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Cap. 2

LANGSTON HUGHES: VITA E OPERE

Langston Hughes, nato a Joplin nel 1902 e morto a New York nel 1967, è uno dei nomi più celebri della Harlem Renaissance. Se da un lato le sue opere rappresentano le difficoltà e i sogni della comunità nera di quegli anni, dall'altro esse riflettono la vitalità musicale tipica del jazz e del blues, generi musicali da cui l'autore è profondamente influenzato.

Al fine di presentare la vita, le opere e lo stile del poeta, è fondamentale approfondire il contesto culturale in cui è vissuto.

2.1 Harlem Renaissance

La Harlem Renaissance è un movimento artistico e letterario nato nel quartiere Harlem di New York nei primi anni Venti del Novecento. Gli afro-americani, protagonisti del movimento, hanno avuto in questo periodo la possibilità di sollevare questioni importanti riguardo la loro identità e i loro diritti attraverso varie forme artistiche.

La nascita del movimento è dovuta a una serie di avvenimenti storici che riguardano la fine del XIX secolo. In seguito alla Ricostruzione post-guerra civile americana (1865 – 1877), infatti, viene data agli afroamericani la possibilità di avere accesso al lavoro salariato con la Proclamazione dell'Emancipazione (1863), il riconoscimento dei diritti civili (1868) e del diritto di voto (1870). Nonostante ciò, le discriminazioni da parte della popolazione bianca non cessano e le condizioni di vita degli afroamericani nelle aree del sud peggiorano sempre di più. Questa situazione, aggravata dalla crisi economica del 1893, è la causa della migrazione verso il Nord-Est degli Stati Uniti, quindi a Chicago, Detroit e soprattutto a New York.

Nei primi decenni del Novecento, periodo noto come “Great Migration”, alcune famiglie di afroamericani che vivevano nel quartiere Black Bohemia e in altre zone della città si trasferiscono ad Harlem. La migrazione raggiunge il suo culmine tra il 1919 e il 1920, anni della Red Summer21 e del dopoguerra; dal 1920, infatti, circa 300 000 afroamericani migrano a nord e, per la maggior parte, si trasferiscono nel quartiere di New York.

21 Con l'espressione "Red summer" si fa riferimento alla primavera, estate ed inizio autunno del 1919, periodo durante il quale attacchi terroristici "anti-black" da parte della popolazione bianca hanno causato la morte di centinaia di afroamericani.

30 2.1.1 Scena musicale di Harlem

In questo quartiere, gli afroamericani introducono le loro tradizioni culturali tra cui alcune forme di espressione musicale nate alla fine dell'Ottocento negli Stati Uniti meridionali. Dal punto di vista sociologico, la storia musicale di Harlem è particolarmente interessante in quanto in questa fase i bianchi sono fortemente attratti dallo stile musicale degli afroamericani. Questo è il motivo per cui il quartiere di New York, sebbene sia maggiormente frequentato dagli afroamericani, vede una partecipazione attiva anche da parte del pubblico statunitense bianco. Gli strumenti utilizzati dai musicisti di Harlem sono soprattutto il pianoforte e gli strumenti a fiato. Per quanto riguarda il primo, negli anni Venti si assiste alla nascita di un genere musicale prevalentemente pianistico denominato “Harlem Stride”. Il termine “stride” si riferisce al tipico balzo della mano sinistra che suona il basso in battere e l’accordo in levare, tecnica tipica di James P. Johnson, Fats Waller e Willie “The Lion” Smith.

Sebbene i musicisti che si esibiscono ad Harlem siano numerosissimi, è possibile elencarne alcuni che risultano fondamentali per il loro ruolo nella crescita e nello sviluppo del genere jazz. Il primo tra questi è Louis Armstrong il quale è considerato il padre fondatore del genere. La sua carriera dura cinquanta anni, periodo in cui si esibisce in circa trecento concerti ogni anno, e inizia prima come trombettista e poi come cantante. Le prime esibizioni di Armstrong avvengono a New Orleans, dove è nato. Nel 1922 poi, si trasferisce a Chicago dove viene ingaggiato da King Oliver nella sua “Creole Jazz Band”. Due anni dopo, il musicista lascia la band di Oliver per trasferirsi a New York dove entra a far parte della big band di Fletcher Henderson, esperienza che gli fornisce l’opportunità di collaborare con Sidney Bechet, Bassie Smith e molti altri. Successivamente, intraprende la sua carriera da solista e incide brani con gli Hot Five e gli Hot Seven. Dopo alcuni anni vissuti a Chicago, nel 1929 si stabilisce nuovamente a New York dove comincia a lavorare al Connie’s In, uno dei locali notturni più famosi di Harlem dove, diversamente dal Cotton Club, è concesso anche ai neri di assistere ai live. In questo periodo, infatti, vengono inaugurati numerosi teatri e club nel quartiere newyorkese e vengono creati spazi sempre più ampi per esibizioni artistiche di ogni genere. Tra i locali più noti, oltre al Connie’s In e al Cotton Club, ricordiamo lo Smalls’ Paradise e l’Apollo Theatre. Negli anni newyorkesi, Armstrong collabora con i più grandi musicisti del periodo e si esibisce nel musical Hot Chocolate con il brano Ain’t Misbehavin, celebre standard stride composto da Fats Waller con testo di Andy Rafaz. Louis Armstrong è una personalità chiave di questi anni e influenza numerosi musicisti di Harlem, tra cui Cab Calloway. Quest’ultimo, cantante jazz e

