Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
D
IPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICI E CULTURALIC ORSO DI L AUREA M AGISTRALE IN
L INGUE , C ULTURE , C OMUNICAZIONE
“Poesia e musica: ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ di Langston Hughes”
Prova finale di:
Maria Costanza Piano Relatore:
Franco Nasi
Correlatore Marc Seth Silver
Anno Accademico 2018/2019
Abstract
Obiettivo della tesi è di analizzare il rapporto tra poesia e musica nelle opere di Langston Hughes e, in particolare, nel poemetto ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ (1961), opera più rappresentativa del poeta e della jazz poetry.
Dopo un breve excursus iniziale sul rapporto musica poesia nel mondo occidentale, il primo capitolo prende in considerazione il legame tra queste due arti nelle opere di musicisti e scrittori bianchi degli Stati Uniti d’America, come Vachel Lindsay, Woody Guthrie e Bob Dylan, quindi nelle opere di autori afroamericani fra cui Sterling Brown, Melvin Tolson e Michael Harper.
Il secondo capitolo ha al centro la figura e la poetica di Langston Hughes, maggiore esponente della jazz poetry. Inizialmente, viene descritto il movimento culturale di cui egli fa parte, l’Harlem Renaissance. Segue una presentazione della vita, delle opere e della formazione letteraria e musicale del poeta. Infine, vengono analizzati i temi e lo stile musicale di alcune sue poesie da cui emerge l’importanza della cultura afroamericana che viene costantemente contrapposta a quella dei bianchi.
Il terzo capitolo analizza ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ. Alla descrizione del contesto storico in cui l’opera è composta, in particolare il Civil Rights Movement degli anni Cinquanta, segue l’analisi della struttura e dei temi dell’opera. Chiude il capitolo un’analisi dettagliata del decimo movimento della composizione: BIRD IN ORBIT.
Abstract
The main purpose of this study is to analyse the relationship between poetry and music in Langston Hughes’s works with a focus on ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ (1961), the most important work of the author and of jazz poetry.
After a short introduction about the relationship between music and poetry in the western world, the first chapter takes into account the connection between these two arts in white American authors’ and musicians’ works such as Vachel Lindsay, Woody Guthrie and Bob Dylan, and later, in African-American writers’ poems such as Sterling Brown, Melvin Tolson and Michael Harper.
The second chapter is focused on Langston Hughes, the chief representative of jazz poetry.
Firstly, it describes the Harlem Renaissance, the cultural movement to which he belongs.
Secondly, it presents Hughes’s life, his works and his musical and literary education. Finally, the chapter analyses the most important themes and the musical style in some of his poems which show that he always opposes the African-American culture to that of white people.
The last chapter analyses ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ. It describes the historical context in which Hughes writes the poem, the Civil Rights Movement of the fifties, and it analyses the structure and the most important themes of the poem. The chapter ends with a detailed analysis of the tenth mood of the composition: BIRD IN ORBIT.
Résumé
Le but de cette dissertation est d’analyser la relation entre poésie et musique dans les œuvres de Langston Hughes et, en particulier, dans le recueil de poèmes ASK YOUR MAMA : 12 MOODS FOR JAZZ (1961), l’œuvre la plus significative du poète et de la jazz poetry.
Après une brève introduction sur le rapport entre poésie et musique dans le monde occidental, le premier chapitre prend en considération le lien entre ces deux arts dans les œuvres des musiciens et des écrivains blancs des États Unis, comme Vachel Lindsay, Woody Guthrie et Bob Dylan. Ensuite, on prend en considération les auteurs afro-américains, notamment Sterling Brown, Melvin Tolson et Michael Harper.
Le deuxième chapitre se concentre sur la figure et la poétique de Langston Hughes, le plus grand représentant de la jazz poetry. D’abord, il décrit le mouvement culturel dont l’auteur fait partie. Plus tard, il présente sa vie, ses œuvres et sa formation littéraire et musicale. Enfin, le chapitre analyse les thèmes et le style musicale de certaines poésies de l’auteur qui montrent l’importance de la culture afro-américaine qui est toujours opposée à celle des blancs.
Le troisième chapitre analyse ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ. Après une description du contexte historique dans lequel l’auteur écrit l’œuvre, en particulier le mouvement des droits civiques des années 1950, il analyse la structure et les thèmes de l’œuvre.
Le chapitre se termine par une analyse approfondie du deuxième « mood » de la composition : BIRD IN ORBIT.
INDICE
INTRODUZIONE pag. 1
Cap. 1 POESIA E MUSICA: DUE ARTI ESSENZIALI 3
1.1 Musica e poesia: breve excursus storico 5
1.1.1 L'antica Grecia 5
1.1.2 Medioevo 6
1.1.3 Dal Rinascimento al Novecento 8
1.2 Musica e letteratura negli Stati Uniti d'America 9
1.3 Poesia e musica nella Black Culture 14
1.3.1 Schiavitù e musica africana 14
1.3.2 Lo spiritual e il blues: tra musica nera e bianca 16
1.3.3 Dal ragtime al boogie-woogie 18
1.3.4 Il jazz e le sue evoluzioni 19
1.4 La jazz poetry 21
Cap. 2 LANGSTON HUGHES 29
2.1 Harlem Renaissance 29
2.1.1 Scena musicale di Harlem 30
2.1.2 La letteratura ad Harlem 32
2.2 Vita e opere di Langston Hughes 34
2.2.1 Gli anni Venti e The Weary Blues 35
2.2.2 Gli anni Trenta 37
2.2.3 Gli anni Quaranta 38
2.2.4 Gli anni Cinquanta e Sessanta 38
2.2.5 Formazione letteraria e musicale 39
2.3 Temi e musicalità nelle opere di Hughes 42
2.3.1 Temi 42
2.3.2 La musicalità dei versi 44
Cap.3 ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ 55
3.1 Gli anni Cinquanta: fasi principali del Civil Rights Movement 56
3.2 ASK YOUR MAMA: Genesi dell'opera 61
3.3 Struttura dell'opera e tradizione afroamericana 63
3.3.1 Hesitation Blues 63
3.3.2 Il numero dodici nella cultura afroamericana 65
3.4 Analisi tematica delle poesie: un "montage" di musica e storia 69
3.5 Le questioni stilistiche di ASK YOUR MAMA 78
3.5.1 La rivoluzione delle parole 78
3.5.2 Lo stile musicale delle poesie 81
3.5.3 BIRD IN ORBIT 89
3.6 Critica 100
CONCLUSIONE 102
BIBLIOGRAFIA 104
SITOGRAFIA 113
1
INTRODUZIONE
La ricerca che qui si presenta intende analizzare il rapporto tra poesia e musica nella cultura statunitense e, in particolar modo, in quella afroamericana che è all’origine della jazz poetry, genere in cui musica e testo hanno un rapporto di interdipendenza. L’obiettivo di questo studio è quello di analizzare le opere del poeta jazz più significativo del Novecento, Langston Hughes e, in particolare, viene analizzata ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ, la sua opera meno studiata e meno considerata da parte dei critici letterari. Questa raccolta di poesie, in realtà, è la più rappresentativa della poetica dell’autore e di tutto il nuovo genere poetico.
Nell’opera, infatti, i versi e l’accompagnamento musicale suonato durante la performance live, e dettagliatamente descritto dal poeta, come uno spartito che si affianca ai versi poetici, dialogano tra di loro per evocare i principali episodi relativi alla segregazione razziale e per elogiare la cultura afroamericana.
La principale motivazione che mi ha spinto ad approfondire questo tema risiede nel desiderio di associare due mie grandi passioni: la musica e la letteratura. La difficoltà iniziale è stata la ricerca del genere ideale in cui queste due arti si legano perfettamente. La scelta è ricaduta sul jazz, genere che si impone sin dal principio di imitare la vocalità umana. A tal riguardo, in questa scelta è stato di ispirazione l’album A Love Supreme di John Coltrane in quanto il basso ostinato, che sembra “cantare” le parole del titolo dell’album, così come il suono del sax in Psalm, che “legge” l’omonima poesia scritta dal musicista, mi hanno indotto a cercare informazioni sul legame tra poesia e jazz. Così, mi sono appassionata a Langston Hughes e alla jazz poetry. L’analisi di ASK YOUR MAMA è stata possibile dopo aver effettuato degli approfondimenti relativi alla cultura afroamericana e, in particolar modo, al jazz, alla jazz poetry e allo stile del poeta.
