo indietro approvando il “Re- glamento de Libertos”, che continuava a sottomettere gli schiavi emancipati al patronato dei