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uomo di spettacolo nato nel 1907 a New York, si esibisce regolarmente al Cotton Club, di cui negli anni Trenta diventa direttore della famosa orchestra. Nel locale, i suoi spettacoli hanno un grande successo e vengono anche trasmessi dalle principali emittenti statunitensi. Tra i suoi brani più noti di questo periodo ricordiamo Minnie The Moocher (1931), la cui tecnica canora risente dell’influenza di Armstrong. Il Cotton Club è il locale notturno più noto di questo periodo ma è anche il più criticato e odiato dagli artisti afroamericani. Langston Hughes, infatti, scrive:

For several years they packed the expensive Cotton Club on Lenox Avenue. But I was never there, because the Cotton Club was a Jim Crow club for gangsters and monied whites. They were not cordial to Negro patronage, unless you were a celebrity like Bojangles. So Harlem Negroes did not like the Cotton Club and never appreciated its Jim Crow policy in the very heart of their dark community. (Hughes 1940: 176)

In questo locale, si esibisce frequentemente anche Duke Ellington, autore di centinaia di standards jazz, tra cui ad esempio It don’t mean a thing if it ain’t got that swing (1931). Il musicista inizia la sua carriera negli anni Dieci a Washington e, dopo alcuni anni in cui si esibisce in locali da ballo con Otto Hardwick e Sonny Greer, si trasferisce a New York nel 1922. Qui suona con la band di Wilbur Sweatman nei locali più noti di Harlem. L’anno seguente, viene ingaggiato dalla “Snowden’s Novelty Orchestra” di cui fanno parte, oltre Hardwick e Greer, anche Elmer Snowden, Roland Smith, Bubber Miley, Arthur Whetsol e John Anderson. Nel 1924, diventa il leader della band e dopo alcuni anni ottiene un contratto con il Cotton Club; questa occasione segna una svolta decisiva nella sua carriera.

Tra i club precedentemente citati, l’Apollo Theatre è un’altra realtà molto importante di Harlem. Qui, infatti, nei primi anni Trenta fa il suo debutto la giovane Ella Fitzgerald durante una delle famose “Amateur Nights”, serate dedicate agli artisti dilettanti. Ella si presenta come ballerina ma, non riuscendo a compiere nessun movimento a causa di una crisi di nervi, decide di cominciare a cantare. Questa decisione le fa vincere il primo premio. Fitzgerald è sicuramente una tra le voci femminili più note di sempre del genere jazz e, nel corso della sua carriera, collabora con Chick Webb, Duke Ellington, Louis Armstrong e molti altri.

Il quartiere di Harlem, dunque, è una sorta di luogo sacro per i musicisti jazz dei primi decenni del Novecento e, per questo motivo, sono centinaia gli artisti a esibirsi qui. Tuttavia, in questo periodo giungono a New York e ad Harlem anche numerosi poeti, scrittori e registi che trovano

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qui la libertà di poter esprimere se stessi e la propria arte.