La tesi è articolata in tre capitoli. Nel primo capitolo si prenderanno in considerazione le tappe principali che hanno permesso il consolidamento del rapporto tra musica e poesia, partendo dall’Antica Grecia e arrivando fino al Novecento. In seguito, si analizzerà il rapporto tra queste due attività nelle opere di musicisti e scrittori bianchi degli Stati Uniti d’America, come Vachel Lindsay, Woody Guthrie e Bob Dylan. Un’analisi più dettagliata, invece, verrà effettuata sul fronte afroamericano, di cui si presenterà l’evoluzione musicale, dalla nascita dei work songs nell’Ottocento fino allo sviluppo dell’hard bop a metà del secolo successivo. Infine, verranno
2
analizzati i principali esponenti e le principali caratteristiche stilistiche della jazz poetry, genere poetico che prevede l’imitazione della musica jazz nel suo ritmo e nel suo stile.
Il secondo capitolo si focalizzerà su Langston Hughes, maggiore esponente di questo nuovo genere poetico. Nel dettaglio, verrà descritto il contesto culturale vissuto dal poeta, l’Harlem Renaissance, di cui verrà presentata la scena musicale e intellettuale. Seguirà una presentazione della vita, delle pubblicazioni e della formazione letteraria e musicale dell’autore. Nell’ultimo paragrafo verranno analizzati i temi e lo stile musicale di alcune poesie di due raccolte fondamentali della sua carriera: The Weary Blues (1925) e Montage of a Dream Deferred (1951).
Nel capitolo conclusivo verrà analizzata l’opera più significativa di Hughes: ASK YOUR MAMA: 12 MOODS FOR JAZZ (1961). Inizialmente, verrà presentato il contesto storico che ha influenzato l’autore nella scrittura dell’opera e, dunque, verranno esposti i principali episodi del Civil Rights Movement degli anni Cinquanta. In seguito, verrà analizzata la struttura dell’opera che, essendo basata sul numero dodici, è rappresentativa per la tradizione afroamericana. Inoltre, in questa fase verrà analizzato anche lo standard Hesitation Blues, brano destinato dall’autore all’accompagnamento musicale per la lettura delle sue poesie. Infine, dopo aver effettuato un’analisi tematica dell’opera, ci si focalizzerà sullo stile musicale utilizzato dal poeta. Nel dettaglio, verrà analizzata la decima poesia della raccolta, BIRD IN ORBIT, nella quale si crea un dialogo tra musica e parole per evocare le questioni principali che riguardano la protesta dei neri nei confronti della comunità bianca.
3 Cap. 1
POESIA E MUSICA: DUE ARTI ESSENZIALI
“Le altre arti imitano ed esprimono la natura da cui si trae il sentimento ma la musica non imita e non esprime che lo stesso sentimento in persona, ch’ella trae da se stessa e non dalla natura.”1
Giacomo Leopardi definisce la musica come lo strumento ideale per esprimere l’indefinito dell’anima, un linguaggio capace di evocare il sentimento universale e di imitarlo. Se da un lato la musica si fonda sull’imitazione ed espressione del sentimento umano, dall’altro essa è anche fonte di imitazione per la poesia. Musica e poesia sono due attività che l’uomo ha prodotto e produce continuamente in forma spontanea. Queste due attività sono fortemente legate tra di loro e, talvolta, sono considerate intercambiabili. T.S. Coleridge, infatti, scrive in Biographia Literaria (1817): “The man that hath no music in his soul can indeed never be a genuine poet”.
Per quanto riguarda la musica, essa è una forma di espressione ed un’arte che consiste nel produrre successioni di suoni. Secondo J. Montagu (2017), la capacità degli uomini di emettere suoni è una dimostrazione del fatto che la musica sia nata prima della parola; essa, quindi, è considerata una presenza costante ed essenziale nelle società umane e, di conseguenza, la storia della musica è la storia dell’uomo.
Definire in modo univoco che cosa sia la poesia, invece, è tutt’altro che semplice. Nella storia della letteratura, a volte sono prevalsi gli aspetti tecnici, quindi la ripetizione di modelli canonici, e altre volte quelli relativi all’impulsività della creazione, svincolata dalle costrizioni formali. Ogni dottrina sulla poesia, infatti, è plausibile e la versatilità dei significati crea problemi nel riconoscerne le specificità. Secondo Jean Paulhan, ogni concezione della poesia è
“probabile” e provata “ma non fino al punto che la spiegazione opposta non resti anch’essa probabile e non meno provata” (Paulhan 1969: 50-51). Spiega l’autore:
Apollinaire e Novalis fanno derivare, in poesia, il linguaggio da un’ispirazione. Ma Poe o Valéry l’ispirazione da un linguaggio. Mentre questi ultimi vedono l’origine di ogni possibile spirito poetico in una combinazione materiale, i primi vedono la ragione stessa della lettera e del ritmo in un esercizio spirituale. La rivelazione, dice uno, secerne le
1 Leopardi G., Zibaldone di pensieri, in rete all’indirizzo http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t226.pdf
4
sue parole e la sua forma. Ma l’altro: la forma e le parole provocano la rivelazione.2
Tuttavia, nel mondo contemporaneo prevale la concezione della poesia come il frutto della necessità di esprimere i propri sentimenti e le proprie passioni, visione che si consolida in età romantica. Nella prefazione alla seconda edizione di Lyrical Ballads (1800), scrive Wordsworth: “I have said that Poetry is the spontaneous overflow of powerful feelings: it takes its origin from emotion recollected in tranquillity”. Similmente, così è possibile leggere in una voce di un’autorevole enciclopedia italiana: “La poesia è una forma di espressione che si fonda sulle dimensioni musicali del linguaggio per trasmettere emozioni e per dare voce ad esigenze profonde dell’uomo”3.
La relazione tra musica e poesia, al di là della dimensione lirica e intimistica della creazione poetica, è una caratteristica che ritorna continuamente. Secondo Aristotele, essa nasce prima dell’invenzione della scrittura e dalla tendenza naturale dell’uomo all’imitazione dell’armonia e del ritmo attraverso il linguaggio; il filosofo, inoltre, afferma che l’uomo prova piacere nell’imitazione. Oltre a questo aspetto edonistico, la musicalità della poesia ha avuto anche una funzione pragmatica, facilitando la memorizzazione di miti, leggende, norme morali e sociali in un’epoca in cui la scrittura non esisteva ancora. Quindi, la poesia è stata sin da subito associata all’oralità e, dunque, alla musica.
Musica e parola, nella cultura occidentale sin dai tempi dell’antica Grecia, sono sempre state strettamente legate tra di loro, al punto tale che è impossibile considerare la poesia senza far riferimento alla musica in quanto essa stessa è musica.
Seppure in modo estremamente sintetico è opportuno, in apertura, ripercorrere le tappe principali che hanno permesso il consolidamento di questo stretto rapporto nella storia occidentale, per giungere poi a descrivere un po’ dettagliatamente questo rapporto nella cultura degli Stati Uniti d’America.
2 Ibidem
3 http://www.treccani.it/enciclopedia/poesia_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
5 1.1 Musica e poesia: breve excursus storico
1.1.1 L’antica Grecia
Nei tempi antichi, la musica è vista dai poeti greci come una tra le manifestazioni più alte della comunità civile e alcuni strumenti musicali accompagnano le recitazioni di poesie e le rappresentazioni teatrali.
Tra gli strumenti più utilizzati vi è la lira (lyra), strumento creato, secondo la mitologia, da Ermes e da questi donato al fratello Apollo, dio della musica. La lira è uno strumento a corde formato da una cassa armonica, due aste e delle corde di nervo di montone, impiegata nella vita privata di tutti i giorni e utilizzata per accompagnare le voci che intonano versi; da questo deriva l’espressione stessa di “lirica”, cioè una poesia essenzialmente musicale. Questo genere poetico viene utilizzato nei canti di lavoro, nei canti “popolari”, negli inni cultuali e in quelli celebrativi intonati durante la celebrazione di nozze o di funerali. I lirici greci sono poeti-musicisti; tra questi, ricordiamo Alceo, Archiloco, Saffo, Terprando e Sacada.
La cetra, invece, strumento a corde come la lira, è utilizzato dagli aedi e dai rapsodi per l’epica, genere poetico attraverso cui le gesta e le leggende di eroi vengono tramandati a voce di generazione in generazione. Famosa è la statua antica di Omero che suona la cetra.
