CAPITOLO 2 TERRA E DENARO
2.2 La nuova avventura di fondare ingenios
La politica borbonica aveva facilitato la demolizione degli hatos e corrales favorendo l'espan- sione degli ingenios esistenti e la creazione di nuovi. Fra il 1740 ed il 1750, non solo crebbe il numero di ingenios, ma aumentarono anche l’estensione e la capacità produttiva per stabili- mento. Risolta la questione della terra, mancavano ancora due elementi fondamentali alla cre- scita dell’industria zuccheriera cubana: la manodopera e i capitali.
Il secolo XVIII aprì le porte al primo di essi, la forza lavoro. Il Trattato di Utrecht aveva ga- rantito l’asiento alla South Sea Company di Londra, che si aggiudicava il monopolio indi- scusso della tratta degli schiavi con le colonie americane per un periodo di trent’anni159. La società inglese, rappresentata all’Avana dal 1715 da un avventuriero irlandese di nome Ricar- do O’Farrill160, fornì manodopera schiava alla nascente industria zuccheriera, ma non a suffi- cienza per permetterne un vero decollo. Nel 1740 il monopolio del rifornimento di schiavi viene concesso alla Real Compañia de la Habana.161 Quest’ultima portò sull’isola tra il 1740 ed il 1760, principalmente dalla Jamaica, circa 5.000 schiavi. Malgrado il numero di schiavi importati fosse ancora troppo limitato per garantire una capacità produttiva simile alle altre isole delle Antille162, la Real Compañia svolse un ruolo importante per la nascente industria zuccheriera. In effetti svolgeva una doppia funzione: oltre a fornire schiavi per la produzione dello zucchero, stimolava la commercializzazione di questo prodotto. Fra il 1748 e 1752 le
159 La società operò a Cuba dal 1713 al 1739. Hugh Thomas, Storia di Cuba, Torino: Einaudi, 1973, p. 27 160 Ricardo O’Farrill era nato sull’isola di Monserrate da padre irlandese e madre creola, figlia di irlandesi. Sposò nel 1720 María Josefa de Arriola y García de Londoño, figlia di Don Bartolomé de Arriola y Valdespino (co- gnomi che ritroveremo più avanti). Nel 1722 fu naturalizzato spagnolo. La coppia ebbe due figli: Juan José e Ca- talina O’Farrill Arriola. Il primo sposò la figlia di Ignacio Montalvo e la seconda sposò Pedro José Calvo de la Puerta y Arango. I discendenti degli O’Farrill Arriola formarono un vero e proprio clan famigliare che, attraver- so le politiche matrimoniali, si imparentò con le famiglie più illustri dell’élite cubana, mantenendo la sua posi- zione nella società fino al XX secolo. Per maggiori informazioni sulle varie generazioni del clan consultare M. T. Cornide Hernández, De la Habana...., p. 495-507
161 Il progetto di costituire una Real Compañía de Comercio era nato in seno ad un gruppo di residenti dell’Avana che dopo aver ottenuto l’appoggio dell’Ayuntamiento della città, presentarono il progetto a Madrid. L’approvazione regia arrivò il 18 dicembre 1740 ed il capitale inizialmente investito fu di circa un milione di pe- sos. Ogni azione aveva un valore di 500 pesos e chi ne possedeva almeno otto aveva diritto di voto nella junta de
accionistas. Fra i membri fondatori vi erano alcuni rappresentanti delle più importanti famiglie dell’Avana. Fra
questi troviamo: Martín Aróstegui, in qualità di presidente, Gonzalo de Herrera y Berrio (IV Marchese di Villal- ta), José Arango y Loza, nonno di Francisco Arango y Parreño di cui parleremo nelle prossime pagine, Bartolo- mé Ambulodi y Arriola, imparentato con la famiglia Montalvo, e Alonso Valdespino y Estrada. A tal propósito, María Teresa Cornide Hernàndez scrive: “Las circunstancias de origen de esta Compañía, así como el florecimiento de la actividad comercial que ésta generó en su primera etapa, dejaron bien establecido un nuevo grupo de familias habaneras de alto poderío económico, en relación con los grupos familiares de los terratenientes y altos funcionarios locales, y pavimentó el camino para los nuevos clanes familiares que se establecerían en torno a la producción azucarera”. Ivi, p. 203,204
162 Si stima che in quel periodo gli schiavi introdotti di contrabbando furono circa la stessa quantità di quelli in- trodotti legalmente.
