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CAPITOLO 2 – IL CAMBIAMENTO CLIMATICO NEL SISTEMA AGRICOLO E VITIVINICOLO: impatti e adattamenti

2.1 I cambiamenti climatici e il sistema agricolo

Gli effetti del cambiamento climatico e le strategie umane per affrontarli sono complesse e incerte. L’agricoltura e il cambiamento climatico sono strettamente connessi: da un lato, il cambiamento climatico genera effetti sull’agricoltura, in termini di variazioni delle componenti ambientali, dall’altro, l’attività agricola contribuisce al cambiamento climatico in termini di emissioni di GHG, rilasciando significative quantità di CO2, CH4 e N2O (Cole, 1997; IPCC 2001; Paustian et al., 2004).

Infatti, l’agricoltura rappresenta il quarto settore che maggiormente contribuisce alle emissioni di GHG in atmosfera (10-12%) (Wreford, et al., 2010) contribuendo con una quota che varia tra i 5.1 e i 6.1 GtCO2 eq/yr nel 2005 (Metz et al., 2007). In Europa l'agricoltura contribuiva al 10 % delle

emissioni di gas serra nel 2012 (EEA, 2015).

È vero anche, però, che l’agricoltura, in parte, gioca un ruolo nel sequestro di GHG, soprattutto rispetto al carbonio organico nel suolo (Marras et al., 2015). Quest’ultimo, sostenuto da particolari tecniche agronomiche, potrebbe rappresentare uno dei fattori potenzialmente più importanti come contributo dell’agricoltura alla riduzione della concentrazione di CO2 nell’atmosfera ed alla

mitigazione dei cambiamenti climatici. L’agricoltura può, quindi, mitigare i suoi impatti12, in termini

12 Per quanto riguarda la mitigazione, nel Quinto rapporto dell’IPCC (AR5), l’agricoltura è accorpata alle “Foreste ed Altri Usi del

Territorio”, a formare il macro-settore “AFOLU”. Il settore AFOLU ha un ruolo centrale per la sicurezza alimentare e lo sviluppo sostenibile. Le opzioni di mitigazione più redditizie in agricoltura sono la gestione terreni coltivati, la gestione dei pascoli e il ripristino dei terreni organici. Il potenziale economico delle misure di mitigazione dal lato dell'offerta è stimato in 7,2‐11 GtCO2eq/anno25 nel

2030 per gli sforzi di mitigazione coerenti con prezzi26 del carbonio fino a 100 USD/tCO2eq, circa un terzo dei quali può essere

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di riduzione delle emissioni e aumento della capacità di sequestro dei GHG. Inoltre, una diminuzione significativa del numero dei capi di bestiame, un più efficiente ricorso ai fertilizzanti e una migliore gestione del letame hanno contribuito alla riduzione delle emissioni provenienti della UE del 24 % tra il 1990 e il 2012 (EEA, 2015). Tuttavia, nel resto del mondo l'agricoltura si sta muovendo nella direzione opposta: infatti, tra il 2001 e il 2011, le emissioni globali provenienti dall'agricoltura e dal bestiame sono cresciute del 14 %. Tale aumento ha avuto luogo in molti paesi in via di sviluppo, a causa dell'accrescimento della produzione agricola complessiva. Questo fenomeno è stato innescato da una maggiore domanda di prodotti alimentari e da modifiche nelle dinamiche di consumo del cibo, riconducibili a un aumento del reddito in alcuni paesi in via di sviluppo (EEA, 2015).

D’altro canto, però, l’agricoltura deve anche adattarsi agli effetti che agiscono in maniera negativa sulla quantità e qualità delle produzioni agricole. Infatti, il cambiamento climatico altera le produzioni vegetali e animali, i bilanci idrologici, e condizioni fitosanitarie, le forniture di materiale e tutti gli altri componenti dei sistemi agricoli.

Considerando che l'agricoltura ricopre solo una piccola parte del prodotto interno lordo (PIL) in Europa, si ritiene che la vulnerabilità complessiva dell'economia agricola europea ai cambiamenti sia bassa (EEA, 2006). Tuttavia, l’agricoltura svolge un ruolo fondamentale sia in termini di superficie occupata (la copertura dei terreni agricoli e forestali rappresenta circa il 90% dell’intera superficie dell'UE) sia di popolazione rurale e reddito. Gli indicatori economici sono, infatti, in parte legati alla resa totale ed ai prezzi di mercato, nonché ad altri fattori, quali ad esempio i sussidi, il costo del lavoro e della produzione, la modifica generale dei prezzi, l’efficienza e la produttività, lo sviluppo tecnologico, la domanda dei consumatori e lo sviluppo socio-economico.

Studi attuali confermano che, mentre le colture dovrebbero rispondere positivamente ad elevata CO2 in assenza di cambiamenti climatici (Kimball et al. 2002; Jablonski et al. 2002; Ainsworth & Long

2005), gli impatti associati alle alte temperature, a fenomeni alterati di precipitazione e alla maggiore frequenza di eventi estremi, influiscono nella diminuzione dei rendimenti e nell’incremento dei rischi di produzione in molte regioni del mondo, allargando il divario tra paesi ricchi e poveri (IPCC, 2001a, b; Fischer et al. 2005).