Un terzo strumento particolarmente legato alla poesia greca è l’aulòs, strumento a fiato dal suono simile a quello dell’oboe. Mentre la lira, come abbiamo visto, è associata ad Apollo, dio delle arti e quindi dell’armonia e della misura, l’aulòs o il flauto è invece associato a Dioniso, dio dell’ebbrezza, dell’estasi e dei culti notturni che, come è noto, si collegano alla nascita della tragedia (etimologicamente “il canto del capro”). Nei riti dionisiaci il coro ha una funzione fondamentale e i partecipanti, spesso indossando maschere, intonano e ripetono, con cadenza estatica, gli accadimenti rappresentati ritualmente.
La teoria musicale della Grecia antica è fondamentale in quanto influenza la teoria musicale medievale e rinascimentale. In breve, il tetracordo, insieme di quattro note che formano un intervallo di quarta giusta (quindi a una distanza di due toni e mezzo, come ad esempio Do e Fa), è alla base del sistema. In relazione alla posizione del semitono si distinguono tre tipi di tetracordo: dorico (semitono al grave), frigio (semitono al centro) e lidio (semitono all’acuto)4. Per quanto riguarda le scale greche, chiamate “armonie”, esse sono discendenti in quanto sono considerate idealmente come un dono divino che “scende” dal cielo.
Nel corso dei secoli le teorie musicali variano notevolmente ma i contatti con la poesia si
4 http://www.treccani.it/enciclopedia/tetracordo/
6
ripropongono costantemente sia in ambito sacro che profano.
1.1.2 Medioevo
Durante il Medioevo, la poesia continua ad essere fortemente legata alla musica e, in particolar modo, questo è visibile in ambito sacro. In questi anni, il rito religioso cattolico è accompagnato da canti liturgici in lingua latina, ossia dal canto gregoriano. Il genere accompagna ed anima i riti religiosi per circa mille anni, dalla fine del VI secolo fino al Concilio Vaticano II (1962- 1965). Secondo la tradizione, infatti, la liturgia della Chiesa romana viene riformulata nel 590 da Papa Gregorio Magno, che dà nome al genere in questione. In realtà, il canto gregoriano nasce agli inizi del IX secolo in Francia con Pipino il Breve e Carlomagno dalla fusione tra il canto gallicano, canto cristiano praticato in Francia, e quello romano. Tra il IX e il X secolo, poi, nascono forme poetico-musicali indipendenti in seguito alla necessità di arricchire i testi e le melodie dei canti5.
Sebbene durante questi secoli la maggior parte delle forme poetiche e musicali siano legate al sacro, alcune tradizioni nascono in ambito profano. Nel Medioevo, infatti, si diffondono anche i canti goliardici, canti prodotti dai clerici vagantes6. Dal punto di vista contenutistico, questi canti presentano attacchi al clero e ai potenti ma, al tempo stesso, esaltano l’amore e la donna.
I Carmina Burana, raccolta di componimenti poetici in latino e in tedesco, sono un esempio di canti goliardici; essi sono particolarmente importanti in quanto per alcuni di essi è trascritta la musica (Cabianca 2008).
In questi anni, dal IX-X secolo in poi, si diffonde un altro genere rappresentativo dal punto di vista dello studio proposto: il poema epico-cavalleresco. Infatti, è frequente la presenza a corte di cantori di professione che raccontano testi tramandati oralmente o trascritti da loro stessi. La Chanson de Roland è, probabilmente, il poema cavalleresco più conosciuto in lingua d’oil che si inserisce nel filone delle Chansons de geste. Il poema, pur essendo scritto, contiene le tipiche caratteristiche della tradizione orale, come l’assonanza che lega le lasse7 e il ritmo ben scandito.
Altro noto poema epico da considerare è il Beowulf la cui “peculiar structure”, ricca di discontinuità e di “changes of tone”, mostra chiaramente che l’opera nasce per un’esecuzione
5 http://www.treccani.it/enciclopedia/canto-gregoriano_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
6 I clerici vagantes erano poeti che vivevano ai margini della chiesa e vagavano per le università, le città e le corti.
7 La lassa è la strofa tipica della poesia medievale composta di un numero variabile di versi ottonari, decasillabi o dodecasillabi legati dall’assonanza.
7 orale (Goldsmith 2014).
In questi anni, gli strumenti musicali che accompagnano le letture e i poemi si arricchiscono notevolmente rispetto al passato. In sostituzione alla ghironda con due corde, infatti, si diffonde la ghironda pluricorde con cassa armonica più piccola e più leggera; viene migliorata la produzione e la lavorazione degli strumenti a fiato come i liuti e i flauti, traversi e diritti; si continuano ad utilizzare notevolmente le percussioni e, infine, nasce l’organo.
La nascita della lirica cortese nel XII e XIII secolo è un’altra tappa fondamentale da prendere in considerazione. Dal punto di vista tematico, la lirica cortese presenta l’idea di amore idealizzato e la rivalutazione della donna, considerata un essere al di sopra dell’uomo. In queste circostanze nascono in Francia i trovatori e i trovieri, poeti-musicisti rispettivamente della Francia meridionale e settentrionale. In particolare, il termine “trovatore” deriva dal francese troubadour e dal verbo latino tropare, con cui ci si riferisce all’arte di inventare rime su una melodia già esistente o di comporre una melodia per un testo poetico. Sebbene la poesia dei trovatori e dei trovieri presenti delle notevoli differenze, il linguaggio musicale delle due figure è comune; nel dettaglio, però, si hanno oggi maggiori testimonianze musicali dei trovieri. Le melodie trovadoriche e troveriche sono influenzate dalle intonazioni latine quali la litania, la sequenza e l’inno. In particolar modo, derivano dalla litania: le intonazioni delle Chansons de geste, caratterizzate da un solo modulo melodico; la lassa strofica, in cui la frase melodica si ripete a ogni coppia di versi e si conclude con un breve ritornello diverso; la rotruenge, in cui il ritornello viene cantato sul motivo finale della melodia della strofa e la chanson à refrain, in cui viene sviluppato in modo più ampio il ritornello. In quanto alla sequenza, invece, essa è caratterizzata dalla variazione della melodia in coppie di versi. L’inno, infine, è caratterizzato dall’assenza di ripetizioni della melodia lungo tutta la strofa e dall’assenza del ritornello8. Negli stessi anni, si sviluppano in Europa inni alla guerra e composizioni musicali legate alle crociate. Queste guerre, sul piano musicale, determinano l’incontro e l’influenza tra la cultura musicale occidentale e quella orientale; i temi legati all’amor cortese, però, restano quelli maggiormente diffusi.
8 http://www.treccani.it/enciclopedia/trovatore/
8 1.1.3 Dal Rinascimento al Novecento
Durante il Rinascimento, musici appartenenti a una scuola fiamminga si diffondono in tutta Europa e introducono la musica polistrumentale che porterà a forme musicali più complesse e, talvolta, all’improvvisazione. A tal proposito, nel Cinquecento si sviluppa un genere nato due secoli prima: il madrigale. Nel Trecento, il madrigale nasce ad opera di poeti e compositori dell’Ars nova9 fiorentina e, dal punto di vista metrico, consta di due o tre terzine di endecasillabi rimati, seguite da uno o due distici a rima baciata. Il madrigale rinascimentale, invece, è costituito da endecasillabi e settenari e presenta un legame molto più stretto con la musica; esso, infatti, si sviluppa dall’incontro tra la frottola10 e la tecnica contrappuntistica11 dei maestri fiamminghi. In questo contesto, Monteverdi sviluppa lo stile del concertato per voci e strumenti.
Durante il Settecento, Pietro Metastasio scrive numerosi libretti d’opera che vengono messi in musica da vari musicisti del secolo, come Pergolesi, Scarlatti e Mozart. Nello stesso periodo nasce l’Opera buffa, genere basato su episodi della vita quotidiana e quindi di leggero argomento. In questi anni poi, Antonio Vivaldi rappresenta l’opera Orlando Furioso, di cui il libretto anonimo è tratto dal poema cavalleresco di Ludovico Ariosto.