2.1.2 La letteratura ad Harlem

Prima dell'arrivo ad Harlem di W.E.B. Du Bois, Booker T. Washington è il leader culturale degli afroamericani. Quest'ultimo, fondatore dell'università di Tuskegee in Alabama, è impegnato nell'impresa di garantire agli ex-schiavi l'alfabetizzazione necessaria per il mercato del lavoro. Tuttavia, la sua politica è estremamente conservatrice e nel 1895 invita la popolazione afroamericana a “lasciare perdere la politica” per “lavorar sodo” (Boi 2009: 101). Du Bois è fortemente contro la posizione di Washington e pubblica The Souls of Black Folk (1903), una raccolta di saggi nella quale introduce il concetto di “double consciousness”, espressione che indica il conflitto interiore di coloro che sono allo stesso tempo africani ed americani (Shaduri 2010). Egli, poi, introduce l'immagine della barriera (“veil”) che divide i bianchi dai neri (Barnes 2003). Negli anni seguenti, la fondazione di associazioni come la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP) e la National Urban League (NUL) contribuiscono alla nascita di un senso di appartenenza e di valorizzazione degli afroamericani. Nel 1920, Du Bois afferma: “I think we have enough talent to start a renaissance”. Questa celebre affermazione raffigura appieno la densità di autori di successo che operano ad Harlem in questi anni. Nel 1925 Alain Locke pubblica The New Negro: An Interpretation, opera in cui elenca gli autori afroamericani di maggior successo negli anni Venti, tra cui Hughes, Cullen, Toomer, Fauset, Claude McKay e Zora Neale Hurston. L'espressione “Negro Renaissance” utilizzata da Locke sancisce la nascita di un nuovo stile di scrittura caratterizzato dal coraggio, dall'energia e dalla ribellione tipica della modernità (Haslett 2018).

Tra gli autori appena citati, nel 1922 Claude McKay pubblica la raccolta Harlem Shadows in cui si concentra sul tema della prostituzione e dello sfruttamento. Scrive Paola Boi:

La Harlem di McKay è quella della classe lavoratrice con scarse possibilità di avanzamento economico, che si regge in precario equilibrio su sfruttamento e discriminazione, opponendo allo squallore un modo edonistico alternativo. Nonostante la sua adesione a modelli formali di stampo classicista, McKay comunica un messaggio di ribellione e disperazione sostanzialmente moderno nell’impatto. (Boi 2009: 118) Nel 1929, l’autore pubblica il romanzo Home to Harlem in cui mescola due narrazioni di migrazione e mostra come un afroamericano della classe operaia e un intellettuale emigrato ad Haiti possano stabilire un rapporto di amicizia che va oltre i limiti imposti dal pregiudizio

33 razziale.

Sul fronte femminile, invece, Zora Neale Hurston è la scrittrice più nota di questo movimento. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Their Eyes Were Watching God (1937), romanzo più famoso della scrittrice in cui racconta, attraverso lunghi flashbacks, la vita di Janie Crawford, donna afroamericana di quarant’anni e protagonista dell’opera. Il romanzo subisce critiche da parte dei suoi contemporanei che, in particolare, non gradiscono il fatto che l’autrice mostri le divisioni tra gli afroamericani di pelle più chiara e più scura22. Tra i temi molto cari a Hurston, inoltre, vi è quello relativo alla posizione della donna in quegli anni. Spiega Paola Boi:

Hurston guarda alla propria marginalità come a un’opportunità da sfruttare, ingaggiando la sua personale sfida nella società, al mondo maschile, alla mediocrità, in un’ilare, scanzonata asserzione di legittimità culturale. Tra il continuo, teatrale richiamo allo stereotipo e il sottile gioco della differenza, Hurston supera il concetto di doppia consapevolezza di Du Bois cercando con il suo lavoro di risistemarsi all’interno di un’estetica e di una scena culturale che lei considera come le più ricche in assoluto.23

La scrittrice, inoltre, collabora con alcuni autori del periodo e nel 1930, insieme all’amico Hughes, pubblica Mule Bone, considerata la prima commedia folk afroamericana.

Langston Hughes è senza dubbio uno dei nomi più importanti della Harlem Renaissance. Egli, infatti, non solo parla della condizione degli afroamericani ma, nell'ultima sezione24 della sua autobiografia The Big Sea (1940), racconta anche di Harlem. Nello specifico, Hughes ne descrive l'ambiente, facendo riferimento ai club, ai musicisti e alle figure intellettuali di quegli anni. Nell'opera emerge che la vita culturale di questo quartiere non è solamente frequentata dagli afroamericani ma è anche centro di attrazione per i bianchi. Le parole dell'autore in The

Big Sea riassumono così l'universo della Harlem Renaissance:

It was a period when every season there was at least one hit play on Broadway acted by a Negro cast. And when books by Negro authors were being published with much greater frequency and much more publicity than ever before or since in history. It was a period when white writers wrote about Negroes more successfully (commercially speaking) than Negroes did about themselves. It was the period (God help us!) when Ethel Barrymore appeared in blackface in Scarlet Sister Mary! It was the period when

22 Oltre alla scrittrice, anche Langston Hughes parla di questa divisione e, in particolare, del triste destino del mulatto nelle sue due autobiografie.

23 Ivi: p. 123.

34 the Negro was in vogue. (Hughes 1940: 228)

Consideriamo, dunque, la vita e le principali opere dello scrittore più significativo del movimento.

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