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navi della Real Compañia trasportarono in Spagna circa 12 mila arrobas di zucchero163, che equivalevamo al 68% delle esportazioni totali dalla Colonia. 164 Con i guadagni ottenuti, la
Compañia concedeva anche crediti agli hacendados.165
Presto, però, gli interessi del gruppo emergente di produttori entrarono in conflitto con la mentalità conservatrice della Real Compañia, che non voleva ampliare la propria flotta per soddisfare i fabbisogni della crescente produzione. In un momento di crisi, per riuscire a libe- rare i magazzini pieni di zucchero da esportare, l’allora Governatore Generale, Francisco An- tonio Cagigal y de la Vega, autorizzò la contrattazione di navi per trasportare la merce, met- tendo in crisi il sistema monopolistico. La contrapposizione fra la Real Compañia ed i produt- tori cubani riflette la nascente differenziazione fra commerciante peninsulare e produttore creolo che caratterizzerà il panorama dell’industria zuccheriera per tutto il XIX secolo. All’interno del gruppo che governava il Cabildo dell’Avana vi erano infatti sia produttori che azionisti della società.166
La liquidazione della società favorì l’ampliamento del commercio con diversi porti della ma- drepatria, permettendo un aumento esponenziale delle operazioni commerciali e navali fra il 1766 ed il 1778.167 Il 12 ottobre del 1778, Carlo III firmava il Reglamento y aranceles reales
para el comercio libre de Espana a Indias, che apriva le porte dell’America Latina allo zuc-
chero cubano.168
La crescita del settore zuccheriero fu però favorita in maniera irreversibile dalla congiuntura internazionale. Due furono gli eventi che maggiormente incisero sullo sviluppo industriale cubano: la presa dell’Avana da parte degli inglesi nel 1762 e la rivoluzione haitiana.
Secondo Moreno Fraginals l’occupazione inglese ebbe l’effetto di inculcare nell’oligarchia dell’isola il concetto di piantagione vigente nelle colonie inglesi, già grandi produttrici di zuc- chero. Gli inglesi sospesero il monopolio gaditano del commercio ed eliminarono le vendite clandestine che aumentavano i costi di produzione, oltre a ristabilire i privilegi municipali dell’oligarchia. Durante l’occupazione inglese, il produttore cubano poteva contrattare
163 L’arroba è un’antica unità di peso equivalente a 11,502 chilogrammi.
164 In quel periodo le esportazioni erano favorite da una serie di vantaggi fiscali, primo fra tutti quello di poter esportare in Spagna lo zucchero come un prodotto nazionale. García Rodríguez, Entre hacienda..., p. 39,40 165 I guadagni ottenuti dagli azionisti della Comapañia furono notevoli: Moreno Fraginals stima che nei primi anni di attività la società avesse pagato dividendi corrispondenti al 33% annuale, pur non muovendo notevoli vo- lumi di merce. Moreno Fraginals, El ingenio..., Tomo 1, p. 8
166
Ivi, p. 9-10
167 Ely, Cuando reinaba…, p. 49-50
168 Dall’ottobre del 1765 un decreto reale di Carlo III aveva permesso provvisoriamente il commercio con 9 porti spagnoli. Il commercio americano fu definitivamente demonopolizzato solo nel 1818. García Rodríguez, Entre
hacienda..., p. 41
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l’acquisto di schiavi nelle quantità desiderate e necessarie allo sviluppo dell’industria diretta- mente con il commerciante inglese.169
L’importanza della breve occupazione inglese sullo sviluppo dell’industria zuccheriera cuba- na è stata oggetto di dibattito fra gli storici. Alcuni autori attribuiscono un ruolo fondamentale al dominio inglese nello sviluppo dell’industria zuccheriera cubana, altri invece sostengono che l’aumento della produzione era già stato avviato dall’élite locale e che l’occupazione in- glese semplicemente favorì un processo inevitabile. Per assorbire la manodopera importata dai commercianti inglesi, circa 4.000 schiavi, l’isola doveva infatti già vantare una notevole capacità produttiva. Ramiro Guerra, sostiene, ed esempio, che furono le riforme adottate da Carlo III a dare il vero impulso al settore:
“La realidad es que las ventajas alcanzadas por La Habana durante la ocupación británica no hubieran bastado para imprimir un fuerte impulso al desarrollo de la isla, por el breve y transitorio carácter de las mismas, si Cuba no hubiera comenzado a recibir antes y después de dicha ocupación los beneficios del largo reinado de Carlo III.”170
La crescita dell’industria zuccheriera cubana dopo il 1763 è ad ogni modo indubbia: nel 1759, in occasione dell’entrata in vigore dell’imposta del 5% sulla produzione dello zucchero, la
Real Hacienda registrò l’esistenza di 88 ingenios attivi all’Avana171. Quando nel 1763 la città tornò agli spagnoli, Alejandro O’Reilly informò Carlo III che gli ingenios attivi erano 96 e che vi erano inoltre 18 trapiches che producevano miele e raspadura.172
Quando, nel 1791, gli schiavi negri di Saint Domingue si sollevarono contro le autorità fran- cesi, dando inizio a dodici anni di guerre, Cuba era già pronta ad occupare il posto della colo- nia francese nel mercato mondiale dello zucchero.173 Fino al 1791, Haiti era stato il primo