Nel XIX secolo, invece, si verificano importanti avvenimenti per lo studio in questione. Con l’Impressionismo, infatti, si sviluppa una nuova sensibilità rivolta al mondo interiore in totale contrasto con le manifestazioni esteriori. In questo contesto, Debussy si lascia ispirare profondamente dal poema L'après-midi d'un faune (1876) di Mallarmé e compone, così, Prélude à l'après-midi d'un faune. L’opera è considerata il prototipo dell’Impressionismo musicale in quanto è caratterizzata da una struttura ben definita che, però, è nascosta a tal punto da indurre a pensare che la composizione sia libera ed improvvisata. Mallarmé, dopo aver ascoltato l’opera, scriverà a Debussy: “Cette musique prolonge l’émotion de mon poème et en suite le décor plus passionnément que la couleur” (Mory 2013). L’opera del compositore francese è un esempio importante di come la musica amplifichi le sensazioni evocate dai componimenti poetici.
Lo stesso avviene nel Novecento, secolo in cui poesia e musica si legano nelle opere dei cantautori e dei musicisti. In Italia sono numerosi i cantautori che mostrano quanto sia
9 Con l’espressione “Ars nova” si fa riferimento alla musica nel XIV secolo in Francia e in Italia. Ars Nova è il titolo di un trattato (ca. 1320) di Philippe de Vitry, in cui sono state affrontate le novità della notazione.
10 La frottola è un componimento musicale di genere popolaresco diffusosi in Italia verso la fine del XV secolo. Il genere è stato coltivato da poeti-cantori che componevano frottole in stile monodico e da musicisti che componevano in stile polifonico (spesso su testi di Petrarca ed altri poeti).
11 Il contrappunto è l’arte di sovrapporre due o più linee melodiche indipendenti, sviluppata nella tradizione occidentale.
9
funzionale il legame tra musica e poesia, tra questi si pensi a Fabrizio De André, Francesco De Gregori, Lucio Dalla e molti altri. Un discorso molto più complesso va affrontato quando si parla degli Stati Uniti d’America. Qui, infatti, il rapporto fra le due arti si fa ancora più stretto e si avvale anche di generi musicali nati nel Nuovo Mondo, come avviene nel caso della black art, ambito in cui poesia e musica sembrano essere basate l’una sui principi dell’altra.
Prima di immergersi nell’ambito della cultura afroamericana, prenderemo brevemente in considerazione le principali fasi dello sviluppo del rapporto tra musica e letteratura in America.
1.2. Musica e letteratura negli Stati Uniti d’America
Negli Stati Uniti, l’incontro tra varie etnie e le loro relative tradizioni dà origine a numerosi stili di scrittura e generi musicali. Nei primi decenni del Novecento, alcuni autori compongono poesie destinate esclusivamente all’esecuzione orale. Tra questi, è stato molto influente Vachel Lindsay, poeta statunitense vissuto tra le città di Springfield, Chicago e New York. Lindsay è l’autore di numerosi componimenti poetici e raccolte di poesie legate alla musica; lo scopo del poeta è quello di scrivere versi da cantare e leggere ad alta voce. Nel 1914, egli diventa un
“public performer” recitando The Congo, uno dei suoi componimenti più noti incluso nella raccolta The Congo and Other Poems (1914) nella sezione “Poems Intended to Be Read Aloud”.
La lettura avviene in occasione di una cena organizzata per onorare William Butler Yeats. Di questa occasione si hanno poche testimonianze ma è noto che Yeats, particolarmente colpito dalla performance di Lindsay, ha chiesto al poeta: “What are we going to do to restore the primitive singing of poetry?” (Engler 1982). Non si hanno notizie sulla risposta del poeta statunitense; tuttavia, questa occasione risulta fondamentale per la sua fama. La caratteristica principale di The Congo and Other Poems consiste nella presenza di commenti dell’autore che indicano come deve essere effettuata la lettura. A tal proposito, si prenda in considerazione The Congo (vv. 1-18):
Fat black bucks in a wine-barrel room, Barrel-house kings, with feet unstable, A deep rolling bass.
Sagged and reeled and pounded on the table, Pounded on the table,
Beat an empty barrel with the handle of a broom, Hard as they were able,
10 Boom, boom, BOOM,
With a silk umbrella and the handle of a broom, Boomlay, boomlay, boomlay, BOOM.
THEN I had religion, THEN I had a vision.
I could not turn from their revel in derision.
More deliberate. Solemnly chanted.
THEN I SAW THE CONGO, CREEPING THROUGH THE BLACK, CUTTING THROUGH THE FOREST WITH A GOLDEN TRACK.
Then along that riverbank A thousand miles
Tattooed cannibals danced in files;
Then I heard the boom of the blood-lust song
A rapidly piling climax of speed and racket.
And a thigh-bone beating on a tin-pan gong.
I versi in grassetto anticipano ed indicano la modalità di lettura dei versi. Inoltre, le ripetizioni e le rime presenti nel testo sono indice del fatto che le poesie di Lindsay si basino sull’oralità.
Altro aspetto caratteristico dell’autore riguarda la sua personalità; egli, infatti, è solito coinvolgere il pubblico incitandolo a battere le mani, a ripetere alcuni versi e a scuotere le teste (Hummer 2006). Nel corso della sua carriera, Lindsay si lascerà ispirare da generi musicali che rivoluzioneranno completamente il mondo dell’arte e scriverà delle poesie12 in cui descriverà le caratteristiche principali di essi e, in particolar modo, del jazz. Come scrive Anna De Biasio:
Ciò che Lindsay propone alle platee nelle sue recite itineranti, intraprese con regolarità instancabile fino all’anno del suicidio, è effettivamente una combinazione di parola poetica, oratoria e musicalità, quest’ultima intesa come attributo sia interno sia esterno al verso. È proprio questa sperimentazione con diversi strumenti comunicativi a essere percepita dai contemporanei come elemento innovativo rispetto ai modi gravi e un po’
ingessati dominanti nella poesia postwhitmaniana: una novità capace di garantirgli il favore tanto del largo pubblico quanto degli estimatori più sofisticati” (De Biasio 2008:
231).
12 Cap. 1.4
11
L’operazione di Lindsay si collega da una parte con la tradizione più popolare della poesia americana13 e dall’altra a una certa avanguardia europea, impegnata a superare gli steccati della poesia tradizionale e accademica, insistendo sulla contaminazione, anche molto esibita, delle arti. Scrive ancora Anna de Biasio:
Per Lindsay, come per Filippo Tommaso Marinetti dall’altra parte dell’Atlantico, è fondamentale ampliare al massimo grado l’atto comunicativo. Agi albori della società di massa, entrambi vedono l’arte come forza dirompente in grado di raggiungere e permeare allo stesso modo tutti gli strati, le appartenenze e le condizioni sociali, contadini, operai e borghesi metropolitani, uomini e donne, incolti e intellettuali senza distinzione.
L’alleanza di poesia, musica, declamazione pubblica serve proprio allo scopo di assicurare una ricezione vasta in un campo culturale che nei decenni precedenti ha subito anche in America profonde trasformazioni, e in cui la polarizzazione tra produzione
“alta”, o ristretta, e produzione popolare, o commerciale, si sta facendo sempre più marcata. (De Biasio, 2008: 232)
Negli Stati Uniti, musica e poesia sono anche un mezzo per rappresentare la vita degli oppressi e, dunque, per dare vita a forme di protesta attraverso l’arte. Questi concetti sono sviluppati soprattutto sul fronte afroamericano di cui si parlerà in seguito. Tuttavia, anche alcuni autori
“bianchi” hanno sviluppato temi simili. Tra questi, Woody Guthrie, musicista e cantautore statunitense di genere folk vissuto tra il 1912 e il 1967. L’artista vive un’infanzia difficile, segnata dai problemi finanziari del padre, dalla morte della sorella, dalla malattia della madre e in seguito, dalla morte del padre. Questa situazione spinge il giovane Woody a viaggiare negli Stati Uniti e a svolgere ogni tipo di lavoro. Impara a suonare l’armonica a bocca, la chitarra e il mandolino, strumenti che gli permettono di creare un accompagnamento per i suoi testi.
Quest’ultimi rispecchiano il passato dell’artista e il suo presente e mostrano le condizioni di vita dei lavoratori, i loro scioperi e la fatica quotidiana per la sopravvivenza. La sua canzone più nota è This Land Is Your Land, brano scritto nel 1940 e pubblicato nel 1945 in seguito ad alcune variazioni effettuate dallo stesso autore, spinto dalle vicende politiche di quel periodo.