Il cambiamento climatico può inoltre modificare il tipo, le frequenze, la disponibilità e tempi di approvvigionamento idrico di irrigazione e accentuare i fenomeni di erosione del suolo e l’intensità di vari parassiti vegetali e animali. In Europa, i futuri impatti dei cambiamenti climatici sull'agricoltura possono essere generalizzati parlando di un movimento verso nord delle colture idonee, con una maggiore produttività in Nord Europa e un calo della produttività in Europa meridionale (Olesen et al. 2002; Maracchi et al. 2005; Olesen 2005; Falloon & Betts 2010). L’intensità degli impatti sarà infatti riscontrata maggiormente alle medio-alte latitudini ed in maniera minore nelle regioni tropicali (Easterling et al., 2007). Infatti, nell'Europa settentrionale la produttività agricola potrebbe aumentare grazie al prolungamento della stagione vegetativa e del periodo in cui il suolo è libero dai ghiacci. Le temperature più elevate e le stagioni vegetative più lunghe potrebbero anche consentire la coltivazione di nuovi prodotti. Nell'Europa meridionale, tuttavia, le ondate di calore estremo e la riduzione delle precipitazioni e dell'acqua disponibile

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influiranno negativamente sulla produttività agricola. Si prevede che la produzione agricola sarà inoltre sempre più variabile di anno in anno, a causa di eventi meteorologici estremi e di altri fattori quali la diffusione di parassiti e malattie (EEA, 2015).

In due studi pubblicati di recente dalla rivista Agricultural Water Management, un gruppo di scienziati cerca di far luce sugli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura dell’area mediterranea. In particolare, Tanasijevic et al. (2014) analizzano i potenziali impatti del cambiamento climatico sulla crescita dell’olivo, prendendo in esame le possibili alterazioni cui possono andare incontro le aree coltivate, i principali eventi del ciclo vitale delle piante (date fenologiche) e altri parametri come l’evapotraspirazione e le esigenze d’irrigazione delle colture. I risultati evidenziano come le aree coltivabili adatte alla crescita dell’olivo potrebbero estendersi del 25% nell’arco di 50 anni, mentre è previsto un aumento dell’evapotraspirazione e dei consumi di acqua per l’irrigazione (rispettivamente, dell’8% e del 18,5%) in tutto il Mediterraneo. In futuro, la coltivazione dell’olivo sfruttando le sole precipitazioni potrebbe non essere più praticabile.

Invece, Saadi et al. (2015) studiano gli impatti sul pomodoro e sul grano (in particolare, sul grano seminato nel tardo autunno – winter wheat) dimostrando che gli impatti dei cambiamenti climatici sono in questo caso assai variabili a seconda delle diverse varietà coltivate e delle diverse regioni prese in esame; nuove aree coltivabili potrebbero in particolare estendersi soprattutto nei Paesi del nord Europa, mentre gli impatti causati dalla prevista riduzione delle precipitazioni sembrano interessare soprattutto le colture invernali – primaverili. Ad esempio, il prolungato periodo di siccità in Finlandia nel 2002/2003 ha provocato una perdita media di 100 milioni di euro rispetto agli anni precedenti e l'acqua doveva essere trasportata in cisterne per più di 1100 aziende agricole (EU, 2007).

Anche il bestiame può essere influenzato dal cambiamento climatico attraverso effetti diretti sulla salute degli animali, la riproduzione e la crescita, e da effetti indiretti, come gli impatti sulla produttività delle colture foraggiere e pascoli (Maracchi et al., 2005).

I beni alimentari provenienti dal suolo non sono i soli ad essere influenzati dal cambiamento climatico. La distribuzione di alcune risorse ittiche si è già modificata nell'area dell'Atlantico nord- orientale, con conseguenze sulle comunità che basano la propria filiera alimentare proprio sul consumo di pesce. Oltre a favorire l'aumento dei traffici marittimi, l'innalzamento della temperatura dell'acqua può agevolare l'insediamento di specie marine invasive, con il conseguente collasso delle risorse ittiche locali (EEA, 2015).

Considerato l'aumento della popolazione previsto e la conseguente crescita della domanda globale di cibo, che potrebbe aumentare anche del 70 % nei prossimi decenni (EEA, 2015), risulta necessario interrogarsi sulla relazione tra agricoltura e ambiente. Questo complesso problema richiede l'adozione di politiche coerenti e integrate per affrontare i temi del cambiamento climatico, dell'energia e della sicurezza alimentare. Da un lato l’intero sistema alimentare deve trasformarsi per divenire più razionale dal punto di vista delle risorse; dall’altro, occorre lavorare costantemente per ridurre gli impatti ambientali e adattarsi ai cambiamenti climatici in atto. È necessario quindi aumentare la produttività e la biodiversità in agricoltura e, al tempo stesso, ridurre la dipendenza da

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fertilizzanti chimici, gli sprechi di cibo e il consumo di beni alimentari che, come la carne, comportano uno sfruttamento intensivo di risorse e la produzione di gas serra.