169
Moreno Fraginals, El ingenio..., Tomo 1, p. 22-23
170 Ramiro Guerra Sánchez , Manual de Historia de Cuba, La Habana: Editorial Pueblo y Educación, 1985, p. 176.
171 Il termine ingenio, che letteralmente significa “macchina, motore”, venne usato inizialmente nella colonia di Española come denominazione generica del mulino mosso con forza idraulica. A Cuba l’utilizzo della forza idraulica era scarso e quindi il termine iniziò ad essere utilizzato più in generale per indicare l’unità economica del mulino per macinare la canna ed il canneto che lo circondava. Ely, Cuando reinaba…, p. 49-53. Scriveva Fernando Ortiz: “Cuando en Cuba se incrementó la producción azucarera casi todas las plantas de fabricar azúcar fueron trapiches y a éstos de nuevo se les dio indistintamente el nombre genérico de ingenios”, Fernando Ortiz, Contrapunteo cubano del tabaco y del azucar, La Habana: J. Montero, 1940, p. 266-267. L’ingenio rap- presenta l’elemento intorno al quale si sviluppò il sistema delle piantagioni nelle Antille, configurandosi come un’unità mista che combinava la produzione agricola della canna al processo di trasformazione del raccolto in zucchero. G. García Rodríguez, Tradición y modernidad… p. 4
172 Il Termine raspadura, utilizzato principalmente a Cuba, indica una sostanza dolce che si prepara dalla melas- sa solidificata.
173 Per approfondire gli effetti della Rivoluzione Haitiana sul settore zuccheriero cubano vedere Ada Ferrer,“El mundo cubano del azúcar frente a la Revolucón Haitiana” in María Dolores Gonzáles-Ripoll Navarro, Izaskun
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produttore mondiale di zucchero, seguito da Jamaica e Brasile. La rivoluzione degli schiavi neri ebbe un profondo impatto sulla geografia della produzione zuccheriera. Il vuoto lasciato da Haiti fu riempito dalla Jamaica, dal Brasile e da Cuba. L'assenza dello zucchero haitiano sui mercati provocò la diminuzione totale del prodotto e, di conseguenza, un aumento globale dei prezzi, che spinse gli altri paesi ad aumentare lo sforzo produttivo. Il paese che più benefi- ciò della nuova situazione fu appunto Cuba, destinata a sostituire Haiti nel primato produtti- vo.174
Mercedes Garcia sottolinea che già nel 1792 la capacità produttiva della manifattura zucche- riera cubana aveva raggiunto una maturità tale da permetterle di riempire il vuoto lasciato da Haiti:
“Cuba se convirtió en muy poco tiempo en el primer exportador mundial de azúcar, porque los cimientos para lograrlo estaban echados desde mucho antes. [...] La historia de una isla pobre, sumida en el más desolado oscurantismo y atraso productivo resulta a todas luces contradictoria para explicar los enormes volúmenes alcanzados en las exportaciones de azúcar desde mediados del siglo XVIII [...] Sin embargo, dos cosas deben quedar claras: no existe el milagro económico y la producción de azúcar, de un volumen tal como el que comenzó a exportarse después de 1750, no puede improvisarse de un año para otro".175
Tabella 1 - UNITÀ PRODUTTIVE PER ANNO (1692-1800)
Anno 1692 1721 1749 1759 1763 1778 1796 1800
Unità 70 43 62* 88 96 174 228 308
*a questi vanno aggiunti 21 ingenios in costruzione Fonte: García Rodríguez, Entre hacienda…, p.11,12
Per avviare un ingenio erano necessari abbondanti capitali e per coprire l’investimento inizia- le gli hacendados tendevano a ricorrere a prestiti. Nel corso del XVI secolo l’oligarchia locale
Álvarez Cuartero (eds), Francisco Arango y la invención de la Cuba azucarera, Salamanca: Ediciones Universidad de Salamanca, 2010, pp. 105 – 116 e María Dolores Gonzáles-Ripoll Navarro, Consuelo Naranjo, Gloria García, Ada Ferrer, Josef Opatrny, (coord.), El rumor de Haití en Cuba, Madrid: Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 2004.