La canzone nasce come risposta a God Bless America, canzone nazionalista di Kate Bush. Il brano di Guthrie diventa subito un simbolo per gli Stati Uniti e viene tutt’ora utilizzata in slogan politici. Tuttavia, i politici che la interpretano come un inno all’America tradizionalista, ne
13 Non casualmente Edgar Lee Master, a cui viene spesso associato Lindsay anche per la comune provenienza geografica, scrive su di lui Vachel Lindsay. A poet in America (1935).
12 ignorano una strofa contro la proprietà privata:
There was a big high wall there that tried to stop me.
The sign was painted, said 'Private Property.' But on the backside, it didn't say nothing.
This land was made for you and me.
Il brano, infatti, celebra l’America ma ne denuncia anche il capitalismo. Nel corso degli anni, la canzone verrà reinterpretata da numerosi artisti come Bob Dylan, Johnny Cash, Bruce Springsteen, Neil Young e molti altri. È chiaro, dunque, che Woody Guthrie sia una personalità fondamentale per gli Stati Uniti e la sua influenza è di particolare importanza per la nascita e lo sviluppo del genere cantautoriale, ambito in cui poesia e musica si legano in maniera perfetta.
Negli anni ’60, infatti, sono numerosi gli artisti che suonano uno strumento, solitamente la chitarra o il pianoforte, per cantare i testi da loro scritti. Tra questi, il caso più interessante è, senza dubbio, quello di Bob Dylan. Il cantautore di Duluth, infatti, vince nel 2017 il premio Nobel per la Letteratura, premio conquistato a vent’anni dalla sua prima candidatura. Il premio ottenuto da Dylan viene fortemente criticato da un pubblico che non crede nella dignità poetica delle canzoni d’autore. Molti, quindi, denunciano il fatto che la letteratura non abbia nulla a che fare con la musica. Dylan stesso, dopo aver ricevuto il premio, afferma:
Songs are unlike literature. They’re meant to be sung, not read. The words in Shakespeare’s plays were meant to be acted on the stage. Just as lyrics in songs are meant to be sung, not read on a page. And I hope some of you get the chance to listen to these lyrics the way they were intended to be heard: in concert or on record or however people are listening to songs these days. I return once again to Homer, who says, “Sing in me, oh Muse, and through me tell the story.14
L’artista, dunque, sottolinea che i suoi testi devono essere ascoltati per come sono stati creati e, dunque, sotto forma di canzone durante i concerti o sui dischi. Egli sembra chiarire la natura della sua scrittura sottolineandone la sua appartenenza esclusivamente al mondo musicale. In realtà, i testi di Dylan presentano delle caratteristiche tali da pensare che siano state scritte da
14 https://www.nobelprize.org/prizes/literature/2016/dylan/lecture/
13
un poeta. Ad esempio, è frequente trovare nei testi del cantautore l’anafora, figura retorica comune nella poesia popolare ma usata ampiamente anche dagli autori che più lo hanno influenzato, come Rimbaud e Ginsberg. Nel brano A Hard Rain’s A-Gonna Fall, contenuto nell’album The Freewheelin’ Bob Dylan del 1963, ad esempio, ogni strofa comincia con versi in cui è presente l’anafora dell’espressione “Oh, where have you been”, oppure di “Oh, what did you see”, di “And what did you hear” e così via. Altro procedimento molto utilizzato da Dylan è quello del correlativo oggettivo; egli, infatti, crea spesso nelle sue poesie una situazione o un oggetto che riesce ad esprimere indirettamente un sentimento, un’emozione o una percezione. Il brano Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again, contenuto in Blonde on Blonde del 1966, è basato sulla tecnica del correlativo oggettivo e presenta altre figure retoriche come la metonimia (le “ladies” forniscono il narratore di “tape”, termine utilizzato per indicare il gin) e la sinestesia (“and he just smoked my eyelids / and punched my cigarette”)15. Bob Dylan, dunque, rappresenta appieno il forte legame tra musica e poesia che si crea nelle canzoni d’autore.
Molti altri cantautori statunitensi effettuano lo stesso processo da lui attuato e, alcuni di essi, oltre a scrivere testi a scopo performativo e, dunque, per le loro canzoni, pubblicano anche raccolte di poesie. Tra questi, ricordiamo Patti Smith, celebre cantautrice nata a Chicago.
Quest’ultima, dal 1972 fino ai giorni nostri, ha pubblicato numerose raccolte poetiche in cui, nel dettaglio, ha utilizzato il flusso di coscienza e ha rappresentato spesso riflessioni sulla morte e sulla fede16.
I cantautori statunitensi, così come i poeti, sono numerosissimi ma è bene notare che, gli autori di cui si è parlato, sebbene abbiano una poetica diversa, hanno in comune una caratteristica: il colore della pelle. Questo tratto è fondamentale nello studio proposto in quanto nel territorio statunitense, la musica e la poesia sono voce anche e soprattutto di gente ridotta in schiavitù, gli afroamericani, per i quali la musica è un’occasione per sentirsi più liberi. Per gli schiavi africani, la voce e i versi dei canti sono importanti tanto quanto la musica e, per questo motivo, la musica afroamericana strumentale si propone costantemente di imitare la vocalità. Al fine di analizzare il rapporto tra poesia e musica nella cultura black, è necessario approfondire i processi sociologici che determinano nuovi generi musicali e, conseguentemente, nuovi generi poetici.
15 Tanzi, Corradio Ori in Alessandro Carrera: il mio viaggio nel labirinto di Bob Dylan, sul web all’indirizzo https://8thofmay.wordpress.com/2017/05/13/alessandro-carrera-il-mio-viaggio-nel-labirinto-bob-dylan/
16 https://www.poetryfoundation.org/poets/patti-smith
14 1.3 Poesia e musica nella Black culture
Negli Stati Uniti d’America, la poesia si lega anche a nuovi generi musicali come, generalizzando, il blues e il jazz. La comunità di afroamericani negli Stati Uniti, infatti, è all’origine di numerosi processi culturali e musicali che possono essere identificati con i termini
“Black culture” e “Black music”. Quest’ultimo racchiude tutti i generi musicali introdotti dagli afroamericani.
Al fine di ricostruire i processi storici che hanno determinato la nascita della cultura afroamericana, ben diversa da quella americana, si è preso in considerazione Il popolo del Blues. Sociologia degli afroamericani attraverso il jazz (1963), scritto da Amiri Baraka, poeta e critico musicale statunitense.
1.3.1 Schiavitù e musica africana
L’origine del difficile rapporto tra popolazione americana ed africana, rapporto che genera la cultura black, risale al Cinquecento. Per circa tre secoli, infatti, dal XVI fino al XIX secolo, milioni di persone vengono letteralmente acquistate in Africa e deportate in America come schiavi per il lavoro nei campi. Gli africani, così, si ritrovano in un mondo a loro totalmente estraneo, dove non vi è nulla in comune con la cultura “nera”. Questo carattere di estraneità della cultura africana incoraggia ulteriormente gli americani nella loro convinzione di essere una razza “superiore”.
La musica è di particolare importanza per gli schiavi neri, secondo i quali essa permette l’unione di due elementi opposti tra loro, il singolo e il tutto, la redenzione e la felicità. La pace interiore e, dunque, la pace dell’anima sono possibili grazie alla musica e, per questo motivo, gli schiavi intonano canti durante le ore di schiavitù.
La prima generazione di schiavi intona canti africani; le generazioni successive, invece, devono adattarsi alla cultura americana in seguito al divieto di riferimenti alle religioni africane e all’uso dei tamburi. Le percussioni e, nello specifico, i tamburi sono uno strumento fondamentale per gli afroamericani e hanno dei fini di comunicazione in quanto, attraverso questi, essi riproducono foneticamente le parole stesse; è noto, infatti, che gli africani sono estremamente sensibili alle sottigliezze timbriche e che hanno un raffinato senso ritmico. Al divieto stabilito dai bianchi, quindi, questa popolazione reagisce trovando altri strumenti in sostituzione ai tamburi, come fusti vuoti di petrolio e bacinelle metalliche.
Un altro aspetto importante della musica africana è quello relativo al canto. La musica africana e, in seguito, quella afroamericana è basata sulla tecnica del canto antifonale, caratterizzato
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dall’alternanza di un tema cantato dalla prima voce e dalla risposta del coro. I canti, inizialmente, vengono intonati in lingua africana; in seguito, invece, visti i contatti sempre più diretti con la popolazione statunitense, vengono integrati termini stranieri europei (perlopiù inglesi, francesi e spagnoli) in strutture grammaticali africane (Herskovits 1941).
L’improvvisazione, infine, è un altro aspetto peculiare della musica africana ed afroamericana ed è alla base dei generi musicali che nasceranno nel Novecento. Scrive Baraka:
L’improvvisazione poi, un altro degli aspetti maggiori della musica africana, è certamente una delle più forti sopravvivenze nella musica neroamericana. La natura dei primi canti di lavoro suggerisce che essi erano per gran parte improvvisati e, senza dubbio, la struttura profonda del jazz consiste in una frase melodica seguita da un numero arbitrario di risposte o commenti improvvisati sul tema iniziale. (Baraka 2007:
40)
I work songs intonati dagli schiavi sono privi di segni di ribellione nei confronti della popolazione americana bianca; essi, piuttosto, esprimono spensieratezza e, per questo motivo, sono usati per l’entertainment. Nei campi di lavoro, nascono anche gli shout e i field holler, canti con versi rimati.
Come anticipato, con il passare degli anni la maggior parte degli africani che vive negli Stati Uniti si converte al cristianesimo per libera scelta o, quasi sempre, per scelta obbligata. Gli africani vanno in chiesa per sentirsi liberi; qui, infatti, possono dare sfogo alle emozioni soffocate dalla schiavitù. Per questo motivo, quando viene concessa al nero una vita più intensa al di fuori della chiesa, dunque a fine schiavitù, la musica africana diventa sempre più laica.
Tuttavia, occorre soffermarsi sui generi musicali religiosi in quanto essi pongono le basi per la musica laica jazz, sviluppatasi decenni dopo.
16 1.3.2 Lo spiritual e il blues: tra musica nera e bianca
Seguendo il vecchio detto africano “Lo spirito non discenderà senza canti”, la popolazione nera integra sin da subito il canto nel culto religioso afroamericano dando vita a numerosi generi musicali, di cui il primo è lo spiritual. Il genere nasce fondendo elementi musicali di origine africana (centralità del ritmo, versi e armonie) con quelli della religiosità europea (soggetti legati alla vita americana). Nel dettaglio, gli “inni bianchi” vengono trasformati in spiritual neri utilizzando caratteristiche tipiche della musica africana, come il ritmo sincopato, la polifonia, gli accenti spostati e l’alterazione delle qualità timbriche. Anche la scala pentatonica subisce importanti alterazioni in quanto gli accordi e le note della scala vengono diminuiti di un semitono. Lo spiritual è alla base di un’altra tecnica che influenzerà il jazz, la modalità della call and response. La tecnica consiste nella presenza di due frasi, solitamente espresse da due musicisti diversi, di cui la seconda funge da risposta alla prima. In questo contesto, oltre allo spiritual, nascono altri generi musicali: le marce, i ring shout, gli shuffle shout, i sankey, le camp, i meeting song, le litanie e gli inni o ballit. Essi, seppur differendo per alcune specificità, hanno le caratteristiche generali dello spiritual appena elencate.
Nel corso degli anni, come anticipato, la cultura nera viene influenzata da quella bianca. In quanto agli schiavi, ad esempio, nelle fattorie più piccole dove si lavora in minor numero si intonano i ballit, canti che imitano le canzoni dei padroni bianchi. Quando il lavoratore schiavo la sera torna nella propria capanna, suona il suo blues. Sulla nascita del genere si hanno numerose e svariate teorie ma è certo che esso nasce come un canto individuale, espressione della propria interiorità e dei propri tormenti. Il termine, infatti, deriva dall’espressione inglese
“to have the blue devils”, dunque “avere i diavoli blu”, ossia i propri tormenti ed essere malinconici e tristi.
Il blues emerge dallo shout e dallo spiritual. Dal primo acquisisce lo schema AAB che prevede la presenza di due frasi uguali (le prime due A) e una conclusiva diversa (B). Così come il testo, anche la progressione armonica del blues è divisa in tre frasi che corrispondono ai tre versi del blues vocale: I grado (enunciato A); IV grado (ripetizione enunciato A); V grado (verso conclusivo B). Nel Novecento, in particolare con i musicisti swing e soprattutto bebop (si pensi a Blues For Alice di Charlie Parker), questo semplice schema subirà modifiche e verrà reso più complesso. Un’altra caratteristica acquisita dallo shout è la ripetizione continua di un unico verso, caratteristica che verrà utilizzata anche nel genere jazz attraverso il riff. Dallo spiritual, invece, il blues acquisisce la modalità della call and response.
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Altra questione importante è quella relativa al mutamento dei modelli linguistici tra molti neri;
i primi blues, infatti, vengono cantati in puro americano mentre nei canti di lavoro vi sono solo pochi vocaboli inglesi. Spiega Baraka:
La stessa ripetizione all’infinito di un verso, nello shout e nell’holler, poteva anche essere dovuta alla relativa povertà di parole americane in possesso del nero medio. I versi in rima erano molto più difficili da comporre a causa dell’effettiva limitazione imposta dal cantare in americano. I versi proruppero più facilmente non appena il linguaggio fu controllato più ampiamente. Il blues era un tipo di canto che utilizzava un linguaggio quasi perfettamente americano. Fino a che gli ex schiavi non ebbero padroneggiato questo linguaggio in maniera versatile, il blues non divenne più manifesto degli shout e degli holler. (Baraka 2007: 68)
In seguito alla maggiore libertà di movimento data agli afroamericani, il contenuto del blues, genere legato al proprio ambiente sociale e psicologico, cambia notevolmente. Il genere poi, diventa man mano sempre più formale, fino a giungere allo standard della struttura blues formata da dodici battute e da strofe di tre versi di circa quattro battute l’una. Nelle sue prime forme, gli strumenti tipici del blues sono i tamburi, le raganelle e gli scraper, formati da una mandibola di cavallo sfregata con un pezzo di legno. In questa fase, sono meno comuni il banjo e l’armonica. Successivamente, vengono utilizzati strumenti europei come la chitarra e, secondo Baraka, il crescente uso di strumenti europei ha fatto sì che si mettesse da parte il canto a favore della musica strumentale. Tuttavia, la chitarra blues ha lo scopo di produrre suoni vocali e, dunque, di imitare la voce umana e le sue cacofonie.
18 1.3.3. Dal ragtime al boogie-woogie
Secondo l’autore de Il popolo del blues, il jazz nasce nel momento in cui gli afroamericani imparano a padroneggiare gli strumenti europei e affiancano e oppongono il suono dello strumento al timbro della loro voce. La nascita di tutti questi generi permette ai neri americani di esibirsi a New Orleans in piazza, nei cortei funebri e nelle sale di ballo. È in questa occasione che avviene un’ulteriore evoluzione della musica nera, ossia il passaggio dal rigido 4/4 al tempo rag di 2/4.
A tal proposito, occorre sottolineare che il blues classico si impone in America nel periodo in cui nasce il genere musicale più strumentale che i neri abbiano prodotto: il ragtime. Il genere nasce in un’epoca in cui in America si organizzano i minstrel shows, spettacoli dove gli uomini bianchi imitano i neri caricando aspetti del loro carattere che ritengono comici come, ad esempio, il loro profondo amore per la musica. Negli spettacoli di black minstrel, invece, l’artista nero è il protagonista e, dovendo prendere in giro la propria comunità, si gioca in modo sottile delle convinzioni dei bianchi. Questi spettacoli, arricchiti con balletti e performance musicali, hanno un notevole successo e, quindi, vengono organizzate delle lunghe tournée.
Secondo Baraka, il ragtime si è sviluppato dal paradosso dei minstrel shows, ossia dall’imitazione delle imitazioni bianche della musica nera. Le teorie su come sia nato il genere sono varie, W.C. Handy17testimonia:
Una notte, mentre camminavo per Beale Street, la mia attenzione fu attratta dal suono di un pianoforte. Gli insistenti ritmi neri erano spezzati prima da un tintinnio negli acuti, poi da un rombo di bassi; poi tornarono insieme. Entrai in quei localaccio e trovai un uomo di colore, stanco morto. Mi disse che doveva suonare dalle sette della sera alle sette di mattina, quindi si riposava suonando a mani alternate. (Southern 2007: 315)
Il genere, infatti, è caratterizzato dal cosiddetto secondary rag, dove il ritmo martellante si intreccia con le figurazioni poliritmiche dei temi e degli abbellimenti; la melodia, dunque, sviluppa una costante sincopazione, creando un gioco ritmico nel quale sopra la struttura binaria della mano sinistra si muovono spesso divisioni ternarie suonate dalla mano destra. Il ritmo, quindi, diventa un elemento costitutivo e strutturale della composizione molto più dell’armonia;
tradotto sul pianoforte, esso determina l’impostazione stessa di quello che sarà il futuro stile jazzistico, ponendo una sfasatura tra le due mani. Uno dei brani ragtime più noti è Maple Leaf
17 William Christopher Handy (1873 – 1958), noto come “Il padre del blues”, è stato un musicista blues e jazz statunitense.