174 Alberto Perret Ballester, El azúcar en Matanzas y sus dueños en la Habana, La Habana: Editorial de Ciencias Sociales, 2007, p.16
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García Rodriguez, Entre hacienda…, p.4,5
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fece leva sulla condizione di Colonia povera e sottopopolata per ottenere dalla Corona prestiti per finanziare il settore zuccheriero.176 La maggior parte dei finanziamenti non arrivò però dalla Corona, bensì dai privati. La tendenza espansionista del settore zuccheriero nel corso del XVIII secolo spinse i proprietari di ingenios a fare costantemente ricorso al credito privato per continuare ad aumentare la produzione. A partire dal 1740 il credito ipotecario divenne il mo- tore del sistema produttivo cubano: l’hacendado aveva bisogno di grandi quantità di denaro e aveva la necessità di disporre di forme di finanziamento più agili e più vicine geograficamente rispetto a quelle offerte dalla Corona. Fu quindi il settore privato, composto dai più facoltosi
hacendados e commercianti dell’Avana, a rispondere al bisogno di capitali. Moreno Fraginals
e Le Riverend sostengono che già a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, i finanzia- menti all’industria zuccheriera arrivarono principalmente dal settore commerciale locale, dove per locale si intende sia l’élite creola che i commercianti spagnoli residenti all’Avana. E’ inte- ressante però notare che la prima oligarchia creola ricorreva raramente al finanziamento pri- vato; questo gruppo di signori della terra manteneva infatti un sistema di autofinanziamento. La diversificazione degli investimenti in diversi settori permetteva loro di utilizzare gli utili derivanti da attività diverse per finanziare la costruzione di nuovi ingenios. Le famiglie che ritroviamo in questo gruppo sono: i Calvo de la Puerta, i Rojas, i Sotolongo, i Cárdenas, i Santa Cruz, i Nuñez del Castillo, i Montalvo, gli O’Farrill, i Zequeira, i Peñalver, i Zayas- Bazán, gli Aróstegui. Come avremo modo di evidenziare, questi nomi ritorneranno spesso nelle prossime pagine e alcune di queste famiglie riusciranno a mantenere il proprio status, economico e sociale, nel corso degli anni.177 Erano principalmente i medi e piccoli produttori che facevano ricorso al finanziamento privato, caratterizzato da clausole onerosissime. Il cre- dito concesso spesso non veniva utilizzato solo per avviare o mantenere la produzione; alcuni contratti di finanziamento coprivano anche le necessità quotidiane dell’hacendado e della sua famiglia, dall’acquisto del vestiario a tutto il necessario per la vita quotidiana. Spesso accade- va, infatti, che gli hacendados raggiungessero livelli altissimi di indebitamento per mantenere uno stile di vita opulento che, insieme alla proprietà della terra, gli permetteva di mantenere il loro status sociale.
Il Privilegio de ingenios, a cui abbiamo fatto riferimento nel precedente paragrafo, acquisì in questo periodo un ruolo fondamentale nelle dinamiche creditizie del settore zuccheriero. Co- 176 Nel paragrafo precedente abbiamo già fatto riferimento al prestito delle Cajas de Mexico per un periodo di otto anni di 40.000 ducati, concesso nel 1600 dalla Corona a 17 proprietari dell’Avana. Bisogna sottolineare che la maggior parte dei destinatari del credito occupavano incarichi all’interno del Cabildo. A parte qualche com- merciante, ottennero il credito principalmente grandi proprietari mercedes. García Rodríguez, Entre hacienda…, p. 56.
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García Rodríguez, Entre hacienda…, p. 59
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me abbiamo già accennato, lo spirito della legge promulgata per ordine di Filippo II il 30 di- cembre 1595 ed entrata in vigore il 23 ottobre 1598, era quello di proteggere l’hacendado dal sequestro delle proprietà per debiti, salvaguardando così un’importante voce nelle entrate fi- scali della Corona.178 Pur agendo a tutela del proprietario terriero, la legge rappresentava un problema per i creditori, che invece non avevano alcuna tutela legale sui prestiti concessi. L’alto rischio legato di conseguenza al credito fornì ai commercianti creditori il pretesto per applicare interessi usurai. La forma adottata dai commercianti/usurai per garantire il credito prevedeva spesso l’ipoteca dell’ingenio o di altre proprietà, oppure la sottoscrizione di con- tratti di vendita di zucchero a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato. Per ovviare alla mancanza di tutele giuridiche, il mercato del credito cubano dovette ricorrere a meccani- smi alternativi che
“funcionaron como leyes no escritas [...] (que) solo pueden explicarse teniendo en cuenta la naturaleza altamente personalizada que medió en la negociación de los créditos entre prestamistas y prestatarios, ya que los primeros tenían con frecuencia una relación filial, afectiva o de influencia sobre los segundos”.179
Secondo Mercedes García, in quel momento storico, la morale, attraverso i suoi codici di one- stà, si sostituiva alle garanzie economiche e bancarie che caratterizzano il sistema creditizio moderno.180 I meccanismi alternativi adottati, che funzionavano come leggi non scritte, ma accettate da tutti, comprendevano: lasciare l’ingenio in usufrutto come garanzia per la com- pensazione dei debiti oppure venderlo per saldare il dovuto. Nel primo caso, spesso l’operazione non era avallata da un documento scritto, per cui faceva fede la parola data. Il creditore si convertiva in “proprietario temporale” dell’ingenio e della sua produzione fino ad aver ottenuto guadagni sufficienti a sanare il credito fornito all’hacendado, che continuava a mantenere la proprietà nominale dello stabilimento. Per quanto riguarda il secondo caso inve- ce, il proprietario poteva vendere a terzi e risarcire il creditore oppure vendere direttamente l’ingenio a quest’ultimo, nel caso avesse accettato la proprietà come forma di pagamento.181
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Il testo originale del decreto stabiliva che "en ningún caso pudiesen ser embargados ni ejecutados por deudas o litigios, las fincas ni los esclavos, artefactos, animales o muebles". Ely, Cuando reinaba…, p. 58
179 García Rodríguez, Entre hacienda…, p.73
180 La parola data acquisiva un valore etico, in particolare quando era un hacendado o un commerciante a darla. Bisogna ricordare che spesso chi prestava denaro era legato da vincoli di sangue o famigliari alla vecchia oligar- chia creola di rango, la cui credibilità nella società era considerata inattaccabile. García Rodríguez, Entre ha-
cienda…, p.78
181 In alcuni casi, quando il debito superava il valore totale dell’ingenio, il creditore poteva rivolgersi al tribunale competente per ottenere l’amministrazione in usufrutto degli ingenios ipotecati. Tale sistema, detto anche cam-
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La legislazione coloniale prevedeva in ultima istanza, la possibilità di citare in giudizio il de- bitore.182 In caso di fallimento dell’ingenio, il tribunale poteva infatti ordinare il sequestro del raccolto. Veniva nominato un ispettore, conosciuto anche col nome di administrador/veedor, che garantiva che tutta la produzione venisse consegnata al creditore. Spesso il raccolto di un anno non era sufficiente a saldare il debito per cui venivano sequestrati i raccolti di svariati anni. Quando il debito contratto superava il valore totale della proprietà, il tribunale poteva obbligare l’hacendado a vendere all’asta l’ingenio.183
I commercianti/usurai, principalmente di origina spagnola, cercavano in genere di evitare di procedere per vie legali, preferendo negoziare direttamente con il debitore. Fare ricorso ai tri- bunali voleva dire pagare ingenti onorari ad avvocati e notai senza avere la garanzia di recu- perare completamente il capitale investito. Inoltre le aste pubbliche, spesso pilotate dall’élite creola, rappresentavano un rischio per il commerciante.184 Il rapporto fra creditore e debitore sembrava quindi regolato da un tacito accordo rispetto al Privilegio de ingenios: il creditore prestava denaro fino ad un certo limite, una volta superato il quale, il debitore sapeva che do- veva fare ricorso ad uno dei meccanismi alternativi descritti per sanare il suo debito. In ultima istanza, la vera garanzia a disposizione dei creditori era data dagli altissimi interessi applicati agli hacendados, che non avevano altra alternativa che accettarli.
Come abbiamo evidenziato, il Privilegio de ingenios portò spesso nelle mani del commercian- te/usuraio spagnolo la gestione di ingenios che rimanevano nominalmente di proprietà dell’hacendado. Poiché tale pratica era raramente regolata da un accordo scritto, risulta
bio de deudas por activo, iniziò ad essere utilizzato nei primi anni del ‘700 e fu ampiamente usato dagli hacen- dados. García Rodríguez, Felipe II…, p.1002-1010
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Nel 1538, una decina d’anni dopo l’entrata in vigore della misura per l’isola di Española, la Corona emanò una disposizione a complemento della legge che prevedeva che qualora il debito contratto dal propietario dell’