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Rag di Scott Joplin, pianista nato in Texas che, già da adolescente, si esibisce come pianista e cantante nei minstrel shows.
Nelle città del nord degli Stati Uniti, si diffonde un altro genere musicale: il boogie-woogie. Il genere è caratterizzato dalla stretta aderenza alla forma blues in dodici battute e dalla trascinante verve motoria data da un accompagnamento fortemente ritmato portato avanti con poche variazioni o nessuna (“ostinato”). Il boogie-woogie può essere considerato come l’impiego di tecniche esclusivamente africane su uno strumento non africano, il pianoforte (Pasquandrea 2015). Uno degli esempi più noti del genere in questione è Honky Tonky Train Blues (1927) di Meade Lux Lewis.
I generi citati sono di particolare importanza in quanto è chiaramente percepibile, in essi, una successione di accenti tipica della musica africana. Questa infatti è basata sul time-line pattern, modulo caratterizzato da un numero di pulsazioni variabile in cui gli accenti sono distribuiti in maniera asimmetrica ed irregolare18. Il time-line pattern è un concetto fondamentale, in quanto costituisce una delle principali differenze tra il modo africano ed il modo europeo di concepire il ritmo.
1.3.4 Il jazz e le sue evoluzioni
Dopo la Prima Guerra Mondiale, oltre agli accaniti difensori del blues “tradizionale”, vi sono anche musicisti neri più borghesi. Si pensa che da questi due opposti sia nato il jazz. Il genere si sviluppa inizialmente a Chicago, ai tempi capitale della musica in America, e nelle zone nel Midwest. Parallelamente al jazz nero, si sviluppa anche quello suonato dalla popolazione bianca che, però, nasce da circostanze culturali completamente diverse e si rivela un’arte appresa piuttosto che un’espressione drammatica della propria esistenza e dei propri antenati.
Louis Armstrong è senza dubbio uno dei padri fondatori del genere in questione. Egli, inizialmente, suona nella Oliver Creole Jazz Band e il suo successivo abbandono di questa band per intraprende una carriera da solista segna, a livello simbolico, il passaggio della capitale del jazz da Chicago a New York. Altro musicista rappresentativo di questi anni è Duke Ellington, di cui il jazz è decisamente più americano, più sofisticato.
Tuttavia, la nascita dello swing e la nascita delle grandi orchestre che rendono la musica nera meno “oscura” comporta il consenso della popolazione americana ma, al tempo stesso, la perdita di interesse da parte di alcuni neri.
18 Ivi: p. 32.
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Dagli anni Quaranta, si sviluppa un genere eseguito per soddisfare esclusivamente gli ascoltatori afroamericani, il rythm & blues. Il genere ha inflessioni blues ed è suonato da un sax tenore, dalla chitarra elettrica e dall’organo Hammond.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, vengono amplificate le modalità di inserimento degli afroamericani nella società americana. In questo periodo, emerge nella black music l’orchestra di Count Basie che, per lo spazio dedicato all’assolo (struttura riff-assolo) e per essere l’antitesi dello swing, è di grande influenza sui futuri bopper. La musica nera degli anni Quaranta è il frutto dei tentativi degli artisti afroamericani di sottrarre l’espressione artistica alla banalizzazione e alla volontà di rendere “comprensibile” per tutti questa arte. Il be-bop differisce dallo swing perché, dal punto di vista del ritmo, riesce a dare una tensione maggiore grazie all’uso di due strumenti che, rispetto al passato, diventano ora fondamentali: la batteria e il contrabbasso. Nel genere in questione, questi due strumenti guidano l’esecuzione musicale e la melodia sembra una semplice estensione delle parti ritmiche. La situazione descritta è analoga alla musica africana precedentemente analizzata.
Le implicazioni sociali del be-bop determinano un revival della scena jazz di New Orleans, come il dixieland e il progressive jazz, entrambi generi prodotti da musicisti bianchi.
Negli anni Cinquanta, alcuni musicisti bebop, come Miles Davis, ritengono che ormai il genere non possa esprimere nuove sensazioni; Davis, quindi, si unisce a Gil Evans nella ricerca di nuove sonorità e, da questa collaborazione, nasce Birth of the Cool (1950). Nasce così il cool, un jazz più intimo e dolce in cui gli arrangiamenti si sostituiscono all’improvvisazione.
Tuttavia, il genere è visto come un taglio radicale con le radici del jazz e di tutta la musica nera e, per questo motivo, alcuni sostenitori del bebop contrappongono un jazz caotico, brusco ed aggressivo al cool elegante e raffinato. Nasce, quindi, l’hard bop con la sua rottura totale con lo swing e il coinvolgimento di elementi soul e blues.
Negli anni Sessanta, nasce un modo di suonare più “libero” frutto della considerazione profonda di ritmo, altezza, timbro e melodia. I musicisti jazz di questi anni, infatti, traggono dai loro strumenti suoni analoghi alla voce umana (si pensi allo stile di Ornette Coleman, John Coltrane e Sonny Rollins).
In conclusione, dall’analisi della black music qui proposta emergono due parametri fondamentali che dividono la musica nera da quella bianca: il ritmo e la “vocalità”. A dimostrazione di ciò, Amiri Baraka afferma: “Parker voleva letteralmente imitare la voce umana
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con le sue grida, i suoi improvvisi toni bassi, le sue asprezze e i suoi toni strisciati” (Baraka 2007: 43)
Il ritmo e la vocalità sono due parametri fondamentali che emergono non solo nella musica ma anche nella letteratura e, in particolare, nella poesia. Nella prima metà del Novecento, sono numerosi gli autori e i poeti che mostrano legami stilistici con il jazz. Per questo motivo, il prossimo paragrafo presenterà i maggiori esponenti della jazz poetry e le particolarità stilistiche di essi.
1.4 La Jazz poetry
Con l’espressione “jazz poetry” ci si riferisce a forme poetiche che prevedono una performance con l’accompagnamento di una jazz band o, al contrario, a poesie che colgono aspetti peculiari della jazz performance; la jazz poetry, quindi, è un particolare genere poetico che prevede l’imitazione della musica jazz nel suo ritmo e nel suo stile.
Al fine di illustrare i maggiori poeti jazz, si è preso in considerazione Jazz Poetry. From the 1920s to the present (1997), scritto da Sascha Feinstein e pubblicato da Praeger Publishers.
Il genere emerge negli Stati Uniti negli anni Venti e trova la sua massima espressione tra la comunità afroamericana. Tuttavia, anche numerosi poeti bianchi si sono lasciati ispirare dalla musica black per scrivere le loro poesie.
Tra questi, nel 1920 Vachel Lindsay pubblica The Golden Whales of California, raccolta di poesie in cui compare il componimento The Apple Blossom Snow Blues. La poesia inizia e si conclude con una particolare descrizione della musica jazz, paragonata a “the fall of a pile of dishes in the kitchen”. Nel 1926, l’autore pubblica Going-to-the-Stars, raccolta in cui compaiono i componimenti The Jazz of This Hotel e A Curse for the Saxophone. In essi, troviamo la visione del poeta riguardo il jazz, un’espressione musicale che rappresenta il caos della Prima Guerra Mondiale e che, in generale, rappresenta tutta la violenza nel corso della storia.
Negli stessi anni, Carl Sandburg accompagna le sue poesie suonando la chitarra e nel 1920 pubblica Smoke and Steel, raccolta che comprende il componimento jazz più noto dell’autore, ossia Jazz Fantasia. Questa poesia, in particolare, subisce giudizi negativi da parte della critica che la definisce banale ma che, al tempo stesso, riconosce la comprensione totale di Sandburg del linguaggio jazz. L’autore, infatti, a differenza di Lindsay, è uno dei pochi poeti bianchi a condividere, comprendere e sostenere la musica jazz. Scrive Sascha Feinstein:
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Many critics – too many cite – have focused their attacks on his famous “Jazz Fantasia”, noting what seem to be corny phrases; others ironically dismiss Sandburg’s efforts in favour of Lindsay yet fail to acknowledge that Lindsay hated jazz. Sandburg was, in fact, one of the few white poets of the time to endorse jazz, and he was not alone.
(Feinstein 1997: 27)
Oltre a Sandburg, vanno ricordati: DuBose Heyward, autore di Jasbo Brown and Selected Poems (1925); Mina Loy, autrice di Crab-Angel (1923) e di The Widow’s Jazz (1931) e Hart Crane, autore che in Marriage of Faustus and Helen cerca di emulare le caratteristiche della musica jazz.
Come anticipato, i maggiori autori della jazz poetry sono afroamericani; essi, in particolare, inglobano il jazz nelle loro poesie dagli anni Venti. Il primo grande poeta jazz è Langston Hughes, autore di numerosissime opere basate sul blues e sul jazz scritte tra gli anni Venti e gli anni Sessanta. La scrittura di Hughes è fonte di ispirazione per molti poeti che, dopo aver letto le sue opere, decidono di cimentarsi nel genere. Tra questi vi è Sterling Brown, protagonista della jazz poetry degli anni Trenta nonché insegnante del premio Nobel Toni Morrison, autrice del celebre romanzo Jazz (1992). L’autore, nel 1932, pubblica Southern Road in cui il blues evoca le difficoltà vissute dagli schiavi neri. L’opera presenta alcune modalità per superare i pregiudizi del razzismo e tra questi vi è il blues in quanto la musica si presenta come possibilità di rinascita. Il genere, inoltre, è fondamentale per gli schiavi neri che riescono a trovare la salvezza suonandolo e cantandolo, così come si legge in Strong Men, ultima poesia di Southern Road:
You sang:
Bye and bye
I’m gonna lay down his heaby load…
You sang:
Walk togedder, chillen Dontcha git weary…
The strong men keep a-comin’ on
The strong men git stronger (Brown 1932: 51)
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In molti componimenti, come When De Saints Go Ma’ching In, si ha un particolare uso del ritornello; la poesia citata, ad esempio, presenta versi che si ripetono con leggeri cambiamenti creando una struttura simile a quella dei brani jazz. L’autore, poi, usa la tematica del jazz e del blues per parlare di politica e di ingiustizie sociali; le poesie Cabaret e Hebrew and Anglosaxon, infatti, presentano i pregiudizi razziali contro la comunità afroamericana. Nel complesso, Brown riconosce le differenze tra poesia e musica ed ammette, nelle sue opere, i limiti del linguaggio poetico nel rappresentare l’astrattezza della musica. Nelle sue opere, così, l’autore rende omaggio ai più grandi musicisti jazz e blues, come a Ma Rainey19 nell’omonimo componimento scritto nel 1932.
Le opere di Brown lasciano il segno in molti autori e lettori, tra questi vi è Melvin Tolson che può essere considerato un altro nome fondamentale della jazz poetry, genere in cui rientrano molti dei suoi componimenti. In Harlem Gallery, le poesie Lambda e Mu sono quelle maggiormente ispirate al jazz. Nella prima, il personaggio Hideho Heights è un poeta che predica i fondamenti del genere e ne illustra i principali musicisti; nella seconda, invece, l’autore improvvisa un collage di immagini e descrive, in conclusione, il suono di una jazz band che si dilegua come il suono di un piatto della batteria dopo il colpo della bacchetta (Tolson 1965: 76):
With a dissonance from the Weird Sisters,
the jazz diablerie boiled down and away
in the vacuum pan of the Indigo Congo.
Gli anni Cinquanta segnano un cambiamento radicale rispetto alla tradizione; in questi anni, infatti, i poeti non solo scrivono opere sul jazz ma recitano i loro componimenti con un accompagnamento live. Per questo motivo, i poeti jazz ed i musicisti di questi anni si interessano e seguono il modello di Langston Hughes in The Weary Blues (1925), una delle opere più note dell’autore destinata, appunto, ad una performance orale con un accompagnamento musicale. Tra i poeti di questo decennio, Kenneth Rexroth si esibisce inizialmente leggendo componimenti di altri autori come Carl Sandburg e Pablo Neruda. In
19 Ma Rainey (1886 – 1939) è stata una delle prime cantanti blues statunitense di professione.
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seguito, l’autore si esibisce recitando alcune sue poesie; in Thou Shalt Not Kill, ad esempio, i versi ripetuti quasi come un ritornello permettono di creare un legame con i musicisti che anticipano il ritmo della poesia. Negli stessi anni, Lawrence Ferlinghetti pubblica A Coney Island of the Mind (1958) e introduce così la seconda sezione:
These seven poems were conceived specifically for jazz accompaniment and as such should be considered as spontaneously spoken “oral message” rather than as poems written for printed page. As a result of continued experimental reading with jazz, they are still in a state of change. (Ferlinghetti 1958: 48)
Le poesie dell’autore, dunque, sono finalizzate esclusivamente alla performance orale attraverso un accompagnamento musicale jazz.
Nel 1959, poi, viene pubblicato un album musicale dal titolo Jazz Canto: An Anthology of Poetry and Jazz, Vol. 1 in cui è possibile ascoltare poeti e musicisti che eseguono le poesie di Ferlinghetti, Hughes, Philip Whalen, Lawrence Lipton, Walt Whitman, William Carlos Williams e Dylan Thomas.
Gli anni Cinquanta sono anche il periodo durante il quale poeti prevalentemente bianchi basano le loro poesie sulla musica e sullo stile di Charlie Parker, icona bebop morta prematuramente nel 1955. I poeti di questi anni sono particolarmente colpiti dalla tecnica del sassofonista e dalla sua capacità di estendere la frase musicale attraverso lunghe progressioni di accordi. Robert Creeley, dopo aver ascoltato la musica di Parker per otto anni, pubblica nel 1953 Chasing the Bird, poesia dal titolo omonimo allo standard jazz del 1947 del sassofonista. Secondo Carroll Terrell (1984: 130), nel componimento il poeta allude probabilmente allo stile di vita frenetico di Parker quando parla di centinaia di “eyes” che invadono la notte rendendola paranoica ed insonne:
The sun sets unevenly and the people go to bed.
The night has a thousand eyes.
the clouds are low, overhead.
Every night it is a little bit
25 more difficult, a little
harder. My mind
to me a mangle is. (Creeley 1982: 60)
Nello stesso anno Creeley pubblica The Bird, the Bird, the Bird, poesia nella quale l’inversione della normale sintassi genera un’inaspettata cadenza della voce narrante. Tuttavia, a proposito dello stile di Creeley, Charles Hartman spiega:
Creeley’s poem does not randomly collect interesting bits of speech any more than Parker solo randomly strings together a flurry of notes and arpeggios – though either may seem that way to an unaccustomed audience. (Hartman 1991: 43)
Negli stessi anni, Howard Hart evoca il sassofonista attraverso immagini che riguardano la sua vita musicale e privata. Ad esempio, l’autore pubblica una raccolta di poesie dal titolo Selected Poems in cui, nell’ultimo “set” dei cinque che compongono la raccolta, compaiono due poesie ispirate a Charlie Parker. La prima delle due, dal titolo Moonlight on the Ganges, presenta un chiaro riferimento alla vedova del sassofonista, la cui persona viene evocata attraverso l’immagine della neve bianca, riferimento al colore della pelle della donna. L’autore enfatizza il colore della sua pelle per sottolineare il fatto che le donne bianche sono delle “icone” per gli uomini afroamericani. Altri autori, invece, preferiscono evocare Parker imitando il suono jazz del sassofonista attraverso le loro parole. A tal proposito, Bob Kaufman scrive Walking Parker Home, opera che evoca la spontaneità del jazz e dello stile di Parker attraverso una sintassi non lineare, una confusione di immagini presentate ed il rifiuto delle forme narrative standard.
Gli autori di questi anni, come è possibile notare, non presentano temi legati alla razza o alle sofferenze del popolo afroamericano; fa eccezione però, Langston Hughes e il suo Montage of a Dream Deffered20 (1951), opera che presenta l’oppressione razziale vissuta dai neri negli Stati Uniti.
I poeti jazz, come è possibile notare, si ispirano costantemente alla musica jazz e ai suoi musicisti. Se negli anni Cinquanta sono numerosi i poeti cultori di Parker, negli anni Sessanta prevalgono i sostenitori di John Coltrane. Il decennio è ricordato per il movimento per i diritti
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